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La comunicazione faccia a faccia Solitamente nella comunicazione faccia a faccia interagisce contemporaneamente una pluralità di codici espressivi

Nel documento 229 00186 (pagine 74-83)

La dimensione attuativa e negoziale

1. I formati della comunicazione

1.1. La comunicazione faccia a faccia Solitamente nella comunicazione faccia a faccia interagisce contemporaneamente una pluralità di codici espressivi

differenti, di natura verbale e non verbale. La comunicazione tra insegnante/ formatore e allievi e tra allievi passa così attraverso la parola parlata, che viene a essere integrata e sostenuta dal linguaggio del corpo.

Il linguaggio verbale, disponendo di una sintassi logica molto sofisticata, è più facilmente comprensibile e interpretabile in modo univoco; esso si basa infat­ ti su un sistema di convenzioni che ne consentono una migliore decodifica. Ciononostante, anche la comprensione dei linguaggi formalizzati in modo chiaro e altamente convenzionali dipende dal livello di conoscenza dei codici da parte degli interlocutori. Proprio da questo deriva l’ importanza nella co­ municazione didattica di adottare un linguaggio facilmente comprensibile per gli allievi ai quali ci si rivolge; le caratteristiche degli interlocutori dovreb­ bero produrre un adattamento nelle forme linguistiche e comunicative. In particolare l’ insegnante/formato re dovrebbe selezionare, nel repertorio di termini o espressioni sinonimiche di cui dispone, quelli che ritiene più adatti alle persone che ha di fronte.

Se da un lato il linguaggio verbale rappresenta sicuramente lo strumento più efficace per esprimere idee astratte e complesse, contenuti decontestua­ lizzati, dall’altro il linguaggio non verbale si presta meglio a manifestare emozioni, chiarire atteggiamenti interpersonali, rafforzare la presentazione di sé stessi, definire la natura delle relazioni, sostenere, sostituire e modificare la comunicazione verbale, svolgendo importanti funzioni sul piano regola- tivo e socioemotivo (Zani, Sederi, David, 1994). Il linguaggio non verbale tuttavia, non essendo regolato da codici rigidi di significazione, è più sog­ getto a una varietà di interpretazioni, risultando così più ambiguo. Tale ambiguità non lo rende comunque meno affidabile; al contrario si può dire che il linguaggio non verbale è più veritiero di quello verbale, poiché è me­ no difficile mentire con le parole che con lo sguardo o i gesti. Nella comu­ nicazione non verbale possiamo distinguere una componente vocale non linguistica e una non vocale-cinesica (Anodi, 10 0 1). La prima comprende le caratteristiche paralinguistiche (il tono, l ’ intensità, l’accento enfatico, la velocità, le pause) e quelle extralinguistiche (qualità della voce, ciò che ci permette di riconoscerla); la seconda la prossemica (disposizione dei corpi e degli oggetti nello spazio) e la cinesica (espressione del volto, sguardi, gesti, postura).

Elem enti paralinguistici La forma verbale orale costituisce la modalità co­

municativa più utilizzata nell’ interazione faccia a faccia in aula. Non è sem­ plice distinguere il linguaggio della parola dalle sue componenti foniche e vocali, comprese nel paralinguaggio. I comportamenti paralinguistici o para­ verbali riguardano tutti gli aspetti sonoro-fonici della comunicazione orale; più specificamente le qualità vocali si riferiscono alle caratteristiche del mo­

li linguaggio verbale nella comunicazione in aula Il linguaggio non verbale e le sue funzioni

