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Il versamento tramite compensazione

2 LA FASE ESECUTIVA DELL’AUMENTO REALE DI CAPITALE SOCIALE 1 Il diritto di sottoscrizione dei soc

2.4 Applicabilità della disciplina dei conferiment

2.4.3 Il versamento tramite compensazione

Un'altra pratica molto frequente nelle società a responsabilità limitata è quella che i soci contribuiscano in modo significativo al finanziamento dell’impresa fornendo alla società le risorse necessarie per lo svolgimento dell’attività a titolo di prestito o di mutuo. Altrettanto frequente è poi la richiesta che i soci fanno, in sede di aumento del capitale sociale a pagamento, di poter utilizzare il precedente credito da essi vantato nei confronti della società al fine di sottoscrivere, e conseguentemente liberare, la quota parte dell’aumento di capitale sociale di loro spettanza.

La legittimità di una simile operazione è argomento molto discusso in dottrina e giurisprudenza, così come molto discussa è l’individuazione dell’esatta natura di una simile operazione, cioè se essa integri un conferimento di crediti – con applicazione quindi delle norme in tema di conferimento di crediti – oppure se integri un conferimento in denaro.

Inizialmente la giurisprudenza di legittimità329 era propensa nel non ritenere legittima una simile operazione, per tutta una serie di considerazioni che sono così riassumibili:

a) anzitutto perché ammettere la compensazione del credito del socio con il debito da conferimento contrasterebbe con la disposizione che prevede, come regola, il conferimento in denaro se non diversamente stabilito dall’atto costitutivo o dalla delibera assembleare;

b) in secondo luogo la compensazione suddetta contrasterebbe con il principio della salvaguardia della corrispondenza tra il valore nominale del capitale sociale e la sua effettiva entità, facendo venire meno anche la funzione di garanzia per i terzi soggetti che è propria del capitale sociale;

c) in terzo luogo la compensazione contrasterebbe con il dovere giuridico, imposto dalla legge ai compilatori del bilancio, nell’eseguire l’analitica esposizione degli elementi di esso;

d) infine la compensazione in sede di aumento di capitale non sarebbe ammissibile in quanto consentirebbe al socio creditore di realizzare un indebito vantaggio nelle situazioni di insolvenza della società. Infatti il conferimento del socio connesso alla sottoscrizione del capitale sociale costituisce un apporto “a rischio”, ed esso può essere restituito al socio solo dopo lo scioglimento del vincolo societario e al temine della procedura di liquidazione sempre che, dopo il totale pagamento dei debiti sociali, residui parte di attivo da poter suddividere tra i soci. Se invece fosse ammessa una simile compensazione si verificherebbe un’elusione di tale rischio specie nell’ipotesi di dichiarazione di fallimento della società, giacché il socio estinguerebbe il proprio obbligo conseguente alla sottoscrizione dell’aumento di capitale attraverso la compensazione di un credito non onorabile dalla società, ponendosi in una situazione di ingiustificato vantaggio rispetto ad ogni altro creditore della società fallita.

329

Successivamente la stessa giurisprudenza di legittimità330 ha cambiato orientamento ritenendo legittima la compensazione e adducendo ad una serie di motivazioni:

a) anzitutto perché nel nostro ordinamento non vi è alcuna norma che impedisca in generale la compensazione legale tra crediti reciproci, certi, liquidi ed esigibili di una società di capitali e dei suoi soci;

b) inoltre perché il conferimento attraverso compensazione di un credito del socio verso la società, dal punto di vista economico sarebbe qualificabile come un effettivo conferimento che aumenta la consistenza del capitale di rischio;

c) infine perché, essendo la garanzia patrimoniale apprestata dal legislatore a tutela dei terzi quella offerta dal patrimonio sociale e non dal solo capitale sociale, nessun pregiudizio potrebbe derivare ai creditori sociali da un aumento di capitale sottoscritto attraverso l’estinzione per compensazione di un debito del socio, ciò comportando in concreto, invece che una diminuzione, un aumento della garanzia patrimoniale generica offerta dalla società ai creditori poiché dalla trasformazione del credito del socio in capitale di rischio deriverebbe che detta garanzia non dovrebbe più coprire il credito del socio stesso.

