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Una relazionalità distorta: il cyberbullismo

Nel documento La relazionalità tra reale e virtuale (pagine 106-112)

L’etica della responsabilità quale prevenzione dei rischi online e offline

4.3 Una relazionalità distorta: il cyberbullismo

I rapporti relazionali assumono valenza significativa e formativa sia nelle relazioni

offline sia in quelle online, ma in quest’ultimo caso sembra che i problemi della

sicurezza stiano diventando assai gravi per il numero sempre più elevato di utenti, alcuni dei quali nativi digitali, per i quali complessa si presenta la possibilità di essere totalmente tutelati soprattutto per quanto concerne forme di adescamento in Rete, di contatti con falsi profili su Facebook, se non perfino eventi di pedo-pornografia, problematiche che possono nascere anche nelle relazioni faccia a faccia, ma destinate forse a moltiplicarsi sui social network.132 Non è un caso che si parli con sempre maggiore insistenza, tra bambini e adolescenti, in realtà anche tra adulti, di

cyberbullismo con comportamenti di vessazione nei confronti di persone individuate

come deboli, da escludere da un gruppo, ridicolizzare agli occhi degli altri, perseguitare notte e giorno, per chi sia sempre connesso, tanto da poter determinare anche forme di istigazione al suicidio.133 Basti soltanto pensare al caso del suicidio di Carolina Picchio che, incapace di far fronte psicologicamente a un a vera e propria persecuzione, si è uccisa e il cui padre sta portando avanti una campagna di informazione a tutti i livelli, particolarmente nelle scuole, perché si acquisti consapevolezza della gravità del fenomeno e si intervenga quanto prima per arginarlo. Indubbiamente il bullismo è un fenomeno che si è sempre manifestato anche nella quotidianità dei rapporti, ma nel cyberspazio c’è una garanzia in più per il bullo, quella dell’anonimato insieme alla distanza spaziale; questo può dare la percezione di sentirsi

132 Cfr. M.L.Genta, A.Brighi, A.Guarini ( a cura di), Cyberbullismo. Ricerche e strategie di intervento,

Milano, Franco Angeli, 2013, pp. 16-20

potenti, non facilmente individuabili e perseguibili.134 Tuttavia l’aspetto che più colpisce, in considerazione degli ultimi casi scoperti dalla Polizia postale, riguarda l’età dei bulli che sono addirittura bambini, capaci di trovare nel gruppo la motivazione a vessare compagni di scuola, ma sempre nella Rete per poi giungere a colpire fisicamente con una violenza che non trova giustificazioni. Possono risultare utili in questo caso le inchieste e le ricerche che, con sempre maggiore frequenza, vengono condotte a partire dalle scuole, i luoghi in cui è possibile individuare meglio il compagno più debole da schernire e perseguitare. Questo è visibile intanto nella Ricerca svolta dal Censis135 dal titolo Verso un uso consapevole dei media digitali, un’indagine svolta in collaborazione con la Polizia postale su 1727 Dirigenti scolastici delle Scuole medie e superiori di tutta Italia, dalla quale risulta che per il 77% il

cyberbullismo è da considerare un vero e proprio reato, ma l’89% dei Dirigenti ritiene

che esso sia più difficile da individuare essendo gli adulti esclusi dalla vita online dei ragazzi. L’aspetto che più colpisce nell’Indagine riguarda l’affermazione secondo la quale la tendenza dei familiari degli studenti è quella di sottovalutare la gravità del fenomeno; si ricorre quasi sempre alla banalizzazione degli episodi di cyberbullismo sostenendo che si tratta di “scherzi da ragazzi”. Per il 49% dei Dirigenti, infatti, la maggiore difficoltà consiste nel far comprendere ai genitori la serietà dell’accaduto eppure per il 77% di loro Internet è l’ambiente in cui le vessazioni tra ragazzi sono le più frequenti. Ed emerge un dato molto significativo poiché, per il 71%, non esistono differenze tra maschi e femmine.136 Ci si domanda allora che cosa si faccia nella

