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4.1. La conciliazione giudiziale nel sistema degli istituti deflattivi del contenzioso

4.1.3. Conciliazione giudiziale e Reclamo

Con la l. 15/07/2011, n. 111, è stato introdotto nel decreto sul contenzioso tributario l’art. 17 bis, che regola l’istituto del reclamo e mediazione tributaria, riservato alle controversie di minore entità e, che per espressa previsione del legislatore non trova applicazione per gli atti impositivi emessi da enti locali.

La caratteristica principale è l’obbligatorietà del reclamo141

, che determina una condizione di ammissibilità del successivo (eventuale) ricorso, rilevabile in ogni stato e grado del processo. Il reclamo è esperibile soltanto in relazione alle controversie di valore non superiore a €20.000, e che nonostante siano assai numerose, sono destinate a produrre scarsi risultati per l’erario a fronte di costi amministrativi comunque elevati. Il limite soggettivo individua le liti pendenti nei

confronti della sola Agenzia delle Entrate142, mentre sul piano procedurale l’istituto

è alternativo alla conciliazione143.

Il reclamo proposto può essere accolto in tutto o in parte, con conseguente annullamento in autotutela dell’atto impugnato, ovvero rigettato. Il reclamo può

141 Mentre la proposta di mediazione è solo facoltativa, e deve essere contenuta in un’istanza di reclamo. 142 Nel caso di cartelle di pagamento emesse da Equitalia, il reclamo dovrà essere esperito solo per l’impugnazione del ruolo, e non della cartella. Per evitare di incorrere in termini di decadenza, è necessario, in presenza di vizi che riguardino entrambe gli elementi, sdoppiare l’impugnativa: un reclamo avverso il ruolo, e un ordinario ricorso avverso la cartella, fermo restando che in caso di accoglimento del reclamo la cartella si ritiene caducata. Gli inconvenienti in termini di economia processuale di una simile soluzione sono palesi.

143 Parte della dottrina, tra cui in primis G. Marini, Profili costituzionali del reclamo e della mediazione, in

Corr. Trib., 2012, pag. 853, afferma la superfluità dell’istituto, in quanto al suo posto sarebbe stata

sufficiente una direttiva interna dell’Agenzia che invitasse gli Uffici a proporre la conciliazione fuori udienza, in tutti i casi in cui sussistevano i presupposti per mediare ante litem. Inoltre, nel reclamo l’organo cui compete l’esame non presenta il carattere di terzietà che presenta invece il Giudice tributario, che deve decidere nel merito della controversia in caso di conciliazione, non si capisce allora il motivo per il quale i due istituti sono posti in reciproca alternatività: ci si interroga quindi sulla legittimità costituzionale del comma 1 dell’art. 17 bis.

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contenere una proposta motivata di mediazione del contribuente che, se l’ufficio ritiene di non accogliere può articolare a sua volta. L’intero procedimento, che non sospende l’esecutività dell’atto impugnato, deve concludersi entro 90 giorni dalla proposizione del reclamo: se non viene accolto, o non si raggiunge la mediazione,

esso produce gli effetti del ricorso144.

L’obiettivo perseguito con tale istituto è chiaramente quello di determinare una scrematura nell’instaurazione dei procedimenti contenziosi, che costituisce condizione di ammissibilità della successiva azione giurisdizionale.

Il reclamo evita in concreto, in tutto o in parte, l’insorgenza di una lite di fronte alla Commissione tributaria. È privo del carattere della premialità: l’accoglimento è assimilabile, almeno riguardo agli effetti, all’esercizio dell’autotutela e come conseguenza ha proprio il venir meno del presupposto sanzionatorio (la sanzione non è più applicabile in radice essendo venuto meno l’illecito); ed in caso di accoglimento parziale del reclamo, la sanzione resta applicabile in misura piena sulla parte non accolta. La mediazione, invece, determina la stessa riduzione delle sanzioni già vista nel caso di conciliazione (40%), dato che la seconda si pone come istituto alternativo relativamente alle controversie rientranti nel campo di applicabilità della prima. La scelta di attribuire lo stesso premio alla mediazione (che permette di prevenire il contenzioso) e alla conciliazione (che interviene a contenzioso già instaurato), pare da ricondurre alla volontà di semplificazione al fine di evitare una eccessiva gradazione delle misure premiali, tenendo conto anche del carattere obbligatorio del reclamo.

Per quanto riguarda le spese processuali, è disposto che la parte soccombente in giudizio potrà essere condannata al rimborso delle spese della procedura di reclamo e mediazione, in ragione del 50% delle spese del giudizio (salvo il caso di compensazione per giusti motivi).

144 Il contribuente che intenda proseguire nel contenzioso deve quindi provvedere al deposito del reclamo- ricorso con relativo fascicolo presso la Commissione tributaria, nel termine ordinario di 30 giorni decorrenti dal provvedimento di diniego (o di accoglimento parziale) del reclamo, ovvero, in mancanza, dallo scadere dei 90 giorni.

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L’idoneità a definire preventivamente la pretesa tributaria, costituisce per entrambe gli istituti il connotato definitorio.

A mio parere, dato che l’istituto è stato previsto per le controversie cosidette “minori”, invece che prevedere un appesantimento del procedimento previsto per consentire al contribuente di far valere i propri diritti, sarebbe stato opportuno prevedere una procedura più snella, ad esempio prevedendo che: la decisione in merito alla questione controversa possa essere affidata ad un giudice monocratico per le controversie minori, e l’obbligatorietà di esperire un tentativo di conciliazione stragiudiziale in tutti gli altri casi. In ogni caso ritengo che l’esame dei motivi proposti dal contribuente debba essere effettuato da un organo dotato dei requisiti di terzietà rispetto alla controversia, al fine di evitare la sovrapposizione di reclamo e autotutela, ma anche di riconoscere il diritto del contribuente ad un giusto processo (ex art. 111 Costituzione).

Inoltre, riguardo all’istituto attualmente in vigore penso che, per garantire al massimo il diritto alla difesa del contribuente, sia necessario prevedere la possibilità di integrare con ulteriori motivi il proprio ricorso, nel caso in cui il reclamo venisse respinto.