L’uso della voce nella comunicazione didattica: tonalità, ritmo e silenzio

dei di parlare, ossia l’altezza tonale, l’ intensità, il timbro, il ritmo, l’estensio­ ne e la durata. La componente paralinguistica svolge un ruolo importante nell’esprimere emozioni e sentimenti, e nell’affiancare la comunicazione ver­ bale integrandola o rafforzandola, ma anche nel prenderne le distanze con­ traddicendola. Uno stesso discorso può assumere diversi significati a secon­ da del ritmo, delle pause o dell’ intonazione della voce. Nella comunicazione didattica diventa allora essenziale non trascurare l’elemento paralinguistico che accompagna quello verbale: la comprensione e l’efficacia complessiva del messaggio dipendono infatti anche dal modo in cui le frasi vengono pronun­ ciate. La voce è in questo senso uno dei principali “attrezzi del mestiere” dell’ insegnante/formatore e di ciò si deve essere consapevoli. Il linguaggio paraverbale va modulato a seconda degli scopi e delle situazioni. Una prima regola riguarda la regolazione del volume della voce in modo da garantire una buona fruizione a tutti i partecipanti, anche i più remoti, tenendo conto dei possibili fattori di disturbo presenti nell’ambiente in cui si parla. Parlare a voce troppo bassa danneggerà l’ascolto e l’attenzione; ma anche alzare in modo eccessivo il volume della voce (urlare), ad esempio, per riprendere o rimproverare un allievo, potrebbe generare l’effetto opposto, l’ indifferenza: in questi casi un sapiente gioco di silenzi e di sguardi risulta spesso più efficace. U n’altra regola concerne il ritmo di elocuzione: esso va modulato in base all’età dei destinatari e al loro livello culturale, va considerato in rappor­ to ai contenuti espressi, per garantire una migliore comprensione del mes­ saggio.

L ’ insegnante deve saper regolare il proprio apparato fonico per suscitare l’ in­ teresse degli interlocutori e sostenere la loro attenzione. Anche la sottoline­ atura di certi termini o frasi contribuisce ad attrarre l’attenzione su ciò che si intende mettere maggiormente in evidenza, cosi come le pause e i silenzi facilitano e sollecitano la riflessione.

L a prossemica Altre due classi di comportamenti non verbali rilevanti per

la comunicazione educativa riguardano i segni che l’uomo produce con il corpo: la prossemica e la cinesica.

La posizione La prossemica è la disciplina, fondata da Edward T. Hall (1968), che studia la

dei corpi posizione e le distanze fra i corpi degli individui durante la comunicazione, il

e degli oggetti modo in cui vengono a regolarsi spazi e distanze delle persone fra loro e an­ che in rapporto agli oggetti (sistemazione logistica dei soggetti comunicanti, illuminazione dell’ambiente ecc.). Sull’uso degli spazi possono influire vari fattori quali, ad esempio, quelli culturali e socioemozionali, la personalità dei soggetti, l’organizzazione spaziale dell’ambiente, il grado di intimità tra i parlanti, le differenze di status e di ruolo sociale. N ell’ interazione didattica sono particolarmente significative: la disposizione degli arredi e delle perso­ ne negli spazi, la distanza tra gli interlocutori ed eventuali comportamenti corporei. L ’ insegnante/formatore dovrebbe fare attenzione al modo in cui si

posiziona in aula, evitando in particolare di privilegiare la vicinanza di alcuni allievi a scapito di altri; un simile comportamento potrebbe implicitamente segnalare una diversa relazione affettiva nei confronti dei vari allievi. Un al­ tro elemento che si dovrebbe tenere in considerazione è la “giusta distanza” rispetto all' allievo. Tra gli spazi più importanti per la persona vi è infatti quello che sta intorno al proprio corpo; è questo uno spazio che solitamente percepiamo come esclusivo, «è il nostro spazio di sicurezza o la nostra zona

intima» (De Augustinis, 1993, p. 32). Una violazione di questo spazio da par­

te di terzi può provocare differenti reazioni: rigetto, accettazione o anche entrambe. Tendiamo a consentire che qualcuno entri nella nostra zona inti­ ma, quando ci fidiamo. Nella comunicazione educativa bisogna allora saper stabilire la giusta distanza con il proprio interlocutore, evitando condotte intrusive; una diminuzione delle distanze è possibile, ma va ottenuta con il consenso e la stima.

