Università Roma Tre
6. L'evoluzione interna al linguaggio: un percorso esattativo per le presupposizioni?
Concludiamo questo intervento proponendo un'analisi del rapporto fra le diverse funzioni delle presupposizioni, di cui quella persuasiva si spiega bene a partire da una più primaria funzione economica.
6.1. Le presupposizioni permettono di risparmiare sforzo suggerendo di processare il noto come noto
La prima ragione per cui nella produzione linguistica conviene poter distinguere tra informazione asserita e informazione presupposta è probabilmente l'economia di sforzo nella processazione degli enunciati.
L'asserzione istruisce il destinatario a trattare un contenuto come cosa per lui nuova, quindi a concentrarvi la propria attenzione e a installarlo come una nuova porzione di informazione nella sua memoria. La presupposizione induce a risparmiare questo sforzo di processazione. Quando un contenuto è già parte delle conoscenze del destinatario, conviene che l'emittente si comporti di conseguenza, e codifichi quel contenuto corredandolo con l'istruzione di trattarlo come già noto; cioè, presentandolo come presupposto. Questo avverte il destinatario che può limitarsi a cercare quel contenuto fra le cose che sa già. In (2) sono usate strutture completamente assertive per presentare ogni contenuto come se il destinatario ne fosse ignaro, e fosse l'emittente a informarlo su di esso. Il risultato, come si vede, è abbastanza innaturale:
(2) Esiste una persona chiamata Papa. Esiste una cosa chiamata guerra. Ci sono stati orrori dovuti ad essa. Esistono periodi chiamati mesi, e uno di essi si chiama aprile. Esistono giorni dei mesi, e sono numerati. C'è stato un regime politico chiamato nazifascismo. Ne siamo stati liberati. Il giorno 25 di aprile è l'anniversario di quell'evento. Il Papa ha pronunciato un discorso quel giorno, e il discorso parlava degli orrori della guerra.
Tutte queste asserzioni istruiscono il destinatario a concentrare ogni volta l'attenzione su ciascuna entità che viene menzionata, e a costruire una nuova locazione in memoria per cose come una persona chiamata Papa, una cosa chiamata guerra, dei periodi di tempo chiamati "mesi", e così via. Ma ogni volta il destinatario realizzerà che nella sua memoria tale locazione esiste già; in parole povere, che conosce già il Papa, la guerra e i suoi orrori, il nazifascismo, i mesi dell'anno e in particolare aprile; forse anche l'anniversario della Liberazione.
Il risultato di questo modo di esprimersi sarebbe dunque uno spreco di energia a carico del ricevente (oltre che dell'emittente), perché la processazione del materiale linguistico ne risulterebbe fuorviata: per ogni referente la processazione inizierebbe in un modo, e poi dovrebbe subire un cambiamento di direzione per approdare al modo giusto.12 Per
evitare questo spreco di sforzo cognitivo, l'emittente farà meglio ad usare espressioni che presuppongano ciò che al ricevente è già noto, segnalandogli appunto che conosce già quei contenuti e che non occorre processarli dettagliatamente per installarli ex novo nella sua memoria:
(2') Il Papa ha pronunciato il suo discorso sugli orrori della guerra il 25 aprile, giorno della Liberazione dal nazifascismo.
Se il Papa, la guerra e il mese di aprile sono confezionati come informazione presupposta (in questo caso, mediante descrizioni definite), cioè se al destinatario viene segnalato che può identificarli fra le cose che conosce già, questi eviterà sforzi superflui. In particolare, dedicherà meno attenzione a quei contenuti, perché gli arrivano con l'istruzione che trattandosi di cose a lui note sarebbe superfluo processarle ex novo per farsene un'idea come se non le conoscesse: la completa elaborazione di un contenuto già noto sarebbe la ripetizione di uno sforzo che ha già fatto in precedenza: quei contenuti in memoria ci sono già e non occorre costruirceli. Non deve conoscerli, ma solo riconoscerli. È sufficiente un recupero riassuntivo e "mentalmente opaco" che li ritrovi fra le cose conosciute. Tanto basterà per appoggiare a queste nozioni la comprensione della parte del messaggio che è davvero nuova: "ha pronunciato il discorso quel giorno".
