Università Roma Tre
4. Testi persuasivi e implicitazione della responsabilità
Il più noto e studiato fra gli attivatori di presupposizioni, la descrizione definita,6 è usata
massicciamente in pubblicità per codificare contenuti discutibili. Il fatto che le pubblicità di prodotti dietetici nelle figure 9, 10 e 11 usino tutte la stessa strategia non è casuale.
Figura 9. La freschezza di Jocca ha solo il 7% di grassi.
Figura 10. VIVE la VIE. Il nuovo gusto ha meno grassi.
Figura 11. Invito. I peccati di gola che non fanno ingrassare.
Le persone che si mettono a dieta non lo fanno perché indotte dalla pubblicità; ma una volta presa la decisione di mangiare leggero, e per così dire una volta che ci si trova davanti allo scaffale del supermercato per acquistare un prodotto a basso contenuto
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calorico, il fattore più importante che determina la scelta di che cosa comprare non è qualche punto percentuale in più o in meno in contenuto di grassi, ma è il desiderio di trovare qualcosa che sia buono, piacevole al palato, possibilmente come se non fosse low
fat. Questa eccellenza organolettica è esattamente ciò che cercano di far credere le
descrizioni definite negli annunci di Jocca, Vive la Vie e Weight Watchers. Si sarebbe dunque potuto dire: "Jocca è squisito!". Ma certo la vigilanza epistemica dei destinatari avrebbe reagito confrontando questa idea con l'esperienza già fatta, che prodotti come Jocca (e Jocca stesso) sono meno gratificanti al palato dei normali formaggi freschi. Per evitare il sorgere di questo vaglio critico, si è proceduto altrimenti. La freschezza di Jocca
ha solo il 7% di grassi ha l'aria di informare del basso apporto calorico, che è invece
nozione ben nota e fuori discussione per questo genere di prodotto; ma intanto
presuppone, attraverso la descrizione definita, l'esistenza della freschezza di Jocca.
Allude cioè a una conoscenza condivisa dal destinatario e da milioni di potenziali destinatari: evoca un modo di pensare diffuso secondo cui esiste "la freschezza di Jocca". Si tratta per di più di un concetto vago, quindi difficile da trovare falso, che se presupposto può ben generare l'impressione di essere ovvio e assodato.7 Quindi la connotazione
positiva che esso contiene ha alte probabilità di trasferirsi nelle menti del target. Una visione rapida e disattenta dell'annuncio lascia nella mente l'impressione che Jocca sia – notoriamente – associato a sensazioni molto piacevoli.
Lo stesso fanno gli altri due annunci. Asserire che Maionese Vive la Vie è il nuovo
gusto o che Invito Weight Watchers sono peccati di gola solleverebbe facilmente la
consapevolezza che si tratta di affermazioni esagerate. Quindi i pubblicitari hanno presentato queste stesse informazioni come presupposte, attraverso le descrizioni definite poste all'inizio8 di asserzioni apparentemente concentrate su altro, e cioè sempre sul basso
contenuto calorico, informazione che anche vagliandola criticamente si trova essere del tutto vera: Il nuovo gusto ha meno grassi; i peccati di gola che non fanno ingrassare.
Come si vede, la vaghezza è sempre di aiuto. In tutti e tre i casi vengono presupposti concetti molto vaghi, difficili da trovare falsi perché privi di una denotazione precisa, ma carichi di connotazione positiva.
Alludendo a una previa conoscenza da parte dei destinatari si possono trasferire perfino contenuti offensivi. Questo è ciò che faceva, ad esempio, la pubblicità italiana della Philips nel 1991:
7 Sul fatto che la vaghezza va considerata come un altro implicito del contenuto accanto alle implicature,
cfr. Lombardi Vallauri (2016 e 2019).
8 La codifica come Topic, quindi ad esempio il posizionamento iniziale come "punto di partenza" già
condiviso del messaggio, comporta un atteggiamento dell'emittente nei confronti dell'informazione codificata, che ne fa un implicito della responsabilità affine alla presupposizione (cfr. Lombardi Vallauri 2016 e 2019).
Figura 12. “Lascia che Philips ti apra gli occhi.”
