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Reciprocità nell’apprendimento adulto

2. L’epoca moderna

2.5. Reciprocità nell’apprendimento adulto

Fino a questo momento l’aspetto relazionale che si istituisce in un processo di apprendimento non è stato direttamente affrontato e, in particolare, qui intendiamo rivolgere la nostra attenzione all’aspetto di reciprocazione in tale relazione nella prospettiva dell’educazione in età adulta. Nell’apprendimento adulto spesso si parla della figura del facilitatore di apprendimento; questo avviene perché non si fa riferimento a colui al quale facciamo riferimento quando diciamo “insegnante”, sono infatti due figure diverse che fanno riferimento a diversi presupposti e a diversi obiettivi; naturalmente in primo luogo ci si rivolge ad adulti55, e

già questo porta con sé diverse conseguenze, ed inoltre, anziché limitarsi a trasmettere dei contenuti, il falicitatore si dedica principalmente a gestire un processo di apprendimento e solo successivamente rivolge la propria attenzione ai contenuti. Il tipo di approccio cioè che mette in campo il formatore che operi secondo il modello andragogico e quello di mettere in primo piano il discente adulto e i suoi bisogni rispetto ai contenuti.

Uno degli obiettivi primari che si pone il facilitatore, se non il più importante, è quello di rendere autonomo il discente nel suo processo di apprendimento. Tuttavia, come osserva Quaglino, «l’atuos esclude ogni modello a cui tendere, ogni proposta di modello che sia imitazione o ripetizione di ciò che deve divenire proprio: nessuna “formazione che modella” ha il senso dell’autoformazione» perché, spiega l’autore, se così non fosse colui che è in formazione sarebbe «“al servizio” di una qualche

55 Facciamo qui riferimento alla definizione psicologica di Knowles secondo la quale si

istanza esterna»56. Si presenta quindi una situazione che viene a declinarsi,

nonostante gli obiettivi di autonomia, in una relazione che possiamo definire di dipendenza, tanto che si parla di formatore e discente. Situazione questa che sembra costituire un paradosso.

Tuttavia «la dialettica autoformativa procede nella reciprocazione per smarcarsi dall’altro. Il paradosso allora può essere riletto in questo modo: il rapporto con l’altro non è una forma di dipendenza ma un processo cosciente di scambio e di costruzione reciproca di soggettività destinate alla autonomia reciproca» 57. In questa prospettiva il punto di partenza è

sicuramente asimmetrico, e non può che essere così, visto che i soggetti coinvolti sono diversi e con esperienze diverse. Non si tratta perciò di cancellare la diversità ma di apprendere da essa, attraverso la disponibilità degli attori ad offrirsi ad una situazione di rischio. È infatti l’autentica presenza degli interlocutori che rende viva la relazione perché fa superare la distanza della differenza nel reciproco riconoscimento dell’altro; e proprio per questo non è affatto strano che, in questa esperienza, coloro che sono coinvolti nella relazione possano agire – consapevolmente o meno – in due ruoli diversi: a volte in quello di maestro e altre in quello di allievo.

In un rapporto di reciprocità maestro/allievo orientato all’esercizio di pensiero le parti perdono la loro identità nel senso di una trasformazione. In questo caso il rapporto tra maestro allievo si pone ad un livello diverso, un livello in cui la reciproca influenza rappresenta un percorso comune che trasforma entrambi; alla base del cambiamento c’è l’incontro della diversità che implica un reciproco riconoscimento: uguaglianza e differenze coesistono e vengono comprese e accolte. Il riconoscimento è alla base di un cammino verso l’autonomia da parte dell’allievo poiché lo scopo non è allinearsi al maestro ma agire con lui,

56 Gian Piero Quaglino (a cura di), Autoformazione, Raffaello Cortina Editore, Milano 2004,

p. XX.

imparando nuove azioni, altre situazioni, facendo “esperienza” del maestro. La relazione reciproca è possibile in quanto le parti sono autenticamente presenti, pronte ad accogliere e farsi accogliere, ad influenzarsi, a riproporsi, a ricomprendersi – in altri termini – a mettersi realmente in gioco. L’autonomia non consiste infatti nel tentativo di resistere nella propria posizione ma nel ritrovarla oppure anche nel trovarne un’altra meglio rispondente. Avviandosi nell’autonomia ci si avvia ad orientare se stessi e ciò implica anche il perdersi e assumersi la responsabilità di questo rischio.

