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Anzitutto, le rimesse sono una realtà di primo piano a livello quantitativo nell’ambito delle transazioni finanziarie internazionali che interessano i PVS.

Questo è vero soprattutto pensando al fatto che i dati indicati fanno riferimento alle statistiche ufficiali, che si basano sui trasferimenti transitati per canali di intermediazione regolarmente registrati (banche, uffici postali, agenzie finanziarie specializzate), mentre lasciano fuori tutti i canali cosiddetti informali – siano essi familiari, conoscenti, corrieri e sistemi di trasferimento non registrati (come il sistema cinese “chop” o flying money, quello colombiano del black market pesos exchange, i sistemi Hawala o Hundi, conosciuti in Asia meridionale, Africa, Medio Oriente e, quale punto terminale, Europa).

Stimare a quanto ammontino i flussi transitati per i canali informali è molto difficile; quel che può dirsi è che era significativamente sottostimato il calcolo che a titolo puramente indicativo, ad esempio, faceva nel passato la Banca Interamericana di Sviluppo, quando suggeriva di aumentare il dato contabile registrato ufficialmente di almeno il 10% per tenere conto dei circuiti informali.

Più recentemente, tenuto conto di alcune inchieste condotte in diversi paesi e con riferimento a differenti comunità nazionali di migranti, da più parti si ritiene, sempre in termini generali, che si debba almeno raddoppiare il dato dei flussi delle rimesse rilevate ufficialmente.

In questo modo, le rimesse complessive diventano di gran lunga la voce contabile più importante: nel 2003, la Banca Mondiale ritiene che 100 miliardi di dollari, transitati attraverso i canali informali, siano da aggiungere ai 93 indicati in precedenza.

Inoltre, si tratta di flussi finanziari che non seguono le traiettorie di altri flussi finanziari pure importanti come gli IDE53 che, guidati dall’obiettivo di massimizzare i profitti, si indirizzano verso i PVS a medio reddito o, comunque, ad alta redditività.

Il fatto che in molti paesi, soprattutto nei paesi più poveri, i flussi di rimesse superino abbondantemente quelli degli IDE testimonia come non ci si possa illudere che il settore privato, seguendo i propri interessi, voglia e possa indirizzare i capitali dove più serve.

Infine, aspetto da collegare al precedente punto, le rimesse possono svolgere una funzione complementare a quella degli altri flussi, in ragione del comportamento anticiclico che le caratterizza.

Alla luce del clima internazionale di insicurezza, preoccupazione e sfiducia, a seguito dell’11 settembre 2001, come pure a seguito dell’accentuarsi della crisi occupazionale in molte economie ad alto reddito (2008) e del rafforzamento dei controlli alle frontiere e delle limitazioni ai flussi di migrazioni internazionali (2013/2014), ci si poteva attendere una ripercussione negativa sui flussi di rimesse, al pari di quelle registrate nel caso degli altri flussi finanziari internazionali.

Invece, i flussi di rimesse sono aumentati di circa il 20%. Occorre però aggiungere che probabilmente parte di questo incremento corrisponde a una diminuzione di flussi transitati per i canali informali, a seguito delle normative più stringenti che, per motivi di sicurezza e lotta al terrorismo, riducono i gradi di libertà degli agenti di trasferimento informale.

53 I.D.E. - L'investimento diretto all'estero (IDE) o anche in inglese foreign direct investment (FDI) è una forma di internazionalizzazione delle imprese. Rappresenta una voce della contabilità nazionale nella quale vengono indicati i trasferimenti di capitale e di tecnologie da un paese all'altro (Wikipedia)

A fronte della consistenza quantitativa dei flussi di rimesse, la sottostima contabile, presente nelle voci della bilancia dei pagamenti di un paese, riflette lo scarso peso strategico, sinora dato, a questa particolare tipologia di risorse finanziarie ai fini delle strategie di sviluppo.

