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PRESENTAZIONE DEL CASO CLINICO

RIFERIMENTO AD UN PARTICOLARE CASO CLINICO

PRESENTAZIONE DEL CASO CLINICO

P.G., maschio di anni 45, miope elevato bilaterale, visus corretto di 9/10 in OD ed 8/10 in OS, con anamnesi negativa per precedenti traumi o patologie oculari.

La rottura coroideale traumatica, verificatasi accidentalmente a seguito di trauma con-tusivo diretto in OS, è stata documentata oftalmoscopicamente in retinografia (quadro oftalmoscopico tipico di lesione lineare falciforme biancastra per esposizione della scle-ra in sede supero-maculare), in fluoscle-rangiogscle-rafia (fig. n. 1) ed in perimetria computeriz-zata con perimetro Humphrey e test di soglia 30-2 dei 30°centrali in cui appare ben evi-dente il conseguente scotoma a localizzazione paracentrale inferiore (fig. n. 2).

Nella figura n. 3 abbiamo confrontato tale tipo di perimetria di più comune applicazio-ne applicazio-nella pratica clinica con l’esame perimetrico dei 100 punti a tre livelli (punto visto r, difetto relativo x, difetto assoluto v), eseguito con perimetro computerizzato Nikon Medmont 707.

Si è proceduto a ripetizione del campo visivo con entrambe le metodiche descritte a distanza di 4 settimane con risultati pressoché sovrapponibili.

RISULTATI

Dal confronto delle due perimetrie, quella di soglia centrale e quella a tre livelli di 100

punti (fig. n. 3), appare evidente anche in scala di grigi come la rottura coroideale trau-matica, di per sé ad estensione limitata, sia maggiormente rappresentata con la prima metodica perimetrica e ciò per due ragioni essenziali:

1. la differente distribuzione numerica dei punti, a maggior densità in quella di soglia, 2. la differente strategia impiegata: in quella di soglia c’è una distribuzione qualitativa

dei punti testati che si presenta più dettagliata (scala in decibel) rispetto alla strategia a tre livelli, molto semplificata.

Il succitato riscontro risulta particolarmente importante per la valutazione medico-legale della lesione traumatica in oggetto, in quanto questa produce uno scotoma al di sotto del punto di fissazione nel campo visivo inferiore che è quello maggiormente impiegato nelle comuni attività a media e breve distanza come lettura e scrittura.

la proiezione, difatti nel caso di specie, della lesione retinica superiore nell’emicampo opposto inferiore, dovuta al percorso dei raggi luminosi nel diottro oculare che genera sulla retina un’immagine invertita, rende ragione dell’importante incidenza funzionale del conseguente scotoma paracentrale inferiore, anche quando appare di modeste dimensioni. appare pertanto estremamente riduttivo il grado di menomazione che in casi come quello in studio scaturisce dall’impiego della metodica relativa all’esame peri-metrico a tre livelli di 100 punti.

CONCLUSIONI

La perimetria computerizzata a 100 punti, come suggerita dalla vigente tabella delle menomazioni, per la valutazione dei danni del campo visivo risulta alquanto insoddi-sfacente per un preciso inquadramento medico-legale delle lesioni oculari centrali, spe-cialmente quelle a limitata estensione anatomica, per l’importante impatto funzionale che esse determinano.

Gli autori hanno presentato il caso clinico in questione al fine di segnalare l’importanza funzionale delle lesioni retiniche centrali di natura traumatica, anche quando non coin-volgenti la fovea e, quindi, anche in assenza di deficit dell’acuità visiva centrale, nonché la necessità di un aggiornamento della vigente normativa tabellare impiegando un crite-rio valutativo maggiormente coerente con gli aspetti funzionali e che non si fondi con-seguentemente soltanto sul calcolo dei singoli punti con deficit perimetrico.

A tal fine sarebbe auspicabile una metodica che tenga conto, oltre della distribuzione numerica dei punti testati, di una maggiore densità dei medesimi nei 30° centrali, della profondità degli scotomi (strategia di soglia e non sopraliminare a tre livelli), nonché soprattutto della localizzazione topografica delle aeree scotomatose in base alla loro rilevanza funzionale, che può essere diversamente definita in gradi di eccentricità dal punto di fissazione nell’ambito dei quattro quadranti del campo visivo: supero-nasale, supero-temporale, infra-nasale ed infratemporale.

