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OSSERVAZIONE PERITALE

CATEGORIA LAVORATIVA DEI TAXISTI

OSSERVAZIONE PERITALE

Nel corso del procedimento civile I. R. e DR. E. contro A. et al. (n. 65991/90 R. G.

Sezione Lavoro e Previdenza del Tribunale di T.A., G.I. dott.ssa A.M.L. uno degli Autori è compariva in udienza e riceveva incarico di effettuare consulenza tecnica d’ufficio medico-legale agli atti su tal DR. B., nato ad O. il 17.9.1941 e deceduto l’11.04.1984. Dopo le formalità d’uso ed il giuramento di rito veniva posto il seguente quesito: “Accerti il C.T.U. le cause del decesso di DR. B. avvenuto in data 11.4.84 a bordo della Motonave Ph. presso la rada di Zanzibar, Tanzania; accerti inoltre il C.T.U. la eventuale sussistenza del nesso di causalità materiale ovvero di concausalità tra le mansioni svolte dal DR. B., le condizioni e l’ambiente di lavoro per come emergenti dagli atti di causa e la patologia e le patologie che ne determinarono il decesso”.

Le operazioni peritali iniziavano nell’immediatezza dell’incarico con l’esame della documentazione in atti e proseguivano con la convocazione per il prosieguo.

Fatto e documentazione tecnica agli atti

Da quanto emerge dagli atti di causa i ricorrenti I. R. e DR. E., rispettivamente vedova e figlio di DR. B., in data 11.4.90 ricorrevano all’AA.GG. contro A. et al., richiedendo i benefici di legge per il deceso del congiunto, marittimo imbarcato con la qualifica di Primo Ufficiale di macchina il 13.10.83 sulla M.N. Ph., avvenuto il giorno 11.4.84 alle ore 1,20 a bordo della detta M.N. che si trovava alla rada a Zanzibar (Tanzania).

Nel fascicolo del ricorrente si rinviene la sottospecificata documentazione:

1. fotocopia del libretto di navigazione, estratto del foglio matricolare ed estratto matricolare con annotazione dell’attività lavorativa, delle mansioni svolte e degli imbarchi effettuati dal periziando dal 29.6.63 sino all’epoca del decesso;

2. fotocopia del diario di bordo comprendente le ore lavorative effettuate in regime straordinario dal DR. B del gennaio e del febbraio 1983 (260 ore complessive di lavoro extra orario) e relativi statini paga;

3. denuncia di malattia e richiesta di visita medica del 13.6.83 con diagnosi di

“Cervicobrachialgia da artrosi cervicale” con indicazione di sbarco e rimpatrio dall’imbarco sulla nave Corinna e con prognosi di 15 giorni;

4. estratto del giornale nautico redatto dal Comandante della M.N. Ph. dal quale si evince che verso le 23,00 del 10.4.84 veniva attirato da colpi provenienti dalla cabina del DR. B., la quale risultava chiusa dall’interno per cui si rendeva necessario far ricorso al passepartout; il suddetto veniva trovato riverso a letto, presentava conati di vomito e lamentava un dolore alla spalla sinistra; successivamente lo stesso pre-sentava dolore al petto e nel sospetto di infarto gli venivano somministrate 30 gocce di Micoren; alle ore 23,45 si contattava la Capitaneria di Porto locale per l’interven-to di un sanitario; dopo mezzanotte si assisteva ad un notevole peggioramenl’interven-to del paziente che presentava difficoltà respiratorie per cui si somministrava ossigeno e si procedeva alla respirazione bocca a bocca e al massaggio cardiaco, sollecitando l’invio del medico; questi, giunto a bordo alle ore 1,20, visitava il DR. B., che nel frattempo aveva avuto uno “sbocco di sangue”, “effettuava un ulteriore tentativo di rianimazione” e lo dichiara deceduto alle ore 1,30;

