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Il Presidente della Sezione o il Collegio hanno il potere di agire sull’accordo conciliatorio su duplice fronte: possono promuovere la conciliazione, esperendone il

tentativo o sollecitando le parti (comma 2)89; devono verificare la sussistenza dei

presupposti e delle condizioni di ammissibilità del contenuto dell’accordo (comma 5), a tal proposito, ci si è chiesti se fosse sufficiente un sindacato di legittimità, o se si rendesse necessario anche il sindacato di merito nella decisione del Giudice sull’ammissibilità o meno della conciliazione.

Riguardo il primo compito, il tentativo conciliativo promosso dalla Commissione si inquadra nella “fattiva opera di collaborazione e di incentivazione da parte degli Organi giudicanti”, auspicata, anche a livello ministeriale, dalla Circolare n. 98/E del 23 aprile 1996; mentre con riferimento al potere di stimolo per le parti al fine di comporre la controversia, affermare che il Giudice tributario possa sollecitare a conciliare la lite tributaria, non significa che lo stesso Giudice possa imporre alle parti una sua ipotesi conciliativa, o che egli possa condizionarne il giudizio con forme di anticipazione della sentenza. Il Giudice infatti deve mantenere un profilo imparziale in modo che “né l’una, né l’altra parte ne avverta l’intervento alla stregua

88 Infatti con il provvedimento che fissa l’udienza, si chiude la fase dell’esame preliminare del ricorso e, il Presidente della Sezione non avrà più alcuna competenza di natura giurisdizionale come organo singolo, ma sarà definitivamente spogliato della controversia, che sarà rimessa all’organo collegiale.

89 In questa fattispecie, non si avrà una fase successiva di controllo della conciliazione da parte del Collegio che ha valutato l’esistenza delle condizioni e dei presupposti ex ante. Inoltre, è da osservare che, a differenza che nel processo civile, il tentativo di conciliazione non è obbligatorio, trattandosi di una mera facoltà del giudice, che può esperirlo indipendentemente dalla pubblica udienza, disponendo la comparizione personale delle parti.

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di violenza morale”90

. Questo primo ruolo del Giudice è stato previsto solo nell’ipotesi di conciliazione in udienza, mentre fuori udienza se la proposta preventivamente accettata fosse ritenuta inammissibile, potrà solo fissare la data dell’udienza, dimostrando così la scarsa importanza che il legislatore tributario ha assegnato all’intervento attivo del Giudice nell’iter che può condurre alla composizione della lite.

Il secondo compito si ritiene comprenda solo il controllo di legittimità, ovvero una valutazione di correttezza dell’operazione logico-giuridica, e non la valutazione di merito sui termini dell’accordo, la sua congruità o la sua opportunità. In qualità di organo al di sopra delle parti, egli avrà il potere-dovere di valutarne la legittimità formale verificando l’assenza di cause di inammissibilità del ricorso (come la tardività o la mancanza di elementi necessari) o improcedibilità (ad esempio per vizi

di incompetenza)91, e qualora non sussistano i presupposti processuali o quando

l’oggetto della conciliazione siano materie non conciliabili, può dichiarare estinto il processo. Occorre, però, distinguere tra conciliazione in udienza e fuori udienza: nel

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F. Batistoni Ferrara, Conciliazione giudiziale, in Enc. Dir., agg. II, Giuffrè, Milano 2002. 91

“L’acclarata impossibilità del giudice tributario di sindacare il merito dell’accordo e la congruità delle imposte da versare su cui l’Ufficio finanziario ed il contribuente si sono accordati ha fatto dubitare della legittimità costituzionale dell’art. 48 del D.Lgs. 546/1992. Secondo l’ordinanza di rimessione della C.T.P. di Firenze pronunciata il 28/06/1999, “l’assoluta discrezionalità, esente da motivazione, di cui l’amministrazione dispone nel procedimento conciliativo, che consente di operare sconti senza limiti rispetto ai valori accertati e sostenuti con la costituzione in giudizio, in assenza di qualunque parametro di riferimento, colliderebbe non solo col principio di imparzialità di cui all’art. 97 della Costituzione, ma anche con l’art. 53 Cost., considerato che, a fronte di conciliazioni prive di controlli, si realizzano discriminazioni inevitabili, anche senza ipotizzare comportamenti illeciti”. Secondo la citata ordinanza sarebbe altresì leso il principio di indipendenza della magistratura sancito dall’art. 104 della Costituzione atteso che “il controllo sulla conciliazione proposta è meramente formale e non sulla congruità degli imponibili e, dunque, delle imposte concordate”. In tal senso anche l’ordinanza di rimessione della C.T.P. di Como del 05/02/1999, in

Bancadati fisconline.

La Corte Costituzionale, con ordinanza n. 433 del 12/10/2000, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 48 del D.Lgs. n. 546/1992 in relazione alle norme costituzionali richiamate, osservando l’estraneità degli artt. 97 e 53 della Costituzione alla tematica della funzione giurisdizionale e, con riguardo al principio costituzionale di indipendenza del giudice, l’insuscettibilità dell’art. 48 citato a vulnerarlo stante che attraverso la medesima norma è lo stesso legislatore a definire i limiti della cognizione riservata all’organo giudicante, affidando ad esso, in vista di una più rapida definizione delle controversie tributarie, il compito di accertare se la conciliazione era ammissibile, se rientrava nei casi consentiti e se la relativa procedura è stata correttamente espletata”. G. Di Lauro, La conciliazione giudiziale. Evoluzione della

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primo caso, se il Collegio la ritiene inammissibile, il giudizio prosegue; nel secondo caso, se l’accordo stragiudiziale non fosse ritenuto ammissibile, il Presidente della Sezione, fissa la data di trattazione con decreto.

Il rifiuto alla conciliazione opposto dall’Ufficio non è ritenuto autonomamente impugnabile né alla commissione tributaria, né al TAR, né come motivo di impugnazione nel grado successivo in quanto non concerne il contenuto decisorio della sentenza; può, però, qualora ingiustificato, comportare la condanna alle spese processuali maturate dopo la formulazione della proposta transattiva da parte del Giudice tributario.

Non si può, comunque, ritenere che il giudice abbia un ruolo meramente “notarile” di attestazione dell’avvenuto accordo: la natura giurisdizionale dell’intervento del giudice si può osservare sia riguardo all’attività di controllo del Collegio, sia alla sua preordinazione alla definizione del giudizio (alla quale le parti non potrebbero pervenire altrimenti); ciò è confermato anche in sede di conciliazione stragiudiziale che, nonostante intervenga al di fuori della presenza del Collegio, diventa efficace solo dopo il riscontro positivo del giudice sull’esistenza dei presupposti e delle condizioni ex lege.