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I social network tra timore ed entusiasm

Nel documento La relazionalità tra reale e virtuale (pagine 91-99)

L’etica della responsabilità quale prevenzione dei rischi online e offline

4.1 I social network tra timore ed entusiasm

Per lungo tempo i rapporti relazionali hanno avuto, quale confine, uno spazio ben determinato, prevalentemente quello dei rapporti faccia a faccia; questo è accaduto soprattutto nelle società di tipo agricolo in cui la socialità era legata al luogo come occasione di interazione, ma anche nei primi momenti della rivoluzione industriale, trattandosi non di una socialità fondata sui rapporti di vicinato, ma soprattutto su quelli dei luoghi di lavoro. Sostiene in merito Manuel Castells:

Questa forma di territorialità non è scomparsa, ma gioca un ruolo minore nella strutturazione dei rapporti sociali all’interno delle società sviluppate.105

Con i social network, in particolare, la relazione di prossimità ha perso la sua preminenza nel modellare i rapporti sociali. Si può dunque confermare l’idea secondo la quale esiste ancora una socialità basata sul luogo, ma si stanno sviluppando modelli diversi di socialità. Questo giustifica il rifiuto di certi preconcetti sorti con

immediatezza già prima del pieno sviluppo dei social media, poiché si è affermato inizialmente che soprattutto la nascita di comunità online abbia rappresentato il momento culminante di un processo storico di separazione tra luogo e socialità nella formazione delle comunità stesse. Con il tempo si è invece compreso come questo netto divario tra virtuale e reale fosse solo apparente poiché, in effetti, erano nati nuovi e selettivi modelli di relazione sociale, andati a sostituire forme di interazione umana strettamente connesse a legami di tipo territoriale. Più volte si è detto che la diffusione di Internet portava all’isolamento sociale e perfino alla rottura della comunicazione all’interno della vita familiare

con individui senza volto che praticano una socialità casuale abbandonando l’interazione faccia a faccia in contesti reali.106

Manfred Spitzer sostiene addirittura che Internet spinge le persone a vivere le proprie fantasie online, così da fuggire il mondo reale, in una cultura sempre più dominata dalla realtà virtuale, tanto da sottolineare in primo luogo l’esistenza di una solitudine digitale che dà perfino il titolo a un suo testo, il quale porta, come sottotitolo, “Disadattati, isolati, capaci solo di una vita virtuale?”.107

Afferma in merito l’Autore:

Tra le conseguenze psichiche e sociali delle tecnologie informatiche e digitali rientrano fobie, distrazione, stress, insonnia, sedentarietà, difficoltà relazionali, divorzi, depressione e solitudine.108

Si tratta indubbiamente di giudizi estremi, poiché Internet è in realtà un’estensione della vita sociale così com’è, in tutte le sue dimensioni e con tutte le sue modalità. Non

106 Ivi, p.117

107 Cfr. M.Spitzer, Solitudine digitale, Disadattati, isolati, capaci solo di una vita virtuale?, Milano,

Garzanti, 2016, Introduzione, pp. 13-18

a caso Manuel Castells cita innumerevoli studi che, dal 1990 in poi, hanno dimostrato come, già a partire dall’ e-mail, si sia di fronte a strumenti utili a mantenere rapporti entro una rete molto più ampia di un tempo di contatti personali con amici che vivono addirittura a grandi distanze e con i quali altrimenti si perderebbero rapporti, che invece è possibile continuare a coltivare. Per certi versi si può affermare allora che Internet facilita i rapporti sociali, può addirittura consolidarli , mantenerli nel tempo e a questi aggiungerne anche di nuovi. Ma i vantaggi sono anche di tipo strettamente individuale. Se infatti la formazione dell’identità nella relazione è un processo continuativo che attraversa l’esistenza, essa diventa un’attività riflessiva che impegna nell’intero corso della vita tanto da costituire e costruire una narrazione biografica coerente, legata a un contesto che varia costantemente. Se questo si considera in una prospettiva online, si comprende ancora meglio il ruolo della narrazione. Sostengono in merito Maria Ranieri e Stefania Manca:

In internet l’identità viene infatti principalmente costruita e mantenuta attraverso testi, discorsi, narrazioni. L’Io acquista concretezza attraverso le parole pubblicate su un blog o un social network, oppure nei dialoghi mediati dal computer che possono assumere varie forme, dalla scombio via e-mail o in chat ai gruppi di discussione, dai giochi di ruolo nei mondi virtuali ai testi inviati via SMS. Tutti questi strumenti si stanno affermando come dispositivi per l’autopresentazione che si realizza attraverso una sorta di bricolage tra comunicazione interpersonale, scrittura biografica e condivisione di contenuti.109

