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III.2 Rendere operativa la ricerca: il metodo

III.2.2 Dall’intervista alle variabili

Come abbiamo premesso nei paragrafi precedenti, la ricerca è stata condotta su un campione selezionato e omogeneo per sesso di 20 soggetti non vedenti e ipovedenti che hanno contratto la malattia in età adulta. Le interviste sono state condotte con me- todi qualitativi e sono state strutturate in modo tale da mettere in luce il ruolo delle reti familiari e sociali evidenziando la loro capacità di veicolare risorse strategiche76. Tra- mite le interviste si è cercato di documentare gli effetti delle dinamiche soggettive di resilienza e normalizzazione. Lo studio è stato guidato inoltre dalla prospettiva di ge- nere77 che si propone di vedere le differenze uomo-donna nella disabilità visiva in età adulta, evidenziando, ogniqualvolta emergevano durante le interviste, nuovi elementi utili ai fini dell’esplorazione dei significati individuali dei soggetti del campione. L’in- tervista inoltre è stata suddivisa in due parti, la prima, anagrafica, nella quale sono stati raccolti i dati generici e il consenso al trattamento dei dati personali, e la seconda stret- tamente qualitativa, che includeva cinque aree tematiche per ciascuna della quali è stata elaborata una batteria di domande orientativa e rappresentativa di un approfondi- mento per tutti i temi oggetti di studio.

76 Mascagni G., Percorsi di vita e di salute Un’analisi sociologica delle terze età, Carocci Editore, Roma,

2015.

77 Per ulteriori riferimenti sul tema si rimanda a:

Biancheri R., Genere e salute tra prevenzione e cura, FrancoAngeli, Milano, 2014.

Biancheri R., La rivoluzione organizzativa: differenze di genere nella gestione delle risorse umane, Plus, Pisa, 2012.

Biancheri R., Genere della partecipazione: come promuovere la cittadinanza attiva delle donne, Plus, Pisa, 2011.

Biancheri R., La dimensione di genere nel lavoro: scelte o vincoli nel quotidiano femminile, Plus, Pisa, 2008.

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Di seguito verrà riportata una breve analisi delle variabili esaminate:

Figura 1 - Area tematica" deficit visivo in età adulta"

Come si può vedere dal riquadro, la prima parte dell’intervista riguarda il tema legato alla diagnosi del deficit visivo. La diagnosi rappresenta un momento fondamentale soprattutto perché fa da spartiacque tra la vita prima e dopo l’insorgenza della malattia. Sia nel caso che quest’ultima insorga immediatamente o in un arco di tempo più lungo, il risultato è, per la maggioranza dei casi, uno shock più o meno tollerato che viene compromesso dalla difficoltà di accettazione della patologia78.

La batteria di domande che hanno fatto da guida all’intervista (in quanto, come è già stato premesso hanno rappresentato semplicemente una mappa per orientarla), riguar- dano i processi di reazione dell’agente alla diagnosi, fase molto importante in quanto, come afferma Diotiaiuti79:

“Si ritiene che le percezioni di autoefficacia svolgano un ruolo chiave nella gestione di malattie croni- che. Esse determinano se un individuo cercherà di mettere in atto con convinzione nuovi comportamenti dettati dalla nuova condizione. Quando i soggetti sono messi di fronte a una minaccia per la salute come può essere una malattia cronica, essi compiono una stima della situazione in termini di minaccia, sfida, controllabilità. La valutazione cognitiva e le strategie di fronteggiamento (coping) realizzano una me- diazione tra l’elemento stressogeno potenziale e i risultati.”

Occorre precisare inoltre che questa prima parte dell’intervista si è focalizzata sull’evi- denziare gli aspetti legati alle sensazioni e alle emozioni del post diagnosi, general- mente rappresentate da momenti di “ansia e paura” dettati dalla condizione esistenziale delle persone divenute non vedenti.

78 Maturo A., Sociologia della malattia. Un'introduzione, FrancoAngeli, Milano, 2007.

Maturo A., Barker K., La medicina delle emozioni e delle cognizioni, Salute e Società, XI/2, FrancoAngeli, Milano, 2012.

Maturo A., La società bionica. FrancoAngeli, Milani, 2012.

