AZIENDE E POSSIBILI STRATEGIE DI COLLABORAZIONE CON L’INAIL A FINI PREVENZIONALI
CONCLUSIONI COMUNI
Fermo restando le rispettive ipotesi di lavoro prospettate, concordiamo sulla conside-razione che le attuali metodiche di indennizzo dei tumori professionali sono sfavorevoli agli assicurati partendo dalla considerazione che non si può restringere la tutela solo alle forme tumorali del gruppo 1 IARC. Infatti lo IARC classificava il berillio ed il cad-mio nel gruppo 2A fino al 1993 e solo a partire da quella data ha inserito i predetti agenti nel gruppo 1 della sua classificazione. Sempre lo IARC ha classificato la TCDD addirittura nel gruppo 2B e la silice cristallina (anche inalabile sotto forma di quarzo e di cristobalite) nel gruppo 2A fino al 1997 e solo a partire da tale data ha inserito I pre-detti agenti nel gruppo 1. E poi solo nel giugno 2004 la formaldeide, in precedenza inse-rita nel gruppo 2A, è stata inseinse-rita nel gruppo 1.
Lo IARC (come tutte le altre istituzioni quali l’INTP- USA, l’EPA, l’Unione Europea, ecc) sviluppa la sua attività sulla base di programmi che non prevedono la revisione generalizzata della classificazione degli agenti cancerogeni con frequenza ma solo di alcuni di essi, con periodicità intervallata da molti anni. E nel frattempo la ricerca scientifica continua incessante e viene acquisita la certezza o l’elevata probabilità sulle proprietà cancerogene di diverse sostanze.
A tale riguardo si auspica che in tempi rapidi giunga a regime il sistema di aggiorna-mento delle tabelle previsto dall’articolo 10 del D.Lgs 38/2000 nel cui ambito potranno trovare realizzazione gli sforzi di adeguamento della normative assicurativa alle cono-scenze scientifiche in continua evoluzione con il fine primario di fornire risposte eque da parte dell’Istituto Assicuratore agli assicurati.
TABELLA 1
IARC ( Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro - Organismo dell’OMS - con sede a Lione in Francia )
GRUPPO 1: l’agente, la miscela o la circostanza di esposizione è cancerogeno per l’uomo (Questa cate-goria è usata solamente quando vi è evidenza suffi-ciente di cancerogenicità nell’uomo).
GRUPPO 2A: l’agente, la miscela o la circostanza di esposizione è probabilmente cancerogeno nell’uomo (Questa categoria è usata quando vi è evidenza limi-tata di cancerogenicità nell’uomo ed evidente suffi-cienza di cancerogenicità nell’animale.
Eccezionalmente l’agente può essere classificato in questa categoria sulla sola base di una evidenza limitata di cancerogenicità nell’uomo o di una evi-denza sufficiente di canceroge nicità nell’animale sostenuta da evidenza di supporto derivante da altri dati rilevanti).
GRUPPO 2B: l’agente, la miscela o la circostanza di esposizione è posssibilmente cancerogeno per l’uomo (Questa categoria è generalmente usata per gli agenti per i quali vi è evidenza limitata di cance-rogenicità nell’uomo in assenza di evidenza suffi-ciente negli studi sperimentali. Può anche essere usata quando vi è evidenza inadeguata di canceroge-nicità nell’uomo o quando non esistono dati sull’uomo ma vi è evidenza sufficiente di canceroge-nicità negli animali.
In alcuni casi, può essere categorizzato in questo gruppo un agente per il quale vi è inadeguata denza o mancanza di dati nell’uomo mentre vi è evi-denza limitata di cancerogenicità nell’animale insi-me ad una evidenza di supporto che deriva da altri dati rilevanti).
GRUPPO 3: L’agente non è classifica bile per la sua cancerogenicità nell’uomo. (Sono allocati in questa categoria gli agenti, le miscele e le circostanze di esposizione che non ricadono in uno degli altri grup-pi).
GRUPPO 4: L’agente, la miscela e la circostanza di esposizione e probabilmente non cancerogeno per l’uomo.
(Questa categoria è usata per le sostanze per le quali vi è una evidenza che suggerisce la mancanza di can-cerogenicità nell’uomo insieme con una evidenza che suggerisce la mancanza di cancerogenicità in animali da esperimento. In alcuni casi, possono essere categorizzati in questo gruppo gli agenti per i quali vi è inadeguata evidenza o mancano dati di cancerogenicità sull’uomo mentre vi è un’evidenza che suggerisce la mancan za di cancerogenicità nell’animale supportata in maniera consistente e solida da un ampio spettro di altri dati rilevanti).