Si ribadisce, comunque, l’opportunità, ai fini di una congrua definizione medico-legale di tale tipo di lesioni traumatiche, di impiegare una strategia di soglia perimetrica, di routine nella pratica clinica, invece di quella a tre livelli sec. Esterman (12, 13), e, non da ultimo la necessità di uniformare e standardizzare la strumentazione relativa ai peri-metri computerizzati per un’univoca interpretazione dei deficit periperi-metrici.

Figura n. 1

Figura n. 2 Figura n. 3

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13) Esterman B.: Grid for scoring visual fields. II Perimeter. Arch. Ophthalmol 79: 400 - 406, 1968.

G. CUOMO*

* INAIL - SEDE DI SALERNO

** INAIL - SEDE DI BATTIPAGLIA

*** INAIL - SEDE DI CASERTA

Accanto ai rischi tradizionali (chimici, fisici e biologici) per la salute del lavoratore, i rischi psico-sociali ed organizzativi stanno diventando una delle principali cause di alte-razione della salute sul posto di lavoro. Fra queste si sono poste all’attenzione del medico del lavoro solo di recente, ma in modo crescente, le malattie psichiche e psico-somatiche da stress e disagio lavorativo comprendendo in queste la patologia emergen-te del mobbing. Gli strumenti di tuemergen-tela oggi disponibili contro questo dilaganemergen-te ed emer-gente fenomeno, al di là delle nuove proposte di legge, trovano il loro presupposto giu-risprudenziale nelle disposizioni contenute nell’art. 32 della Costituzione (diritto alla salute), art. 41, che pone precisi limiti nell’iniziativa economica privata, stabilendo, tra l’altro, che la stessa non può svolgersi in modo da arrecare danno alla dignità umana, art. 2 (che tutela i diritti inviolabili dell’uomo anche “nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”), nell’art. 2087c.c. (che impone all’imprenditore di adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare non solo l’integrità fisica, ma anche la persona-lità morale del dipendente, nell’art. 2103 c.c. (a tutela della dequalificazione professio-nale del lavoratore) e nell’art. 2043 c.c. (responsabilità aquiliana o extracontrattuale:

nemo meminem laedere), art. 3 D.L.gs 626/94. (“misure generali di tutela”).

Il termine mobbing (dall’inglese to mob che significa accerchiare, circondare assediare, attaccare, assalire in massa) viene generalmente usato in etologia per indicare il com-portamento di alcune specie animali consistente nell’accerchiare e minacciare un mem-bro del branco per costringerlo ad allontanarsi dal gruppo. Nella sua trasposizione in ambito lavorativo, la parola mobbing assume il significato di pratica vessatoria, perse-cutoria o, più in generale, di violenza psicologica ripetuta deliberatamente in modo ite-rativo (almeno 6 mesi) con modalità polimorfe, perpetrata dal datore di lavoro o dai colleghi (mobber) nei confronti di un lavoratore (mobbizzato) per costringerlo alle dimissioni o comunque ad uscire dall’ambito lavorativo.

Si sono proposte diverse classificazioni del fenomeno mobbing:

- un mobbing strategico o intenzionale, che corrisponde ad un preciso disegno di esclu-sione di un lavoratore da parte della stessa azienda e/o del management aziendale, che, con tale azione premeditata e programmata, intende realizzare il suo allontana-mento dal lavoro;

- un mobbing emozionale, o relazionale sensu strictu, che deriva invece, da un’altera-zione delle relazioni interpersonali (esaltaun’altera-zione ed esasperaun’altera-zione dei comuni senti-menti di ciascun individuo di rivalità, gelosia, antipatia, diffidenza, paura, ecc.) sia di tipo gerarchico che tra colleghi;

- un mobbing non intenzionale, nel caso in cui non vi sia, da parte del management azien-dale, una precisa volontà strategica di eliminare o condizionare negativamente un deter-minato lavoratore con azioni di violenza psicologica. ( Costrittività organizzativa).

