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Conferme sperimentali sulla processazione superficiale delle presupposizion

Nel documento CLUB Working Papers in Linguistics Volume 3 (pagine 124-127)

Università Roma Tre

5. Conferme sperimentali sulla processazione superficiale delle presupposizion

Come abbiamo visto in alcuni esempi, la preferibilità di ciò che è implicito nella comunicazione persuasiva fa sì che anche il linguaggio venga adoperato evitando spesso

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l'asserzione esplicita, cioè cercando di farlo somigliare quanto più possibile, per implicitezza, alle componenti non linguistiche del messaggio. Che i contenuti presentati come già appartenenti al common ground siano processati in maniera più superficiale di quelli asseriti, è stato verificato sperimentalmente.

Una famosa dimostrazione del fatto che all'informazione presupposta si dedica meno attenzione è conosciuta come il “Moses Illusion Test” (Erickson & Mattson 1981).9 Lo

scopo di questo test era dimostrare che l'accuratezza con cui processiamo un contenuto dipende dal modo in cui è confezionato linguisticamente. A un campione di soggetti sperimentali venne presentata una serie di domande come questa:

How many animals of each kind did Moses take in the Ark?

Quanti animali di ciascuna specie prese Mosè sull'Arca?

Quasi tutti i soggetti risposero "due", senza accorgersi che nel racconto biblico non è Mosè ma Noè, a costruire l'Arca e a caricarci le specie animali. La ragione di questo calo di vigilanza epistemica è appunto che la domanda presuppone che Mosè abbia caricato gli animali sull'Arca, creando le condizioni per una processazione superficiale di quella parte dell'enunciato; l'attenzione è invece attirata sulla richiesta di dire quanti erano gli animali di ciascuna specie.10

Naturalmente il test otteneva questo risultato perché c'era una notevole somiglianza fra Mosè e la risposta giusta (Noè). Le altre domande infatti erano dello stesso tipo; ad esempio: Di che paese è stata presidente Margareth Thatcher? (anziché primo ministro), oppure che cosa scoperse Edison facendo volare un aquilone durante un temporale? (Anziché Franklin); oppure: chi raccolse la scarpetta persa da Biancaneve al ballo di

corte? o: come si chiama il sonno lungo mesi in cui alcuni animali sprofondano per tutta l'estate? La tendenza a non verificare approfonditamente la presupposizione era aiutata

dal fatto che a una considerazione superficiale il contenuto della domanda sembrava plausibile.

Fra i primi esperimenti comportamentali sulle presupposizioni ci sono quelli di Hornby (1974) e Loftus (1975). Peter Hornby fece ascoltare ai soggetti sperimentali alcune frasi che descrivevano una scena, che gli veniva mostrata subito dopo, chiedendogli se la frase descriveva la scena in modo esatto. Le frasi però contenevano un errore, in alcuni casi nella parte asserita, in altri nella parte presupposta. Quando l'errore era nella parte asserita, i soggetti se ne accorgevano con frequenza maggiore.

Loftus (1975) riferisce che i suoi soggetti dovevano assistere a un breve filmato riguardante un incidente di macchina. In seguito gli veniva chiesto di rispondere a delle domande sul filmato stesso. Alcune delle domande contenevano presupposizioni false, cioè discordanti da quanto si era appena visto nel filmato. Ebbene, ciò induceva i soggetti a dare risposte sbagliate, più in linea con la falsa presupposizione che con quanto avevano appena visto. Addirittura, il ricordo sbagliato del filmato (influenzato dagli errori contenuti nella presupposizione delle domande) dimostrava di avere sostituito definitivamente il ricordo esatto, a una verifica condotta una settimana dopo. Lo stesso avveniva di meno con errori asseriti. Questo mostrò che un contenuto falso, se presentato

9 Per una discussione di questo test, con una serie di ulteriori ipotesi sulle cause del suo funzionamento, si

veda anche Park & Reder (2004).