Sulla base di tale orientamento la prassi aveva fatto largo uso dello strumento della compensazione in sede di aumento di capitale e la stessa giurisprudenza di merito, a lungo divisa sulla questione, sembrava essersi conformata alle pronunce della Cassazione.

La questione sulla legittimità della compensazione è stata poi riaperta a seguito di una sentenza del Tribunale di Genova che si pronuncia a favore dell’illegittimità della compensazione in sede di aumento del capitale sociale331.

Detto Tribunale motiva la propria decisione ripercorrendo tutte le argomentazioni fatte inizialmente proprie anche dalla stessa giurisprudenza di legittimità, in particolare:

a) il fatto che il credito del socio di una società di capitali nei confronti di questa non sia compensabile con il debito dello stesso socio per sottoscrizioni di un aumento di capitale in quanto sussiste un divieto a tale compensazione imposto dalla legge (art. 1246, n. 5 c.c.) a salvaguardia della corrispondenza tra valore nominale del capitale sociale e la sua effettiva entità, dato che i versamenti del sottoscrittore costituiscono atto dovuto per la conservazione della qualità di socio e vanno eseguiti appena gli amministratori sollecitano il socio all’adempimento;

b) sarebbe inoltre illegittima la compensazione in quanto comporterebbe un indebito vantaggio per quel socio il cui credito non sia onorabile dalla società, della cui insolvenza egli non può essere chiamato a rispondere;

330

Cass. Civ, 5 febbraio 1996, n. 936.

331 Trib. Genova, 14 giugno 2005, in Le Società, 2005, p. 1002 «In conclusione la sottoscrizione del capitale sociale mediante compensazione con il credito della socia derivante dal precedente finanziamento non è possibile sia in generale che per la particolare delibera della società che ha precisato essere possibile la sottoscrizione del nuovo capitale “esclusivamente mediante versamenti di denaro contante”».

c) in presenza di una quota di aumento di capitale sociale da liberarsi mediante versamento in denaro, una diversa forma – quale, nella specie, la compensazione con crediti derivanti dall’estinzione di debiti della società – non produrrebbe alcun effetto liberatorio nei confronti del socio obbligato, essendo del tutto differenti la tipologia e la disciplina dell’aumento di capitale sociale mediante conferimento di crediti rispetto all’aumento di capitale con conferimento di denaro;

d) ancora perché la ratio della normativa concernente i conferimenti andrebbe ricercata nell’esigenza di assicurare la costituzione effettiva del fondo sociale garantendo così la realizzazione dei conferimenti assunti; finalità che verrebbe frustrata qualora l’obbligo di versamento del socio per i conferimenti dovuti venisse assolto attraverso la compensazione di un credito del socio verso la società. Non gioverebbe osservare, in contrario, neppure che al conferimento del credito verrebbe a corrispondere un alleggerimento della posizione debitoria della società, poiché ciò che rileva in concreto non sarebbe tale riflesso patrimoniale, bensì la sussistenza di un apporto effettivo, e non meramente contabile, al capitale sociale.

e) Infine, sotto il profilo sostanziale, in ipotesi di incapacità della società a far fronte al credito del socio, l’avvenuta compensazione tra il credito vantato dal socio nei confronti della società e l’obbligo di versamento assunto dal socio stesso attraverso la sottoscrizione dell’aumento di capitale sociale si tradurrebbe in un indebito vantaggio per il socio conferente, il quale vedrebbe estinguere il proprio obbligo conseguente all’aumento di capitale attraverso la cessione di un credito non onorabile dalla società.