6.2. Un primo passo di "esattamento": indurre a risparmiare sforzo suggerendo di processare il nuovo marginale come il noto
Le produzioni linguistiche di tutti noi dimostrano che si può presentare un contenuto come presupposto anche se non è già conosciuto dal destinatario. Se un parlante è stato raggiunto dai figli durante le vacanze estive, può codificare questa informazione mediante una subordinata temporale che la presuppone, come in (3), anche se non aveva mai menzionato questo fatto al suo interlocutore:
(3) Durante le vacanze estive, quando i figli ci hanno raggiunti abbiamo fatto un viaggio in Finlandia.
12 In Masia et al. (2017) abbiamo testato sperimentalmente questo effetto in sede neurofisiologica (con
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Lo stesso si può dire per la presupposizione dovuta al verbo di cambiamento spegnere in (4):
(4) Per piacere, vai in cucina e spegni il forno: di domenica la corrente salta facilmente, e io vorrei stirare una camicia.
Se il destinatario non sa che il forno è acceso, in teoria l'emittente potrebbe essere più esplicito:
(4') In questo momento il forno è acceso. Per piacere, vai in cucina e spegnilo: di domenica la corrente salta facilmente, e io vorrei stirare una camicia.
Tuttavia, in diversi contesti (4') sarebbe meno naturale di (4), perché asserire l'informazione che il forno è acceso si tradurrebbe in uno sforzo di processazione non del tutto necessario. Non occorre che il destinatario focalizzi anzitutto l'attenzione sul fatto che il forno è acceso: questo può essere trattato allo stesso modo che se il ricevente lo sapesse già, veicolando quel contenuto direttamente come presupposto (come in 4), e semplicemente incluso nella richiesta di spegnerlo. In questo modo il ricevente può dedicare a quel contenuto solo l'attenzione necessaria per capire la richiesta dell'emittente. Questo perché si tratta di contenuto marginale, e accessorio alla comprensione di ciò che è veramente importante. Il turno conversazionale (4) è meglio di (4') nella misura in cui risparmia sforzo di processazione, e attira l'attenzione solo dove serve veramente. Ebbene, consideriamo il percorso che da
(a) usare un'espressione che suggerisce al destinatario che conosce già un contenuto, quando effettivamente lo conosce già;
si estende a
(b) usare lo stesso genere di espressione per suggerirgli di trattare quel contenuto come
se lo conoscesse già, anche se lo incontra per la prima volta.
Questo percorso è abbastanza chiaro sul piano logico: se uno strumento linguistico serve a far risparmiare sforzo di processazione su contenuti già noti, si può usarlo anche per far risparmiare sforzo su contenuti che noti non sono, ma sui quali un risparmio di sforzo è ugualmente conveniente, perché si tratta di informazioni marginali che non occorre processare accuratamente, ma solo quanto basta per capirne altre.
In questo senso, si può essere tentati di pensare che anche sul piano cronologico vi sia stato un passaggio da (a) a (b); cioè che in un primo momento, in fasi molto precoci del linguaggio, si siano sviluppati strumenti per presupporre, con la funzione di presentare contenuti noti come noti, e così risparmiare sforzo di processazione; e che in una seconda fase si sia cominciato a usare questi stessi strumenti per presentare come presupposti anche contenuti nuovi ma marginali e accessori, realizzando ulteriori risparmi di sforzo cognitivo. Per metafora, questa riallocazione su nuova funzione di un tratto che si era inizialmente sviluppato per un'altra può meritare il nome di esattamento (dall'ingl.
che un vivente ha evoluto per una funzione viene successivamente adibita anche ad altra funzione per cui si rivela adatta (Gould & Vrba 1982).