Segue: TABELLA 1
AGENZIA DI PROTEZIONE DELL’AMBIEN-TE NEGLI STATI UNITI ( EPA - USA ) (1986)
GRUPPO A: Cancerogeno per l’uomo.
(Questo gruppo viene usato esclusivamente quando esiste evidenza sufficiente, proveniente da studi epi-demiologici, a supporto di una associazione causale tra esposizione all’agente e tumore).
GRUPPO B: Probabile cancerogeno per l’uomo.
Questo gruppo include agenti per i quali il peso dell’evidenza di cancerogenicità per l’uomo, basato su studi epidemiologici, è limitato ed inoltre include agenti per i quali il peso dell’evidenza di canceroge-nicità, basato su studi su animali da laboratorio, è sufficiente. Il Gruppo è diviso in due sottogruppi:
GRUPPO B1: Riservato agli agenti per i quali l’evi-denza di cancerogenicità proveniente da studi epide-miologici è limitata. Questo viene ragionevolmente usato come se essi pre sero un rischio cancerogeno per l’uomo.
GRUPPO B2: E’ riservato agli agenti per i quali l’evi-denza proveniente da studi sugli animali è sufficiente mentre per quanto concerne gli studi epidemiologici, l’evidenza è inadeguata o non sono disponibili dati.
GRUPPO C: Possibile cancerogeno per l’uomo.
(Questo gruppo viene usato per agenti per i quali l’evidenza di cancerogenicità negli animali è limitata in assenza di dati sull’uomo). Questo gruppo include un’ampia varietà di evidenze, ad esempio:
a) una risposta tumorale maligna in un singolo esperimento ben condotto che non raggiunge le condizioni per una evidenza sufficiente;
b) una risposta tumorale di significato statistico marginale in studi progettati o presentati in maniera inadeguata;
c) tumori benigni ma non maligni provocati da un agente che non ha evidenziato alcuna risposta in una varietà di test di mutagenesi a breve termine;
d) risposte di significato statistico marginale in un tessuto noto per avere un bakground rate alto o variabile.
GRUPPO D: Non classificabile come cancerogeno per l’uomo. (Questo grup po viene usato general-mente quando ‘evidenza di cancerogenicità nell’uomo e negli animali è inadeguata o nel caso di non disponibilità di dati).
GRUPPO E: Evidenza di non cancerogenicità nell’uomo. (Questo gruppo viene usato quando non esiste alcuna evidenza di cancerogenicità in almeno due saggi adeguati su animali da laboratorio in spe-cie differenti o in studi epidemiolo gici e su animali condotti entrambi in maniera adeguata).
Segue: TABELLA 1
ISTITUTO NAZIONALE PER LA SICUREZZA E LA SALUTE SUL LAVORO - MINISTERO DELLA SANITA’ DEGLI USA (NIOSH) CONFERENZA AMERICANA GOVERNATI-VA DEGLI IGIENISTI INDUSTRIALI NEGLI STATI UNITI (A.C.G.I.H.) - Stabilisce i TLV per le varie sostanze e li conferma o modifica periodica-mente
CATEGORIA I: Sostanze cancerogene.
CATEGORIA II: Sostanze non cancerogene.
CATEGORIA A1: Carcinogeno riconosciuto per l’uomo. (L’agente è risultato cancerogeno per l’uomo sulla base dei risultati di studi epidemiolo-gici).
CATEGORIA A2: Carcinogeno sospetto per l’uomo. (I dati sull’uomo, pur adeguati per qualità, sono controversi o insufficienti per classificare l’agente come carcinogeno per l’uomo; OPPURE, l’agente è risultato carcinogeno in animali da esperi-mento; a livelli di dose, per vie di somministrazione, in siti, di tipo istologico, o mediante meccanismi considerati rilevanti per l’esposizione dei lavoratori.
La classificazione A2 viene applicata quando si ha evidenza ridotta di carcinogenicità sull’uomo e evi-denza sufficiente di carcinogenicità in animali da esperimento con rilevanza per l’uomo).
CATEGORIA A3: Carcinogeno riconosciuto con rilevanza non nota per l’uomo.