5. deposizione a verbale del 5.5.89 del detto comandante della M.N. Ph., il quale speci-ficava che sulla detta nave il personale era costituito da 27 persone in luogo delle 30, che il DR. B. nel corso della navigazione non aveva mai chiesto di essere esonerato dai turni lavorativi né di essere sottoposto a visita medica, e che lo stesso non era stato sottoposto a turni lavorativi di particolarmente pesantii; inoltre, specificava di essersi attivato al fine di far giungere un medico a bordo e che le manifestazioni cli-niche lamentate inducevano a sospettare un infarto per cui somministrava del Micoren come prescritto dal manuale di pronto soccorso a sua disposizione;

6. copia del certificato di morte redatto dal Centro Medico Muhimbili l’11.4.84 dal quale si evince:

- decesso avvenuto alle 01,30 dell’11.4.84 a bordo della M.N. Ph. nel distretto del porto di Zanzibar,

- durata della malattia: 2 ore

- causa primaria della morte: cardiac disease,

- causa secondaria (finale) della morte: cardiac failure;

7. copia del Burial Permit n. 12336 redatto dal Centro Medico Muhimbili il 14.4.84 n. 12336 attestante il decesso avvenuto l’11.4.84 a Zanzibar per “Myocardial infarc-tion” e copia del certificato n. 25/2/273 redatto dal Centro Medico Muhimbili Department of Morbid Anatomy and Histopatology il 16.4.84 dal quale si evince che la salma era stata imbalsamata e risultava “free” da patologie contagiose o infet-tive per cui poteva viaggiare in qualsiasi mezzo pubblico o privato.

Agli atti di causa si rinvengono, inoltre, numerose prove testimoniali rese dai marittimi imbarcati all’epoca del decesso di cui trattasi che consentono di estrapolare elementi medico-legali rilevanti ai fini della presente relazione e relative alle modalità del decesso e alla specifica attività lavorativa del deceduto. Da queste emerge che, relativamente le modalità del decesso, viene confermato quanto sovraesposto relativamente all’exitus e

che, per quanto riguarda le mansioni lavorative svolte da DR. B. veniva evidenziato che all’epoca dei fatti venivano effettuati lavori nelle stive e nei doppi fondi nella nave alla fonda nel porto di Zanzibar ad una temperatura, sebbene non precisata, comunque molto alta. Veniva, inoltre rilevato che la nave era molto vecchia e necessitava di conti-nui lavori per i quali si approfittava delle sosta alla fonda, che le mansioni lavorative del DR. B. prevedevano la direzione ed il controllo del lavoro manuale con partecipa-zione attiva allo stesso in condizioni di lavoro straordinario al personale imbarcato anche se di fatto non venivano effettuate, che le saldature che si effettuano nelle stive erano effettuate con metodica “a freddo”, che la nave all’epoca dei fatti si trovava alla fonda e con i motori spenti.

Nel corso delle operazioni peritali, effettuate con la partecipazione di consulenti tecnici delle parti attrice e convenute vengono raccolte dalla voce della ricorrente le notizie anamnestiche relative al deceduto non significative ai fini del parere del procedimento de quo ad eccezione che trattavasi di fumatore (riferito un consumo di circa 20 sigarette al giorno) e di riferiti disturbi artralgici negli ultimi anni di vita localizzati al rachide cervicale e ad una spalla - peraltro imprecisata - tali da motivare uno sbarco per motivi di salute da un precedente imbarco.

Viene, altresì, riferito che nei giorni immediatamente precedenti l’exitus, questi nelle frequenti telefonate ai congiunti lamentava profonda stanchezza e dolori alla spalla.

Nel corso di un primo accesso il legale della ricorrente esibisce in visione il libretto di navigazione comprendente il nulla osta all’imbarco del DR.B. datato 6.10.1982, peraltro già presente in copia agli atti di causa e chiede che vengano esibiti il RDL n.

