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I social network tra opportunità e problemi: l’etica della responsabilità

Nel documento La relazionalità tra reale e virtuale (pagine 112-130)

L’etica della responsabilità quale prevenzione dei rischi online e offline

4.4 I social network tra opportunità e problemi: l’etica della responsabilità

La riflessione sul tema della comunicazione in Internet o comunque nei social network porta in primo piano l’enorme potenzialità di mezzi in grado di aprire uno spazio comune e condivisibile tra interlocutori vicini e lontani così da creare spesso legami che possono espandersi in maniera indefinita fino a porsi, così come afferma Adriano Fabris, in una prospettiva virtualmente universale. Attraverso il web si crea dunque uno specifico modello di comunicazione che non è lo stesso che regola i rapporti faccia a faccia ma che, secondo quanto dimostrato nel presente lavoro, è andato configurandosi come sempre più reale.

La Rete è oggi un ambito privilegiato di relazioni e di costruzione attiva di relazioni. Il problema è se il modo in cui tali relazioni vengono vissute in questo ambiente è riduttivo oppure no: se è in grado cioè di favorire le nostre possibilità espressive o non piuttosto finisce per inchiodarci a comportamenti «a una dimensione».147

È anche vero tuttavia che spesso, nei social network, si riesce a costruire il racconto di un percorso vissuto, di esperienze personali di vita, che cercano interlocutori a cui rivolgersi, così da creare in realtà un flusso di relazioni reciproche che aprono orizzonti inconsueti di relazionalità. Il rischio rimane comunque quello di un individualismo ricercato intenzionalmente, che allora rifugge l’interazione con gli altri e non ammette

feedback in grado di modificare in qualche misura le proprie convinzioni, ma anche i

rapporti con il mondo. Torna così in primo piano la relazione indissolubile tra

opportunità e pericoli presenti nella Rete. Sostiene ancora Adriano Fabris richiamandosi a Twitter:

Il pericolo è quello di lanciare nello spazio virtuale schegge di autoaffermazione. L’opportunità è quella di realizzare un contatto con gli altri proprio grazie a questo specifico uso della Rete. Il limite è di esibire online solo una chiusura, la possibilità è di istituire, a partire da sé, una vera e propria relazione.148

È questo a ben evidenziare il ruolo assunto dalla capacità decisionale di ciascuno, essendo possibile decidere tra le due prospettive indicate, ma la decisione, secondo Fabris, deve essere motivata eticamente. Al di là di questo, nel caso di Twitter, quindi del cinguettio di 140 caratteri, si può godere di un’opportunità reale, quella di vivere i

tweet come

un flusso costante di messaggi, segnato dalle mie preferenze (o da quelle degli altri, nella misura in cui essi si configurino come followers), nel quale un tweet compare per poi subito sparire, ed essere sostituito da altri e altri ancora. L’opportunità di Twitter, in altre parole, sta proprio nell’accogliere l’estrema e fragile contingenza delle singole espressioni che vi si manifestano, appunto, in quanto espressioni di un io altrettanto fragile e transeunte.149

Sembra dunque di dover sostenere che, nell’esperienza di Twitter, a contare non sia tanto il contributo che ciascuno di noi può apportare, quanto piuttosto il flusso che permette a un’esperienza di realizzarsi. È come dire insomma che conta in particolare la conversazione resa possibile attraverso il flusso dei tweet.

148 Ivi, p.33 149 Ibidem

Si tratta di una conversazione infinita che comprende tutti i contributi in Rete: sia quelli di coloro che seguo o che mi seguono sia quelli che io ignoro, e che sono la maggior parte.150

Questo significa che, nel caso particolare di Twitter, si crea una conversazione di grande ampiezza, una sorta di cinguettii, al cui interno occorre trovare un modo di relazionarsi che permetta di stabilire un contatto non virtuale, ma vero con alcuni interlocutori, ai quali comunicare una parte di sé e quindi creare un aggancio all’esperienza individuale.