(L’agente è risultato carcinogeno in animali da esperimento ad una dose relativamente elevata o per vie di somministrazione, in siti, di tipo istologi-co o mediante meccanismi che possono non essere rilevanti per i lavoratori esposti. Gli studi epide-miologici disponibili non confermano un incremen-to del rischio cancro per l’uomo esposincremen-to. Le cono-scenze disponibili non lasciano presupporre che l’agente possa causare il cancro nell’uomo, se non in improbabili e non comuni situazioni di esposi-zione).
CATEGORIA A4: Non classificabile come carcino-geno per l’uomo. (Agente che lascia presupporre che possa risultare carcinogeno per l’uomo ma che non può essere classificato definitivamente per insuffi-cienza di dati. Gli studi in vitro o su anima li non forniscono indicazioni di carcinogenicità sufficienti per classificare l’agente in una delle altre categorie).
CATEGORIA A5: Non sospetto come carcinogeno per l’uomo. (L’agente non è ritenuto essere carcino-geno per l’uomo sulla base di studi epidemiologici appropriatamente condotti sull’uomo. Questi studi hanno un follow-up sufficientemente prolungato, storie espositive affidabili, dosi sufficientente elevate e evidenza statisticamente te elevata per concludere che l’esposizione all’agente non comporta un rischio significativo di cancro per l’uomo, OPPURE, l’evi-denza di scarsa cancerogenicità nelle prove su ani-mali è supportata da dati di meccanismo).
Segue: TABELLA 1
COMMISSIONE CONSULTIVA TOSSICOLO-GICA NAZIONALE (CCTN) IN ITALIA PRES-SO l’ISTITUTO SUPERIORE DI SANITA’
CATEGORIA 1: Sostanze note per effetti cancero-geni sull’uomo. (Esistono prove sufficienti per sta-bilire un nesso causale tra l’esposizione dell’uomo ad esse e lo sviluppo di tumori).
CATEGORIA 2: Sostanze da considerare cancero-gene per l’uomo. (Esistono elementi sufficienti per ritenere che l’esposizione dell’uomo ad esse possa provocare lo sviluppo di tumori, in generale sulla base di: a) adeguati studi a lungo termine su ani mali; b) altre informazioni specifiche).
CATEGORIA 3: Sostanze da considerare con attenzione per possibili effetti cancerogeni. Esistono prove ottenute da studi su animali che non sono sufficienti tuttavia per classificare la sostanza nella categoria 2.
Sono previste due sottocategorie:
SOTTOGATEGORIA 3a:Sostanze ogget to di ricerche adeguate e che non possono essere classifi-cate nella classifi-categoria 2 per mancanza di prove suffi-cienti sui loro effetti can cerogeni. Si ritiene che ulteriori esperimenti non aggiungano elementi utili a modificare la classificazione.
SOTTOCATEGORIA 3b:Sostanze oggetto di studi non adeguati. Tuttavia, i dati disponibili hanno segnalato effetti cancerogeni. Tale classificazione è provvisoria in quanto è necessario effettuare ulte-riori adeguati studi.
CATEGORIA 4: Sostanze non valutabili per cance-rogenicità. Questa categoria comprende due sotto-categorie .
SOTTOCATEGORIA 4a: Sostanze non va lutabili per assenza di studi o in quanto sono state oggetto di studi inadeguati o di stu di limitati che comunque non hanno segnalalato effetti cancerogeni. La clas-sificazione è provvisoria in attesa della disponibilità di ul teriori dati.
SOTTOCATEGORIA 4b:Sostanze che in esperi-menti adeguati hanno indotto effetti cancerogeni di dubbio significato per l’uomo. Si ritiene che ulterio-ri espeulterio-rimenti non aggiungano elementi utili a modificare la classificazione.
CATEGORIA 5: Sostanze probabilmente non can-cerogene. (Sostanze da ritenere probabilmente prive di cancerogenicità per l’uomo, sulla base di studi epidemiologici e/o sperimentali adeguati insieme ad altre informazioni specifiche).
Segue: TABELLA 1
UNIONE EUROPEA
(La classificazione dell’Unione Europea individua 3 Categorie e inoltre attribuisce specifiche “frasi di rischio” e simboli “R”)
UNITED STATES NATIONAL TOXICOLOGY PROGRAM (US NTP ).
Il National Toxicology Program (NTP) presenta l’Annual Report che nasce da una legge USA del 1978 in applicazione della quale l’US Department of Health and Human Service pubblica, con caden-za biennale, una lista di sostanze riconosciute o sospette cancerogene per l’uomo cui sono esposti un numero rilevante di residenti negli USA. Nel 2003 l’NTP ha pubblicato il 10° Rapporto.
