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Proprio per porre fine alla disorganizzazione che aveva caratterizzato i primi momenti dei Khmer Rossi vincitori, il Centro optò per indire una Conferenza in cui, secondo i piani, sarebbero state rivelate le linee guida della futura Kampuchea Democratica. Nell’impianto olimpico di origine francese situato a nord di Phnom Penh il Partito Comunista della Kampuchea avrebbe deciso di tenere una conferenza plenaria per la “divulgazione e estensione del piano del Partito”. I documenti su questa conferenza sono molto rari, dobbiamo perciò affidarci quasi completamente a Ben Kiernan nel suo resoconto. Kiernan intervistò tre membri presenti alla conferenza e due quadri i cui capi presenziarono alla stessa. Nessun documento fu prodotto in cinque giorni di incontri. I primi resoconti sono datati 1984 e provengono da Sin Song, il cui superiore, Chhouk, fu presente all'incontro. Chhouk disse che Pol Pot aveva elencato otto punti fondamentali per la rivoluzione:

a) Evacuazione della gente da tutte le città b) Abolizione di tutti i mercati

c) Abolizione della valuta di Lon Nol e trattenimento della nuova valuta rivoluzionaria

d) Desacralizzazione di tutti i monaci Buddisti e trasferimento degli stessi nei campi per la coltura del riso

e) Esecuzione capitale per tutti i leader del regime di Lon Nol ad iniziare con i più importanti

f) Creazione di cooperative per il lavoro in tutto il paese con mensa comune g) Espulsione di tutte le minoranze Vietnamite ancora presenti sul territorio

h) Posizionamento delle truppe sui confini con particolare riguardo per quello vietnamita.50

Quest’intervista di Kiernan sembra la più attendibile anche se l'autore nel suo miliare

The Pol Pot Regime, ne menziona altre tre. Esse coincidono per lo più con quanto detto

sopra, discordando solo sul numero di punti o su questioni marginali. Ad esempio Ret, un comandante di battaglione che partecipò alla conferenza di Maggio ricorda undici punti, ma non riesce a ricordarli con chiarezza. Nomina solo la persecuzione dei generali di Lon Nol, l'espulsione dei vietnamiti e che “Pol Pot disse chiaramente che i

85 Khmer Rossi erano contrari a Scuola, Moneta e Religione”. Quest’affermazione, se non

provenisse da una fonte così inattendibile, confermerebbe il fatto che durante il primo anno di regime Pol Pot e i suoi compagni erano decisi ad abolire qualsiasi tipo di istruzione spiegando così la folle persecuzione degli insegnanti.

Heng Samrin, presente all’incontro, precisa che il quinto punto enunciato da Sin Song non è di univoca interpretazione. Samrin, insistendo sul fatto che fu Nuon Chea colui che parlò maggiormente all’incontro (da qui l'equivoco che nei primi anni voleva Nuon Chea a capo del PCK e non Saloth Sar), disse che il braccio destro di Pol Pot non usò il termine “esecuzione” ma “allontanamento”. Oltretutto, Samrin disse che Nuon Chea insisté sull'allontanare i generali di Lon Nol dai centri di potere. Apparentemente quindi il PCK lasciava al libero arbitrio di ognuno la metodologia da perseguire nell'allontanare i generali e questo, in pratica, si traduceva in esecuzioni capitali.

Heng Samrin da anche una spiegazione “ideologica” dei punti due e tre.

“Era Pol Pot stesso a distribuire il piano, disse che finché esistevano mercati e denaro esisteva la proprietà e questo era contrario ai principi della rivoluzione”,

in questi momenti sembra giustificabile la presa di posizione di David P.Chandler che definisce il periodo dei Khmer Rossi come quello del raggiungimento dell'apice nell'applicazione del marxismo-leninismo51.

Al punto numero uno, l’evacuazione delle città, alla conferenza venne data una spiegazione differente rispetto a quella divulgata tra i cittadini. Molti dei presenti alla conferenza ricordano che la linea del Partito riguardo alla conferenza era che

a) La gente nelle città ha avuto una vita facile rispetto a chi ha dovuto vivere nelle campagne

b) I cittadini erano gli sfruttatori

c) Il senso della morale nelle città era infinitamente più basso rispetto a quello delle campagne

d) Nelle città non c'era produttività.

