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Sono un “peso”? Il ruolo strategico della famiglia

III.4 Discussione dei risultati della ricerca

III.4.3 Sono un “peso”? Il ruolo strategico della famiglia

La seconda batteria di domande ha riguardato il ruolo della famiglia per il delicato compito che ricopre nel supporto al disabile visivo e durante tutto il percorso di accet- tazione della malattia. Quest’ultima infatti, essendo la prima cellula sociale con fun- zione di sostegno, risulta essere strategica nel veicolare risorse e servizi: la prima serie di interrogativi infatti, ha rilevato il prezioso contributo dei familiari così come viene percepito dalla popolazione intervistata.

Prima di entrare nello specifico dei significati connessi alla famiglia però, è opportuno fare una prima analisi sui conviventi e sulle tipologie di famiglia, infatti su venti sog- getti intervistati:

- 14 vivono con coniuge/compagno ed eventuali figli; - 4 vivono soli;

- 2 con i genitori;

In relazione all’analisi dei conviventi, alla domanda “Con chi vive attualmente?” gli intervistati hanno evidenziato che una grande percentuale del campione abita con il coniuge/compagno/a o figlio/a e che quest’ultimo/a ricopre un ruolo fondamentale nelle attività di cura e sostegno quotidiane. Inoltre, un gran numero di intervistati, avendo perso la vista in età adulta, ha contratto il deficit visivo100 in costanza di ma- trimonio.

Tutti gli intervistati ricevono quotidianamente supporto dal familiare convivente, e il rapporto secondo quanto dichiarano è ambivalente. Le limitazioni visive impongono delle restrizioni alla capacità di muoversi e di esercitare un controllo su di Sé e sull’am- biente circostante diventando così una seria minaccia all’indipendenza101. Per questo spesso, seppure gli intervistati dichiarano di aver bisogno della famiglia e del suo pre- zioso contributo, riconoscono le difficoltà date dall’eccessivo supporto, intese come una forte minaccia all’autonomia residua.

Intervista 9: “Il mio problema sono i miei genitori. Ho creato diversi casini ma perché loro non mi lasciano i miei spazi. Devo rendere conto delle mie spese, dei miei soldi, dei vestiti, delle persone che

100 Oppure il deficit visivo è peggiorato in maniera invalidante in costanza di matrimonio.

101 Zanobini M., Manetti M., Usai M. C., La famiglia di fronte alla disabilità. Stress, risorse e sostegni,

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frequento... e questo mi limita. [..] Certo, so di avere bisogno di loro, ma se faccio i corsi per l’autonomia e imparo qualcosa mia mamma fa le cose al posto mio e mi trovo sempre punto e a capo [..].”

Altro elemento ricorrente è quello del “pesare”, di “essere un peso” per gli altri. Nella letteratura sulla disabilità questo tema è ricorrente102, soprattutto in chi perde la vista in età adulta e, dunque, si vede notevolmente ridimensionare i margini di autonomia residua e deve rinegoziarli con i caregiver.

Intervista 3: “[..] mi sarebbe piaciuto essere più indipendente di quello che sono ecco, l’idea di vivere a rimorchio di qualcuno o di fare il pacco come mi dicono in casa “chi lo porta il pacco”, ecco è sempre stata una cosa su cui si scherza in casa. Però insomma, in effetti è un limite. Ed è un limite che fa parte dell’autonomia fisica ma anche psicologica perché… [sospira], e quindi niente mi fa sentire un po’ in gabbia e la rabbia, che è una costante nella vita di chi ha un limite, ogni tanto viene fuori.”

Inoltre possiamo rilevare delle importanti differenze date dalla figura che si occupa dell’assistenza quotidiana se confrontiamo le diverse fasce d’età: generalmente gli an- ziani, avendo anche altre patologie connesse alla senilità, vengono assistite quotidia- namente da persone esterne al nucleo familiare (come badanti o servizi di assistenza domiciliare), mentre i familiari si occupano degli aspetti economici come la gestione del denaro e continuano a ricoprire un importante ruolo di supporto morale, coltivando quell’elemento relazionale fondamentale nel supporto all’anziano non vedente103. Gli intervistati in età adulta invece, focalizzandosi prevalentemente sulle capacità re- sidue che spesso vengono costantemente migliorate, necessitano di un grado di assi- stenza inferiore (in modo particolare nel caso di ipovedenza) e dunque i familiari rie- scono a riorganizzarsi e gestire autonomamente il carico assistenziale, senza necessa- riamente rinunciare al lavoro o avvalersi di ulteriori servizi. Tutti gli intervistati in età adulta però, dichiarano l’importanza del supporto dei familiari conviventi riferendosi soprattutto agli aspetti relazionali come il sostegno nell’interagire con le istituzioni sanitarie, la diagnosi e le reti dei servizi104:

Intervista 13: “[..] mio marito mi ha sempre sopportato più che supportato. Perché poi la rabbia la butti sempre su chi hai più vicino. Lui sapeva dall’inizio delle mie difficoltà e non le ha mai vissute come un problema, anche perché io nella mia diversità mi sento normale”.