A livello internazionale, sino a pochi anni fa, animate discussioni e ambiziose linee guida affrontavano il tema degli IDE, degli aiuti internazionali, del debito estero, degli investimenti di portafoglio e di quelli speculativi. Al contrario, nessun serio e continuativo impegno e rilievo emergeva a sostegno di un uso delle rimesse funzionale ai processi di sviluppo.

Solo nell’ultimo periodo la comunità internazionale ha “scoperto” le potenzialità delle rimesse per lo sviluppo dei PVS. E ciò è imputabile alla concomitanza di due fattori.

Da un lato, il problema della scarsità di risorse finanziarie per promuovere lo sviluppo dei PVS, al centro del vertice delle Nazioni Unite per la finanza dello sviluppo, tenuto a Monterrey (Messico) nel mese di marzo del 2002. Nonostante in quell’occasione si sia richiamata la necessità di rispettare l’impegno da parte di tutti i paesi donatori a destinare lo 0,7% del PNL agli aiuti internazionali, la capacità dei governi di tradurre in pratica quell’impegno è risultata sinora molto scarsa.

Nel 2003, la media dei paesi donatori dell’OCSE è stata pari allo 0,25% del PNL e soltanto Danimarca, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia sono stati in grado di raggiungere l’obiettivo dello 0,7% del PNL. Obiettivo quest’ultimo già inserito negli otto obiettivi del Millennium da parte delle Nazioni Unite nel 2000 da raggiungere entro il 2015.

Purtroppo questo obiettivo non è stato raggiunto ma l’UE “riconferma l’impegno collettivo di raggiungere lo 0.7% del PIL nel corso dell’agenda post-2015”, quindi nel periodo 2015-2030, senza indicare l’anno in cui questo target verrà raggiunto dall’insieme degli Stati membri europei. Di conseguenza, la comunità dei paesi donatori cerca meccanismi per attrarre finanza addizionale verso i PVS, a cominciare dall’incoraggiare una mobilitazione del settore privato. In questa strategia trova posto anche il sostegno alle rimesse, risorsa utile a compensare il declino dell’impegno degli aiuti internazionali.

Dall’altro lato, le preoccupazioni circa il riciclaggio del denaro sporco (money laundering54: proveniente da traffici illeciti: droga, armi, prostituzione) e quelle relative al finanziamento del terrorismo internazionale (money dirtying)55 hanno portato la comunità

54money laundering - si riferisce al processo di nascondere la fonte di denaro ottenute illegalmente. I metodi con cui il denaro può essere riciclati sono varie e possono variare in sofisticazione. Nel 1996 il Fondo Monetario Internazionale ha stimato che il riciclaggio di denaro sporco rappresenti il 2-5 per cento dell'economia globale in tutto il mondo. Tuttavia, il GAFI , un organismo intergovernativo creato per combattere il riciclaggio di denaro, ha ammesso che "nel complesso è assolutamente impossibile produrre una stima attendibile della quantità di denaro riciclato e quindi il GAFI non pubblica alcun dato al riguardo". (Wikipedia)

55'money dirtying', fenomeno criminale esattamente speculare al riciclaggio, per il quale i capitali puliti si indirizzano verso l'economia illegale o 'sporca'. Il 'money dirtying' è considerato interessante dalle organizzazioni criminali, "per alcuni fondamentali motivi. Il primo è quello 'relazionale', ovvero la possibilità di entrare in contatto con imprenditori rispettabili, esponenti della politica e del mondo istituzionale, operatori

internazionale, guidata dalle raccomandazioni dei capi di stato del G8 a vegliare, disciplinare e controllare meglio il flusso delle rimesse, cercando di indirizzarle verso i canali formali (bancari, anzitutto) più facilmente oggetto di vigilanza.

