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4.2. Istituto della conciliazione giudiziale nel caso del fallimento

4.3.2. Principali limiti dell’istituto

Il primo problema sollevato riguardo all’attuale conformazione dell’istituto della conciliazione, é la possibilità che si possa chiedere il concordato sulla base della dichiarazione anche in assenza di iniziative dell’amministrazione, ovvero in ipotesi

di ritrattazione della dichiarazione183. La tesi è sostenuta da una sentenza della

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"Nel resto d’Europa la 'fase precontenziosa', è di fatto un passaggio obbligato per poi arrivare davanti a un giudice tributario. Questo vuol dire che ci sono meccanismi di conciliazione davanti ai quali fisco e contribuente si trovano per cercare un’intesa. Se non arrivano ad un accordo, a quel punto si prosegue sulla strada del contenzioso. L’esperienze più consolidate sono i sistemi di Francia, Germania e Spagna. Il punto caratterizzante è stata la capacità di creare organismi non giudiziali ai quali il contribuente può rivolgersi per impugnare un atto dell’Amministrazione. Organismi che garantiscono terzietà e indipendenza rispetto alla erario. Numeri alla mano, il filtro sembra funzionare. Se poi ne scaturisce un nulla di fatto, si passa la fase del processo. Le specifiche declinazioni, però, sono diverse da paese a paese anche se una tendenza abbastanza diffusa è rappresentata dal doppio grado di giudizio e dalla presenza di giudici a tempo pieno." M. Mobili - G. Parente, Nei paesi europei il "filtro" d'ingresso è già una realtà, in Il sole24ore, 63, 2011, pag. 3.

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Ci si riferisce al caso degli errori contenuti nella dichiarazione, o a quello di dichiarazione presentata per errore: la fattispecie diventa pressante soprattutto in un fisco di massa in cui le ipotesi di ignoranza scusabile della legge e di obiettiva incertezza di essa sono sempre maggiori.

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Cassazione184 secondo la quale ritrattare vuol dire prospettare elementi di errore

(soprattutto di diritto) all’Amministrazione e quindi introdurre l’obbligo per la stessa di valutare tali elementi allo scopo di liquidare un imponibile e un’imposta conforme alla realtà. Se, infatti, l’Amministrazione può correggere errori materiali e di calcolo, se può revocare il proprio accertamento, si dovrebbe dare la possibilità al contribuente (subordinatamente a serie regole procedurali), di prospettare all’Amministrazione i propri errori al fine di concordare in contraddittorio una nuova base imponibile. Perciò, deve essere affermato il principio secondo il quale l’imposta non dovuta deve essere rimborsata anche se la riscossione è stata legittima: è dovere dell’Amministrazione accertare meno imposte quando i loro presupposti non siano validi e dove, il contribuente in buona fede, sia incorso in errori, dichiarando o pagando di più.

Un’ulteriore criticità legata agli istituti risiede nel fatto che, la loro introduzione è stata conseguenza dell’utilizzo delle forme di accertamento basate, sui coefficienti presuntivi prima, e sui parametri e gli studi di settore poi. È dubbia l’attendibilità delle risultanze ottenute con gli studi di settore, cui i funzionari si basano per la

proposta di definizione della controversia. A tal proposito, la Corte di Cassazione185

ha più volte stabilito che gli elementi probatori a carico del contribuente devono

essere specifici e concreti, senza il ricorso ad argomentazioni generiche186. Se è

giusto combattere l’evasione con strumenti fiscali così incisivi ed invasivi, si deve, al tempo stesso, rispettare scrupolosamente la Costituzione per quanto riguarda il diritto di difesa (art. 24 Cost.): il processo tributario dovrebbe svolgersi nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo ed imparziale (art. 111 Cost.).

184 Cass., Sez. Unite, n. 15063 del 25/10/2002, in Bancadati Fisconline.

185 Da ultima Cass., sez. trib., n. 13289 del 17/06/2011 in Bancadati Fisconline.

186 Ad esempio, deve essere dimostrato se e in che misura lo svolgimento di una attività di lavoro dipendente o l’esistenza di una malattia abbiano comportato una diminuzione dei ricavi o dei compensi.