Abbiamo visto come l’apprendimento adulto sia un percorso che oramai ha superato i confini istituzionali. Questo significa, da un lato, che il processo formativo coinvolge tutti i momenti della vita dell’individuo e, dall’altro, che ognuno deve farsi carico della propria formazione diventando così autore della propria esistenza. L’apprendimento adulto, in una prospettiva esistenziale, diventa ricerca personale; si intraprende allora un cammino di conoscenza personale che fa riferimento all’insieme di quelle esperienze che hanno costituito i momenti focali della vita. Tuttavia, questo, non può che essere considerato un primo passo in direzione di un quadro di senso che voglia dare ragione della complessità che la vita rappresenta. Naturalmente non si tratta di un compito facile perché inserire le nostre esperienze in un quadro di senso è il nostro modo di abitare il mondo, sapersi condurre consapevolmente in questo, invece è tutt’altra questione.

CAPITOLO SECONDO

BILDUNG, FORMAZIONE COME ESPERIENZA

L’uso del termine tedesco Bildung riferito allo sviluppo dell’uomo è riconducibile alla mistica medievale in cui il termine Bild fa riferimento all’immagine di Dio che l’uomo porta dentro di sé e secondo la quale l’uomo deve orientare la propria vita, si deve inoltre precisare che nel medioevo sono ancora operanti alcuni tratti della paideia classica in cui l’elemento peculiare rimane il processo di sviluppo armonico del soggetto il quale si nutre del contesto culturale che lo circonda e ne fa una sintesi personale, questo processo si caratterizza dunque per la sua continuità rispetto alla tradizione. Di fatto la paideia cristiana e quella umanistica se da un lato apportano delle variazioni significative rispetto alla paideia classica dall’altro si muovono nello stesso contesto.

Nel XVII secolo la formazione si presenta sostanzialmente trasfigurata, essa perde il carattere mistico per focalizzarsi sull’educazione dei talenti e delle facoltà, qui è già intervenuta una trasformazione fondamentale in cui il soggetto trova il proprio riconoscimento nella “scienza moderna” in cui i capisaldi sono regole di empirismo, di oggettività e di sperimentazione; esito di questa impostazione è un uomo dotato di una coscienza da un lato sempre più certa della propria autonomia ma dall’altro sempre più frantumata e socialmente determinata, paradosso questo che si ripercuote anche nel processo formativo il quale «perde un centro (il e il solo centro l’io-soggetto- persona) e si riarticola presso agenzie, presso istituzioni, presso figure e interventi a connotazione sociale: si dilata e si frantuma, si disarticola, si

rende sempre più de-centrato e problematico»58. L’uomo dunque si

identifica in uno degli aspetti della propria vita e la formazione viene in questo modo a perdere definitivamente i tratti caratteristici della paideia classica. La Bildung in questo contesto si focalizza sull’istruzione, sulla formazione di “cittadini”, sull’acquisizione delle competenze, sull’assimilazione di una cultura funzionale allo svolgimento di compiti sociali. Si assiste dunque ad una svolta educativa che si orienta verso la tecnica, lo scientifico; una svolta che riconosce le funzioni sociali e pubbliche del soggetto assumendole di fatto come totalità o quantomeno come i tratti significativi del soggetto.

Sarà l’influsso dell’idealismo tedesco a restituire il significato mistico originario al termine Bildung anche se in una forma arricchita e rinnovata che, per usare le parole di Fabre, fa riferimento a «un lavoro sul sé, cultura dei propri talenti per il proprio perfezionamento. Essa mira a fare dell’individualità una totalità armoniosa la più ricca possibile, totalità che resta legata per ognuno al proprio stile personale, alla propria originalità»59. In quest’ultmo sviluppo la Bildung supera il limite

dell’educazione e della conoscenza per riferirsi alla vita in senso più elevato ed è proprio in questo movimento che recupera, in un certo senso, il carattere mistico originario e ancor prima alcuni dei tratti caratteristici della paideia classica anche se trasfigurati dal passaggio della modernità.