La comunicazione poi si svolge, oltre che nello spazio, anche nel tempo. Di questo si occupa la cronemica, che studia le variabili relative ai tempi di una comunicazione, di una conferenza o di una riunione.

L a cinesica Comunichiamo ininterrottamente con il nostro corpo, senza

soluzione di continuità. Il corpo è un dispositivo comunicativo molto poten­ te e riveste un ruolo fondamentale nell’ interazione sociale. Tale comporta­ mento è oggetto di studio della cinesica, che a sua volta si distingue in due aree principali: la microcinesica, che riguarda i comportamenti “micro”, in particolare quelli del volto (mimica facciale, comportamento visivo, in parti­ colare lo sguardo), e la macrocinesica, che si occupa di unità di comporta­ mento più ampie (la postura e la gestualità come elementi indicativi di status, atteggiamenti verso sé stessi e feedback nella comunicazione interpersonale). Il volto di chi parla è di solito in armonia con quanto sta comunicando ver­ balmente, contribuendo a sostenere e a enfatizzare le sue parole. La fronte, le labbra e le sopracciglia sono indicatori in grado di segnalare accordo o dissen­ so, sorpresa, soddisfazione, perplessità, grado di attenzione ecc. Se, ad esem­ pio, l’ insegnante/formatore contrae la fronte per esprimere il suo disaccordo rispetto a un’affermazione dell’allievo, ciò può provocare differenti reazioni in base a come viene fatto: può indurre l’allievo a interrompere l ’elocuzione o, al contrario, a chiarire l’affermazione appena fatta, arricchendola con altre informazioni.

Gli occhi rappresentano il fulcro dell’espressività del volto. E noto il fatto che, quando parliamo con una persona, la nostra attenzione si concentra maggiormente su di essi. Lo sguardo assume un ruolo cruciale nel comunica­ re atteggiamenti personali, ma spesso esercitare il controllo su di esso è molto difficile. Quali sono le principali funzioni dello sguardo in contesto educati­ vo? Possiamo indicarne sinteticamente tre: controllo della situazione comu­ nicativa, segnalazione di feedback ed espressione di umori ed emozioni. In

Micro

e macrocinesica

Le funzioni della mimica facciale e dello sguardo

Postura e gestualità

I rischi della comunicazione distorta

Medium

aula si dovrebbe cercare di posare lo sguardo a turno su tutti gli allievi mentre si parla, affinché tutti avvertano la sensazione di essere tenuti in eguale consi­ derazione. Soffermarsi con lo sguardo su chi è più in difficoltà può costituire un segnale di incoraggiamento, guardare chi prende la parola è segno di con­ ferma e considerazione; corrugare le ciglia o la fronte nel corso dell’esposizio­ ne può avvertire l’allievo che ciò che si sta spiegando è un argomento diffìcile o di grande importanza, sollecitandolo a una maggiore attenzione. Al tempo stesso, dagli sguardi degli studenti l’ insegnante/formatore può capire il livel­ lo di attenzione e la qualità di ricezione del messaggio.

Per quanto riguarda la postura, essa in generale restituisce indicazioni soprat­ tutto sull’atteggiamento verso sé stessi e gli altri e sullo status sociale. L ’ inse- gnante/formatore può accompagnare certe posture con determinati gesti; presi congiuntamente, gesti e posture possono assumere un valore permissivo o indicare divieti.

La gestualità, infine, svolge una funzione importante a livello espressivo- comunicativo, poiché supporta la comunicazione verbale, rendendola più facilmente interpretabile.

È importante sottolineare che i comportamenti non verbali dell’ insegnate/ formatore possono talvolta affiancarsi in modo incongruo alla comunicazio­ ne verbale, generando un effetto di comunicazione distorta. Può cioè accade­ re che l’ insegnante/formato re comunichi verbalmente un giudizio di appro­ vazione, ad esempio, ma esprima al tempo stesso atteggiamenti di rifiuto attraverso l’espressione del volto o la postura (Laneve, 1997). Si parla in que­ sti casi di “doppio legame”, ossia di un comportamento nel quale la comuni­ cazione esplicita (tipicamente verbale) risulta in contrasto con quella implici­ ta (non verbale). Per quanto non sia facile, bisognerebbe cercare di contenere comportamenti di questo tipo, sviluppando un’adeguata consapevolezza dei propri atti comunicativi (consapevolezza metacomunicativa) e cercando così, per quanto possibile, di controllarli.