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Una delle proposte avanzate da autorevole dottrina187 riguarda la necessità che il

processo tributario non sia più gestito ed organizzato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (che è una delle parti in causa) e, al fine di eliminare ogni limite al diritto alla difesa, sia necessario altresì prevedere per il contribuente la possibilità di utilizzare testimonianze e giuramenti per contrastare gli aggressivi istituti giuridici del Fisco.

Passando poi ai problemi relativi al dettato normativo, in primo luogo erano stati prospettati dubbi relativamente al limite della prima udienza posto dall’articolo 48: nell’attuale formulazione, sembrerebbe infatti che la possibilità di raggiungere l’accordo si debba limitare solo alla prima udienza. Diverso è il caso (disciplinato dal 4°comma) in cui la conciliazione, proposta da una delle parti, non abbia luogo nel corso della prima udienza: la commissione potrà in tale fattispecie assegnare un termine, non superiore a sessanta giorni, per addivenire ad un accordo nelle forme della conciliazione fuori udienza, disponendo di un proprio potere discrezionale di rinvio dell’udienza. La previsione in esame sicuramente non riguarda il caso in cui l’iniziativa della conciliazione non sia della parte, ma sia assunta in udienza dalla stessa Commissione: mancando qui una precedente proposta di conciliazione, si dovrà procedere a determinare ex novo il contenuto della stessa, riconoscendo al collegio il potere di rinviare l’udienza di trattazione per consentire la trattativa. Dato che la stessa necessità di rinvio si riscontra anche quando, sia pure in conseguenza di

una proposta di parte, le trattative non si concludano in una sola udienza188, e dato

che la facoltà discrezionale della commissione avrebbe determinato una disparità di trattamento tra coloro che dovevano decidere alla prima udienza e coloro che disponevano di un maggior lasso di tempo per la formazione della proposta, è

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La presente proposta è avanzata nel Progetto di riforma organica del contenzioso tributario, Proposta di legge presentata in Senato alla cui stipula hanno partecipato C. Glendi, A. Comelli, C. Soncini. Atto S. 988, Senatore G. Pagliari, Commissioni riunite 29° e 6° del 22/01/2014.

188 Come può accadere per controversie particolarmente complesse, o in relazione trattative che implichino o possano implicare il coinvolgimento del giudice.

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intervenuta la Corte di Cassazione con sentenza189, affermando che “la proposta

conciliativa possa essere attuata anche successivamente alla fissazione dell’udienza di trattazione, purchè le udienze già tenute siano di mero rinvio”.

Ulteriore problema relativo al nuovo art. 48 è che “la conciliazione può avere luogo solo davanti alla commissione provinciale”, nonostante le critiche e le perplessità

espresse dalla dottrina190, in generale favorevole all’estensione della conciliazione

anche nel giudizio davanti alla commissione regionale, e della giurisprudenza

pronunciatasi anch’essa in senso positivo191

.

Sotto questo profilo, l’istituto differisce nettamente dalla conciliazione del processo civile ordinario (dalla quale aveva avuto la propria origine), la quale è ammessa in entrambe i gradi di merito, con la conseguenza che la determinazione di risolvere consensualmente la controversia può essere assunta anche all’esito delle risultanze

dell’istruttoria compiuta, e anche dopo la sentenza di primo grado192

. Non si capisce la ragione per cui non si possa attribuire la stessa ampiezza alla conciliazione tributaria, anche in considerazione del fatto che le posizioni iniziali spesso mutano e si modificano alla luce degli elementi che vengono acquisiti in pendenza del giudizio, indipendentemente dalle decisioni del giudice di primo grado.

Questi ultimi due limiti sono funzionali all’intento sia di evitare l’inutile svolgimento di attività giurisdizionale, sia per impedire che la scelta per la soluzione convenzionale avvenga in base allo svolgersi degli eventi della lite, sia per evitare comportamenti meramente dilatori delle parti.