Questa era la reale idea dei Khmer Rossi, i bombardamenti americani c'entravano solo in parte, l'evacuazione delle città era un misto tra una punizione e una rieducazione per i

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cittadini che negli eccessi della modernità avevano perso, secondo il PCK, la retta morale. Come testimoniava l'esperienza dell'evacuazione di Kratie nel 1973 ai Khmer Rossi non bastava avere il controllo politico e amministrativo del Paese. In un comunicato da Kratie del 1973 del Partito si legge “la gente continua ad andare dove

vuole con le sue moto Honda, incurante del fatto che i nostri rivoluzionari camminano nella polvere”, questo a sottolineare che i Khmer Rossi oltre al controllo delle città

volevano anche il pieno controllo dei loro abitanti.

Un’altra spiegazione all'evacuazione venne data dalla Us Agency for International Development(USAID) che nell’aprile del 1975, quando gli aiuti internazionali gioco forza finirono, la Cambogia si trovava “sull'orlo della carestia”. Il tentativo di portare la gente più vicina ai campi di produzione può anche essere interpretato come la volontà dei quadri dirigenti di tamponare la carenza di cibo che avrebbe afflitto la nazione. Secondo Kiernan tuttavia l'evacuazione delle città non fu né un tentativo di punire la gente delle città né tantomeno una soluzione alla carestia. Infatti, secondo lo storico australiano fu un'azione militare pensata molto tempo addietro, intrinsecamente legata al destino di Saigon. Nell’aprile del 1975, infatti, pochi avrebbero pensato che Saigon sarebbe caduta di lì a breve, sembrava, benchè indebolita, ancora in grado di offrire una seria resistenza all’avanzata comunista. Il posizionamento delle truppe sul confine della Kampuchea Krom e l’evacuazione delle città sono allora da considerare come agenti complementari della stessa strategia, quella di riprendere i territori ad ovest della capitale del sud del Vietnam che, secondo i Khmer Rossi, erano stati rubati alla stessa Kampuchea Krom. In caso di scontro militare ovviamente non avere il problema di centri abitati civili nelle vicinanze avrebbe costituito un vantaggio determinante52. La completa evacuazione delle città ebbe due conseguenze principali nella formazione della Cambogia dei Khmer Rossi.

Innanzitutto la cacciata delle minoranze etniche vietnamite e cinesi rese la popolazione realmente “khmerizzata”, ovvero, indipendentemente dallo status, il 95% degli abitanti della Cambogia era di origine puramente khmer. La persecuzione delle minoranze è un punto cardine di tutti i regimi totalitari comunisti dopo il 1917, ad eccezion fatta per la Corea del nord di Kim-il Sung che non aveva minoranze etniche.

52 Allora però bisognerebbe domandarsi il motivo delle città occidentali, che vennero

evacuate in egual maniera. Battambang fu uno dei centri dove l’evacuazione si dimostrò più difficoltosa, e poco o nulla avrebbe avuto a che fare con le rappresaglie occorrenti sul fronte orientale della nazione.

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In secondo luogo una popolazione senza città manca della base di ogni resistenza e diventa molto più facile da controllare. Il divieto di formare agglomerati umani, la costante mortificazione degli individui e la condanna del libero pensiero privarono la Cambogia di ogni possibilità di resistenza. Ovviamente il ritorno alla campagna prevedeva il completo annichilimento della classe lavoratrice operaia, base, a livello teorico, di una “lotta di classe comunista”, dopo il 1975 tuttavia i quadri dirigenti non usarono più il termine “operai” per definire i soggetti agenti della rivoluzione, usarono il termine “popolazione”, che indicava molto più genericamente il soggetto della rivoluzione.

Questo periodo ebbe un effetto negativo non solo sui cittadini ma anche su coloro che già vivevano nelle campagne che ebbero improvvisamente da confrontarsi con altre persone. Spesso il prodotto del lavoro riusciva a malapena a sfamare chi già viveva lì, quando aumentarono le bocche da sfamare il riso venne improvvisamente a mancare. Anche l’esercito risentì negativamente dell'esodo, i contrasti che sono stati sottolineati a Phnom Penh tra le diverse frange dell'esercito non si limitarono alla capitale ma ebbero risonanza in tutto il Paese rendendo evidente ciò che era prevedibile, cioè che non esisteva un esercito omogeneo. I primi segni di frattura anche all’interno dell’Angkar cominciarono ad emergere già poche ore dopo la vittoria di Phnom Penh.