Siamo così, anche attraverso l’esempio di Twitter, nel mondo di Internet che è comunque uno spazio di comunicazione in cui i nuovi media non sono semplicemente neutri, visto come le tecniche della comunicazione entrino in stretto rapporto con le idee e l’esperienza dei singoli individui, così da modificare, in misura più o meno ampia, la loro relazione con altri uomini e con il mondo stesso. Questo fa comprendere come l’impatto dei social network sui comportamenti umani sia di rilevante spessore. Come hanno ben evidenziato i tanti Autori intervenuti nel testo “ Guida alle etiche della comunicazione”, a cura di Adriano Fabris, esistono comportamenti che è necessario adottare rispetto a queste forme di comunicazione, ma anche all’interno di esse, visto come sia superato in larga parte il divario tra reale e virtuale e, soprattutto, quest’ultimo non si contrapponga più al concetto di reale. Se infatti il virtuale può costituire e rappresentare efficacemente un potenziamento della realtà, esso esprime possibilità umane presenti in ciascun individuo, che allora le nuove tecnologie permettono di attualizzare e l’esercizio di questa capacità è di per sé un bene, quindi

una virtus secondo l’etimologia della parola. Diventa allora buono quel mezzo che sia in grado di consentire la realizzazione di sé e dei propri desideri. Indubbiamente non è automatico che il mondo del web dia la garanzia di concretizzare una possibilità umana, perché può accadere anche il contrario. Oggi infatti aumenta progressivamente la consapevolezza di quanto il reale non sia più qualcosa di stabile che resite alle nostre azioni, al contrario diventa la risultante delle nostre manipolazioni. Lo hanno ben dimostrato le tesi di Bauman. Da qui il richiamo insistente a comportamenti che non approfittino troppo di potenzialità che i mezzi possiedono di mistificare i propri profili, della possibilità di far credere agli altri di essere ciò che vogliamo, indipendentemente da come siamo realmente, fino a tutti i pericoli già rilevati che possono determinare il male degli altri. C’è dunque un problema accentuato dei rischi presenti nella Rete, da non affrontare soltanto con la definizione di Codici di autoregolamentazione o deontologici, come accade nei confronti di abusi assai frequenti nel web, in particolare ai fini della tutela dei minori. Sono stati definiti, nel presente lavoro, gli interventi anche sul piano legislativo, utili a delimitare le modalità per relazionarsi, ma Internet non è gestito da un unico Ente supervisore, universalmente riconosciuto, così che è il singolo utente a doversi assumere le proprie responsabilità e, soprattutto, come afferma Fabris, a trovare in se stesso le motivazioni che lo inducono a seguire un comportamento corretto. Sostiene in merito l’Autore:

Nella misura in cui internet non può essere delimitato all’interno di precisi confini geografici, è difficile applicare alla Rete leggi valide entro la giurisdizione degli Stati Nazionali. Siamo insomma demandati a meccanismi di autoregolamentazione del sistema e appunto al senso di

responsabilità degli utenti, delle aziende, dei programmatori.151

Mentre allora sul web avvengono violazioni che possono essere perseguite sul piano penale come le truffe o la pedofilia, si possono individuare vere e proprie violazioni della correttezza dei comportamenti come accade per la pratica dello spamming e quindi dell’invio ripetuto, insistente di messaggi non richiesti, ma anche le modalità scorrette di comportarsi nelle chat quando si giunge a nascondere o comunque a camuffare la propria identità, mentre c’è anche da ridurre il digital divide, quindi il divario tecnologico esistente tra varie parti del mondo, alcune delle quali hanno difficoltà di accesso al web. Questo conferma come, per regolamentare l’agire all’interno della Rete, non siano sufficienti i Codici, quanto piuttosto dare e fornire motivazioni che permettano di stabilire perché si debbano assumere e compiere certi atti invece di altri. È questo il ruolo dell’etica in Internet, strettamente legata alla responsabilità personale di ciascun soggetto connesso in Rete, senza tuttavia dimenticare come questa vada poi a collocarsi in un contesto più generale, che è quello dell’ etica di Internet. C’è dunque bisogno urgente di riattivare comportamenti che siano legittimabili sul piano morale, poiché la comunicazione online e offline va sempre intesa come una scelta che mette in gioco la responsabilità di colui che comunica. Indubbiamente quest’ultima può essere anche disattesa, tuttavia già il fatto di aprire delle possibilità, significa poter recuperare la capacità di scelta, e quindi, come sostiene Fabris, l’assunzione di responsabilità.