- Secondo altri autori ( Leyman) il mobbing deve essere circoscritto a quel fenomeno associato a varie forme di persecuzione psicologica messe in atto deliberatamente e ripetutamente nel tempo (almeno 6 mesi) dal D.L. e/o da colleghi (superiori, pari livello o subalterni) nei confronti di un soggetto designato allo scopo di allontanarlo dal luogo di lavoro e tali da porlo in una condizione di estremo disagio caratterizza-to da isolamencaratterizza-to e terrore psicologico che può portare a gravi squilibri psico-fisici.(

il cd. mobbing strategico o intenzionale).

I meccanismi attraverso i quali si estrinseca l’attività mobbizzante possono essere indi-viduati e sintetizzati in:

Isolamennto Calunnia.

Demansionamento.

Molestie sessuali.

Gli elementi identificativi del mobbing sono dunque:

- la presenza di almeno due soggetti, il mobber (parte attiva ) ed il mobbizzato (parte passiva), che entrano in contrasto tra di loro;

- l’attività vessatoria, volontaria, continua e duratura;

- lo scopo di isolare la vittima sul posto di lavoro e/o di allontanarla definitivamente o, comunque, di impedirle di esercitare un ruolo attivo sul lavoro.

- Per porre diagnosi è necessario:

- evidenziare una situazione di mobbing

- inquadramento nosografico della patologia evidenziata - dimostrazione del nesso causale.

1. Per quanto riguarda l’inquadramento clinico delle patologie mobbing correlate, in base ai criteri diagnostici del DSM-IV le più frequenti situazioni cliniche riscontrabili sono:

1) D.A. disturbo dell’adattamento acuto o cronico: perché si giunga a questa diagno-si devono essere soddisfatti alcuni requidiagno-siti ben precidiagno-si, e cioè:

• devono essere evidenziati uno o più fattori stressanti alla base dei sintomi e dei comportamenti clinicamente significativi;

• i sintomi devono svilupparsi entro tre mesi dall’episodio del o dei fattori stres-santi;

• il D.A. si risolve solitamente entro sei mesi dalla cessazione dell’evento stres-sante della condotta, o incapacità a svolgere l’attività lavorativa;

2) D.A.S. disturbo acuto da stress: la principale caratteristica del Disturbo Acuto . da Stress è lo sviluppo di sintomi ansiosi e dissociativi che insorgono entro un mese dall’esposizione ad un severo evento stressante, si risolvono entro 4 settima-ne dalla cessaziosettima-ne dello stressor (la persistenza dei sintomi oltre questo periodo porta ad una diagnosi definitiva di Disturbo post Traumatico da stress). Il distur-bo acuto da Stress anche se temporaneo, è causa di notevole sofferenza soggettiva e di menomazione del funzionamento sociale e lavorativo;

3) nei casi più gravi, i soggetti interessati dal mobbing sviluppano una forma inqua-drabile come D.P.T.S., disturbo post-traumatico da stress fino ad arrivare in alcu-ni casi a quadri psicotici ( melancoalcu-nia).

Per quanto riguarda il D.P.T.S. si è stabilito che la durata dei sintomi debba esse-re almeno di un mese per poter formulaesse-re la diagnosi di DPTS. Il decorso del disturbo si definisce acuto, se di durata inferiore a tre mesi, o cronico se i sintomi

persistono oltre questo periodo. L’evoluzione verso la cronicizzazione, rara nei traumatizzati, nei quali vi è tendenza alla guarigione, risulta evento menomativo più frequente nei mobbizzati. In ogni caso è opportuno, comunque, attendere un congruo periodo prima di procedere alla valutazione.

Da quanto descritto appare evidente come più frequentemente il danno psichico conse-guente al mobbing comporti esclusivamente una temporanea condizione di malattia senza esitare in un danno biologico permanente.