Nel 1989, in seno al G7, fu costituito il Gruppo di azione finanziaria internazionale (GAFI)56 proprio al fine di studiare le misure per combattere il riciclaggio dei capitali; evidentemente i problemi più recenti del terrorismo internazionale hanno accresciuto notevolmente quelle preoccupazioni, in direzione di un maggiore impegno nell’individuare le fonti di finanziamento del terrorismo, nell’implementare le sanzioni decise dalle Nazioni Unite per bloccare i capitali dei terroristi, nell’incoraggiare l’adesione a tale azione da parte di più paesi, nel ratificare la Convenzione ONU del 1999 per la repressione del finanziamento del terrorismo (ratificata in Italia con L. 14/01/2003 n. 7, in applicazione del d. l. 374/0157), nell’incoraggiare maggiore collaborazione tra le autorità nazionali antiriciclaggio (le Financial Intelligence Units58 nazionali) e gli organismi internazionali (compreso il Gruppo Egmont59 e il G20).

del sistema creditizio. Il secondo è di 'natura estetica', in quanto l'afflusso di moneta buona 'copre l'odore' di quella cattiva e le due monete finiscono per confondersi e ibridarsi. (Wikipedia)

56In inglese F. A. T. F. (Financial Action Task Force), è un organismo intergovernativo istituito, in occasione del vertice dei Capi di Governo dei sette Paesi più industrializzati (G7) tenutosi a Parigi nel luglio 1989 allo scopo di monitorare l’andamento del fenomeno criminoso degli Stati membri e sviluppare politiche contro il riciclaggio di denaro sporco a livello nazionale e internazionale. Originariamente formato da 16 membri (i Paesi del G7, la Commissione europea e altri otto Stati), oggi il GAFI è composto da esperti giuridici e finanziari di sei continenti e conta 33 membri (31 Stati e Governi, per lo più membri dell’OCSE, e due organizzazioni internazionali, la Commissione Europea e il consiglio di cooperazione del Golfo) e più di 20 osservatori (tra cui 5 Enti regionali e 13 altre organizzazioni internazionali). Attualmente il GAFI collabora con i membri di diverse organizzazioni internazionali per realizzare una rete globale antiriciclaggio e di contrasto al finanziamento internazionale. (Wikipedia)

57 Decreto-legge 18 ottobre 2001, n. 374 "Disposizioni urgenti per contrastare il terrorismo internazionale" pubblicato nella

Gazzetta Ufficiale n. 244 del 19 ottobre 2001 (Rettifica G.U. n. 248 del 24 ottobre 2001)

58 Financial Intelligence Unit (FIU) è un'istituzione nazionale indipendente di intelligence finanziaria della Repubblica del Kosovo, che opera nell'ambito del Ministero delle Finanze, ed è responsabile per la richiesta, analisi e comunicazione alle autorità competenti sulla divulgazione di informazioni che riguardano possibile riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo (Wikipedia)

59 Il Gruppo Egmont è un organismo globale di natura tecnica costituito nel 1995 per iniziativa spontanea e informale di alcune Financial Intelligence Unit. Il numero delle FIU aderenti è progressivamente aumentato nel tempo, superando i 150 paesi. Nel 2010 il Gruppo Egmont si è trasformato in un’Organizzazione internazionale, con Segretariato a Toronto, in

È solo in questa cornice che si spiega la nuova attenzione internazionale verso le rimesse.

Nel 2003, per la prima volta, il rapporto annuale della Banca Mondiale, Global Develompent Finance, dedica un intero capitolo al tema delle rimesse.

Alla luce di quanto esposto sopra, appare evidente che la migrazione internazionale contemporanea ha conseguenze ambivalenti sullo sviluppo dei paesi coinvolti. Allo stesso modo, sembra comprovato il fatto che mentre i benefici prodotti dal fenomeno migratorio sono distribuiti abbastanza equamente, i costi sono soprattutto a carico dei paesi di origine.

La valutazione e l’eventuale potenziamento del nesso tra migrazione e sviluppo deve, a mio parere, confrontarsi con alcuni principi etici che oserei definire “universali”, giacché sono condivisi dalla maggior parte delle culture e religioni del mondo.