79 Diotaiuti P. et al, Il mondo psico-sociale del non vedente. Una indagine empirica, FrancoAngeli,

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Per quanto riguarda invece la seconda parte dell’intervista, come si può vedere nella figura successiva, questa riguardava proprio i processi di coping e dunque le strategie utilizzate dal soggetto per gestire un momento di forte stress e arrivare così ad un pro- cesso di normalizzazione e resilienza:

Figura 2 – Area tematica “Resilienza e Normalizzazione”

Attraverso questa area di analisi si è cercato di esaminare i meccanismi di risposta alle difficoltà poste in essere dalla malattia. La resilienza e la normalizzazione ricoprono un ruolo fondamentale nell’accettazione della perdita della vista: la resilienza infatti rappresenta la capacità di reagire in modo positivo alle avversità quotidiane, mentre la normalizzazione fa riferimento ad una situazione in cui è necessario operare per elimi- nare le differenze ed avvicinare le persone con disabilità a una condizione che rimuove, il più possibile, le disuguaglianze. In questa sede può essere molto utile rifarsi agli stili di coping80 nelle due tipologie generali identificate da Lazarus81: il coping focalizzato sul problema e il coping focalizzato sulle emozioni. L’utilizzo di questo approccio evidenzia che il modo in cui l’agente interpreta la propria condizione influenza la ti- pologia di coping utilizzata, e che, a sua volta, quest’ultima determinerà se avrà luogo un’esperienza di stress psicologico o di accettabile qualità della vita.

Il coping focalizzato sul problema riguarda gli sforzi compiuti per gestire lo stress, intervenendo attivamente sulle fonti che lo generano e quindi attraverso la definizione del problema, delle soluzioni alternative, della valutazione delle situazioni possibili. Il coping focalizzato sulle emozioni invece, include i tentativi per ridurre o gestire lo

80 Inteso come le strategie utilizzate dal soggetto per gestire le richieste imposte al proprio sistema di

risorse.

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stress emotivo associato alla situazione; generalmente quest’ultimo viene affrontato con atteggiamenti di minimizzazione, distanziamento, attenzione selettiva, compara- zioni positive, ricerca di valori positivi in situazioni negative etc. Il coping focalizzato è utile quando gli individui considerano l’evento stressogeno modificabile o gestibile, mentre quello basato sulle emozioni è utile quando gli individui riconoscono che la situazione debba essere semplicemente accettata. Da ciò emerge che i comportamenti di coping differiscono a seconda della valutazione dell’evento effettuata dal soggetto e in riferimento al contesto in cui tale valutazione avviene.

Figura 3 – Area tematica “Famiglia”

La terza parte dell’intervista ha avuto come oggetto di indagine la famiglia. Nell’azione di cura il nucleo familiare è fondamentale per favorire, in stretta collaborazione con tutti gli agenti, i processi di autonomia e di integrazione sociale e per questo è necessario che sia concretamente sostenuto con interventi coordinati di diversa natura, che offrono risposte adeguate e mirate alle specifiche esigenze della persona con deficit visivo. Le domande, così come sono state strutturate, cercano di evidenziare il ruolo strategico dei familiari come risorsa prioritaria per l’assistenza, la crescita e l’inclusione delle persone non vedenti, nell’ottica del fatto che la famiglia rappresenta la prima cellula sociale con funzioni economiche, educative ed assistenziali, attorno ad un progetto di vita comune che integra e completa l’intervento delle figure professionali specificatamente necessarie nel supporto alla disabilità diagnosticata in età adulta82.

82 Durkheim E., Per una sociologia della famiglia, (tr. It. a cura di Cittarella F.), Armando Editore, Roma,

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In particolare, la recente tendenza affermatasi in Europa che rifiuta l’Istituzionalizzazione, ha reso la famiglia il crocevia di ogni azione di sostegno rendendola la migliore “Istituzione Assistenziale” e dunque una risorsa strategica che deve essere sostenuta e valorizzata. Il quadro che ci viene presentato dall’ISTAT83 rende questa parte dell’indagine decisiva: in Italia ci sono attualmente 2.824.000 persone affette da disabilità, di cui 2.657.460 vivono in famiglia e 169.160 sono ricoverate presso presidi residenziali. Inoltre il 15% della popolazione italiana vive una situazione di handicap perché è tutto il nucleo familiare a vivere un disagio: sono i familiari infatti ad assolvere totalmente ai bisogni di cura e assistenza della persona disabile e le conseguenze sono che in 7 casi su 10 un familiare deve rinunciare al posto di lavoro. Spesso questo familiare è la donna (madre/moglie/convivente) che ricopre il ruolo di caregiver in Italia sono infatti 160.000 le donne che hanno abbandonato il lavoro.