134 Cfr. M.L.Genta, A.Brighi, A.Guarini, Bullismo elettronico. Fattori di rischio connessi alle nuove

teconologie, Roma, Carocci, pp.19-21

135 Cfr. www.censis.it.comunicatostampa121051 consultato il: 7/03/2017

scuola per porre rimedio a questi episodi che si fanno sempre più frequenti e più gravi. Da quell’Indagine risulta che il 39% delle scuole ha già attuato azioni specifiche contro il cyberbullismo; in alcuni casi si tratta di gruppi di insegnanti a cui è demandato il compito di verificare se su Internet si stiano verificando casi di adescamento o di violenze verbali o psicologiche, pur nella consapevolezza di quanto un tema così delicato debba in realtà investire tutti i docenti, la loro formazione e l’azione educativa a vasto raggio che in questa si deve portare avanti.137 Non è comunque semplice coinvolgere in primo luogo i genitori, come dimostra l’intervento del MIUR, che ha diffuso Linee guida senza che però queste abbiano dato risultati significativi sul piano dell’attuazione. È nato nel contempo il Moige138 (Movimento italiano genitori), che ha lanciato la campagna #off4DA in collaborazione con

Samsung e con il patrocinio della Polizia di Stato, così da istituire un servizio attivo

dalle ore 14:00 alle 20:00 dal lunedì al sabato, con la messa a disposizione di un team di psicologi a cui rivolgersi sia che si tratti di adulti genitori sia di ragazzi. Sta quindi nascendo una sempre maggiore consapevolezza dei pericoli e delle conseguenze legate a un utilizzo distorto delle nuove tecnologie, attraverso le quali allora non si coltivano relazioni di amicizia o contatti per ampliare l’orizzonte delle proprie relazioni, quanto piuttosto per esercitare una violenza anonima nei confronti di vittime di cui non è facile prevedere possibili reazioni.

È allora significativo che, presso l’Ospedale Gemelli di Roma, si curi la web- dipendenza di bambini e adolescenti. È nato infatti il Centro pediatrico interdipartimentale per la psicopatologia da web, istituito appunto presso il

137 Cfr. C.Sposini, Il metodo anti-cyberbullismo. Per un uso consapevole di internet e dei social

network, Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo, 2014, pp.54-57

Policlinico,139 il primo in Italia che integri discipline diverse. Se anche a livello pediatrico si decide di intervenire, significa intanto che l’età di chi sia coinvolto in atti di bullismo si sta abbassando progressivamente e che occorre già curare bambini e adolescenti da una vera e propria dipendenza da Internet. Una Ricerca commissionata dal MIUR e realizzata dall’Università di Firenze insieme a Skuolanet, il portale dedicato ai più giovani, ha evidenziato come il 19% dei ragazzi sia connesso tra le 5 e le 10 ore al giorno e quasi 1 su 5 non possa fare a meno di Internet neppure a scuola rimanendo online anche lì. Ugualmente il 40% trascorre buona parte della giornata navigando e più del 90% ammette di utilizzare le chat. Lo stesso Daniele Grassucci, Direttore di Skuolanet, giunge ad affermare che la virtualità è più reale di quello che siamo abituati a pensare. La consapevolezza di una virtualità reale è dunque sempre più diffusa.

Nell’ambito del cyberbullismo sono stati individuati gruppi WhatsApp creati da ragazzi per deridere i compagni più deboli tanto da giustificare, sul piano psicologico, casi che si possono definire di violenza relazionale.140 Federico Tonioni ritiene infatti che, protetti dall’anonimato della Rete, resi quasi insensibili dalla mancanza di contatto fisico con la vittima, i cyberbulli non sappiano misurare e prevedere le conseguenze dei loro atti sotto gli occhi della sterminata platea della Rete, ma in particolare nella mancanza di controllo da parte di adulti spesso all’oscuro delle dinamiche in cui sono immersi i nativi digitali.141 Si giustifica ancora di più, in tal modo, l’esigenza di interventi multidisciplinari, ben coordinati che, soprattutto per i