In questo annuncio la Philips diceva, a tutti i lettori delle riviste su cui compariva, che stavano vivendo con gli occhi chiusi. Ma lo faceva in modo indiretto ed implicito.
Per fare un esempio più generale, se diciamo a qualcuno: "vai nell'altra stanza e apri la finestra", lo stiamo anche informando che attualmente nell'altra stanza la finestra è chiusa. Ma lo facciamo in modo implicito, mentre saremmo espliciti se gli dicessimo direttamente: "la finestra nell'altra stanza è chiusa; vai ed aprila". Quando siamo espliciti, presentiamo il nostro enunciato come un atto di parola in cui siamo noi a informare il nostro interlocutore che la finestra è chiusa; se usiamo una presupposizione, diamo per scontato che la finestra sia chiusa, e lasciamo che sia il destinatario a estrarre quell'informazione dal fatto che noi stiamo parlando di aprirla. In questo modo riduciamo nel destinatario la consapevolezza di cui alla Legge dell'attenzione critica che abbiamo formulato sopra, e quindi la vigilanza epistemica e la propensione a mettere in discussione il contenuto di cui si tratta.
La Philips qui fa questo, perché dire a tutti, apertamente: "Voi state vivendo con gli occhi chiusi", non avrebbe avuto lo stesso effetto. La maggior parte dei destinatari avrebbe trovato che il messaggio era falso, o almeno esagerato, e di certo offensivo. Eppure la pubblicità questo contenuto lo trasmetteva; ma, crucialmente, in forma implicita e quasi subliminale: quindi non suscitava reazioni ostili, e il contenuto non veniva rigettato. Ciò che nel messaggio è in primo piano, evidente, è che Philips assume un atteggiamento amichevole, vuole fare qualcosa di bello per il destinatario. Che questo atteggiamento poggi su una valutazione molto offensiva dello stato in cui il destinatario si troverebbe (vivere con gli occhi chiusi) resta sullo sfondo, non è asserito, non rientra in ciò che Philips dice ai lettori; piuttosto sembra far parte di un insieme di conoscenze scontato, di cui i destinatari stessi sono già in possesso. Quindi, per il modo in cui viene presentata, si tratta di informazione ovvia, pacifica, che non avrebbe senso discutere. E Philips può dire una cosa offensiva senza perdere la faccia.
Un contenuto presupposto viene percepito come ovvio e scontato, cioè come già noto, quindi non meritevole della stessa attenzione di un contenuto asserito; e perciò è più difficile che ci accorgiamo che è falso o esagerato. Tuttavia lo processiamo, cioè lo comprendiamo lo stesso. Quindi, tipicamente, la nostra reazione a un enunciato come "stai vivendo con gli occhi chiusi" sarà "ma non è vero!", mentre la reazione a un enunciato come "lascia che Philips ti apra gli occhi" potrà essere "grazie! comprerò uno
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schermo Philips!", o anche "no, grazie! non comprerò uno schermo Philips", ma in entrambi i casi avremo accettato almeno in qualche misura, senza discuterla, l'idea che abbiamo bisogno di migliorare le percezioni che ci concediamo. Il che, prima o poi, sarà un fattore importante nella scelta di cambiare il nostro televisore.
Insomma, il contenuto presupposto, pur essendo veicolato linguisticamente, si comporta in modo simile alle immagini e ai suoni non linguistici di cui abbiamo parlato nella sezione 1, perché è abbastanza implicito da evitare che lo vagliamo criticamente. Così rischia molto meno che ci accorgiamo della sua poca credibilità (o di altri "difetti", come ad esempio il suo essere offensivo), e ha molte più probabilità di arrivare a modificare l'insieme delle nostre credenze.
La pubblicità lavora costantemente così. Vediamo ancora due esempi molto simili fra loro, uno coevo di quello appena esaminato, e un altro attuale. Nello stesso periodo in cui era diffusa la pubblicità della Philips, Alfa Romeo mostrava ai lettori delle riviste italiane un padre felice che si rivolgeva così a suo figlio:
Figura 13. “...e mi sono sentito grande con la mia prima Alfa.”
