Simone Mattiola
2. Il dominio funzionale delle marche plurazional
Definita una marca plurazionale come una qualsiasi strategia che modifica la forma del verbo per codificare una pluralità di eventi, possiamo passare ora a osservare le funzioni più specifiche svolte da tali marche nelle lingue del mondo. Una prima importante distinzione che emerge dai dati è tra le funzioni nucleari e le funzioni addizionali. Il primo gruppo comprende le funzioni che ricadono direttamente nella definizione di plurazionalità adottata, mentre il secondo gruppo è composto dalle funzioni che le marche plurazionali codificano in aggiunta a quelle nucleari. In altre parole, mentre le funzioni nucleari definiscono una marca come plurazionale, le funzioni addizionali sono quelle funzioni che una marca plurazionale esprime ma che non codificano una pluralità degli eventi (almeno non in senso stretto). Di seguito, saranno definite e descritte le funzioni di entrambi i gruppi, dopodiché si cercherà di mettere ordine nella grande multifunzionalità delle marche plurazionali adottando l’approccio delle mappe semantiche.
2.1 Le funzioni nucleari
Una “occasione” è generalmente definita dalla presenza di almeno quattro diversi elementi: (i) una situazione, intesa come un evento o uno stato, che occorre (ii) in un determinato luogo e (iii) in un determinato lasso di tempo (iv) coinvolgendo uno o più partecipanti (intesi sia come agenti sia come pazienti o esperienti). Non è detto che tutti questi elementi siano presenti in una singola occasione, o che siano poi effettivamente esplicitati, ma vengono qui considerati come gli elementi che formano una occasione prototipica.
Ognuno di questi elementi può essere coinvolto nella pluralità delle situazioni espressa dalla marca plurazionale. Avremo pertanto diversi tipi di funzioni in base a quale elemento dell’occasione viene interessato. La pluralità delle situazioni può quindi essere distributita nel tempo, nello spazio o sui partecipanti.
Quando le ripetizioni vengono distribuite temporalmente, avremo ciò che viene definito plurazionale stricto sensu. In questo caso, esistono due diverse funzioni in base al lasso temporale interessato dalla pluralità. Avremo i cosidetti iterativi quando le ripetizioni avvengono a intervalli sufficientemente vicini da essere considerati come appartenenti a una singola occasione. Ad esempio, in skwxwú7mesh3 (una lingua salish
parlata nella regione della British Columbia in Canada vicino alla città di Vancouver) la reduplicazione iniziale della base verbale può codificare situazioni iterative.
3 Nella tradizione delle lingue salish, il simbolo <7> indica un’occlusiva glottidale sorda (o glottal stop),
(2) Skwxwú7mesh (salish, America del Nord; Bar-el 2008: 34)
a. chen kwelesh-t ta sxwi7shn
1SBJ.SG sparare-TR DET cervo
‘Ho sparato al cervo.’
b. chen kwel~kwelesh-t ta sxwi7shn
1SBJ.SG PLAC~sparare-TR DET cervo
‘Ho sparato al cervo più volte/continuativamente.’
Viceversa, quando l’intervallo tra le varie ripetizioni è sufficientemente lungo da interessare occasioni diverse, avremo i cosidetti frequentativi. Ad esempio, in khwe (una lingua khoe-kwadi parlata nel Sud-Ovest dello Zambia al confine con l’Angola) il suffisso -t può dare letture frequentative.
(3) Khwe (khoe-kwadi, Africa; Kilian-Hatz 2008: 146)
tí à bɛ̀-ɛ̀-xú-t-a-tè!
1SG OBJ essere_troppo_pesante-II-COMP-FREQ-I-PRS
‘(Questa cosa) è spesso troppo pesante per me!’
Quando, invece, la pluralità delle situazioni è distribuita nello spazio, cioè coinvolge più luoghi, avremo la cosiddetta distributività spaziale. La lingua apurinã (parlata nella parte occidentale del Brasile vicino al confine con la Bolivia e appartenente alla famiglia arawak) presenta un suffisso (-poko) che codifica azioni distribuite in più luoghi.