139 Cfr. www.cattolicanews.it consultato il: 9/03/2017

140 Cfr. F.Tonioni, Cyberbullismo come aiutare le vittime e i persecutori, Milano. Mondadori, 2014,

pp.72-76

ragazzi, richiedono la stretta collaborazione tra l’area delle neuroscienze e quella pediatrica in virtù della presa di coscienza di un numero crescente di patologie legate alla grande diffusione di Internet e delle applicazioni digitali. Non si parla soltanto di dipendenza dal web, ma anche di “sindrome da ritiro sociale”142 e questo può contribuire allo sviluppo di fenomeni di cyberbullismo e alla possibilità di individuare facilmente vittime potenziali. È del 2017 una Campagna che supera ampiamente i confini d’Italia per assumere caratteri addirittura mondiali. Safer Iternert Day (SID), l’Istituto creato dall’unione europea nel 2004 per favorire un uso consapevole del web, ha promosso la Giornata mondiale per la sicurezza in Rete nell’ambito di un Progetto coordinato da Safer Internet Center (SIC) nell’ambito dei singoli Paesi con il supporto di INSAFE e INHOPE, due network internazionali impegnati nel campo della sicurezza online e supportati dalla Commissione europea. La frase che identifica la Campagna del 2017 invita a diventare “protagonisti del cambiamento, uniti verso un Internet migliore”.143 Così il 7 febbraio 2017, in oltre cento Paesi del mondo, sono stati promossi eventi per richiamare l’attenzione su questo tema così da coinvolgere Istituzioni, Enti pubblici e privati, la società civile. In Italia il coordinamento del SIC è affidato al Consorzio Generazioni connesse, a cui si deve La Prima giornata Nazionale contro bullismo e cyberbullismo, promossa a Roma con dibattiti, laboratori, workshop. Ci si sta dunque muovendo da più direzioni per non sottovalutare un problema che non può certamente essere ricondotto ai semplici scherzi, tale da richiedere invece interventi capaci di integrare discipline diverse e soprattutto coinvolgere più Istituzioni, a partire dalla scuola e dalla famiglia. Occorre ricordare come nel 2016, la

142 Cfr. Il sole 24 ore del 20-01-2016

Polizia postale abbia trattato 235 casi di cyberbullismo, soltanto quelli emersi, poiché il fenomeno è in realtà ben più complesso; riguarda non soltanto le vittime che vanno psicologicamente supportate, ma gli stessi cyberbulli e i compagni che seguono, guardano, ma non intervengono.144 Molti ragazzi sembrano infatti non percepire la gravità della loro indifferenza, del loro limitarsi a guardare.145 Da qui anche la necessità di interventi legislativi non più prorogabili146; occorre ricordare come in Italia siano state per prime le Regioni e non il Parlamento a legiferare in materia, intanto la Regione Lazio, poi la Lombardia con leggi regionali contro il cyberbullismo mentre, per la legge nazionale, manca ancora l’approvazione definitiva da parte della Camera dei Deputati e non si può dimenticare come la prima firmataria del provvedimento legislativo sia stata la senatrice Elena Ferrara, insegnante di musica di Carolina Picchio, l’adolescente che si è suicidata perché vittima di cyberbullismo. Il testo legislativo guarda non tanto al cyberbullismo come reato, per assumere al contrario, un approccio prevalentemente rieducativo e di prevenzione; non è insomma prevista l’introduzione di una nuova forma di reato, ma si richiedono in primo luogo la cancellazione di video ritenuti lesivi e l’ammonimento dei cyberbulli davanti al questore. Molteplici sono allora gli interventi da realizzare, ma la prima consapevolezza è quella di dover muovere dalla scuola e dalla famiglia, così da creare una sorta di cordone protettivo di carattere educativo.

144 Cfr. www.ilgiornale.it/terg/cyberbullismo consultato il: 10/03/2017

145 Cfr. L.Barone, Bullismo e Cyberbullismo. Riflessioni, percorsi di intervento, prospettive, Vicalvi

(Fr), Key Editore, 2016, pp.27-28 e A.Battaglia, Cyberbullismo. Il nuovo male oscuro, Bergamo, Ed.Marna, 2016, pp.15-16 e, G.Mura, D.Diamantini, Il cyberbullismo, Milano, Guerini e Associati, 2012, pp.11-13

Nel documento La relazionalità tra reale e virtuale (pagine 106-112)