I benefici prodotti dalle migrazioni internazionali negli ambiti economico, sociale e politico diventano contestabili allorquando sono prodotti in situazioni di sfruttamento, discriminazione e abusi a danno dei migranti. Di fronte al sostanziale fallimento della Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, anche se nei discorsi ufficiali sul nesso tra migrazione e sviluppo traspare un consenso generale tra paesi d’origine e paesi di destinazione riguardo agli obiettivi da raggiungere, di fatto gli interessi delle due parti sono spesso diametralmente opposti e tale dicotomia si rispecchia evidentemente in politiche d’emigrazione e d’immigrazione inconciliabili.

Canada. Il Gruppo promuove lo sviluppo delle FIU, ne stimola la collaborazione e il reciproco scambio di informazioni e conoscenze relative a possibili casi di riciclaggio, elabora standard e pratiche comuni, favorisce la creazione di nuove FIU in paesi che ne sono privi, fornendo anche il necessario supporto di natura tecnica. (Wikipedia)

Il mercato globale della forza lavoro vede spesso i paesi d’origine in una situazione di sudditanza nei confronti dei paesi di arrivo.

Tale situazione è prodotta da asimmetrie economiche che affondano spesso le loro radici in passati remoti e continuano oggi a giustificare un’iniqua distribuzione delle risorse mondiali.

In tal senso, il nesso tra migrazione e sviluppo deve essere letto alla luce del principio di corresponsabilità nello sviluppo dell’umanità, principio fondato sulla chiara coscienza della destinazione universale dei beni. Lo stesso principio sfata il mito della ‘generosità’ della cooperazione internazionale promossa dai paesi più industrializzati, affermando invece il dovere di chi ha di più di condividere con chi ha di meno.

Le relazioni internazionali, in particolare quelle concernenti la migrazione e lo sviluppo, sono spesso caratterizzate da un ostentato paternalismo da parte dei paesi maggiori che possiedono maggiori risorse economiche. Risulta, quindi, appropriato applicare alle iniziative tese a potenziare il nesso tra migrazione e sviluppo il principio di sussidiarietà, in quale si fonda sul rispetto delle comunità e autorità locali.

In molti casi altamente motivati e disponibili, i lavoratori stranieri rappresentano un’iniezione di entusiasmo per la società che li riceve; grazie alla loro creatività, al loro ingegno e al loro desiderio di superarsi, essi rappresentano generalmente un prezioso contributo allo sviluppo del paese d’accoglienza.

Attraverso le loro fitte reti di relazioni transnazionali, i migranti possono espandere l’orizzonte del mercato internazionale. Per quanto riguarda il mercato interno, la presenza massiccia di lavoratori stranieri e, in taluni casi, delle loro famiglie rappresenta di fatto un elemento propulsore per lo sviluppo di alcuni settori quali l’alloggio, la ristorazione, le agenzie di viaggi e gli internet point.

Anche per quanto concerne le società d’origine, le migrazioni internazionali sogliono essere promotrici di alcune trasformazioni economiche positive. A livello macroeconomico, l’impiego di cittadini all’estero contribuisce a diminuire il tasso di disoccupazione e sottoccupazione a livello nazionale.

Le rimesse costituiscono un prezioso introito di valuta pregiata che serve tanto a stabilizzare la moneta locale quanto a facilitare il pagamento del debito estero. Si notano conseguenze positive anche sul mercato nazionale grazie a una maggiore circolazione di denaro.

Secondo alcuni studiosi, in diversi paesi l’aumento del PIL attribuito alle rimesse ha dimostrato di avere benefiche ripercussioni sull’indice di povertà.

A livello micro-economico, si nota generalmente un miglioramento nelle condizioni di vita delle famiglie dei migranti, soprattutto in termini di maggiore potere acquisitivo, il quale si manifesta particolarmente negli ambiti dell’alimentazione, dell’alloggio, dell’istruzione e della salute. In qualche caso, parte delle rimesse o dei risparmi dei migranti vengono utilizzati per finanziare attività rimunerative (es. cooperative e piccole e medie imprese) nei luoghi di origine.