1773 del 14.12.1933 (accertamenti dell’idoneità fisica della gente di mare di prima categoria) che prevede all’art.24 che per il personale di macchina l’idoneità specifica al lavoro deve tener conto del fatto “che essi devono compiere lavori sovente faticosi in ambienti superriscaldati e spesso ricchi di polvere e di esalazioni dei combustibili liquidi”e copia della visita preventiva di imbarco dell’11.10.1983 con l’esito “idoneo all’imbarco”.

Mentre vengono prodotti dai consulenti delle parti convenute memorie dalle quali in sintesi si evidenzia:

1) non vi è certezza della causa del decesso,

2) conseguentemente risulta “difficile stabilire un nesso di causalità o di concausa tra l’attività lavorativa svolta a bordo ed il decesso del periziando”,

3) “la sintomatologia che ha accusato e portato all’exitus è quindi legata ad un fatto acuto ed imprevedibile e non direttamente connessa al lavoro e allo stress”;

4) la impossibilità di giungere ad una diagnosi di morte certa non consente di poter soddisfare la criteriologia medico-legale relativamente al nesso di causalità tra atti-vità lavorativa svolta e l’exitus.

Il consulente di parte attrice sottolinea:

1) nel caso in oggetto vi sono vari elementi fisiopatogenetici di notevole rilevanza nel determinismo della condizione morbosa che conduceva all’exitus, quali “l’esposizio-ne a fumi e gas di saldatura, a polveri, a vapori di combustibili”, che avrebbero eser-citato la propria azione patogena unitamente ad una ulteriore serie di elementi con-causali di non scarso rilievo patogenetico, quali “l’intensità, il prolungamento e la straordinarietà dell’impegno lavorativo, la patogeneticità del microclima”

2) “gli elementi anamnestici suffragati da documenti circostanziali, caratterizza forte-mente la forma morbosa in senso infortunistico”,

3) vi è “compatibilità tra evento infortunistico e conseguenze dannose da esso deri-vate”.

DISCUSSIONE

Nel caso in esame, sebbene trattasi di consulenza tecnica d’ufficio agli atti e, come tale priva, di quegli indispensabili reperti clinici obiettivi senza i quali è impossibile giungere ad una conclusione clinica e, di conseguenza, medico-legale, certa, ma solo di maggiore o minore presunzione, gli elementi desumibili dalla documentazione esaminata, consen-tono di sottolineare alcuni aspetti di notevole importanza al fine di giungere al convin-cimento personale che costituisce il fondamento di ogni conclusione peritale.

Per chiarezza espositiva nelle presenti considerazioni vengono passati in rassegna dap-prima gli aspetti clinici e medico-legali e, poi, quelli più specificatamente normativi e giurisprudenziali.

Aspetti clinici

Relativamente alle considerazione di ordine clinico appare opportuno evidenziare che il probando, imbarcato sulla M.N Ph. mentre questa si trovava alla fonda a Zanzibar (Tanzania), giungeva all’exitus alle ore 1,30 del giorno 11.4.84.

La sintomatologia che conduceva al decesso il suddetto aveva inizio, come desumibile dalle testimonianze rese nel corso del procedimento, confermato dalla documentazione agli atti di causa sicuramente risaliva alle ore 23,00 del 10.4.84, allorché comparivano conati di vomito e manifestazioni algiche dapprima alla spalla sinistra e poi al petto.

Alle ore 23,45 si contattava la Capitaneria di Porto locale per l’intervento di un sanita-rio, che giunto a bordo alle ore 1,20, visitava il DR. B., che nel frattempo, si era note-volmente aggravato per la comparsa di difficoltà respiratorie ed aveva avuto uno

“sbocco di sangue” (peraltro è imprecisabile se trattasi di emoftoe o di emottisi) e lo dichiarava deceduto alle ore 1,30. Tali elementi clinico-biografici sono ampiamente confermati dagli elementi documentali allegati agli atti di causa sovradescritti ed appaiono di notevolissima rilevanza ai fini della formulazione di una giudizio medico-legale adeguatamente supportato.

