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Il limite dell’integrale liberazione dei conferimenti ancora dovut

Una imprescindibile condizione che deve essere rispettata affinché gli amministratori possano procedere a dare attuazione all’aumento di capitale sociale mediante nuovi conferimenti – sia nel caso in cui questo venga deliberato dai soci ai sensi dell’art. 2481-bis, si nel caso in cui questo venga deciso dagli stessi amministratori a norma dell’art. 2481 – è quella imposta dal secondo comma dell’art. 2481 il quale stabilisce che la decisione di aumentare il capitale sociale non possa essere attuata fin quando i conferimenti precedentemente dovuti non siano stati integralmente eseguiti.

Sebbene questa condizione di improcedibilità all’attuazione dell’aumento di capitale sociale sia inserita in una norma che disciplina l’ipotesi di delega agli amministratori di aumento di capitale sociale, suscitando così per un verso il dubbio che essa debba riferirsi esclusivamente a tale fattispecie, la stessa è oggi ritenuta applicabile anche all’ipotesi di aumento di capitale sociale deliberato dall’assemblea dei soci ai sensi dell’art. 2481-bis 67

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Cfr. Massima n. 75 del 22 novembre 2005 «E' legittima l'attribuzione agli amministratori della facoltà di

decidere un aumento del capitale sociale non offerto a tutti i soci in proporzione alle partecipazioni da essi detenute, a fronte di conferimenti sia in denaro che in natura, purché l'atto costitutivo ne determini, in ossequio allo stesso art. 2481, comma 1, c.c., limiti e modalità di esercizio. In tal caso, il diritto di recesso ai sensi dell'art. 2481-bis, comma 1, ult. periodo, c.c., spetta (nei termini e con le modalità disciplinati dall'atto costitutivo ai sensi dell'art. 2473, comma 1, c.c.) a tutti i soci cui non venga offerto il diritto di opzione in sede di aumento di capitale deciso dagli amministratori».

67 Sembrerebbe corretto ritenere infatti che il secondo comma dell’art. 2481 c.c., sia attuabile con riferimento

all’aumento di capitale sociale delegato dai soci agli amministratori, sia con riferimento all’aumento di capitale deliberato dagli stessi soci. In tale senso G.ZANARONE, op. cit., p. 1413; A.POSTIGLIONE,op. cit.,p.830«la norma pur essendo riferita all’ipotesi di assunzione della decisone da parte dei soci ed esecuzione dell’operazione da parte degli amministratori, è certamente applicabile all’ipotesi in cui sia lo stesso organo amministrativo a decidere l’aumento del capitale sociale»; F.GUERRA –G.A.RESCIO, op. cit., p. 903 per i quali «non è chiaro se la non attuabilità dell’aumento di capitale sia predicata con riguardo al solo aumento delegato agli amministratori ovvero anche all’aumento deliberato dall’assemblea. Verso la prima ipotesi interpretativa potrebbe condurre la lettura congiunta e in successione dei due commi, anche alla luce del raccordo tra gli stessi operato dal termine “decisione”: nel primo comma si cita “la decisione degli amministratori”; nel secondo comma ritorna il riferimento alla “decisione” di aumentare il capitale sociale. Il termine “decisione”, infatti si attaglia più agli amministratori che ai soci: mentre questi ultimi possono decidere di aumentare il capitale soltanto in via assembleare e quindi necessariamente attraverso una “deliberazione”, gli amministratori decidano l’aumento delegato in linea con la loro struttura organizzativa, e quindi anche attraverso una decisione non

Come detto, l’operazione di aumento di capitale sociale consiste in un articolato procedimento scandito in tre diverse fasi: quella decisionale disciplinata all’art. 2480, quella esecutiva disciplinata all’art. 2481-bis e quella certificativa che trova disciplina all’ultimo comma dell’art. 2481-bis. La condizione dell’integrale liberazione dei conferimenti ancora dovuti, prevista dal legislatore al secondo comma dell’art. 2481, renderebbe pertanto impossibile il compimento della sola fase esecutiva dell’aumento di capitale sociale mentre non pregiudicherebbe invece l’attuazione della fase decisionale.