A livello meso-economico, in taluni casi si riscontrano effetti moltiplicatori che beneficiano le economie delle comunità locali. In molti paesi, i comuni e le provincie di provenienza dei migranti godono della solidarietà e della generosità filantropica dei loro cittadini residenti all’estero. Queste iniezioni di capitali, che avvengono talvolta in modo spontaneo e sporadico, altre volte in modo regolare e organizzato, giovano spesso allo sviluppo economico locale.

Oltre ai principi sopra esposti, esistono, a mio parere, altri elementi da considerare nel processo di eticizzazione del nesso tra migrazione e sviluppo. L'immigrazione fa bene - anche all'economia: l'ultimo rapporto di Fondazione Moressa60 61dimostra che i lavoratori immigrati in Italia fanno crescere il Pil e pagano 640.000 pensioni.

Nel lontano 1887 Giovanni Battista Scalabrini62, vescovo di Piacenza, scriveva che l’emigrazione è un fenomeno naturale, la cui bontà o meno dipende dalle sue cause e conseguenze. Nell’era della globalizzazione, non si può non riconoscere che l’apertura dei mercati del lavoro ai migranti internazionali ha di fatto aumentato esponenzialmente le possibilità di impiego.

Anche se la mobilità umana contemporanea è spesso motivata dalla mancanza delle condizioni necessarie a garantire una vita degna in patria, bisogna riconoscere che essa, in molti casi, promuove trasformazioni positive in diversi ambiti tanto nelle società d’origine quanto in quelle di destinazione.

60La Fondazione Leone Moressa è un istituto di studi e ricerche nato nel 2002 da un’iniziativa della Associazione Artigiani e Piccole Imprese di Mestre CGIA. La Fondazione Leone Moressa ha acquisito specifiche qualifiche e competenze legate allo studio del fenomeno migratorio indirizzato in maniera prevalente ai temi dell’economia dell’immigrazione. Le analisi si sviluppano in particolare nello studio, solo per citare alcune tematiche, delle dinamiche del mercato del lavoro straniero, della quantificazione dei redditi e delle retribuzioni degli immigrati, del fenomeno imprenditoriale, della povertà delle famiglie straniere, delle dinamiche demografiche, del gettito fiscale prodotto dalla popolazione migrante, dei flussi delle rimesse verso l’estero.

61 Leone Moressa nacque il 24/06/1906 e morì il 20/11/1984. Attento ai bisogni della comunità locale e animato da profondo spirito di partecipazione politica e sociale (partigiano durante la Seconda Guerra Mondiale e più volte Consigliere Comunale a Venezia) fu tra i fondatori dell’Associazione Artigiani di Mestre, della sua attuale sede, e uno dei fautori dello sviluppo della sua attività politico-sindacale. A Leone Moressa si deve, tra le altre cose, la costituzione della prima Cassa Previdenziale per l’Artigianato.

62Giovanni Battista Scalabrini (Fino Mornasco, 8 luglio 1839 – Piacenza, 1º giugno 1905) è stato un vescovo cattolico Italiano, fondatore delle congregazioni dei missionari e delle suore di san Carlo Borromeo (scalabriniani). È stato proclamato beato da papa Giovanni Paolo II il 9 novembre 1997. Nel 1887 ha fondato la congregazione dei missionari di san Carlo Borromeo, conosciuti come scalabriniani, per la cura degli emigrati Italiani, cura nella quale riesce a coinvolgere anche le apostole del Sacro Cuore di Gesù, fondate dalla forlivese Clelia Merloni. Grazie alla sua iniziativa è nata nel 1891 a New York la Italian St. Raphael Society, la prima e principale organizzazione cattolica per gli immigranti Italiani negli Stati Uniti. L'organizzazione è restata operante fino al 1923, svolgendo un ruolo fondamentale di accoglienza e tutela. L'impegno di Scalabrini a tutela degli emigranti è divenuto famoso già a quel tempo anche al di fuori del regno d'Italia.