102 Pavesi N., Disabilità e welfare nella società multietnica, ISMU Iniziative e Studi sulla Multietnicità,

Nicoletta Pavesi, FrancoAngeli, Milano, 2017, pag. 65.

103 Inserisci libri sul ruolo del familiare nel supporto morale 104 In modo particolare quelli erogati dall’UICI Pisa.

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Intervista 17: “Intervistatrice: che ruolo ha avuto il suo compagno nell’affrontare con lei la sua

malattia?

F49: Lui ha affrontato tutto… diciamo bene... perché lui mi ha conosciuto che non ero un aquila di vista. Già da piccola ero astigmatica… e quindi poi così… diciamo che l’ha vissuta bene anche perché poi è l’unica persona a cui veramente ho sempre detto tutto e quindi l’aggravarsi del tutto... anche lui ha cercato sempre di proteggermi, di farmi vedere che forse era meno grave di quello che poi invece è, perché oggi con tutti gli studi e le ricerche non c’è possibilità di miglioramento, attualmente ecco. Lui mi ha sempre dato questa speranza in più anche se poi ovviamente piano piano si vedeva il peggiora- mento.”

Grazie alle interviste quindi, è stato possibile rilevare l’importante azione di cura che ricopre il nucleo familiare finalizzata a favorire, in stretta collaborazione con tutti gli agenti, i processi di autonomia e di integrazione sociale. In modo particolare, è la fa- miglia che spesso supporta il familiare con deficit visivo nell’ingresso a tutti i servizi di cura e di assistenza:

Intervista 20: “Mi sono avvicinato all’UICI grazie a mio padre, ho sempre saputo della malattia ma finché non è non è diventata invalidante, ecco, io non la consideravo. Era un problema che nella mia testa non si doveva presentare. Mentre mio padre ha sempre saputo che prima o poi avrei dovuto fare i conti con la perdita della vista e si è sempre informato di tutto, dell’Unione Ciechi, dell’Istituto Ciechi, è grazie a lui che ho potuto riniziare a vivere”.

Ecco allora l’importanza e il ruolo strategico della famiglia che veicola non solo risorse strategiche, ma informazioni, servizi105. Inoltre proprio per questo, diventa fondamen- tale il riconoscimento di quest’ultima nel processo di accettazione della malattia, al fine di garantire una tutela anche normativa, per il delicato ruolo di supporto che la rende il crocevia fondamentale per qualsiasi azione che ha a che fare con il sostegno al disabile visivo.

In modo particolare, la famiglia, ricopre il delicato compito di supportare il processo di autodeterminazione del soggetto divenuto disabile visivo, per questo i familiari con- viventi necessitano di servizi che possano sensibilizzare sull’importanza delle deci- sioni che il disabile visivo deve prendere autonomamente, banalmente, quelle legate alla vita quotidiana: scegliere cosa indossare o cosa mangiare può sembrare insignifi- cante ma se viene sistematicamente perso il controllo dei compiti più semplici, la ca- pacità assertiva e decisionale del non vedente diminuisce progressivamente, minando

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irreversibilmente l’empowerment individuale106. L’iperprotezione dei genitori, del co- niuge/compagno, dei figli, rischia di rendere passivi e poco reattivi i non vedenti da- vanti alle difficoltà, generando così dipendenza, soprattutto negli anziani che, come hanno più volte dichiarato, necessitano di sviluppare efficienti canali di comunicazione per trasmettere le richieste di bisogno e di aiuto ma al contempo di azioni di supporto alle capacità residue.

Concludendo, possiamo rilevare come le interviste rimarcano l’importantissimo ruolo della famiglia come primo e ulteriore punto di riferimento che produce però due effetti differenti: se da un lato un effetto può essere l’iperprotezione come comportamento più frequente e controproducente, dall’altro la famiglia rappresenta il mezzo più facile per raggiungere servizi finalizzati ad incrementare l’accettazione della patologia da intendersi come l’acquisizione di nuovi modelli di comportamento e un buon equili- brio mentale, fisico e sociale.

II.4.4 La dimensione di genere, essere donna e non vedente: ecco come