I dati clinici sovraelencati sembrano deporre univocamente per una diagnosi di infarto acuto del miocardio, ossia una condizione morbosa che rientra nell’insieme dei quadri clinici definiti quali cardiopatia ischemica, la cui caratteristica comune è costituita dal fatto che essi sono determinati da una discrepanza tra l’apporto di ossigeno al miocar-dio (ossia il muscolo cardiaco) e le sue reali esigenze.

L’infarto miocardico si verifica per la necrosi della parete muscolare del cuore, determi-nata nell’80% dei casi da una trombosi delle coronarie, spesso è causa di complicanze, sia elettriche che meccaniche (deficit di pompa), di gravità tale da determinare una pro-gnosi sfavorevole ad vitam di tale patologia, oscillando la morte, secondo le varie stati-stiche, tra il 15 ed il 30% in fase acuta ed in assenza di trattamento trombolitico, e tra il 5-10%/anno dopo la dimissione ospedaliera (Pasternack e coll., 1995; Washington’s Manual of Medical Therapeutcs, 1998). I moderni orientamenti clinici sono unanimi nell’affermare che nell’infarto miocardico solo l’immediata adozione di tutti i provvedi-menti diagnostici e clinici consente di rendere prognosticamente meno sfavorevole una patologia quale quella in oggetto ed evitare il decesso (ACC/AHA, 1990; ISIS-3, 1992;

Reeder e coll., 1993; Eisemberg e coll., 1993).

Nel determinismo di tali affezioni assumono un ruolo di notevole importanza alcuni fattori di rischio quali la ipercolesterolemia, il diabete mellito, l’ipertensione arteriosa, l’obesità ed l’abitudine al fumo.

Nel caso in oggetto l’indagine anamnestica e l’esame della documentazione allegata, che comunque consentono di evidenziare che il DR. B., ad esclusione di aspecifici disturbi artrosici non presentava, peraltro, elementi clinici di rilievo e, quindi godeva sostanzialmente di apparente buona salute, ma, soprattutto, escludono la preesistenza di condizioni cliniche favorenti e/o predisponenti una cardiopatia ischemica, come, altresì, escludono la preesistenza di fattori di rischio, ad eccezione dell’abitudine al fumo.

Nella specifico, sebbene la diagnosi possa essere raggiunta con una corretta interpreta-zione di un riferito soggettivo, ossia la sintomatologia dolorosa, e da un completo esame clinico, la certezza si raggiunge solo con indagini strumentali e/o di laboratorio opportune. Infatti l’elettrocardiogramma, unitamente alle indagini ematologiche, che aspecifiche nell’immediatezza del fatto (aumento della VES, ipercolesterolemia, leuco-citosi, ed iperglicemia), già dopo poche ore, con l’aumento dei livelli plasmatici della troponina, della mioglòobinma, della CPK e della LDH, assumono un rilievo del tutto peculiare ai fini della diagnosi certa per l’infarto del miocardio. Solo una diagnosi clini-ca certa consente l’adozione delle misure terapeutiche tali da consentire un trattamento di una patologia quale quella in discussione.

In vero, in medicina una diagnosi riconosce sempre un grado maggiore o minore di

“certezza”, per cui la stessa può essere di sospetto, di probabilità, di presunzione o di certezza, in rapporto alla maggiore o minore convergenza di elementi clinici e strumen-tali. Si perviene ad una certezza solo nei casi in cui detti elementi clinici e strumentali convergono univocamente ed indiscutibilmente su un determinato quadro nosografico, consentendo, altresì, l’esclusione di altre ipotesi alternative.

Nel caso in esame gli elementi documentali descritti depongono per una diagnosi di infarto del miocardio, ma la carenza delle indispensabili indagini diagnostiche, peraltro non effettuabili nella condizione di imbarco nella quale il deceduto si trovava, non con-sente raggiungere una certezza diagnostica.