L’etica mette in gioco decisamente la responsabilità di chi comunica a qualsiasi livello lo faccia.[…]E proprio in ciò è

implicito il riconoscimento dell’individuo come soggetto morale[…] Ecco perché ha senso salvaguardare uno spazio di scelte sia nei confronti dei processi comunicativi, vale a dire

nei confronti delle stesse condizioni (economiche, politiche,

culturali) che incidono su di essi, sia all’interno di questi stessi processi.152

Se allora il linguaggio permette nel contempo una condizione di separazione, ma anche di collegamento, torna in primo piano il tema della scelta, per cui occorre promuovere il legame perché questo permette di affermare il proprio sé, ma anche salvaguardare l’altro mantenendo la condizione di interlocutori e quindi lo spazio della comunicazione nel quale ciascuno ha diritto di parola.

Secondo questa via si è fedeli a ciò che la comunicazione delinea,, perché in tal modo non si nega la possibilità di comunicare, anzi si pongono le condizioni affinché si continui a farlo. […] Se la comunicazione si considera come volta alla condivisione e capace di aprire davvero uno spazio comune, si è certi che anche le istanze particolari, in questa dimensione di universalizzabilità, verranno comunque salvaguardate.153

Siamo posti sempre e comunque di fronte a una scelta di tipo etico, poiché si può considerare etica la tendenza a rapportarsi al senso di ciò che può avere senso. In questo caso la scelta etica che deve guidare i comportamenti online e offline è quella che vede

da un lato, la promozione del legame al di là e attraverso l’inevitabile separazione e, dall’altro lato, il perseguimento

152 Ivi, p.130 153 Ivi, p.132

della divisione sempre e comunque nell’illusione che, in tal modo, si ottenga un vantaggio.154

Conclusioni

La relazione costituisce il contesto entro il quale ciascuno costruisce se stesso in virtù di interazioni destinate a modificare costantemente coloro che entrano in contatto tra loro. Questo contribuisce al progressivo delinearsi di un’identità che, in un passato anche recente , rappresentava un nucleo stabile e sicuro dell’essere persona. In una società complessa, in cui si sono ormai abbattute barriere di ogni tipo, a partire da quelle spaziali in virtù della globalizzazione, tutto si fa più fluido e in costante divenire. Si perdono infatti punti di riferimento stabili già a livello collettivo, come accade per il ruolo dello Stato visto come l’individuo sia oggi proiettato verso una realtà planetaria in cui in larga parte si perde il senso dei confini nazionali. Se poi si guarda all’identità del singolo individuo, meglio si comprende quanto oggi la costruzione dell’identità nella relazione veda l’apporto, da integrare, di offline e online, due mondi inizialmente considerati antitetici, invece destinati a coniugarsi reciprocamente per dare luogo a narrazioni di sé, della propria vita in cui ai rapporti faccia a faccia si accompagnano quelli in Rete, che assumono sempre più spesso risvolti offline. Sono dunque i social network gli elementi che più oggi incidono sulla costruzione non più di una sola identità, ma di identità molteplici che si definiscono sia in una realtà in cui l’incertezza è l’elemento più evidente sia in una virtualità che è sempre più reale. È merito di Bauman155 aver colto in misura pregnante le implicazioni di una società complessa in cui innumerevoli sono le opportunità di crescita, ma altrettanti diventano i rischi mentre cambiano del tutto i modi di porsi in relazione. L’espressione “società liquida”, che Bauman ha coniato, dà la misura di quanto diversi

