2 LA FASE ESECUTIVA DELL’AUMENTO REALE DI CAPITALE SOCIALE 1 Il diritto di sottoscrizione dei soc
2.4 Applicabilità della disciplina dei conferiment
2.4.1 I conferimenti in denaro
Per regola generale, nella società a responsabilità limitata, sia in sede di costituzione che in sede di aumento del capitale i soci devono effettuare i conferimenti dovuti in denaro.
All’atto della sottoscrizione – intendendosi per tale il momento in cui la sottoscrizione si è perfezionata con l’accettazione da parte del socio o del terzo dell’offerta di sottoscrizione effettuata dalla società298 – i soci devono versare alla società almeno il venticinque per cento della parte di capitale sottoscritta, o la maggiore somma eventualmente prevista dalla stessa decisone dei soci, e qualora sia previsto l’intero sovraprezzo. La disposizione è inderogabile ed il sottoscrittore non potrà
297 Il quarto comma prevede che «Salvo quanto previsto dal secondo periodo del quarto comma e del sesto
comma dell’art. 2464, i sottoscrittori dell’aumento di capitale devono, all’atto della sottoscrizione, versare alla società almeno il venticinque per cento della parte di capitale sottoscritta e, se previsto, l’intero sovraprezzo. Per i conferimenti di beni in natura o di crediti si applica quanto disposto dal quinto comma dell’articolo 2464». Mentre il successivo quinto comma stabilisce che «Se l’aumento di capitale è sottoscritto dall’unico socio, il conferimento in danaro deve essere integralmente versato all’atto della sottoscrizione».
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essere esentato dal versamento, inoltre l’obbligo del versamento in denaro si applicherà ex lege, cioè anche nel silenzio della delibera poiché trattandosi di disposizione inderogabile non è necessario che la decisione dei soci preveda espressamente l’obbligo di versamento per i sottoscrittori.
La misura del venticinque per cento del versamento in denaro, che il socio deve effettuare contestualmente alla sottoscrizione, viene calcolata sulla parte di capitale sottoscritta e non sul conferimento come invece prevede l’art. 2464. La locuzione utilizzata dal legislatore in tema di aumento di capitale risulta essere più appropriata, in quanto consente di distinguere all’interno del concetto unitario di conferimento, che è comprensivo anche dell’eventuale sovraprezzo, la parte di esso che viene imputata a capitale e che deve essere versata appunto nella misura del venticinque per cento, dalla parte di esso riferibile al sovraprezzo che deve essere versata, ove prevista, integralmente. Poiché la sottoscrizione comporta l’assunzione di un impegno di conferimento, anche in sede di aumento di capitale varrà la regola, ancorché non espressamente richiamata, disposta dall’art. 2468 comma secondo, in base alla quale deve esservi corrispondenza tra la misura della partecipazione e la misura del conferimento, con la conseguenza che il socio dovrà effettuare un conferimento di valore almeno corrispondente a quello della quota posseduta299.
Ciò non toglie che, qualora l’atto costitutivo lo consenta, la decisione dei soci di aumentare il capitale sociale possa prevedere l’esecuzione dei conferimenti in misura non proporzionale alle partecipazioni assegnate a ciascun socio, con l’unico vincolo che l’ammontare globale del capitale sociale sottoscritto sia comunque di importo non inferiore all’ammontare globale dei conferimenti dovuti dai singoli soci. Ben potranno quindi i soci prevedere, nella delibera di aumento del capitale, che i conferimenti di alcuni di essi siano di importo inferiore rispetto alle loro quote di partecipazione, mentre quelli di altri siano di importo superiore, nel rispetto così della condizione prevista all’art. 2464 primo comma dell’integrale copertura del capitale sociale mediante i conferimenti300
.