In altri termini, in presenza di precedenti obblighi di conferimento non interamente assolti dai soci, sia nel caso in cui essi derivino dalla originaria fase costitutiva della società, sia che essi derivino da una precedente operazione di aumento di capitale sociale, non sarebbe precluso per l’assemblea dei soci deliberare un nuovo aumento di capitale sociale, bensì sarebbe solo precluso per gli amministratori dare esecuzione allo stesso.

La disposizione in parola individua in particolare da un lato l'evento condizionante, dall’altro l'evento condizionato:

a) L’evento condizionante consiste nella mancata esecuzione di tutti i conferimenti precedentemente dovuti; non rileva pertanto la presenza di aumenti di capitale già deliberati ma non sottoscritti in tutto o in parte, ancorché pendente il termine finale di sottoscrizione dell'aumento, bensì unicamente la circostanza che vi siano quote già sottoscritte ma non interamente liberate, a prescindere dal fatto che esse siano state emesse in esecuzione di un aumento ancora pendente o già terminato, ovvero addirittura dalla costituzione della società.

In altri termini, qualora vi sia una precedente operazione di aumento a pagamento del capitale sociale deliberata ma non ancora sottoscritta, la semplice e un precedente delibera in difetto di sottoscrizione non disturberebbe l’eventuale attuazione di una seconda delibera di aumento di capitale in quanto la mancata sottoscrizione della prima escluderebbe infatti l’esistenza di conferimenti già dovuti e non ancora eseguiti. È evidente come non possa esservi la pendenza di conferimenti ancora da eseguire qualora la delibera di aumento di capitale sociale non sia stata nella pratica ancora sottoscritta pertanto, in tale circostanza, sarebbe più che legittimo dubitare dell’operatività della stessa condicio iuris. Appare chiaro, infatti, come in mancanza della sottoscrizione del precedente aumento di capitale non vi siano risorse di cui la società abbia diritto e delle quali i suoi organi siano obbligati a richiedere l’integrale esecuzione prima di poter dare attuazione al successivo aumento di capitale.

collegiale. Sul piano letterale, sistematico e storico si può però replicare in favore della seconda tesi che la rubrica dell’art. 2481 recita semplicemente “aumento di capitale”, preannunciando un contenuto non limitato alla delega; e posto che il primo comma riguarda quest’ultimo, va affidato al secondo comma il compito di giustificare la rubrica, che altrimenti avrebbe ragionevolmente incorporato il riferimento all’aumento delegato. Inoltre il termine generico “decisione”, nel secondo comma, si può spiegare proprio con l’intento di coprire ogni ipotesi di aumento, sia quello “deliberato” dall’assemblea o dal consiglio di amministrazione sia quello “deciso” da amministratori in forma non collegiale».

L’aver deciso di aumentare il capitale sociale per ottenere conferimenti che nessuno si sia poi nella pratica impegnato ad apportare, non impedisce alla società di poter deliberare ed eseguire ulteriori operazioni di aumento di capitale sociale finalizzate alla raccolta di nuove risorse, che ben potranno essere apportate con precedenza rispetto a quelle derivanti da anteriori programmi ancora suscettibili di essere realizzati.

Alla luce di queste considerazioni potrebbero crearsi nella pratica operativa alcune particolari situazioni. Si pensi, ad esempio, al caso in cui sia stato programmato un aumento di capitale scindibile da eseguire in più tranches68. Questo operazione ha il vantaggio di impegnare la società ad un programma negoziale unico, che si concretizza nella proposta contrattuale di un unico aumento di capitale, che però operativamente si articola in più step rispetto ai quali occorre tenere distinti i diversi momenti di attuazione, ossia la conclusione dei diversi contratti di sottoscrizione, che dovrebbero avvenire secondo il previsto programma prefissato per le singole tranches.

Sul piano pratico tale operazione assolve alla medesima funzione cui assolverebbero più aumenti di capitale tra di loro consecutivi tuttavia, sul piano sistematico e funzionale, occorre dare una diversa interpretazione alla natura di una siffatta operazione anche in virtù del precetto normativo del comma secondo dell’art. 2481. Se infatti l’operazione per tranches venisse inquadrata non come un’unica operazione di aumento di capitale ma come tante singole operazioni di aumento di capitale tra di loro consecutive, è evidente come la seconda tranche non potrebbe mai essere concretamente eseguita fin tanto che le quote della prima tranche non siano state tutte interamente liberate. Questo potrebbe comportare una situazione di stallo sine die dell’operazione in questione, non potendo nella pratica la seconda tranches essere attuata fin tanto che la prima non sia stata integralmente eseguita.