CATEGORIA 1: Sostanze note per gli effetti cance-rogeni sull’uomo. (Esistono prove sufficienti per stabilire un nesso causale tra l’esposizione umana a queste sostanze e lo sviluppo di tumori).
CATEGORIA 2: Sostanze che dovrebbero conside-rarsi cancerogene per l’uomo. (Esistono elementi sufficienti per ritenere verosimile che l’esposizione dell’uomo a queste sostanze possa provocare lo svi-luppo di tumori). Questa evidenza è generalmente basata su:
a) adeguati studi a lungo termine effettuati su ani-mali;
b) altre informazioni specifiche.
Alle sostanze cancerogene di categoria 1 e 2 si applicano i seguenti simboli e frasi di ri schio:
T = Tossico; R45 = “può provocare il cancro”.
T = Tossico; R49 = “può provocare il cancro per inalazione”.
CATEGORIA 3: Sostanze da considerare con sospetto per i possibili effetti cancerogeni sull’uomo per le quali tuttavia le informazioni disponibili sono insufficienti per procedere a una valutazione soddi-sfacente.
(Esistono alcune prove ottenute con adeguati studi sugli animali che non bastano tuttavia per classifi-care queste sostanze nella categoria 2).
Alle sostanze cancerogene di categoria 3 si applica il seguente simbolo e la relativa frase di rischio:
Xn = Nocivo; R40 “ Possibilità di effetti canceroge-ni - Prove insufficienti”
K ( = Known ) - Riconosciuto come cancerogeno nell’uomo. Esiste sufficiente evidenza di canceroge-nicità da studi nell’uomo, che indicano una correla-zione causale tra esposicorrela-zione all’agente, sostanza, o miscela ed il cancro umano.
R ( = Reasonably ) - Ragionevolmente previsto come cancerogeno nell’uomo.
C’è limitata evidenza di cancerogenicità da studi nell’uomo, che indicano che una interpretazione causale è credibile, ma che spiegazioni diverse quali il caso fortuito, bias o fattori di confondimento, non potrebbero ugualmente essere esclusi,
OPPURE
c’è sufficiente evidenza di cancerogenicità da studi sperimentali sugli animali, che indicano che c’è un’aumentata incidenza di tumori mali gni e/o una combinazione di tumori maligni e benigni in molte-plici specie o in moltemolte-plici se di tissutali, o attraver-so molteplici vie di esposizione, o in riferimento ad un insolito grado con riguardo all’incidenza, la sede, o il tipo di tumore, o l’età iniziale di comparsa
Segue: TABELLA 1
OPPURE c’è minore che sufficiente evidenza di can-cerogenicità nell’uomo o negli animali di laborato-rio; comunque, l’agente, la sostanza o la miscela appartiene ad una ben definita classe strutturalmen-te correlata a quelli che i membri dell’NTP hanno classificato in un precedente Rapporto sui Cancerogeni sia come “cancerogeni riconosciuti“
(K) sia come “ragionevolmente previsti“ (R), o per i quali c’è una rilevante informazione che l’agente agisce attraverso meccanismi che indicano che esso potrebbero probabilmente causare il cancro nell’uomo.
CATEGORIA 1: Sostanze che causano tumore nell’uomo
CATEGORIA 2: Sostanze che sono considerate cancerogene per l’uomo.
CATEGORIA 3: Sostanze che destano interesse poiché potrebbero essere cancerogene per l’uomo ma che non possono essere valutate conclusivamen-te a causa della mancanza di dati.
CATEGORIA 4: Sostanze con potenziale cancero-geno per le quali il ruolo della cancero-genotossicità è mini-mo o assente. Non ci si aspetta alcun contributo significativo al rischio di tumore nel l’uomo a condi-zione che venga osservato il valore MAK.
CATEGORIA 5: Sostanze con potenziale cancance-rogeno e genotossico la cui potenza è con siderata così bassa che non ci si aspetta alcun contributo significativo al rischio di tumore nel l’uomo a condi-zione che venga osservato il valore MAK.
SENAT KOMMISSION DER FOR - SHUNG-SGEMEINSCHAFT - GERMANIA
La Commissione DFG tedesca è la medesima che pubblica in Germania i valori MAK e BAT (Valori di concentrazioni massime negli ambienti di lavoro e di tolleranza biologica per esposizioni professionali).