Comunque, se gli elementi clinici raccolti dal sanitario che ha prestato i primi soccorsi e che ha constatato il decesso siano stati sufficienti per porre una diagnosi clinica di infarto del miocardio, sottoscritta, peraltro, anche dal sanitario del Department of Morbid Anatomy and Histopatology, che ha provveduto alla imbalsamazione della salma, tecnica che prevede la completa eviscerazione della stessa, anche se non si com-prende se nel corso la stessa sia o meno stata indirizzata anche a fini diagnostici, è da ritenere che detta diagnosi se non di certezza sia almeno di alta presunzione.

D’altra parte non va sottaciuto un aspetto di non lieve rilievo, costituito dal fatto che nel caso in oggetto l’exitus interveniva a distanza di alcune ore dall’insorgenza delle manifestazioni algiche, intervallo compreso, come si evince dalle prove documentali e testimoniali agli atti di causa tra le due e le cinque ore. Un tale intervallo è incompatibi-le con l’apprezzamento necroscopico di incompatibi-lesioni a carico di un miocardio sede di infarto acuto. Infatti, nell’immediatezza dell’evento dopo qualche ora insorge la picnosi nucleare e la cariolisi, che raggiungono il massimo dopo 24-48 ore, mentre i segni di necrosi delle fibrocellule muscolari, l’acidofilia citoplasmatica, l’infarcimento periinfar-tuale di neutrofili esordisce dopo 5-6 ore dall’esordio delle manifestazioni cliniche, mentre le altre lesioni anatomopatologiche compaiono in tempi successivi. Trattasi di manifestazioni istopatologiche apprezzabili solo attraverso indagini istochimiche o imminoenzimatiche e con la microscopia elettronica, che esulano dalla prassi necrosco-pica. In particolare, nei casi di morte intervenuta entro le 4-5 ore dall’esordio della sin-tomatologia acuta si riscontra l’assenza di rilievi macroscopici e/o di microscopia otti-ca, ad eccezione dei rari casi di rottura di corde tendinee o della parete del miocardio

nei casi di infarto massivo e seguito da morte a brevissima distanza dall’esordio della sintomatologia (Robbins L., 1979)

Nella fattispecie, comunque, e ciò assume un rilievo fondamentale, le prove documen-tali e testimoniali in atti, attestano univocamente che, nonostante che le manifestazioni cliniche siano insorte alle ore 23,00 del 10.4.84 o, secondo alcuni, alle ore 20,00, non sono state adottate le indispensabili misure diagnostiche e terapeutiche che il caso richiedeva, per la carenza di mezzi clinico-diagnostici, prima che terapeutici, adeguati.

Aspetti medico legali

Passando ai connotati più specificatamente medico-legali, va sottolineato nel caso di specie è fondamentale esaminare se, ed in quale misura, ad una determinata attività o azione è conseguita un’azione dannosa (in questo caso il decesso) non per una mera relazione cronologica, ovvero se tra l’antecedente ed il susseguente esiste un rapporto di causa ed effetto.

In primo luogo va evidenziato che gli elementi tecnici raccolti nel corso delle operazioni peritali non consentono in alcun modo di risalire ad una causa certa dell’evento verifi-catosi, ossia il decesso, intendendosi per causa quella condizione fornita dei necessari ed indispensabili requisiti di necessità e sufficienza affinché un determinato evento si verifichi, ma solo di alta presunzione.

Nella fattispecie, però, un problema di non trascurabile rilievo è costituito che il quesi-to posquesi-to al C.T.U. richiede se, oltre all’eventuale sussistenza del nesso di causalità materiale, anche se le mansioni svolte dal DR. B., le condizioni e l’ambiente di lavoro per come emergenti dagli atti di causa assurgano a rilevanza di concausa con la patolo-gia e le patologie che determinarono il decesso.