(4) Apurinã (arawak, America del Sud; Facundes 2000: 311)
u-muteka-poko-ta-pe
3M-scappare-DISTR-VBZ-PFV
‘Lui è scappato via, fermandosi qua e là.’
Infine, la pluralità delle situazioni può coinvolgere più partecipanti. In questo caso, si parlerà di pluralità dei partecipanti. Ad esempio, in huichol (una lingua uto-azteca del Messico centrale) esistono due basi suppletive del verbo ‘uccidere’ che si distinguono per il numero di partecipanti coinvolti nella situazione.
(5) Huichol (uto-azteca, America del Nord; Comrie 1982: 113 citato in Durie 1986: 357)
a. nee waakana ne-mec-umɨɁii-ri eekɨ
1SG pollo.SG 1SG.SBJ-2SG.OBJ-uccidere.SGAC-BEN 2SG
‘Ho ucciso [azione singola] il pollo per te.’
b. nee waakana-ari ne-mec-uqɨɁii-ri eekɨ
1SG pollo-PL 1SG.SBJ-2SG.OBJ-uccidere.PLAC-BEN 2SG
‘Ho ucciso [azione plurale] i polli per te.’
Il partecipante che viene pluralizzato è solitamente rappresentato dall’argomento più direttamente coinvolto nella situazione. In altre parole, il partecipante cui stato viene maggiormente modificato dall’occorrenza della situazione stessa. Da un punto di vista strettamente semantico, il partecipante più coinvolto è rappresentato dal ruolo semantico del paziente. In termini sintattici, invece, tenderà ad essere l’oggetto nelle frasi transitive e il soggetto nelle frasi intransitive.
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2.2 Le funzioni addizionali
Esistono molte funzioni che le marche plurazionali possono codificare in aggiunta a quelle nucleari. Tutte queste funzioni mostrano un qualche tipo di relazione semantica con la plurazionalità. Per cercare di sistematizzarle, ho deciso di raggrupparle in diversi gruppi semantici in base al tipo di relazione che presentano con la nozione di pluralità.
Il primo gruppo è rappresentato dalle funzioni che codificano una pluralità non prototipica. Con questa dicitura indico funzioni che codificano non solamente una pluralità, ma anche un qualche tratto semantico aggiuntivo che va oltre la distinzione di base tra singolare e plurale. All’interno di questo gruppo identifico almeno quattro funzioni: pluralità interna all’evento, continuatività, abitualità e imperfettività generica. Negli esempi che seguono mostro una lettura plurazionale nucleare nelle frasi (6a-9a) e quella addizionale nelle frasi (6b-9b) per quanto riguarda la medesima strategia formale. Con pluralità interna all’evento intendo una situazione che sebbene sia esternamente singolare, cioè non ripetuta, è internamente complessa e composta da sub-eventi o fasi interne. Quindi, mentre una situazione iterativa o frequentativa presenta una ripetizione delle situazione stessa, la pluralità interna all’evento codifica situazioni singole ma ripetitive (repeated vs. repetitive actions in Cusic 1981). Ad esempio, in sandawe (lingua isolata parlata in Tanzania) lo stesso suffisso -ìmé può codificare funzioni nucleari e situazioni internamente plurali.
(6) Sandawe (isolata, Africa; Steeman 2012: 143, 141)
a. Lettura iterativa o frequentativa (in base al contesto) del morfema -ìmé ITER.
gélé-áá |-ìmé
Gele-SFOC venire.SGAC-ITER
‘Gele è venuto ripetutamente.’
b. Lettura di pluralità interna all’evento del morfema -ìmé ITER.
tsháá=sà xàd-ímé-é
pentola=3F.SG scrostare-ITER-3OBJ
‘Lei ha scrostato una pentola.’
Una seconda funzione non prototipica è la continuatività. In questo caso, avremo nuovamente una situazione complessa, non ripetuta ed esternamente singolare, ma la situazione, anziché essere inerentemente plurale/ripetitiva, è estesa temporalmente. Ad esempio, in rapanui (lingua austronesiana parlata sull’Isola di Pasqua) verbi reduplicati possono denotare sia situazioni plurazionali nucleari sia situazioni temporalmente continuative.