Sul tema è così dovuta nuovamente intervenire la stessa Cassazione332, la quale ha ribadito l’orientamento già fatto proprio confermando così la legittimità dell’operazione di compensazione:

«nel caso di sottoscrizione di aumento del capitale sociale, il conferimento può essere eseguito mediante compensazione tra il relativo debito del socio e un suo credito verso la società, che, pur perdendo formalmente il credito al conferimento, acquista concretamente un “valore” economico, consistente nella liberazione da un corrispondente debito(…) Né è condivisibile il contrario orientamento giurisprudenziale che aveva ipotizzato un divieto di compensazione a norma dell’art. 1246 c.c., n.5, “a salvaguardia della corrispondenza tra il valore nominale del capitale sociale e la sua effettiva entità, dato che i versamenti del sottoscrittore costituiscono atto dovuto per la conservazione della qualità di socio e vanno eseguiti appena gli amministratori sollecitano il socio all’adempimento”. E' vero infatti che l'art. 2342 c.c., comma 1, esige che i conferimenti siano fatti in danaro. Tuttavia la compensazione, intervenendo tra crediti entrambi pecuniari a norma dell'art. 1243 c.c., comma 1, non modifica l'oggetto del conferimento, che avviene pur sempre in danaro, ma solo le modalità di estinzione dell'obbligo di conferire. Quanto alla pretesa esigenza di salvaguardare la "corrispondenza tra il valore nominale del capitale sociale e la sua effettiva entità", si tratta evidentemente di un equivoco. Infatti il capitale sociale è solo una quota ideale del patrimonio netto

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della società. Ma il patrimonio netto è la differenza fra le poste dell'attivo e le poste del passivo esposte in bilancio. Sicché si incrementa sia con l'aggiunta di una posta attiva (versamento in danaro) sia con la soppressione di una posta passiva (estinzione di un debito). E nella prospettiva della società, che è l'unica rilevante ai fini del conferimento, ciò che è davvero necessario è appunto solo l'incremento del suo patrimonio netto, in una misura tale da coprire l'intero valore nominale delle azioni emesse e sottoscritte dal socio che conferisce mediante compensazione. Considerato dunque che anche la compensazione comporta un aumento del patrimonio netto della società, non vi sono ragioni per escluderne l'ammissibilità come modo di estinzione dell'obbligazione pecuniaria di conferimento, secondo le norme generali del codice civile (…)L'obbligo del socio di conferire in danaro il valore delle azioni sottoscritte in occasione di un aumento del capitale sociale è un debito pecuniario che può essere estinto per compensazione con un corrispondente credito pecuniario nei confronti della società»

Questa ultima sentenza della Cassazione ha trovato un riscontro positivo anche in dottrina dove, in particolare, viene messo in evidenza come nel momento della sottoscrizione dell’aumento di capitale sorga tra socio e società un rapporto di reciproche obbligazioni, ed è proprio la contestualità di queste due reciproche obbligazioni che giustifica la compensazione del debito del sottoscrittore con un’eventuale precedente debito della società verso di lui, in applicazione dell’art. 1243 che regola la compensazione.

La conseguenza nell’economia della società è che l’effetto di una simile operazione non sarà costituito dall’incremento del patrimonio, ed in particolare delle disponibilità liquide della società, ma dalla liberazione da una precedente obbligazione; effetto che tuttavia non è diverso, nella sostanza, da quello conseguente al versamento del conferimento mediante pagamento di denaro333.

Dai suddetti orientamenti giurisprudenziali e dottrinari ne consegue quindi la legittimità dell’esecuzione di un aumento di capitale mediante compensazione che però potrà avvenire solamente nel rispetto delle condizioni imposte dallo stesso art. 1243 che regola la compensazione c.d. legale, con la conseguenza che la suddetta compensazione potrà verificarsi solo nel caso in cui i due debiti siano certi, liquidi esigibili. Ove pertanto siano rispettate queste condizioni la compensazione si produce ope legis nel momento in cui la parte richiesta di adempiere, in questo caso il socio sottoscrittore, eccepisce il proprio contro-credito vantato nei confronti della società, anche a prescindere da un’apposita previsione in tal senso contenuta nella decisione di aumentare il capitale sociale, proprio perché la scelta di avvalersi della compensazione compete al socio, che può eccepirla unilateralmente.