A tal proposito gli atti di causa evidenziano:

1) che il DR. B. alcuni giorni prima del decesso aveva effettuato lavori nelle stive e nei doppi fondi della M.N Ph., che all’epoca si trovava nella rada di Zanzibar con una temperatura, sebbene non precisata, ma comunque alta, e che la nave era molto vec-chia e necessitava di continui lavori per i quali si approfittava delle soste alla fonda;

2) che non è certo se lo stesso abbia o meno materialmente svolto lavori manuali;

3) il Di Renzo abitualmente svolgeva il proprio lavoro oltre ai normali turni anche in condizioni di straordinarietà;

4) che le sue mansioni lavorative prevedevano che dirigesse e controllasse il lavoro manuale anche se non è precisato in quale misura avesse potuto partecipare agli stessi;

5) che le saldature che si effettuano nelle stive erano “a freddo” per cui non innalzano la temperatura ambientale;

6) che la nave all’epoca dei fatti si trovava alla fonda a Zanzibar e, quindi, con i moto-ri spenti.

Dal punto di vista meramente tecnico va rilevato che relativamente al punto 5 le testi-monianze rese appaiono poco aderenti alla realtà in quanto una tecnica di saldatura a freddo, come è nozione comune in tecnologia del lavoro, non è adattabile a saldature su parti metalliche e soprattutto per riparazioni navali in mare, laddove sono usati preva-lentemente le tecniche di saldatura ad arco elettrico o quella ossiacetilenica, che comun-que determinano la produzione di calore e quindi l’aumento della temperatura ambien-tale. Invece, relativamente al punto 6, va evidenziato che una nave, anche se alla fonda, necessita di motori in funzione per poter provvedere alla attività di base della stessa.

Gli altri elementi succitati appaiono sommari ed incompleti non permettendo di giun-gere a conclusioni medico legalmente certe, sebbene nel caso di specie trattasi di una peculiare figura professionale, soggetta ad una peculiare tutela, nell’ambito della quale la concettualizzazione del rischio impone una rigorosa attenzione ai complessi aspetti normativi e giurisprudenziali.

Aspetti normativi e giurisprudenziali

Dal punto di vista normativo, la peculiarità dell’attività lavorativa svolta dai marittimi ed in particolare da quelli in condizioni di imbarco è esaurientemente regolata dal R.D.L. 1918 del 23.9.37 (“Assicurazione contro gli infortuni per la gente di mare”), dalla L. 1045 del 16.6.39 (“Condizioni per l’igiene e l’abitabilità degli equipaggi a bordo delle navi mercantili Nazionali”), dal D.P.R. 620 del 31.7.80 (“Disciplina dell’assistenza sanitaria al personale navigante, marittimo e dell’aviazione civile”), dalla L. 157 del 10.4.81 a ratifica ed esecuzione di alcune convenzioni dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (in particolare le L. 134, la 137 e la 109) il D.P.R. 435 dell’8.11.91, il D. M. del 15.9.97 (“Certificazione delle competenze della gente di mare in materia di primo soccorso sanitario e di assistenza medica a bordo di navi mercantili”)e dalla Direttiva CEE n. 29 del 31.3.02 (“Prescrizioni minime di sicurezza e di salute per promuovere una migliore assistenza a bordo”)oltre che dal Cod. Navale e dal T.U.1124 del 1965 e dal D.M. del 8.4.1999. Quest’ultimo, in particolare, connota ed identifica le attività lavorative usuranti definendo come “lavori usuranti” quelli espletati in spazi ristretti con carattere di prevalenza e continuità e in particolare dell’attività di costru-zione, riparazione e manutenzione navale, le mansioni svolte continuativamente all’interno di spazi ristretti quali intercapedini, pozzetti, doppi fondi, di bordo o di grandi blocchi strutture.

Detta normativa, inoltre, chiarisce esaustivamente che si considerano componenti dell’equipaggio le persone iscritte sul ruolo dell’equipaggio o comunque imbarcate per servizio della nave, che la tutela assicurativa si esercita anche nei confronti dei

Detta normativa, inoltre, chiarisce esaustivamente che si considerano componenti dell’equipaggio le persone iscritte sul ruolo dell’equipaggio o comunque imbarcate per servizio della nave, che la tutela assicurativa si esercita anche nei confronti dei