La penultima area di indagine è connessa agli studi sulla famiglia e, come si può vedere nel riquadro sotto, riguarda la prospettiva di genere:

Figura 4 - Area tematica "Differenze di genere"

Questa parte dell’intervista si muove nell’ottica della medicina di genere nata recentissimamente da numerose evidenze cliniche che hanno dimostrato le nutrite differenze tra l’uomo e la donna nelle risposte alla medesima malattia. Attualmente l’universo femminile, che tanto in Europa quanto in Italia supera il 50% della popolazione, consuma il 40% in più di farmaci rispetto agli uomini e, nonostante questo, secondo i dati dell’AIFA84, solo nel 20% degli studi sui farmaci sono coinvolte donne.

83 ISTAT dati sulla disabilità in Italia,

http://www3.istat.it/dati/catalogo/20100513_00/arg_09_37_la_disabilita_in_Italia.it/, ultima consultazione Novembre 2017.

84 AIFA, Agenzia Italiana del Farmaco, http://www.agenziafarmaco.gov.it/, ultima consultazione:

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Ciò che emerge è quindi l’esigenza di una maggiore consapevolezza sociale sul fenomeno, al fine di garantire una specifica attenzione verso “la medicina di genere” che mira a differenziare la ricerca scientifica, tenendo conto delle specificità delle malattie. È infatti dimostrato che malattie uguali si comportano in maniera diversa a seconda che coinvolgano uomini o donne85. L’esigenza che nasce quindi è non solo scientifica, ma prima ancora sociale, se si considera appunto la maggioranza delle donne nell’intera popolazione nazionale e la difficoltà di realizzarne pienamente il diritto alla salute, così come lo è per gli uomini. Diritto alla salute che si concretizza e passa attraverso studi differenziati sulle cause che originano le malattie, ma anche su terapie e farmaci che tengono conto delle peculiarità femminili. Per questo diventa importante porre l’accento sulla netta prevalenza degli uomini in posizioni che concernono la ricerca scientifica, auspicando quindi ad una attenzione maggiore verso l’inserimento di donne nelle posizioni di apicali e nei gruppi di ricerca. Un ruolo strategico nel panorama italiano, in cui gli studi di genere sembrano ancora “alieni”, lo sta svolgendo il Progetto TRIGGER86, una ricerca internazionale di durata quadriennale, nata col fine di approfondire gli studi di genere e che ha come oggetto di indagine le carriere femminili e i processi culturali con un focus sul mondo della ricerca.

Figura 5 - Area tematica "Servizi a Supporto"

Infine, l’ultima parte del questionario è stata dedicata all’analisi dei servizi a supporto delle disabilità visive. L’importanza di questa area di indagine è data soprattutto dal fatto che i servizi sanitari, sociali ed educativi ricoprono un ruolo centrale nel vissuto

85 Sono state rilevate sintomatologie e una descrizione dei sintomi differente per uomini e donne. 86 Biancheri R., Dalla medicina di genere al genere in salute, Salute e Società XIII, 1, 2014.

Biancheri R., La trasversalità dell’approccio dell’esposizione a rischi lavorativi, Salute e Società, XIII, 1, 2014.

Biancheri R., La prospettiva di genere nelle scienze e la valorizzazione delle carriere femminili. Il progetto TRIGGER dell’università di Pisa, in Biancheri R. Tomio P., Lavoro e carriere nell’Università di Pisa, Ets pp. 101-127.

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di chi ha una disabilità visiva. Sono proprio le strutture sanitarie il luogo in cui avviene il primo contatto con la malattia, in cui si costruisce il piano di cura e lo spazio in cui condurre le terapie o ricorrere per esigenze particolari. Così anche alla luce della recente tendenza, nata in materia di sanità, di porre attenzione al tema della qualità dei servizi socio-sanitari si è scelto di indagare la qualità percepita degli stessi con un focus su quelli di cui, nell’ambito dei deficit visivi si usufruisce maggiormente.

III.3 L’utilizzo di RQDA: i memos e i codici come