Sembrerebbe allora più opportuno ritenere che, in una simile operazione, non operi il divieto normativo imposto dal secondo comma dell’art. 2481, in quanto l’operazione in questione andrebbe vista come un’operazione unitaria che si articola, appunto, in più “tappe”.

Pertanto il divieto posto dalla norma non dovrebbe operare tra le singole tranches, ma semmai tra l’ultima tranche del precedente aumento di capitale e la successiva e distinta operazione di aumento di capitale, cosicché solamente qualora al termine dell’ultima tranche del precedente aumento di capitale non siano state interamente liberati i conferimenti promessi, troverà attuazione il disposto normativo di cui al secondo comma dell’art. 2481 e non potrà pertanto essere attuata la successiva delibera di aumento di capitale sociale.

b) L’evento condizionato è invece rappresentato, non dalla deliberazione di aumento del capitale sociale, bensì dalla sua "esecuzione" o "attuazione"; la norma pertanto non incide sulla facoltà dell'assemblea (o dell'organo amministrativo se all'uopo delegato ai sensi degli art. 2481, primo comma) di deliberare l'aumento di capitale, né sulla legittimità della deliberazione medesima, che

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pertanto prescinde ora del tutto dalla situazione in cui vertono i precedenti eventuali aumenti, ma incide solamente sulla esecuzione o attuazione dell'aumento.

Più precisamente, il precetto legislativo impedisce e rende illegittimo il comportamento degli amministratori consistente nell'imputazione a capitale delle eventuali sottoscrizioni giunte sino a che i precedenti conferimenti non siano stati integralmente eseguiti, nonché della conseguente emissione delle partecipazioni sociali, dell'attestazione di avvenuta sottoscrizione e del deposito dello statuto aggiornato ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 2481-bis.

In altri termini, l’adozione della delibera di aumento in presenza di un precedente aumento parzialmente eseguito, è legittima e come tale è iscrivibile da parte del notaio nel registro delle imprese, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2436, ma quello che invece sarebbe precluso è la possibilità di dare esecuzione al deliberato aumento, fino a quando non sia pervenuta la completa liberazione dei conferimenti mancanti da parte dei soci debitori; chiara espressione, quest’ultima, dell’intenzione del legislatore di inibire la raccolta di risorse fino a che non sia, per così dire, completata quella in itinere.

Con la locuzione “attuazione” il legislatore ha voluto ricomprendere nel divieto la messa in atto di tutti quei comportamenti che concorrono a dare esecuzione alla suddetta decisione e che comportino il perfezionamento dell’operazione di aumento di capitale sociale quali, ad esempio, l’offerta delle quote di nuova emissione ai soci o ai terzi, a cui possono aggiungersi quelle consistenti nel ricevere le sottoscrizioni e il versamento dei decimi ancora dovuti. Tali atti "esecutivi" dell'aumento sono inibiti e illegittimi sia contestualmente alla deliberazione assembleare di aumento, sia successivamente ad essa ed anche dopo la sua iscrizione, essendo essi vietati sino alla totale esecuzione dei conferimenti precedentemente dovuti69.

Per quanto attiene all’individuazione di quella che potrebbe essere la ratio sottesa al divieto di dare esecuzione all’aumento di capitale sociale prima che i precedenti conferimenti non siano stati completamente eseguiti, in dottrina non c’è uniformità di vedute70.

Alcuni Autori sostengono che la ratio di tale percetto normativo sia da ricondurre all’affermazione di un principio di corretta e diligente amministrazione, per la quale sarebbe ingiustificato richiedere risorse prima di aver raccolto quelle che dovrebbero essere disponibili.