Il riconoscimento del carattere alienante della tecnologia, lo svilimento della vita spirituale, la perdita della tradizione e, in generale, l’emergere di una condizione diffusa di malheur determina una reazione alla parcellizzazione della cultura e dell’uomo che si caratterizza in una ricerca di ricomposizione che nell’ambito formativo si delinea come unificazione dei saperi ma soprattutto una loro ricomposizione della loro

58 Cambi F. e Frauenfelder E., La formazione. Studi di pedagogia critica, Edizioni Unicopli,

Milano 1994, p. 62.

59 Fabre M., Epistemologia della formazione, (titolo originale Penser la formation) Tr. it. a cura

unità a livello spirituale che richiama il soggetto ad una crescita nutrita dallo spirito oggettivo e che coinvolge il soggetto nella sua pienezza.

La Bildung si pone al centro del dibattito pedagogico e si pone come “criterio di riflessività” nei processi scolastici-educativi. Come abbiamo già annunciato è in Germania che questa nozione si sviluppa in direzione del carattere unitario attraverso una riflessione filosofica che di fatto ha determinato un rinnovamento della nozione classica di paideia, un rinnovamento che ha trasformato questa nozione rendendola più adatta ad un soggetto e ad un’organizzazione sociale estremamente diversi da quelli che hanno caratterizzato l’antichità; la Bildung diventa dunque una nozione assai complessa che fa riferimento ad un «processo temporale e storico mediante il quale un individuo, un popolo, una nazione, ma anche un’opera d’arte acquisiscono una forma»60.

Ciò che caratterizza ora la nozione di Bildung è quindi il tentativo di definire un rapporto tra interiorità ed esteriorità; già questo singolo aspetto permette di rendersi conto dell’enorme distanza che ormai si è venuta a creare tra la nozione di Bildung e quella di paideia nonostante vi sia, come abbiamo visto, nell’idea stessa di Bildung una ripresa di elementi caratterizzanti la paideia. Questa nuova concezione di formazione si articola a partire dall’esperienza alla quale, di fatto, viene riconosciuto un ruolo fondativo nel contesto della crescita del soggetto. L’esperienza, quale legame tra soggetto e mondo, si pone come elemento costitutivo di ogni vita il quale sta alla base del pensare, dell’agire e del produrre dell’uomo, l’esperienza costituisce l’orizzonte in cui ci riconosciamo e riconosciamo il nostro mondo. L’esperienza dunque è formativa e tale concezione in effetti non solo rimarrà presente nei successivi sviluppi della nozione di Bildung ma anche ispirerà contesti culturali diversi, pensiamo in particolare al pensiero di Dewey.

In Germania, affianco alla riflessione filosofica, si sviluppa anche una corrente di ispirazione romanzesca che, in un certo senso, dà corpo alla formazione intesa come esperienza che sfocia nell’allineamento della coscienza individuale allo spirito del tempo, ed è facile rinvenire in questa concezione della Bildung i contributi della filosofia hegeliana. Il romanzo di formazione mette in scena un eroe inserito in un processo che lo porta a sviluppare un’attitudine spirituale prodotta dalla conoscenza e dal sentimento; un eroe che attraverso l’esperienza si inserisce in una ricerca indefinita in cui i singoli fatti non hanno uno scopo preciso, anzi; il romanzo di formazione presenta una ricerca non ben precisata in cui tuttavia si assiste alla formazione di un carattere e questo avviene grazie ad un eroe che pur non essendo geniale è, a ogni buon conto, un individuo autentico dotato di conoscenze libere e capace di cogliere ogni occasione per apprendere, un eroe alla ricerca della verità su di sé e sugli altri.

Questi tratti generali che caratterizzano il romanzo di formazione rappresentano l’espressione di una considerazione dell’esperienza che si sta piano piano modificando e che verrà in seguito ripresa in ambito dell’educazione degli adulti. Proprio in questo contesto si inserisce il pensiero di Dewey il cui punto di partenza, anche se in senso critico, è rappresentato dal sistema educativo dell’epoca; Dewey immagina una “scuola attiva” che pone al centro della riflessione pedagogica l’allievo e non il maestro o i contenuti disciplinari; in questa direzione l’esperienza attiva del discente diventa il centro del pensiero pedagogico di Dewey il quale, come osserva Carlo Sini nella presentazione di Democrazia e

educazione, si salda perfettamente col pensiero politico-sociale e con una visione filosofica generale.