(7) Rapanui (austronesiana, Oceania; Du Feu 1996: 162) a. Lettura distributiva spaziale della reduplicazione verbale.
e ha’aki ’aki koe e oho apó
STA annunciare∼PLAC 2SG STA andare domani
‘Domani, va’ e mostra loro tutto intorno.’
b. Lettura continuativa della reduplicazione verbale.
i teki∼teki i oho ai
PST andare_in_punta_di_piedi∼PLAC PST andare PHO
Invece, con il termine abitualità intendo una situazione che viene effettivamente ripetuta più volte ma in un lasso di tempo sufficientemente lungo da essere inteso come occasioni diverse (come nel caso del frequentativo). Tuttavia, queste ripetizioni sono regolari e soprattutto vengono percepite come tipiche di quel determinato periodo di tempo. Ad esempio, nuovamente in sandawe, la marca plurazionale -wǎ può essere utilizzata anche per codificare situazioni abitudinarie e che vengono svolte con regolarità.
(8) Sandawe (isolata, Africa; Steeman 2012: 242, 188) a. Lettura frequentativa del morfema -wǎ PLAC.
nì-ŋ hík’-wǎ-ŋ phàkhé-ŋ |’èé-ì
CNJ-CL andare.SGAC-PLAC-L ispezionare-L osservare-3.IRR
‘E lui andrà spesso, lo ispezionerà e darà un’occhiata.’ b. Lettura abituale del morfema -wǎ PLAC.
mindà-tà-nà=sì̥ hík’ì̥-wà
campo-in-verso=1SG andare.SGAC-PLAC
‘Vado al campo.’ (tutti i giorni, d’abitudine)
Infine, l’ultima funzione non prototipicamente plurale è quella dell’imperfettività
generica. Questa funzione esprime eventi sempre veri o che si verificano sempre, come
una qualità o una proprietà di un’entità oppure una verità gnomica. Il morfema -kən della lingua meithei (appartenente alla famiglia sino-tibetana e parlata nella regione del Manipur in India) codifica sia situazioni frequentative e abituali sia situazioni imperfettive generiche.
(9) Meithei (sino-tibetana, Asia; Chelliah 1997: 216) a. Lettura frequentativa/abituale del morfema -kən PLAC.
nók-kən-pə
ridere-PLAC-NOM
‘Chiunque rida sempre (con o senza ragione) come abitudine.’ b. Lettura imperfettiva generica del morfema -kən PLAC.
əy-ti yám-nə pí-kən-pə mí-ni
I-DLMT molto-ADV dare-PLAC-NOM uomo-COP
io molto dare sempre uomo-sono
‘Sono un uomo molto generoso.’ (lett. sono un uomo che dà sempre molto)
Il secondo gruppo di funzioni addizionali esprime una modifica di grado rispetto al consueto occorrere della situazione. Fanno parte di questo gruppo le funzioni che esprimono intensità, completezza ed enfasi.
Una marca plurazionale può esprimere situazioni intensive, ovvero una modifica del ‘normale’ sviluppo della situazione che quindi occorrerà con maggiore (ma anche minore) intensità. Questo è il caso di alcuni pattern reduplicativi della lingua yimas (appartenente alla famiglia lower sepik e parlata in Papua Nuova Guinea).
(10) Yimas (lower sepik, Oceania; Foley 1991: 319)
a. Lettura iterativa o frequentativa (in base al contesto) della reduplicazione verbale.
ya-n-ark∼ark-wampaki-pra-k
PL.OBJ-3SG.A-rompere PLAC-lanciare-VEN-IRR
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b. Lettura intensiva della reduplicazione verbale.
ya-mpu-nanaŋ-ta cay-ckam-tuk-mpun
PL.OBJ-3PL.A-DUR-vedere PLAC-mostrare-RM.PAST-3PL.DAT
‘Loro stavano mostrando molto bene queste cose a loro (e loro le osservavano intensamente).’