La classificazione qui riportata è in vigore dal giu-gno 1998
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Margherita di Pula. 11-13 ottobre 2000. Edizioni INAIL. Milano. 2001.
* AZIENDA OSPEDALIERA UNIVERSITARIA PISANA
** INAIL - DIREZIONE REGIONALE TOSCANA
INTRODUZIONE
L’evoluzione della patologia professionale in questi ultimi anni obbliga il medico a con-frontarsi con la gestione di patologie (tumori, patologie osteoarticolari, patologie psi-chiche) che richiedono sia un approccio multidisciplinare che la valutazione di una cau-salità multifattoriale.
L’European Foundation for the Improvement of Living Condition nel suo “Third European Survey on Working Condition 2000”, riferisce che il 9% (circa 13 milioni) dei lavoratori sono vittima di intimidazioni e violenza psicologica.
Secondo la stessa fonte, esistono variazioni significative tra i vari Paesi dell’Unione Europea, si passa infatti dal 15% della Finlandia al 4% del Portogallo, attribuendo tale differenza alla diversa sensibilità al fenomeno.
Anche in Italia il fenomeno si attesterebbe sul 4%, al di sotto quindi della media euro-pea, e colpirebbe circa un milione e mezzo di lavoratori.
Pur essendo stime condizionate dalla modalità di rilevamento , è indubbio che il feno-meno possieda dimensioni tali da costituire una fra le più importanti cause per le pato-logie correlabili al lavoro (“Condizioni di Lavoro nell’Unione Europea” della Fondazione europea 1996 lo stress è al 2° posto dopo le patologie osteoarticolari) e così anche l’INAIL nelle recenti iniziative (Circolare n. 71 del 17 dicembre 2003, Elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia, Decreto 27 aprile 2004) ha ritenu-to doveroso assumere chiare posizioni nella gestione di quesritenu-to mutamenritenu-to della tipolo-gia delle patologie professionali.
Dopo la stesura del primo documento di consenso per la gestione dei casi di lavoratori oggetti di molestie morali sul posto di lavoro, altri centri, facendo seguito all’esperienza del Centro per lo Studio del Disadattamento Lavorativo della Clinica del Lavoro di Milano, hanno iniziato un’attività assistenziale che utilizza le metodologie e i protocolli proposti nel documento. Fra questi si annovera il Centro per il Disadattamento Lavorativo nell’ambito dell’Ambulatorio di Medicina del Lavoro dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Pisa.
Figure 1-2-3 :Casistica Amb.Pisa 2002-2004.
Figura N° 1 : prevalenza sesso Figura N°2: prevalenza settore.
Figura N°3: distribuzione delle diagnosi.
Figura 1 Figura 1
Figura 3
Sulla base dell’esperienza di due anni di attività di detta struttura e partendo anche dalla opportunità di colmare ulteriori ambiti ancora non chiaramente definiti circa alcuni aspetti della eziologia professionale di questa tipologia di patologia, ci siamo proposti di costruire, in materia di valutazione del nesso, un sistema semplice ma razionale in grado di stimare la frazione da attribuire all’attività lavorativa per le patologie a cause multiple e a rischio “deterministico” di natura psichiatrica. Questa esperienza ha preso spunto da una precedente iniziativa di uno degli autori effettua-ta sulle patologie osteoarticolari, affini per tipo di causalità alle patologie in argo-mento.
Le figure 1,2,3 riportano alcuni parametri raccolti fra i pazienti giunti al Centro per lo Studio dei Disturbi da Disadattamento Lavorativo dell’Ambulatorio di Medicina del Lavoro dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana dalla primavera del 2002 all’ini-zio del 2004.
L’Istituto nella sua circolare ha identificato nelle patologie psichiatriche che la lettera-tura descrive come correlabili a stress occupazionale quelle causabili da costrittività organizzative: Disturbo dell’Adattamento e Disturbo Post-Traumatico da Stress. Sono quindi queste patologie appartenenti ai disturbi d’ansia e dell’umore, le sole per le quali il DSM IV precisa un ruolo etiologico riferito ad eventi stressogeni, a costituire l’ogget-to della nostra valutazione. Anche per quesl’ogget-to tipo di disturbi della sfera psichica è oltremodo importante valutare, nella stima del nesso causale, insieme alla situazione lavorativa il peso svolto dai fattori extralavorativi.