In altri casi, invece, si giunge ad uno stato di menomazione dell’integrità psichica con-cretizzando, così, i presupposti per il riconoscimento di un danno biologico permanen-te. A fronte di queste situazioni, sarà compito del medico-legale valutare in modo approfondito e dettagliato la rilevanza di tali condizioni invalidanti, giungendo alla conclusione di delimitare il periodo di tempo in cui vi è stata una inabilità temporanea biologica e percentualizzando l’eventuale danno permanente.

Per quanto riguarda la tipologia del danno si possono distinguere:

- danno patrimoniale

- danno biologico temporaneo e permanente - danno morale

- danno esistenziale.

Tenuto conto del dilagare del fenomeno ai fini assicurativi l’INAIL, con la delibera n.473/2001 ha riconosciuto la possibile rilevanza assicurativa di patologie psichiche e psicosomatiche riconducibili a condizioni di stress lavorativo (costrittività organizzati-va). In questo gruppo di patologie l’INAIL fà rientrare anche la sindrome da mobbing.

Nella fattispecie, attualmente l’INAIL distingue malattie psichiche e pisicosomatiche causate da un mobbing strategico o da situazioni di lavoro caratterizzate da costritti-vità organizzativa, entrambe suscettibili di riconoscimento assicurativo. Sono invece escluse, in quanto ordinariamente non inquadrabili nell’ambito di un rischio assicurati-vamente rilevante, le malattie imputabili a dinamiche psicologico-relazionali comuni sia agli ambienti di lavoro che a quelli di vita quotidiana.

Questo gruppo di malattie sopradescritte suscettibili di riconoscimento assicurativo, anche se non espressamente previste dal D.P.R 336/94, possono essere inquadrate dall’INAIL, ai sensi delle sentenze della Corte Costituzionale n. 179 e 206 del 1988, come malattia professionale non tabellata e pertanto con onere della prova (diretto nesso eziologico tra l’ambiente di lavoro e la malattia contratta) a carico del lavoratore.

La prova della causa di lavoro deve essere valutata in termini di ragionevole certezza o fondata probabilità rimanendo esclusa la rilevanza della mera possibilità.

Una volta accertato un danno biologico questo verrà indennizzato, in ambito INAIL, ai sensi del Decreto legislativo 38/2000, le cui tabelle di legge prevedono.:

- Disturbo post-traumatico da stress moderato a seconda dell’efficacia della psicoterapia , valutazione fino a 6 % ( codice 180).

- Disturbo post-traumatico da stress severo a seconda dell’efficacia della psicoterapia:

valutazione fino a 15%.( codice 181).

- Disturbo psicotico- di lieve entità dal 10 al 20% (codice 183) - Disturbo psicotico di media entità dal 21 al 50% (codice 184) - Disturbo psicotico di grave entità > 50% (codice 185)

Per dare un contributo di chiarezza sulla terminologia da usare per un migliore inqua-dramento nosografico del fenomeno mobbing nell’ambito delle malattie psichiche e pisicosomatiche da stress e disagio lavorativo si propone una classificazione dove il ter-mine mobbing venga usato esclusivamente per definire quello strategico o intenzionale.

Una volta che il giudice abbia evidenziato un vero e proprio mobbing e cioè

intenzio-nale, per l’INAIL si puo’ prevedere l’azione di rivalsa anche perché ci sembra profon-damente ingiusto, soprattutto nei casi di “mobbing verticale” che eventuali danni bio-logici vengano socializzati e non addebitati ai responsabili degli stessi, anche in chiave di prevenzione generale del fenomeno.

- Invece sarebbe preferibile evitare l’uso del termine “mobbing” per le forme non intenzionale ed emozionale, in quanto questi due gruppi di patologie meglio si inquadrano e rientrano nel cosiddetto burn-out intendendo per esso una sindrome multidimensionale che insorge in risposta ad uno stress cronico lavorativo, che può essere oltre che di natura psico-sociale-relazionale, anche di natura fisica e chimica.

- In particolare per il mobbing emozionale andrà valutata caso per caso l’eventule riconoscibilità della malattia professionale in rapporto allo stato anteriore. In questo caso ai fini della valutazione medico-legale il problema pregiudiziale sarà quello di stabilire se la patologia diagnosticata possa ritenersi causata o concausata dall’ambiente di lavoro o se l’ambiente di lavoro altro non sia che una circostanza concomitante puramente cronologica o topografica che ha evidenziato una patolo-gia preesistente.