1.2. La comunicazione testuale e multimediale La comunicazione didattica si avvale di vari supporti mediali. Un medium (“mezzo”, dal latino) è un dispo­ sitivo comunicativo che può essere considerato da varie angolazioni: tecnolo­ gica, linguistica, simbolica, cognitiva. Ogni medium si caratterizza infatti non solo per l’aspetto strumentale, ossia in quanto canale in grado di veicola­ re la trasmissione di un messaggio, di un contenuto, ma anche per i linguaggi e i codici di cui fa uso e per i peculiari rapporti che possono instaurarsi tra il medium stesso e la mente. Si pensi in particolare ad ambienti rappresentativi dei nuovi media (ad es. programmi di videoscrittura, di navigazione Internet ecc.): questi media, più che trasmettere dei messaggi, coadiuvano l’attività personale di costruzione (riorganizzazione, ristrutturazione, ridefinizione ecc.) di significati (Calvani, zoo8).

In genere nella comunicazione didattica mediatizzata ci si avvale di testi (libro di scuola, sussidiario o manuale scolastico), e quindi del medium della scrittu­ ra. Oggi sono note le implicazioni sul piano cognitivo e culturale dell’avvento della scrittura nel corso della storia dell’uomo. La scrittura, ponendo il lin­ guaggio sotto il controllo della vista, ha reso possibile un esame retrospettivo sulla parola; la possibilità di una riflessione sul linguaggio ha favorito allora quel pensiero analitico che sta alla base della cultura occidentale (Ong, 1986). Va tuttavia sottolineato che, nella storia della scuola italiana, sui manuali sco­ lastici «ha sempre pesato una condizione di bassa qualità culturale dovuta anche al persistente riciclaggio di materiali già dati e alla negazione o igno­ ranza di ogni possibilità innovativa offerta dalla ricerca didattica. Qualunque testo o immagine trovasse spazio all’ interno di un libro scolastico era come se subisse [...] una sorta di degradazione culturale ed editoriale» (Farné, 2002, P.15 4 ). in particolare per quanto attiene all’uso delle immagini. E prevalso infatti, almeno fino agli anni Sessanta, un uso banalmente decorativo e stere­ otipato delle immagini, tipico dei “libri per bambini” tanto criticati da Radi­ ce per il loro infantilismo e la loro monotonia: nei manuali scolastici le figure venivano ridotte a semplice cornice decorativa delle parole senza considerare l’immagine stessa come testo, portatrice di significati; tutto ciò a vantaggio del testo scritto, pur nei limiti che abbiamo segnalato.

Un nuovo capitolo della riflessione sul rapporto tra testo e immagini si è aperto a partire dagli anni Novanta con l’esplosione della multimedialità*. Un multimedia è un ambiente che consente di utilizzare e combinare più codici espressivi oltre a quelli solitamente presenti nei libri, e quindi testo, immagini (statiche e dinamiche), audio. Cinema e televisione hanno storica­ mente rappresentato i primi multimedia. Dagli anni Novanta, si comincia a parlare di ipermedia, ossia di multimedia che possono essere esplorati secon­ do piste differenti e in base agli interessi e alla curiosità di chi ne fruisce, aspetti questi che hanno acquistato una progressiva centralità con lo sviluppo delle tecnologie reticolari (Internet e web).

Un multimedia può essere utilizzato sia nelle situazioni in presenza a suppor­ to dell’esposizione orale (si pensi alla diffusione dell’uso di presentazioni in PowerPoint in aula) sia nella formazione online (si pensi ai contenuti didat­ tici multimediali, dai learning objects* ai webinar o ai video online).