69 Interessante in questo senso quanto sostenuto da F. G

UERRA – G.A. RESCIO, op. cit., p. 905 «non è soddisfacente la frequente affermazione per la quale la disposizione in oggetto si rivolge essenzialmente agli amministratori. Nella società a responsabilità limitata, invero, l’aumento di capitale sociale può perfezionarsi – e nella prassi operativa spesso si perfeziona – senza alcun comportamento “attuativo” da parte degli amministratori: come nel caso in cui, deliberato l’aumento in un’assemblea nella quale sono assenti gli amministratori, i soci contestualmente dichiarino di sottoscrivere l’aumento con efficacia anteriore all’iscrizione della delibera nel registro delle imprese, avendo già accreditato sul conto corrente della società una somma pari ad almeno il 25% del nuovo capitale. Poiché dunque l’applicazione della norma in oggetto non può dipendere dalle modalità tecniche con cui l’aumento si realizza, se ne deve desumere che i destinatari dell’art. 2481, comma 2, non sono soltanto gli amministratori, ma tutti coloro il cui comportamento è in astratto idoneo a realizzare l’aumento “attuandone” la decisione».

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Per altri si tratterebbe invece di una norma volta a reprimere possibili abusi e disparità di trattamento, a tutela quindi dei soci di minoranza contro le iniziative della maggioranza assembleare volte a richiedere nuove risorse senza aver preventivamente messo a disposizione della società quelle precedentemente promesse.

Sembra tuttavia prevalente la tesi71 volta a ricondurre la ratio della norma al principio di effettività del capitale sociale e in particolare nell’esigenza di assicurare un capitale che non sia solo sottoscritto ma anche il più compiutamente e tempestivamente versato. Dunque nell’interesse a che non si proceda alla raccolta di nuove risorse fino a che quelle promesse dai soci non siano state effettivamente raccolte tutelando così anche l’interesse generale dei terzi soggetti, i quali andrebbero protetti dall’ostentazione di un capitale che sia in prevalenza, o unicamente, costituito da crediti verso soci per versamenti ancora dovuti.

Si tratta infine di verificare quali siano gli effetti della violazione del precetto normativo di cui al secondo comma dell’art. 2481, cioè nel caso in cui gli amministratori diano attuazione ad un aumento di capitale sociale quando ancora i precedenti conferimenti non siano stati integralmente eseguiti. Il problema si pone alla luce della differente disciplina dettata dal legislatore in tema di società per azioni rispetto a quella dettata in tema di società a responsabilità limitata.

In particolare l’art. 2438 al secondo comma dispone che, in caso di violazione del divieto di dare esecuzione ad un aumento di capitale fino a che le azioni precedentemente emesse non siano state interamente liberate, gli amministratori sono solidalmente responsabili per i danni arrecati ai soci ed ai terzi, fermo restando in ogni caso gli obblighi assunti con la sottoscrizione delle azioni emesse in violazione dello stesso divieto.

In sostanza, nella società per azioni, l’attuazione dell’aumento di capitale in presenza di azioni non liberate, non determina l’invalidità delle nuove sottoscrizioni ma piuttosto l’insorgenza, in capo a determinati soggetti, della responsabilità per i danni arrecati sul presupposto della validità dell’atto lesivo del precetto normativo.

Occorre ora interrogarsi sulla possibilità di applicare analogicamente tale disposizione anche nelle società a responsabilità limitata ove, all’art. 2481, non si rintraccia una disciplina simmetrica a quella dettata dal legislatore all’art. 2438 secondo comma.

Nella risposta al quesito potrebbe quindi prospettarsi una diversa soluzione: o si esclude l’applicabilità del principio della validità della sottoscrizione attuata in spregio del divieto di cui all’art. 2481 secondo comma, determinandosi così un’ipotesi di invalidità delle relative sottoscrizioni oppure, considerando che anche nella società a responsabilità limitata ricorra l’eadem ratio dell’art. 2438 secondo comma, si deve sostenere la validità delle sottoscrizioni ricevute ancorché i conferimenti precedentemente dovuti non siano stati integralmente eseguiti.

71 Cfr. G.Z

ANARONE, op. cit., p. 1514; G.RACUGNO, Le modificazioni del capitale sociale nella nuova s.r.l., in Riv. soc., 2003, p. 817.

In dottrina72, atteso che per quanto riguarda il profilo al vaglio non sembra riscontrabile la presenza di nessun carattere di autonomia della disciplina della società a responsabilità limitata rispetto a quella della società per azioni, si sostiene la piena applicabilità analogica del disposto del secondo comma dell’art. 2438 anche alla società a responsabilità limitata.

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2 LA FASE ESECUTIVA DELL’AUMENTO REALE DI CAPITALE SOCIALE