Le stime epidemiologiche internazionali hanno accertato che il fenomeno mobbing interessa un numero ampio di lavoratori con un range molto variabile compreso tra il 3.5 e il 64%, mentre in Italia la prevalenza si attesta tra il 4.2 e il 18%.

Si calcola che in Italia il fenomeno del mobbing coinvolga direttamente oltre un milio-ne di lavoratori, con prevalenza tra i quadri e i dirigenti, con età media di 43 anni, in particolare nel settore pubblico e in quello dei servizi.

Il caso clinico che viene presentato riguarda una dipendente di un tribunale della provin-cia di Salerno, in qualità di uffiprovin-ciale giudiziario; dopo una attività svolta presso sedi giu-diziarie del nord veniva trasferita presso il predetto. All’anamnesi familiare, fisiologica e patologica non veniva rilevato alcunchè di significativo; in servizio come ufficiale giudi-ziario dal 1983; dal 1999 riferisce un notevole aggravio dell’attività lavorativa, sia per la zona di competenza che per il numero di pratiche che le vengono assegnate; riferisce con-tinue tensioni nell’ambito organizzativo lavorativo con crescente isolamento, eccessiva varietà di compiti assegnati con carichi di lavoro eccessivi alternati a periodi in cui le venivano annullati i compiti lavorativi, ed in alcuni casi, al rientro da periodi di ferie o malattie, non trovava la sua postazione di lavoro; riferisce di atteggiamenti mortificatori e vessatori da parte del proprio Dirigente. Una richiesta di coprire la propria zona di resi-denza le veniva concessa alla condizione di dividere i proventi relativi alle trasferte con gli altri ufficiali giudiziari ;nel Luglio 2000 a seguito di assenza dal lavoro per infortunio, viene concessa idoneità al solo servizio interno, che dal Luglio 2001 diviene definitiva;

tale situazione aggrava i rapporti interni per cui le viene assegnato onere lavorativo sem-pre più crescente, tanto da costringerla a richiedere intervento del proprio sindacato; a seguito di ordine di servizio per cui le viene assegnato un carico di lavoro marcatamente squilibrato rispetto agli altri pari grado, dopo aver protestato con il proprio Dirigente, per una crisi ansiosa ricorreva alle cure del PS dell’Ospedale di zona. Da tale epoca sono seguiti disturbi del tono dell’umore con ansia, spunti depressivi, insonnia, crisi ripetute di pianto con controlli clinici presso centri di psichiatria pubblica. Dal Settembre 2002, in regime di day-hospital, è stata seguita presso la Medicina del Lavoro di Napoli, con dia-gnosi di: “Marcato disturbo dell’adattamento (sindrome depressivo-ansiosa, fenomeni di conversione somatica) compatibile con riferita condizione di mobbing. Veniva consiglia-to intervenconsiglia-to psicoterapeutico a supporconsiglia-to di quello medico-farmacologico. All’epoca dell’accertamento ( marzo 2003 ) presentava crisi di pianto ripetute, fobie , stato ansioso con spunti depressivi ,insonnia, riduzione dell’autostima, senso di inadeguatezza ai

com-piti quotidiani. In terapia con Xanax 0,25 x 3 e Sereupin 1/2 c x 2.

Il Disturbo dell’adattamento rilevato corrisponde a quanto nosograficamente definito dal DSM IV, in quanto i disturbi devono evidenziarsi dopo alcuni mesi dagli episodi essatori con una sintomatologia ben precisa, che si risolve entro sei mesi dalla cessazio-ne dell’evento stressante.

L’iniziale disturbo dell’adattamento, dagli ultimi accertamenti effettuati, dimostra una continuità della sintomatologia che configurerebbe un disturbo dell’adattamento croni-co. Il caso è stato accolto dalla sede ed è a tutt’oggi in fieri per l’acquisizione di ulterio-re documentazione medica ai fini della verifica dell’efficacia della psicoterapia e quindi di una definitiva valutazione medico-legale.

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