Nelle pratiche correnti si tende a ritenere che quanto maggiore è il grado di multimedialità, tanto migliore sarà l’apprendimento. La ricerca ha invece di­ mostrato che questa credenza è falsa: l’uso indiscriminato di immagini o ani­ mazioni e, più in generale, della multimedialità può intralciare piuttosto che migliorare i processi apprenditivi aumentando il carico cognitivo (Calvani, 2011b). A questo livello sono allora importanti alcuni accorgimenti che pos­ sono riguardare l’ impiego dei supporti visivi nel corso dell’esposizione, op­ pure le tecniche di scrittura dei testi o ancora le modalità di combinazione di testi, immagini e audio a supporto dell’apprendimento.

Testualità e scrittura I manuali scolastici La multimedialità Maggiore multimedialità non significa migliore apprendimento

Tecniche di scrittura per facilitare l’apprendimento Oltre l’uso esornativo delle immagini Le funzioni delle immagini secondo Clark e Lyons

Circa le tecniche di scrittura del testo (libri, presentazioni multimediali, con­ tenuti digitali ecc.), la ricerca più recente (Mayer, 2009) suggerisce alcune in­ dicazioni per aiutare lo studente a selezionare le informazioni rilevanti nella lettura, come ad esempio: evidenziare le informazioni più importanti attra­ verso l’uso di titoli, corsivi, grassetti, sottolineature, dimensioni del carattere, spazi bianchi, ripetizioni dei concetti chiave, icone, immagini ecc.; aggiungere delle domande e/o esplicitare gli obiettivi didattici in modo da richiamare l’attenzione sui contenuti di maggiore interesse; fornire sintesi riepilogative; eliminare le informazioni meno significative e adottare uno stile conciso, in modo da ridurre il “rumore”. Oltre a facilitare la selezione delle informazioni rilevanti, si dovrebbe prestare attenzione al processo di organizzazione delle nuove informazioni, aiutando l’allievo a mettere in relazione le informazioni selezionate in modo che egli possa costruire una rappresentazione mentale coerente. Tale processo dipende dalla capacità dell’allievo di riconoscere la struttura concettuale del testo. Pertanto, in questo caso, è utile: strutturare in modo chiaro e comprensibile il testo, ossia esplicitare le relazioni concettuali esistenti tra le sue parti (confronto/comparazione, relazione causa-effetto, classificazione, grado di generalità ecc.); fornire una “scaletta” dei passaggi chiave; offrire rappresentazioni grafiche attraverso cui mettere in relazione i nuovi concetti (schemi, mappe concettuali). Infine, per aiutare lo studente ad attivare e a utilizzare le conoscenze pregresse si può fare uso di anticipatori contenenti ad esempio analogie, presentazioni simultanee di una stessa spie­ gazione in formati diversi (animazione e narrazione), esempi e domande. Per quanto riguarda il rapporto testo-immagini, dobbiamo rilevare che in molti multimedia, come era già accaduto per i testi scolastici, prevale ancora un uso decorativo delle immagini: non si pensa al ruolo che esse possono svolgere nel migliorare i processi d ’apprendimento, quanto alla loro semplice funzione di rendere più gradevole quanto si legge, di accrescere l’appeal del contenuto trasmesso in forma scritta, con implicazioni positive sulla motiva­ zione ad apprendere. In realtà, come hanno mostrato Ruth C. Clark e Cho- peta Lyons (2010), la motivazione emozionale rischia di rivelarsi contropro­ ducente sollecitando conoscenze fuorvianti; al contrario, è la motivazione cognitiva quella in grado di richiamare preconoscenze adeguate all’oggetto d ’apprendimento e che va stimolata in ambito educativo. Questo non signi­ fica che gli aspetti formali legati alla gradevolezza non siano importanti ma, come sottolinea Calvani (2011b, p. 29), «nel momento in cui l’ immagine viene impiegata per favorire un processo di apprendimento si tratta di consi­ derare se e come il supporto visivo diventi funzionale nel più ampio processo cognitivo che si intende attivare».