Questa pubblicità rivela una estrema accuratezza nella confezione di tutti i dettagli. Il padre e il figlio siedono su un divano in pelle (lo si capisce dal tipo di pieghe che fa), quindi costoso; di un colore discreto e non ostentato, che fa pensare a una certa distinzione sociale. Anche i loro abiti sono di taglio classico e di colori semplici, quindi trasmettono la medesima informazione; ma sono abiti comodi, che suggeriscono l'idea di una certa abbondanza di tempo libero. Il divano è lungo, tanto che non se ne vede la fine, il che ce li fa immaginare in una casa grande e spaziosa. Anche le foglie della pianta suggeriscono che i due vivano in un ambiente in cui c'è spazio per cose superflue, e al tempo stesso che la famiglia abbia risorse da dedicare a ciò che non è strettamente necessario, ma bello. Tra i due vi è piena armonia, come mostrano non soltanto i loro sorrisi e la mano del padre che sfiora il figlio, ma anche – più indirettamente – il fatto che il figlio è vestito come il padre (però in colori che evocano meno responsabilità/importanza sociale e più gaiezza), e addirittura ha i capelli tagliati e pettinati in modo molto simile a lui: insomma, si tratta di un figlio che seguirà le orme del padre e non gli darà mai dei dispiaceri. Al figlio piacciono le auto, perché ne tiene una in grembo; perciò, se i due sono all'unisono in tutto, ce ne viene l'impressione che anche il padre ami le auto, e se ne intenda. Si noti
che nessuna di queste informazioni è indifferente rispetto allo scopo di invogliare un padre di famiglia italiano a trovarsi nella situazione rappresentata dall'immagine.
Un pari impegno è stato messo sicuramente nell'elaborare la headline, cioè le parole che campeggiano nello spazio libero sopra le teste dei personaggi. Nessuna di queste parole è certo casuale, ed esse svolgono il loro compito in un modo altrettanto accuratamente studiato quanto tutto il resto. Ebbene, l'intero enunciato è stato concepito soprattutto per poter adoperare l'aggettivo primo, cioè per poter dire "la mia prima Alfa".
L'espressione la mia prima Alfa presuppone che il padre felice abbia poi comprato altre Alfa, dopo la prima. Questo evoca nella mente del destinatario un mondo in cui chi compra un'Alfa Romeo continua a comprare Alfa Romeo; cioè, gli comunica l'idea che le Alfa Romeo soddisfano pienamente chi le compra. Questa informazione è ben più importante, per invogliare all'acquisto di un'Alfa, di quella sul sentirsi grandi: non dimentichiamo che i potenziali acquirenti a cui si rivolge la pubblicità sono in maggioranza del tutto adulti, e senza nessun bisogno di sentirsi ancora più tali. Sceglieranno non un'auto che li faccia sentire grandi, ma un'auto che li soddisfi per prestazioni, design, prestigio e così via.
Trasmettere questa informazione è il vero scopo della headline. Teoricamente, il pubblicitario poteva codificarla mediante un'asserzione esplicita: "chi compra un'Alfa Romeo poi ne compra altre". L'effetto, però, non sarebbe stato lo stesso. L'asserzione avrebbe destato maggiormente l'attenzione critica dei destinatari, e la gran parte dei lettori avrebbero reagito mettendola in dubbio. Infatti appare in sé piuttosto arbitraria ed esagerata: a molti sarebbero venuti in mente esempi che la smentivano, ad esempio persone di conoscenza che dopo un'Alfa avevano comprato una BMW; e così via.
Insomma, lo scopo della parte testuale dell'annuncio è convincere che le Alfa soddisfano a tal punto da indurre a ricomprarle: uno scopo però ben nascosto, per riuscire a contrabbandare quel contenuto nelle teste dei destinatari eludendo la loro vigilanza sui suoi aspetti discutibili, che invece si sarebbe esercitata su una aperta asserzione.
Lo stesso vale dell'idea che chi compra un'Audi continui a comprare delle Audi, presupposta dalla pubblicità attuale in figura 14 mediante lo stesso aggettivo che adoperava Alfa Romeo; salvo che nel tempo il contesto che si associa all'idea di prestigio è cambiato, e quindi oggi Audi preferisce parlare inglese: non più la mia prima Alfa, ma
your first Audi.
Figura 14. IT:S TI:ME for your first Audi.