109 M.Ranieri, S.Manca, I social network nell’educazione. Basi teoriche, modelli applicativi e linee

Nessuno può negare che un uso continuativo dei social network, soprattutto in età infantile e adolescenziale, possa determinare effetti negativi, ma questo non significa non riconoscere quanto la socialità sia cambiata proprio in virtù degli strumenti online, ma si tratti comunque di vera socialità. Castells cita due studi collettivi svolti online rispettivamente dalla Stanford University su 4000 utenti nel 2000 e uno studio di

Pitsburgh del 1998 relativamente agli effetti di Internet sulla socialità. Nel primo caso

è stato rilevato come chi usava in maniera massiccia Internet subisse un declino dell’interazione con le persone e una perdita dell’ambiente sociale, mentre tuttavia per la maggioranza degli utenti non si era verificato alcun cambiamento significativo nelle loro vite; nel secondo caso il campione era dato da 169 famiglie e l’uso più intensivo di Internet durante i primi due anni di osservazione aveva determinato una riduzione della comunicazione tra le mura domestiche e un incremento di depressione e solitudine. Nel caso di Pitsburgh tuttavia questo era dovuto al fatto che le famiglie campione, dotate di computer dagli stessi ricercatori, usavano Internet per la prima volta e questo determinava un livello di frustrazione perché non riuscivano a padroneggiare il mezzo. La depressione era forse dovuta più all’inesperienza che all’uso vero e proprio di Internet.110 In realtà la maggior parte degli studi e delle ricerche citate da Castells testimoniano un ruolo importante dei social network nel rafforzare addirittura i legami deboli che sono molto frequenti in una società di tipo liquido. D’altra parte anche questo genere di legami non è irrilevante. Si tratta infatti di

fonti di informazione, lavoro, piacere, comunicazione, impegno civile e gioia.111

110 Cfr. M.Castells, Galassia Internet, cit. p. 123 111 Ivi, p.127

Molti di tali legami sono indipendenti dalla prossimità nello spazio e quindi i social

network permettono di non perderli se non addirittura di moltiplicarli. Internet ha

insomma una propria efficacia nel mantenimento di questi rapporti. Basti soltanto pensare all’utilizzo degli smartphone che rendono tutto più rapido, e perfino immediato. Se questo accade per i legami deboli, a maggior ragione ciò vale per quelli familiari e soprattutto per le comunità online. Queste sono infatti definite come

reti di legami personali che forniscono socialità, supporto, informazioni, un senso di appartenenza e di identità sociale.112

Ciò conferma come non sia soltanto la contiguità in un luogo a determinare il modello di socialità, cosicché

dal confine spaziale come fonte di socialità si passa alla comunità spaziale quale espressione dell’organizzazione sociale.113

Non si può allora dare giudizi immediatamente negativi sui social network, quanto piuttosto prendere atto di cambiamenti radicali avvenuti nel tempo, che hanno a loro volta modificato le modalità di entrare in relazione. Quando Spitzer parla di dipendenza dai social network, tanto da avvicinare gli strumenti informatici a una sorta di droga che impedisce la libertà d’azione e crea una condizione di non libertà, si tratta di una presa di posizione in taluni casi comprensibile, ma non motivata alla luce degli esiti delle ricerche. Anche Spitzer, porta a sostegno delle proprie tesi, alcuni esperimenti soprattutto sugli effetti dell’uso degli smartphone da parte di studenti o comunque di adolescenti, sempre impegnati, come egli sostiene, a “smanettare” con il cellulare. Afferma testualmente:

112 Ibidem 113 Ivi, p.126

La tendenza a “smanettare” con il cellulare porta a svolgere attività in genere del tutto prive di senso che hanno poco a che fare con il pensiero e molto con la distrazione mentale.114

Egli porta, a conferma delle proprie tesi, ricerche sperimentali di scienziati americani citando anche il Premio Nobel, Daniel Kahneman, convinti che gli smartphone sostituiscano addirittura il nostro pensiero. Questo significa che i social network ci impedirebbero di pensare. Lo stesso Spitzer parla di “tossicità” degli smartphone poiché, anche in presenza di effetti positivi, inevitabilmente, vengono in primo piano rischi ed effetti indesiderati. Spitzer attribuisce alle Aziende produttrici di

smarthphone e telecomunicazione tra le più ricche al mondo, la grande esaltazione che