Suggerimenti utili per un uso didattico delle immagini sono contenuti nel lavoro già menzionato di Clark e Lyons (2010). Queste autrici sottolineano come sia importante in primo luogo distinguere tra le caratteristiche superfi­ ciali di un’immagine e le sue funzioni comunicative: le prime riguardano

l’a-tabella 1 Caratteristiche superficiali delle immagini

Tipo Caratteristica saliente

Im m agine statica Illustrazione

Immagine fotografica

Immagine modellizzata (generata al p c)

Im m agine anim ata Animazione

Video Realtà virtuale

Fonte, adattamento da Clark, Lyons (2010).

tabella 2 Funzioni comunicative delle immagini

Funzione Scopo Esempio

Decorativa Estetico 0 umoristico L’immagine sulla copertina di un libro

Rappresentativa Mostrare un oggetto o una situazione Il disegno o la foto di un cane pa­ store tedesco

M nem onica Fornire indizi visivi per il ricordo di informazioni fattuali

La sagoma di un cane per ricorda­ re il concetto “cane”

Organizzativa Mostrare relazioni qualitative fra ele­ menti

Un organizzatore grafico dei con­ tenuti di una lezione

Relazionale Mostrare relazioni quantitative fra due 0 più variabili

Un grafico matematico o statistico

Trasformativa Mostrare i cambiamenti di un oggetto nello spazio o nel tempo

Le immagini per il montaggio di un mobile

Interpretativa Illustrare una teoria o un processo

Fonte, adattamento da Clark, Lyons (2010).

Un disegno semplificato della cir­ colazione cardiaca

spetto di una immagine e il modo in cui essa è stata creata, con implicazioni non tanto per l’ambito didattico quanto per quello tecnico e anche economi­ co (cfr. TAB. 1); le seconde attengono, invece, agli aspetti relativi a come l’ im­ magine trasmette le informazioni (cfr. t a b. 2).

Tuttavia, limitarsi agli aspetti comunicativi non è sufficiente per compren­ dere le diverse modalità in cui un’ immagine può supportare i processi d ’ap­ prendimento e conoscenza. Occorre considerarne anche le funzioni psicolo­ giche per valutare quando la comunicazione visiva diventa facilitatrice di un processo cognitivo significativo. A questo proposito, Clark e Lyons hanno elaborato un’ulteriore tassonomia (cfr. TAB. 3), che viene ampiamente illu­ strata in un lavoro di Landriscina (2011).

t a bella 3 Funzioni psicologiche delle immagini

Funzione Scopo

Supporto all'attenzione Attirare l’attenzione sugli elementi visivamente importanti

Attivazione della conoscenza Facilitare il recupero delle conoscenze preesi­ stenti e l’integrazione delle nuove informazioni

M inim izzazione del carico cognitivo Minimizzare il carico cognitivo estraneo imposto alla memoria di lavoro durante l’apprendimento

Costruzione d i m odelli m entali Facilitare la costruzione di nuovi schemi mentali e la loro integrazione con quelli esistenti

Supporto a l transfer d e ll’apprendimento Rappresentare caratteristiche chiave dell’ambien­ te in cui si dovrà applicare quanto appreso

Supporto a lla motivazione

Fonte: adattamento da Clark, Lyons (2010).

Rendere il materiale interessante senza ostacola­ re l’apprendimento Le immagini come strumento per la strutturazione e ristrutturazione cognitiva dell’allievo La comunicazione aumentativa e alternativa

Al di là delle tassonomie, l’ impiego dell’ immagine, in particolare di organiz­ zatori grafici o mappe concettuali (cfr. riquadro i), va collocato nel processo di strutturazione e ristrutturazione cognitiva dell’alunno, tenendo conto in particolare delle sue preconoscenze*: qui l’ immagine può svolgere un ruolo attivo, generando situazioni aperte in grado di sollecitare funzioni cognitive

Nel documento 229 00186 (pagine 74-83)