10 Un altro esperimento del genere è noto (v. ad es. Sanford 2002) come Plane Crash Illusion, e riguarda le

risposte a domande come questa: Se un aereo si schianta esattamente sul confine tra Stati Uniti e Messico,

come presupposto, riesce meglio a "correggere" le convinzioni vere del destinatario di un messaggio.

Alla base dell'esperimento di Langford & Holmes (1979), invece, erano i tempi di elaborazione. Gli studiosi sottoposero ai soggetti un certo numero di enunciati contenenti informazioni false rispetto a un'immagine che gli mostravano subito dopo. Le frasi – a differenza di quanto accadeva nell'esperimento di Hornby – erano presentate in forma scritta; ed erano del tipo che mostriamo qui sotto, mentre le immagini erano come quelle mostrate in figura 15:

a) 1. It's the woman who is pushing the cupboard 2. It's the cupboard that the woman is pushing

3. The one who is pushing the cupboard is the woman 4. What the woman is pushing is the cupboard. b) 1. It’s the man who is washing the floor

2. It’s the floor that the man is washing 3. The one who is washing the floor is the man 4. What the man is washing is the floor

Figura 15. Immagine dall'esperimento 2 di Langford & Holmes.

I soggetti, dopo aver letto la frase e visto la figura, dovevano dire se la frase descriveva correttamente la figura o no, e lo facevano premendo un pulsante con scritto Sì oppure un pulsante con scritto No. Ebbene, i soggetti impiegavano più tempo a premere il pulsante quando l'informazione falsa era in una parte di enunciato che la presupponeva (frasi a2 e a4, b1 e b3), rispetto a quando era asserita (frasi a1 e a3, b2 e b4). Questo può essere il segno11 che la stessa informazione è chiara più in dettaglio nella mente se la si è

processata come asserzione che come presupposizione. In altre parole, della falsità di un'informazione abbiamo maggiore evidenza se questa è asserita, che se è presupposta.

Anche uno studio di Irwin et al. (1982) ha misurato i tempi di processazione. I soggetti leggevano liste di parole, precedute o dall'articolo determinativo (che abbiamo visto essere attivatore di presupposizioni) o da quello indeterminativo. L'esperimento rivelò che le parole con l'articolo determinativo (quindi, le descrizioni definite) venivano lette in meno tempo di quelle con l'articolo indeterminativo, dimostrando che le informazioni

11 La spiegazione che danno Langford e Holmes è più complessa, e tiene conto dell'incrocio fra due

esperimenti, in uno dei quali giocava un ruolo importante un testo precedente, che rendeva noto quale fosse l'informazione vera prima della presentazione dell'enunciato da giudicare.

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presentate come presupposte, cioè come già note, ricevevano minore attenzione di quelle presentate come nuove, anche se in realtà erano nuove anch'esse. La presentazione mediante strutture linguistiche che alludono a precedenti stati di conoscenza ha un suo effetto che si impone sul destinatario, prevalendo sullo stato delle sue conoscenze reali. Non è necessario passare in rassegna tutta la letteratura sull'argomento, di cui ci interessano più le conclusioni che i diversi metodi e disegni sperimentali. Recentemente una linea di ricerca rappresentata ad esempio da Schwarz (2015, 2016) e Schwarz & Tiemann (2017) ha aggiunto notevoli prove sperimentali che la processazione di contenuti quando sono presupposti è più veloce e meno accurata di quella degli stessi contenuti quando sono asseriti. Poiché si tratta di esperimenti molto complessi non possiamo renderne conto qui, ma rimandiamo chi voglia approfondire ai lavori appena citati.

Si può comunque rilevare che l'uso degli impliciti fatto dai testi con intenti persuasivi per trasferire contenuti discutibili è esso stesso una sorta di dimostrazione a

posteriori della loro efficacia come strategie di persuasione.

6. L'evoluzione interna al linguaggio: un percorso esattativo per le

Nel documento CLUB Working Papers in Linguistics Volume 3 (pagine 124-127)