siano oggi i modi di relazionarsi nei contatti fisici e in quelli cosìddetti virtuali. C’è dunque un’affinità di fondo tra questi due mondi apparentemente distanti, se non considerati spesso opposti, mentre sembra progressivamente determinarsi un capovolgimento del loro modo di configurarsi poiché, mentre nei contatti fisici tutto si fa fluido, in quelli online diventa paradossalmente possibile creare legami, senza dubbio deboli, ma talvolta forse più stabili di quelli facci a faccia. Si sta dunque rovesciando un rapporto che tuttavia va ricondotto entro una relazione di complementarità visto come tutti gli individui siano oggi in Rete e al tempo stesso coltivino, in qualche modo, contatti estremamente concreti in cui la fisicità mantiene un suo ruolo determinante. Non si può infatti dimenticare come il corpo sia un mediatore insostituibile nella costruzione dell’identità o di molteplici identità perché in grado di far passare emozioni, situazioni interiori, convinzioni che non sono facilmente esprimibili attraverso le parole, se non addirittura diverse da quanto si esprime verbalmente. Ciò non significa tuttavia affermare che siano soltanto le relazioni faccia a faccia a permettere di costruirsi, visto come l’identità vada reinventata a partire da spazi virtuali e si prenda atto di quanto lo stesso Bauman sostiene a proposito di “vestiti da indossare”, quelle identità che sono ormai variabili, molteplici quindi anche incerte e, per certi versi, multiple come afferma Maria Antonella Galanti156. Questo richiede il superamento di un rapporto tradizionalmente antitetico tra reale e virtuale per aprirsi al concetto di possibilità, quelle che il virtuale offre sia nell’ambito dell’apertura di nuovi spazi comunicativi, di informazione e di scelte da condividere, sia in quanto spazio reale in cui ci si incontra e si dà luogo a identità che possono

156 Cfr. M.A.Galanti, Smarrimenti del Sé. Educazione e perdita tra normalità e patologia, cit. e idem

essere cambiate intenzionalmente in relazione ai bisogni del momento, alle situazioni contingenti. Da qui l’immagine di una “comunità guardaroba”, in cui si indossano vestiti funzionali alla realtà del momento, ma parallelamente si reinventa l’identità senza comunque rinunciare ai “corpi”. È questa la riflessione da compiere in un mondo quale quello attuale in cui gli strumenti informatici, ma soprattutto i social network hanno aperto la strada a quel web 2.0 in cui la relazione è possibile e reale, mentre siamo in grado, come accade su Facebook, non soltanto di crearci molteplici profili, ma addirittura di modificarli inserendo anche una fisicità virtuale data dalle foto, dai video, purché non si ricorra volontariamente a falsi profili, fenomeno oggi molto diffuso. Virtuale e reale diventano così una sorta di macroambiente in cui entrambi gli aspetti possono integrarsi quindi configurarsi come modalità diverse, ma complementari, di costruire se stessi. Il virtuale diventa così reale e al tempo stesso una delle possibilità in cui il reale può manifestarsi senza che il virtuale prenda il sopravvento. La riflessione critica sull’oggi porta dunque a riequilibrare il rapporto tra reale e virtuale nella prospettiva di una sorta di “interrealtà” costituita da due componenti non più in opposizione, ma tali da integrarsi vicendevolmente. Basti soltanto pensare a quanto i social permettano di superare il localismo spaziale per poi configurarsi quale cyberspazio, dotato di una sua fisicità, mentre la realtà fisica perde gran parte delle sue delimitazioni spaziali dando il senso di una nuova libertà, di altrettante nuove possibilità, facendo percepire parallelamente il rischio dell’esclusione, della perdita del senso di appartenenza. Sta in questo la possibilità di una forte integrazione, poiché il virtuale può supplire in qualche misura al pericolo dell’esclusione con la creazione di gruppi di amici, scelti volontariamente, di