Tuttavia, secondo autorevole dottrina, siccome in caso di aumento di capitale sociale il diritto di sottoscrizione – come regola di default – spetta ai soci in misura proporzionale alle partecipazioni da essi possedute, una diversa decisione che preveda una ripartizione non proporzionale del diritto di sottoscrizione – in quanto chiara evidenza della volontà dei soci stessi di voler limitare il diritto di sottoscrizione – dovrebbe ottenere il consenso dei soci direttamente interessati dalla ripartizione, cioè di coloro che a seguito della sottoscrizione sono tenuti ad effettuare un conferimento in misura superiore rispetto alla partecipazione posseduta301.
Lo stesso quarto comma dell’art. 2481-bis dopo aver dettato la disciplina legale, fa tuttavia salvo quanto previsto al secondo periodo del comma quattro dell’art. 2464 per cui anche in sede di aumento del capitale sociale, al pari di quanto avviene anche in sede di costituzione della società, i soci
299
Così G.ZANARONE, op. cit., p. 1566 nota 84.
300 Proprio per il rispetto di tale condizione, alcuni Autori hanno altresì sostenuto che, in tale circostanza,
l’aumento di capitale debba essere necessariamente inscindibile, posto che altrimenti non vi sarebbe alcuna certezza in tal senso. Così G.DE MARCHI,A.SANTUS,L.STUCCHI, op. cit, p. 1214 nota 109.
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potranno sostituire i versamenti in denaro richiesti nella misura del venticinque per cento con la stipula, per un importo almeno corrispondente, di una polizza di assicurazione o di una fideiussione bancaria le quali, a loro volta, potranno in ogni momento essere sostituite dal socio con il versamento del corrispondente importo in denaro.
Come visto supra, in merito al contratto di sottoscrizione si discute se questo abbia natura reale oppure consensuale, anche se sia la dottrina che la giurisprudenza sono ad oggi maggiormente orientati nel qualificare il contratto di sottoscrizione come contratto avente natura consensuale302.
La scelta di orientarsi in un modo oppure nell’altro non è di poco conto e condiziona inevitabilmente anche la soluzione delle conseguenze in caso di mancato versamento del venticinque per cento del conferimento in denaro, ed eventualmente dell’intero sovraprezzo, che deve avvenire all’atto della sottoscrizione.
Sul punto, secondo l’orientamento che tende a qualificare il contratto di sottoscrizione come un contratto avente natura reale, il mancato versamento del venticinque per cento della parte di capitale sottoscritta, e dell’intero sovraprezzo se previsto, renderebbe priva di effetti la volontà manifestata dal socio di voler sottoscrivere l’aumento di capitale con conseguente inefficacia del relativo contratto di sottoscrizione.
Dalla qualificazione del contratto di sottoscrizione come contratto avente natura consensuale deriverebbero invece conseguenze del tutto differenti in caso di mancato contestuale versamento all’atto della sottoscrizione del venticinque per cento della parte di capitale sottoscritta e, se previsto, dell’intero sovraprezzo. Secondo tale orientamento, posto che nel nostro ordinamento la regola generale è quella per la quale per la conclusione del contratto sia sufficiente il mero consenso delle parti legittimamente manifestato, anche il contratto di sottoscrizione si dovrebbe considerare perfezionato una volta pervenuta alla società l’accettazione da parte del soci della proposta di sottoscrizione. Pertanto il relativo versamento del venticinque per cento della parte di capitale sottoscritta che la legge richiede, integrerebbe già il momento esecutivo del relativo contratto mentre non condizionerebbe né l’efficacia né la validità del contratto di sottoscrizione, con la conseguenza che il mancato contestuale versamento non sarebbe di per sé conseguenza tale da poter condizionare l’efficacia del contratto così da caducarne gli effetti che derivano dalla sottoscrizione, ma costituirebbe semplicemente un’ipotesi di inadempimento del socio con la possibilità per la società di applicare la disciplina prevista dal legislatore all’art. 2466 per il socio moroso nell’esecuzione dei conferimenti. In dottrina e in giurisprudenza303 è stato altresì affrontato anche il caso in cui l’obbligo di versamento del conferimento in denaro del socio sottoscrittore venga adempiuto mediante intervento di un terzo soggetto, ai sensi dell’art. 1180304
. Al riguardo la Cassazione ha affermato che:
302
Vedi supra par. 2.1.