Uso invece completezza per definire situazioni che vengono svolte nella loro interezza, completamente. Ad esempio, in turkana (lingua nilotica parlata nel nord-ovest del Kenya al confine con l’Etiopia) la reduplicazione totale della base verbale codifica sia funzioni nucleari sia situazioni che occorrono nella loro interezza.
(11) Turkana (nilotica, Africa; Dimmendaal 1983: 106)
a. Lettura iterativa/frequentativa della reduplicazione verbale.
-poc ‘pizzicare’ ⟶ a-poc∼o-poc’ ‘p. ripetutamente’
-ìlug ‘torcere’ ⟶ a-k-ìlug∼u-lug ‘t. ripetutamente’ b. Lettura completa della reduplicazione verbale.
-ɲrl ‘crollare’ ⟶ a-ɲrl∼r-ɲrl’ ‘c. completamente’ -ìkic ‘disossare’ ⟶ a-k-ìkic∼i-kic ‘d. completamente’ Infine, alcune marche plurazionali possono codificare enfasi. Ad esempio, in karo batak (lingua austronesiana parlata sull’isola di Sumatra) la reduplicazione verbale, oltre a esprimere valori prettamente plurazionali, viene utilizzata anche per situazioni enfatiche.
(12) Karo batak (austronesiana, Asia; Woollams 1996: 98)
a. Lettura iterativa o frequentativa della reduplicazione verbale.
sapu sapuna kucing é.
PLAC accarezzare.3SG.F gatto quello
‘Lei ha accarezzato il gatto ancora e ancora.’ b. Lettura enfatica della reduplicazione verbale.
peturah turah sitik ukurndu
CAUS.crescere PLAC SOF tua_mente
‘Cresci un po’! (comportati da adulto!)’
L’ultimo gruppo di funzioni addizionali è rappresentato da una singola funzione, la
reciprocità. Una situazione è reciproca quando almeno due partecipanti compiono la
medesima azione vicendevolmente e hanno il medesimo ruolo semantico. A volte, le marche plurazionali possono anche codificare situazioni reciproche, come succede in jóola karon (lingua atlantica parlata in Senegal).
(13) Jóola karon (atlantica, Africa; Sambou 2014: 150, 149) a. Lettura iterativa del suffisso -ool.
Lopeel a-muus-ool-a
Robert 3SG-passare-PLAC-ACC
‘Robert è andato e tornato indietro.’ b. Lettura reciproca del suffisso -ool.
Sana ni Faatu ka-cuk-ool-a
Sana e Fatou 3PL-vedere-RECP-ACC
2.3 Lo spazio concettuale delle marche plurazionali
Dal dominio funzionale descritto nei paragrafi precedenti, emerge chiaramente il fatto che le marche plurazionali mostrano una grande multifunzionalità nelle lingue del mondo. Ciò diventa ancora più evidente se si tiene in considerazione il fatto che le funzioni sopra elencate sono quelle che vengono espresse dalle marche plurazionali con maggior frequenza. Tuttavia, esiste anche tutta una serie di funzioni che si possono definire rare e si trovano solamente in poche lingue (a volte una sola), come l’antipassività, l’indefinitezza, la causatività, etc. (cfr. Mattiola 2019: 40–42).
Per poter rendere conto di questa multifunzionalità a livello tipologico, ho deciso di adottare il modello delle mappe semantiche (cfr. Croft 2001 e Haspelmath 2003). Le mappe semantiche sono uno strumento che permette di ordinare su uno spazio geometrico le funzioni espresse da un gruppo di marche mostrando le relazioni che intercorrono tra loro. Per questo motivo si tratta di uno strumento particolarmente adatto per sistematizzare casi di multifunzionalità e per far emergere interessanti correlazioni funzionali. Una distinzione importante è quella tra spazio concettuale e mappa semantica. Il primo è la rete di funzioni espresse dalle marche studiate e connesse sullo spazio geometrico ed è da considerarsi universale. La seconda invece è la realizzazione formale lingua-specifica del relativo spazio concettuale. Due funzioni sono da considerarsi distinte su uno spazio concettuale se esiste almeno una lingua che le codifica con due strategie formali diverse (principio dei primitivi analitici, cfr. Cysouw 2007, 2010), e due funzioni sono connesse su uno spazio concettuale se esiste almeno una lingua che le codifica tramite la medesima strategia formale (ipotesi di connettività, cfr. Croft 2001).