a faccia. Reale e virtuale sono dunque mondi correlati, nei quali si prende consapevolezza di quanto la costruzione dell’identità in termini relazionali sia un processo in costante progressione, mai interamente concluso e compiuto. Sicuramente la paura dell’esclusione può portare a un ulteriore rischio identitario, quello di ricrearsi uno spazio delimitato, ritenuto sicuro, nel quale poter recuperare il precedente senso di appartenenza, con il pericolo di un accentuato individualismo in cui è il singolo a decidere sempre. Questo può spiegare anche parte di quei fondamentalismi che la storia contemporanea vede affermarsi, tuttavia muoversi nella prospettiva di un macroambiente, di un macrospazio in cui acquisire consapevolezza di quanto l’identità sia un processo in divenire, da costruire con tanti altri diversi da sé che magari le migrazioni spostano e i social network portano nelle nostre case, diventa un dato di fatto con il quale fare i conti per collocarsi, costruttivamente e in maniera riflessiva, in tale processo. La Rete apre incredibili possibilità di contatti e di relazioni che l’esperienza reale non è in grado di offrire, ma al tempo stesso quest’ultima mantiene un suo ruolo che arricchisce, a sua volta, i contatti online. In tutto questo, mentre si combatte la solitudine sociale dovuta all’indebolimento delle tradizionali forme organiche di convivenza civile, quali il paese, la famiglia, le Associazioni di lavoro, parallelamente ci si apre a nuove opportunità di conoscenza, relazionalità, di condivisione di interessi. Si delinea dunque il netto superamento della dicotomia tra reale e virtuale visto come realtà e Rete contribuiscano insieme alla formazione dell’individuo nella società complessa e, attraverso reale e virtuale, si integrino possibilità diverse. Basti pensare che il web è lo spazio in cui siamo noi a scegliere le persone con cui creare legami, anche se deboli, mentre la realtà è quella che ci chiama a misurarci con quanti entrano nella sfera dei nostri rapporti indipendentemente dal

fatto che lo vogliamo o meno. Sono queste due possibilità insieme a permetterci di soddisfare i nostri bisogni e al tempo stesso darci il senso del limite, della necessità di mettersi alla prova di fronte a situazioni nuove, che non possiamo cancellare con un clic del mouse. Date queste premesse, occorre allora pensare il problema dell’identità sul piano collettivo in quanto identità globale sentita come propria, da fondare sui principi etici della giustizia sociale e della coabitazione umana, mentre sul piano individuale si fa spazio il problema improrogabile della responsabilità personale, poiché il rapporto tra reale e virtuale richiede intanto una cultura della consapevolezza che deve tradursi in etica della responsabilità. Se infatti si pensa agli innumerevoli rischi presenti in un uso poco corretto dei social network, meglio si comprende quanto al tema della relazionalità si leghi fortemente quello delle scelte da operare in senso etico. Con il Web 2.0, mentre si riaprono possibilità di incredibili orizzonti, parallelamente diventano più numerosi i pericoli, a partire dal furto dell’identità, di incontri inadeguati, veri e propri adescamenti fino al cyberbullismo, che può anche provocare forme di istigazione al suicido con i problemi della tutela della privacy e del diritto all’oblio non adeguatamente difeso e realizzato. Questo comporta un’assunzione di responsabilità che, per bambini e adolescenti, significa potersi avvalere del supporto costruttivo della scuola e della famiglia per non perdere quel senso del limite che porta a evitare sentimenti di onnipotenza in ambito virtuale. C’è insomma, come ha ben evidenziato Adriano Fabris157, l’urgenza di riproporre il tema dell’etica soprattutto in rapporto a un’adeguata difesa delle opportunità positive offerte dai social network, ma anche perché ciascuno si assuma la responsabilità di quanto decide di fare online e

offline. L’etica, infatti, mette in gioco la responsabilità di chi comunica, di chi entra in

relazione a qualsiasi livello. Occorre dunque che ciascuno trovi in se stesso le motivazioni che lo portino a seguire un comportamento corretto e questo non può essere assicurato né da Codici di autoregolamentazione né da quelli deontologici, poiché al contrario bisogna che ciascuno comprenda il perché sia giusto compiere determinati atti al posto di altri. È l’etica in Internet a richiedere soprattutto la responsabilità di chiunque sia collegato alla Rete, per poi collocarsi in un contesto più generale relativo alle problematiche della Rete e degli aspetti etici che queste

Nel documento La relazionalità tra reale e virtuale (pagine 112-130)