303 Cass., 22 febbraio 2005, n. 3577, in Le Società, 2005, II, p. 1248.
304 L’art. 1180 stabilisce che «L’obbligazione può essere adempiuta da un terzo, anche contro la volontà del
creditore, se questi non ha interesse a che il debitore esegua personalmente la prestazione. Tuttavia il creditore può rifiutare l’adempimento offertogli dal terzo, se il debitore gli ha manifestato la sua opposizione».
«la riferibilità unicamente al socio dell’obbligo di versamento della quota di capitale sociale da lui sottoscritta non esclude che la relativa obbligazione possa essere adempiuta con effetto solutorio da un terzo, ai sensi dell’art. 1180 c.c., salva l’eventuale rivalsa del solvens nei riguardi dell’effettivo obbligato; ma l’effetto solutorio enunciato in detto art. 1180 si produce solo a condizione che la prestazione sia effettuata dal terzo in modo conforme all’obbligazione del debitore. Pertanto, in presenza di un obbligo conseguente alla sottoscrizione di una quota di aumento del capitale sociale, da attuarsi mediante versamento in denaro, non discende alcun effetto liberatorio dalla prestazione del terzo quando questa consista non già nel versamento di una somma di denaro, bensì nella consegna di beni in natura oppure mediante compensazione con crediti di regresso derivanti dall’estinzione di debiti della società verso terzi. Un tale adempimento non è infatti riferibile all’obbligazione pecuniaria gravante sul socio, né può ritenersi corrispondente al pagamento con cui detta obbligazione dovrebbe naturalmente essere estinta, perché del tutto diverse sono la tipologia o la disciplina dell’aumento del capitale sociale mediante conferimento di beni in natura o di crediti rispetto all’aumento di capitale con conferimento di denaro».
Non sembrano quindi esservi dubbi sull’applicabilità della disposizione dell’art. 1180 anche all’ipotesi del debito assunto dal socio con la sottoscrizione delle quote in caso di aumento di capitale sociale. Posto infatti che l’accettazione del socio alla proposta della società di sottoscrivere l’aumento di capitale è un atto di autonomia patrimoniale, in virtù del quale si viene a creare un rapporto obbligatorio tra socio e società in cui il primo assume la veste di debitore e la seconda quello di creditore, nulla toglie che il terzo possa intervenire nell’esecuzione dell’obbligazione del socio in favore della società, purché però sussista identità tra la prestazione cui si era obbligato inizialmente il socio e quella effettuata dal terzo, l’effetto solutorio enunciato all’art. 1180 si produce infatti solo a condizione che la prestazione sia effettuata dal terzo in modo conforme all’obbligazione assunta del debitore.
La conclusione a cui giunge la giurisprudenza di legittimità se per un verso può essere genericamente accettata con riferimento a quelle società di capitali dove si realizza una spersonalizzazione della partecipazione sociale, dove cioè rileva il c.d. intuitus rei ovvero l’entità conferita più che il soggetto conferente, per altro verso potrebbe suscitare dei dubbi in quelle società, come quelle a responsabilità limitata, caratterizzate per la rilevanza centrale del socio, ovvero nelle quali rileva il c.d. intuitus
personae, e nelle quali emerge il carattere spiccatamente personale del rapporto socio-società.
In tale modello societario infatti potrebbe non essere del tutto indifferente per la società l’identità del soggetto che effettivamente dà esecuzione all’obbligo di conferimento. In altre parole ci si interroga se il carattere personale dell’obbligazione, tipico delle società a responsabilità limitata, possa essere o meno compatibile con l’intervento del terzo e a questa domanda la dottrina maggioritaria sembra rispondere positivamente in virtù del fatto che l’ipotesi disciplinata dall’art. 1180, ovvero l’adempimento del terzo in luogo del socio sottoscrittore, non comporta l’automaticamente
sostituzione soggettiva tra lo stesso terzo e il socio nella posizione debitoria nei confronti della società, ma più semplicemente determina la mera soddisfazione dell’interesse creditorio305.