Attraverso questo lavoro è stato costruito quello che abbiamo più volte definito “un ponte speciale con il mondo della disabilità visiva”.
Questa particolare disabilità, alla luce di quanto abbiamo esposto, è da considerarsi in gran parte come l’effetto di una “costruzione sociale” i cui modi influenzano signifi- cativamente le condizioni di benessere e di malessere dei soggetti; un versante della questione infatti sta proprio nel processo di “riduzione” degli effetti negativi dello svantaggio individuale sulle condizioni di vita.
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Tuttavia il primo cambiamento lo si percepisce da come si reagisce introspettivamente alla nuova condizione: Nino Salveschi, scrittore, giornalista e poeta italiano, anch’esso cieco, riassume la sua condizione con la frase:
“Molti uomini sono costretti a spalancare gli occhi per vedere. Devo confessare a me
stesso che non ho mai veduto così bene da quando sono diventato cieco. E solo adesso mi sono accorto che gran parte della felicità umana sta nel vedere tutto trasformato in bene”.
Inneggiando così all’amore e suggerendo alle altre persone nella sua stessa condizione di vivere una vita interiore, ritenuta più gratificante di una vita da vedente.
Se è pur vero infatti che la non vedenza può comportare un lungo percorso necessario al superamento degli effetti primari e collaterali, e che gli obiettivi devono essere rag- giunti imparando ad ascoltare sensi molto più lenti e complicati della vista, primo tra tutti il tatto, è vero anche che offre, al contempo, la possibilità di “vedere” oltre, con significati nuovi, simbolicamente importanti e che trascendono dalla vista.
Per questo una corretta informazione è necessaria per abbattere lo stigma e i pregiudizi sulla popolazione non vedente, in particolare quella che lo è diventata in età adulta e che dunque risente maggiormente del peso dello stigma. È necessario oggi come non mai approfondire le conoscenze per mutare i significati connessi alla percezione come del non vedente. Ecco allora che, concludendo, ci si auspica che il presente lavoro di tesi possa essere un contributo finalizzato a favorire la nascita di altri studi che appro- fondiscano, su campioni più ampi di popolazione e realtà territoriali differenti, le va- riabili che sono state prese in esame in questo testo, al fine di migliorare le conoscenze sul tema e dunque, le costruzioni sociali e i significati connessi alla disabilità visiva.
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Appendice A – Traccia dell’intervista
INTERVISTA
Data della rilevazione………
Caratteristiche dell'intervistato: GENERE □ Uomo □ Donna ETA’ □ 18-29 □ 30-44 □ 45-64 □ 65-80 LUOGO DI NASCITA ………. COMUNE DI RESIDENZA ……… TITOLO STUDIO □ Nessuno □ Scuola elementare □ Scuola media inferiore □ Scuola media superiore
□ Laurea o frequenza universitaria □ Dottorato o master
OCCUPAZIONE………
COM’È COMPOSTO IL SUO NUCLEO FAMILIARE?
(Ad esempio: marito, moglie, figlio/i; marito, moglie, figlio/i, nonni) OSSERVAZIONI ____________________________________________________________________ ____________________________________________________________________ ____________________________________________________________________ ____________________________________________________________________ ____________________________________________________________________ ____________________________________________________________________ ____________________________________________________________________
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TEMI DELL'INTERVISTA
I. Deficit visivo subentrato in età adulta
Che tipo di patologia le è stata diagnosticata?
Quando le è stata diagnosticata?
Qual è stato il suo primo pensiero dopo la diagnosi?
II. Resilienza e Normalizzazione
Quando ha appreso della malattia come ha riorganizzato la
sua quotidianità?
Se aveva o ha attualmente un’occupazione come si è
riorganizzata?
Come ha reagito davanti alle difficoltà legate alla gestione
della malattia nella quotidianità?
Se ritiene di aver trovato la forza per reagire, in quale
momento lo ha fatto?
III. Famiglia
Con chi vive attualmente?
Chi si occupa principalmente di supportarla nella
quotidianità?
Questa persona/queste persone ha/hanno un lavoro? Se si,
come ha/hanno riorganizzato la sua/loro vita lavorativa?
Ritiene di essere supportata dalla sua famiglia?
In che modo la sua famiglia la sostiene nel veicolare risorse
strategiche legate ai supporti di altri servizi (volontariato,
sanità pubblica, terzo settore etc.)
IV. Differenza uomo/donna
Ritiene che ci possano essere delle differenze tra
uomo/donna nell'affrontare la malattia? Anche in relazione
alle terapie farmacologiche.
V. Servizi a supporto
Di quali servizi usufruisce?
Sono sufficienti?
Se ci sono dei deficit quali sono?
Come li integrerebbe?
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