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Come abbiamo visto la concezione della Bildung nei suoi sviluppi più recenti trova le proprie radici nell’illuminismo e in questa origine risiede tuttavia anche il limite di svilupparsi intorno al soggetto, ciò per esempio appare chiaramente nel romanzo di formazione dove l’eroe è pensato nella sua autonomia; il centro d’attenzione è il soggetto che oggi criticamente, definiremo solisipstico; sicuramente, da questo punto di vista, Dewey e

113 Ivi, p. 19.

114 Gadamer H.-G., Bildung e umanesimo, a cura di Giancarla Sola, il nuovo melangolo,

Genova 2012, p. 74.

115 Hans-Georg Gadamer, (1960) Verità e metodo, Tr. it. di Gianni Vattimo, Studi Bompiani,

ancor meglio Gadamer avviano le loro considerazioni, seppur in due diverse direzioni, a partire dal carattere relazionale dell’uomo.

In Dewey l’elemento relazionale si connota più come

contrapposizione, ad esempio nell’azione pratica esso si realizza come un doversi muovere in un contesto che in un certo senso potremmo definire ostile cioè inteso come altro da sé e che tendenzialmente può ostacolare l’agire del soggetto. L’esperienza quindi non solo si presenta come interazione soggetto/oggetto ma anche come organismo/ambiente. In Gadamer invece la relazione si connota, per usare le parole del nostro autore come inevitabile fusione di orizzonti, certamente Gadamer tiene ferma una diversità che tuttavia non può essere assoluta; la comprensione infatti è possibile laddove ci sia, per quanto poco, qualcosa di comune.

Abbiamo presentato due prospettive in cui l’esperienza viene considerata formativa e in entrambi i casi la formazione coinvolge e ha a che fare con la vita. In Dewey questo significa autorinnovamento che si realizza attraverso l’esperienza, in questo senso allora l’esperienza è formativa. Tuttavia, come mette in evidenza Fabre, per il pragmatismo l’esperienza viene considerata formatrice «nella misura in cui si conforma ai canoni del metodo scientifico; essa tende dunque […] ad affermarsi in quanto sperimentazione»116. L’esperienza formativa in quanto Bildung

invece si colloca nel versante della comprensione e della ricerca di senso, da questo punto di vista il romanzo di formazione si pone decisamente su questo versante.

Se l’esperienza formativa in Dewey «dipende interamente da un interesse che mira a garantire l’attività mediante il successo»117 nell’ambito

della Bildung l’esperienza formativa è legata all’attribuzione di un senso che si presenta come un tutto, si tratta di un’unità che non si realizza solo nell’asse temporale ma anche in quello relazionale, in senso diverso

116 Fabre M., Epistemologia della formazione, (titolo originale Penser la formation) Tr. it. a cura

di Ivana Padoan, CLUEB, Bologna 1999, p. 152.

rispetto all’esperienza deweyana; il comprendere in Gadamer, come ci dice Fabre, «è ricondurre il diverso a una forma di unità ed è ugualmente poter ritrovare qualche cosa di sé nell’altro»118. In Gadamer dunque

pensare è comprendere in Dewey invece si connota in direzione del metodo scientifico.

L’accostamento di questi due modelli mette in evidenza due diverse prospettive dell’esperienza formativa e, a questo punto, c’è da chiedersi, almeno per quanto riguarda l’apprendimento formale, se sia in qualche modo possibile recuperare lo squilibrio che ora favorisce il modello pragmatico. Giustamente, come mette in evidenza Fabre, «nessuna considerazione etica potrebbe liberare il formatore dalla necessità di entrare in didattica […] poiché ogni impresa educativa mira sempre a plasmare l’altro secondo un progetto stabilito da altri»119 ma rimane da

capire se, ed eventualmente come, sia possibile associare ad una logica di efficacia didattica «l’attenzione ai segni che denotano l’emergere della persona all’interno della propria libertà»120 e infine, nella fortunata ipotesi

che questo sia possibile, rimane certamente problematica e aperta la questione dei presupposti che guidano la nostra comprensione e il nostro agire. Rimane il fatto che l’accostamento delle due tradizioni, quella strumentale e quella ermeneutico-narrativa, non intende affermare un’opposizione, al contrario esso potrebbe essere addirittura pensato come una convivenza, forse non del tutto pacifica; anzi l’ipotesi della convivenza per ora ci convince se non altro per il fatto che se da un lato è indubbio che gran parte del nostro agire sia più vicina alla tradizione rappresentata qui da Dewey che non all’altra, ciò non esclude di per sé l’esperienza ermeneutica; d’altronde come sottolinea Fabre

il fatto è che la Bildung [intesa come tradizione ermeneutico-narrativa] s’interessa a ciò che è – al di là dei progetti o dei problemi particolari

118 Ivi, 154. 119 Ivi, 217. 120 Ibidem.

della vita – il senso della vita, considerata come un tutto […]. In questa tradizione, il successo e la perdita non costituiscono i valori supremi. Ciò che fa della vita un tutto narrabile non si riduce a dei criteri pragmatici, ma richiama piuttosto un altro ordine: estetico o etico! Una vita caratterizzata dall’insuccesso può essere ciò nonostante una bella vita per la sua intensità.121

Certamente dobbiamo quantomeno concedere a Dewey che i suoi lavori offrono oggi interessanti indicazioni a prescindere dalla tradizione a cui è appartenuto. Per noi risulta di particolare interesse l’invito che Dewey rivolge all’ambito educativo, ma che dal nostro punto di vista può anche essere esteso anche oltre, dicendo che bisogna rendere chiaro ciò che è implicito nell’azione che è portata avanti, per trasformare una scelta basata sull’abitudine in una scelta consapevole di ciò a cui mira, per noi già questo risulta interessante, ovviamente per Dewey si tratta di capire anche le ragioni per cui si opera e l’adeguatezza dei mezzi. In fondo capire come agiamo non ci dice qualcosa di chi siamo? E subito dopo aggiunge «una scelta intelligente è pur sempre una scelta. Essa implica, sempre, preferenze per un genere di fine piuttosto che per un altro che avrebbe potuto essere realizzato. […] La sincerità richiede un massimo di imparzialità nel ricercare e nell’affermare le ragioni, per cui gli scopi ed i valori sono scelti e respinti»122; anche in questo caso l’attualità di queste

affermazioni dovrebbe far riflettere soprattutto perché vengono chiamati in causa anche i valori. Ma Dewey continua «il piano dell’educazione stessa non può essere imparziale, nel senso di non implicare una preferenza per alcuni valori rispetto ad altri»123.

121 Ivi, p. 153.

122 Dewey J., Childs J. L., La frontiera educative, Tr. it di L. Bellatalla, La Nuova Italia,

Firenze 1981, p. 110.

Siamo tuttavia d'accordo con Fabre quando sottolinea il limite della pretesa razionale, in effetti la tradizione pragmatica interpreta l’esperienza depurandola per ottenere degli invarianti oggettivabili e testabili. Gadamer definisce questo uno scheletro razionale. Sicuramente in questo il carattere storico dell’esperienza viene perso e assume un senso la domanda di Fabre se «l’esperienza, nel senso pragmatico, può così pensare fino in fondo ciò che formarsi o apprendere significano?»124.

124 Fabre M., Epistemologia della formazione, (titolo originale Penser la formation) Tr. it. a cura

CAPITOLO TERZO

LA FORMAZIONE OGGI