Qualora poi la società abbia interesse a che l’esecuzione dell’aumento di capitale sociale avvenga esclusivamente mediante effettivi versamenti in denaro, l’unico strumento giuridico di cui potrebbe

333 G.D

E MARCHI,A. SANTUS,L. STUCCHI, op. cit., p. 1215 «l’effettività dell’aumento di capitale eseguito mediante compensazione, per il fatto che il capitale è una frazione del netto, che, a sua volta, è costituito dalla differenza tra attività e passività, sì che, ai fini dell’incremento di quest’ultimo, è del tutto equivalente che si aumentino le attività ovvero si riducano le passività».

avvalersi per impedire l’opposizione della compensazione da parte dei sottoscrittori aderenti è il divieto contenuto nella decisione di aumentare il capitale sociale. Soluzione quest’ultima ritenuta meritevole di tutela almeno nei casi in cui la società necessiti di liquidità334.

Infine occorre accennare alla questione se il credito del socio, cui corrisponde il debito della società da lui opposto in compensazione con quello da lui assunto con la sottoscrizione di un aumento di capitale, debba essere soggetto alla stima prevista dall’art. 2465 che deve accompagnare i conferimenti a capitale sociale di beni in natura e di crediti335.

Secondo la dottrina maggioritaria, tenuto conto della finalità propria della stima redatta ai sensi dell’art. 2465 – rinvenibile nella necessità di assicurare, nell’interesse generale, l’integrità del capitale sociale contro il rischio di eccessive sopravvalutazioni dei conferimenti diversi dal denaro – ed essendo l’operazione di compensazione del credito null’altro che una diversa modalità di esecuzione dell’aumento di capitale in denaro, non risulterebbe necessaria l’allegazione di alcuna perizia di stima da parte del socio conferente, dal momento che tale adempimento sarebbe richiesto dal legislatore solo nel caso in cui sia stato deciso di aumentare il capitale sociale mediante un vero e proprio conferimento di crediti336.

A ben vedere, infatti, l’apporto da parte del socio di un credito vantato nei confronti della società – da un punto di vista giuridico – non può essere considerato tecnicamente come conferimento di crediti trattandosi, al contrario, di una semplice operazione contabile di compensazione. A fronte dell’aumento del capitale sociale, l’apporto del credito vantato dal socio verso la società non origina l’iscrizione del credito stesso nell’attivo dello stato patrimoniale – a differenza di quanto avviene, ad esempio, nel caso di conferimento di un credito vantato verso terzi – ma l’estinzione per compensazione della posta passiva iscritta nello stato patrimoniale, inerente al debito della società verso il socio. All’aumento del capitale sociale non segue, quindi, un corrispondente incremento di una voce dell’attivo dello stato patrimoniale, ma solo l’eliminazione di una voce compresa nel passivo di tale documento.

In altri termini la compensazione tra due crediti liquidi ed esigibili (quello della società nei confronti del socio per la sottoscrizione dell’aumento del capitale sociale e quello del socio verso la società per somme versate a titolo di finanziamento), comportando l’immediata realizzazione di tali crediti e l’estinzione delle contrapposte obbligazioni, non costituisce nella pratica un conferimento di crediti ma un semplice metodo alternativo di esecuzione di un ’aumento di capitale sociale da liberare in denaro, e pertanto non richiede l’allegazione di alcuna perizia di stima.

334 La deliberazione dovrà tuttavia riscuotere il consenso dei soci interessati, cioè di quelli che vantino già al

momento della deliberazione un credito liquido ed esigibile verso la società. Il consenso è necessario perché il divieto comporta l’impedimento al socio di esercitare un diritto che la legge gli riconosce in via generale e che la volontà della società non può unilateralmente contrastare. Così V. SALAFIA, Il versamento del capitale, in Le

Società, 2011, II, p. 1175.

335 Nonostante il mancato richiamo del quarto comma dell’art. 2481 bis all’art. 2465 la dottrina è unanime nel

ritenere necessaria la relazione di stima anche in caso di aumento di capitale sociale così come è necessaria nella fase costitutiva della società, sul punto vedi infra par. 2.4.4.

336

Le considerazioni sopra riportate non valgono, invece, nell’ipotesi di conferimento di un credito del socio verso terzi. È pertanto solo in tale circostanza che si verifica la conseguente necessità della relazione di stima ex art. 2465 c.c., la cui funzione è appunto di verificare l’effettiva consistenza ed i rischi connessi alla realizzazione dei crediti ceduti.