Lo spazio concettuale plurazionale risultante dalla comparazione delle lingue del campione è mostrato in Figura 1.4
Sullo spazio concettuale possiamo riconoscere almeno quattro diverse aree. La prima area è quella delle funzioni singolari, posizionata nella parte in alto a sinistra e comprende la singolazionalità, le funzioni di grado (intesità (10), completezza (11) ed enfasi (13)), e, almeno parzialmente, la pluralità interna all’evento (situazione esternamente singolare e internamente plurale (6)). Nella parte centrale dello spazio troviamo l’area delle funzioni nucleari (iteratività (2), frequentatività (3), distributività spaziale (4) – tra parentesi nello spazio perché meno frequente rispetto alle altre funzioni nucleari – e pluralità dei partecipanti (5)). Nella zona alta, dal centro fino all’estremità destra dello spazio troviamo l’area delle funzioni non prototipicamente plurali (pluralità interna all’evento (6), continuatività (7), imperfettività generica (9) e abitualità (8)). Infine, nella zona centrale in basso troviamo la reciprocità (13) funzionalmente connessa alla pluralità dei partecipanti. Proprio la verticalità di quest’area segnala la presenza del parametro della distributività (nello spazio o tra i partecipanti).
4 Per ragioni di spazio, non posso entrare nel dettaglio di alcune convenzioni utilizzate nello spazio
concettuale (per cui rimando a Mattiola 2017, 2019). Basti sapere che le due funzioni collegate tramite linee tratteggiate e puntinate hanno uno statuto diverso rispetto alle altre: la singolazionalità sembra avere una connessione con le funzioni di grado ma non è certo che questa relazione sia diretta e inoltre esula dall’obbiettivo della ricerca (la pluralità degli eventi); la progressività non è stata trovata in numero sufficientemente elevato di lingue da poter essere inclusa nello spazio concettuale, ma in letteratura è stato proposto un percorso di grammaticalizzazione che coinvolge le medesime funzioni in alto a destra dello spazio concettuale plurazionale assieme alla progressività (cfr. Bybee et al. 1994: 172) e pertanto si è deciso di mostrare questa possibile relazione diacronica.
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Figura 1. Lo spazio concettuale plurazionale (cfr. Mattiola 2017, 2019).
Un ulteriore aspetto interessante da sottolineare è il fatto che procedendo da sinistra verso destra si assiste ad un aumento progressivo del grado di generalizzazione delle funzioni. Questa generalizzazione è in primo luogo semantica. Infatti, la semantica delle singole funzioni sembra diventare sempre più generica man mano che si procede verso destra: da funzioni estremamente specifiche dal punto di vista semantico (come quelle di grado o la pluralità interna all’evento) a funzioni estremamente generiche (come l’imperfettività generica).
Questa generalizzazione coinvolge anche il grado di applicabilità di queste funzioni all’interno del lessico. In altre parole, mentre le funzioni posizionate a sinistra tendono a essere applicate a specifiche classi di verbi (ad esempio a quelli puntuali, ma non agli stativi), le funzioni posizionate a destra possono essere applicate a tutti i tipi di verbi (compresi quindi gli stativi).
Inoltre, le funzioni sulla destra sono tendenzialmente espresse da strategie formali meno grammaticali (strategie lessicali o derivazionali che codificano più frequentamente l’aspetto lessicale) mentre le funzioni sulla destra da strategie più grammaticali (strategie derivazionali e flessive che codificano più frequentemente l’aspetto grammaticale).
Tutte queste osservazioni sembrano suggerire il fatto che ci sia anche un diverso grado di grammaticalizzazione delle strategie formali che codificano le funzioni a sinistra rispetto quelle di destra: a sinistra abbiamo funzioni marcate tramite strategie meno grammaticalizzate (più lessicali), mentre a destra funzioni marcate tramite strategie più grammaticalizzate.