Gli immigrati rappresentano un contributo indispensabile e irrinunciabile per un paese in continuo invecchiamento come l’Italia, tanto da un punto di vista demografico quanto economico.

Da un lato, infatti, il saldo migratorio con l’estero contrasta (quantomeno in parte) la crisi di natalità – portando insomma preziosa nuova linfa vitale a un paese sempre più vecchio – e, dall’altro, il lavoro degli stranieri costituisce una importante voce del bilancio nazionale.

Gli immigrati sono infatti gran lavoratori, e contribuiscono in maniera significativa all’economia del nostro paese.

Quanto vale esattamente l’immigrazione? Facciamo i conti con Fondazione Moressa, che ha pubblicato il rapporto 2016 sull’impatto fiscale dell’immigrazione. Innanzitutto un po’ di numeri per dare le dimensioni del fenomeno:

 in Italia risiedono più di 5 milioni di stranieri, di cui oltre 2,3 occupati (si parla rispettivamente dell’8,3% della popolazione e del 10,5% dell’occupazione totale);

L’impatto fiscale dell’immigrazione - Principali indicatori (Fonte: Rapporto FLM 2016)

 i 2,3 milioni di stranieri che lavorano in Italia producono 127 miliardi di ricchezza – un valore di poco inferiore al fatturato della Fiat, primo gruppo industriale Italiano – e versano quasi 11 miliardi

di euro in contributi previdenziali, pagando così circa 640 mila pensioni Italiane.

Il disegno di politiche e programmi tanto a livello nazionale, quanto a livello regionale e internazionale, non può esulare dalla centralità della persona umana, intesa individualmente e collettivamente.

L’impegno nella difesa e nella promozione della dignità umana non può essere soggiogato a interessi economici o di sicurezza nazionale.

Allo stesso modo devono essere considerati l’ambito morale, ossia il senso di giustizia, così fondamentali per il raggiungimento di una equa ripartizione della ricchezza, senza distinzione, e cioè più egualitaria.

L’onda protezionista che sta attraversando il mondo potrebbe abbattersi anche sul sistema delle rimesse.

In particolare Donald Trump ha ventilato la possibilità di un giro di vite sui trasferimenti dagli Usa verso il Messico, vietandoli per chi non ha un regolare permesso di residenza se lo Stato centroamericano non collaborerà alla sua crociata contro l’immigrazione clandestina.

Secondo gli analisti, qualsiasi divieto in tal senso applicato alle società di Money transfer non fermerebbe il flusso, ma certamente alimenterebbe i movimenti illegali, aumentando al contempo i costi.

Il danno per i Paesi più poveri potrebbe essere notevole, specialmente se altri Stati tentati da politiche protezionistiche e xenofobe seguiranno la strada indicata dal presidente americano.

“Anche in Europa, dove il populismo è in aumento, i cittadini sono più illuminati dei loro leader: il 69% degli europei afferma che essi non sono preoccupati per l’immigrazione legale, e il 62% non crede che gli immigrati sottraggano lavoro alla gente del posto. Governi come la Germania e la Svezia, che gestiscono bene l’immigrazione ed investono in integrazione, godono di un forte sostegno pubblico. Il numero di migranti da accogliere ogni anno è una questione che solo uno Stato nella sua sovranità può decidere. Ma come i migranti sono trattati, se gli venga permesso di tenere quello che guadagnano e il loro contributo allo sviluppo sociale ed economico, sono questioni importanti per tutti. Il diritto internazionale richiede che i diritti umani di tutti i migranti, indipendentemente dal loro status, siano rispettati. E questo è anche un presupposto fondamentale per lo sviluppo, sia individuale che collettivo.”

La migrazione – quando è sicura, legale e volontaria – è la strategia più antica di riduzione della povertà e di aiuto allo sviluppo umano. Sembra