Ma non c'è modo di provare che davvero i due usi logicamente consecutivi della presupposizione si siano evoluti in momenti cronologicamente separati e successivi, derivando l'uno dall'altro. Potrebbero benissimo essere stati presenti fin da subito insieme. E questo vale anche per il terzo stadio "evolutivo" delle presupposizioni, che risulta da un secondo passo di "esattamento".
6.3. Un secondo passo di "esattamento": le presupposizioni come mezzo di distrazione. Contrabbandare informazione discutibile.
Indurre il destinatario a non dedicare piena attenzione a un contenuto anche se non lo conosce ancora può avere anche uno scopo diverso dal fargli risparmiare sforzo di processazione: cioè, può servire a ridurre la sua vigilanza critica per impedirgli di capire
fino in fondo quell'informazione. Quando un contenuto è discutibile o addirittura falso, il
ricevente che vi faccia la dovuta attenzione lo rigetterà e non lo lascerà entrare a far parte delle sue credenze. Ma potrebbe invece esserne in qualche misura influenzato se non prende piena coscienza delle parti di esso che sono meno convincenti; cioè, tipicamente, se vi presta meno attenzione. Quindi il fatto che un certo contenuto è discutibile può risultare evidente quando esso viene asserito, e sfuggire all'attenzione quando esso viene presupposto in modo da farlo processare in maniera meno attenta. È appunto questo, come abbiamo visto nella sezione 4, l'uso non del tutto onesto che delle presupposizioni fanno i testi persuasivi come la pubblicità e la propaganda.
6.5. Riepilogo: la triplice funzione delle presupposizioni.
In sintesi, abbiamo visto che indurre il destinatario a dedicare meno attenzione a un contenuto è l'effetto che ha (sulla processazione di quel contenuto) il fatto di presentarlo come presupposto. Ma le funzioni che può assumere questo modo di confezionare l'informazione variano a seconda dello status di quel contenuto nelle menti dei partecipanti all'evento comunicativo. Ne abbiamo parlato nei paragrafi precedenti, e le riassumiamo qui.
Funzione 1, che si realizza quando il contenuto che viene presentato come presupposto
è effettivamente condiviso e già noto ai riceventi:
risparmiare ai destinatari lo sforzo superfluo che risulterebbe dal processare quel contenuto con piena attenzione come se dovessero apprenderlo ex novo;
Funzione 2, che si realizza quando il contenuto che viene presentato come presupposto
non è effettivamente condiviso o già noto ai riceventi, ma è oggettivamente, bona fide, vero e non discutibile:
risparmiare ai destinatari lo sforzo che risulterebbe dal processare con piena attenzione un contenuto che può anche ricevere un'attenzione minore perché è accessorio e marginale, per cui processarlo in modo sommario non danneggia la comprensione del messaggio.
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Funzione 3, che si realizza quando il contenuto che viene presentato come presupposto
non è effettivamente condiviso o già noto ai riceventi, e per di più è discutibile o addirittura falso:
evitare che i destinatari diventino pienamente consapevoli dei dettagli di quel contenuto, che potrebbero indurli a metterlo in discussione e a rifiutarlo, non consentendo che esso si aggiunga all'insieme delle loro credenze.
Il percorso che va dal funzionamento "di base" delle presupposizioni, rappresentato dalla Funzione 1 (economia di sforzo sul già noto), alla Funzione 2 (economia di sforzo sul non noto marginale), è dunque solo il primo gradino di quello che abbiamo chiamato per metafora un "esattamento" delle presupposizioni. Il secondo gradino porta alla Funzione 3, dove l'economia di sforzo non è lo scopo ultimo per cui si ricorre alla presupposizione, ma è piuttosto uno strumento per ridurre la vigilanza epistemica del destinatario, distrarlo dalla discutibilità di un contenuto, e quindi far sì che ci creda lo stesso.
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