si fa di questi strumenti, visto come i loro guadagni abbiano raggiunto profitti incredibili.115 Il possesso di smartphone e strumenti simili indurrebbe al multitasking tanto da aumentare inevitabilmente il rischio di incidenti automobilistici oltre a determinare ansia e stress con effetti negativi sulle capacità di attenzione e perfino su quelle di apprendimento.116 Si tratta indubbiamente di rischi reali così come è possibile la dipendenza da Internet e dai Videogiochi, ma questo molto si lega a chi faccia da mediatore tra l’uso dei social e bambini e adolescenti, quindi gli adulti, da impegnare nello sviluppo dell’etica della responsabilità. Nuovamente Spitzer sostiene che

la misura più importante per la prevenzione delle dipendenze è un utilizzo ridotto dei media digitali, mentre la promozione di un approccio critico può produrre se mai risultati solo tra i bambini più grandi.117

Questo vale particolarmente per Facebook che, secondo Spitzer,

114 M.Spitzer, Solitudine digitale, Disadattati, isolati, capaci solo di una vita virtuale?, cit., p.64 115 Cfr. Ivi, p.72

116 Cfr. Ivi, p.73 117 Ivi, pp. 97-98

soddisfa il nostro bisogno di rapporti sociali come i popcorn soddisfano il nostro bisogno di cibo: una quantità enorme fa un bell’effetto e ci fa credere di aver placato la fame anche se i popcorn sono fatti principalmente di aria e calorie vuote. Il consumo di tale quantità produce altro bisogno che ancora una volta non viene realmente soddisfatto.118

L’immagine è ben esplicativa del condizionamento che Facebook può determinare, ma questo non impedisce di considerarlo comunque un mezzo per estendere la socialità e creare rapporti. Il problema è sempre e comunque legato all’uso che se ne fa.

Così come il solo consumo di popcorn può provocare malattie del corpo (carenze alimentari), l’uso intensivo di Facebook può ammalare la mente. Subentrano ansie, stress, sentimenti di invidia e gelosia e si sviluppa una dipendenza. L’uso patologico di Facebook si basa sull’esigenza di avere compagnia, di impiegare il tempo e divertirsi e sul desiderio di migliorare il proprio umore.119

Per confortare questa tesi, Spitzer cita alcuni psicologi dell’Università di Bergen, in Norvegia, autori di un questionario standardizzato, Bergen Facebook Addiction Scale

(BFAS)120. Il questionario era rivolto a 423 studenti con un età media di 22 anni e ha

fatto rilevare una correlazione tra la dipendenza e specifici fattori della personalità come l’estroversione e la nevrosi, ma anche con i disturbi del sonno. Si tratta di studi di carattere scientifico e psicologico, che rimandano però al comune denominatore dell’utilizzo dei social network e della durata dell’uso, così da evidenziare soltanto gli aspetti negativi. I rischi esistono, ma all’interno di modalità nuove rispetto al passato di creare legami relazionali che, come in ogni situazione, possono presentare oggettivi

118 Ivi, pp. 98-99 119 Ibidem 120 Cfr. Ivi, p. 99

rischi, di cui occorre essere consapevoli, così da ricorrere a un uso intelligente invece di vivere in solitudine totale tali servizi. Non bisogna dimenticare come, in realtà, sia il singolo individuo a fare le sue scelte e il pericolo reale è allora quello di un individualismo esasperato, per cui si creano comunità personalizzate, che nascono e si distruggono in base alla volontà del singolo, che le può consolidare, ampliare, ma anche cancellare del tutto. Per questo Castells parla di privatizzazione della socialità.121 Così si sostituiscono le comunità spaziali con i network, che diventano forme essenziali di socialità e questo vale per l’amicizia e per i legami familiari. Talvolta questi si salvano anche quando una distanza spaziale li divide.

Come si può allora sostenere che la diffusione di Internet porti all’isolamento sociale, alla rottura della comunicazione e della vita familiare?

Ci muoviamo nell’ambito non di una realtà virtuale, quanto piuttosto di una virtualità reale

nel senso che tali fenomeni non sono qualcosa di fittizio o potenziale, ma non ancora concretizzato; essi fanno parte e hanno conseguenze sulla realtà stessa. Nei casi limite, i fenomeni sociali, una volta approdati alla Rete, acquistano un’identità talmente radicata che, se privati di questa dimensione, finirebbero con l’essere oscurati e perdere di visibilità. […]. Gli utenti che si iscrivono ai social network sono generalmente singoli individui che creano una rete di conoscenze che ha per centro il proprio io. I nodi di questa rete sono gli altri.122

121 Cfr. M.Castells, Galassia Intenet, cit., p.126

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