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di Ivan Salvadori

6. Considerazioni finali

Da questa breve analisi comparata delle legislazioni penali nazionali e dal richiamo alle più recenti fonti sovranazionali emerge in modo chiaro come sia sempre più frequente nella lotta alla pornografia infantile il ricorso a forme di anticipazione della tutela penale. Paradig-matiche, come si è visto, sono le fattispecie di mero possesso di materiale pornografico mino-rile, di accesso, mediante le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, a siti pedo-pornografici e di adescamento di minori on line (o child-grooming). L’incriminazione di que-sti atti preparatori alla commissione di più gravi reati di sfruttamento sessuale dei minori e di pornografia infantile sollevano notevoli perplessità dal punto di vista dogmatico e politico-criminale.

Rispetto al reato di possesso di materiale pedopornografico, risulta difficile determinare il concreto interesse giuridico protetto dalla norma41. Quest’ultimo non può di certo essere indi-viduato nell’integrità sessuale dei minori vittime di abuso sessuale. È evidente, infatti, che il possesso di materiale pedopornografico prodotto attraverso l’abuso e lo sfruttamento di mino-ri è un atto che si colloca in una fase temporalmente successiva mino-rispetto alla concreta lesione dell’integrità sessuale e fisica dei minori, oggetto della rappresentazione pornografica.

Tre sono in sintesi le principali motivazioni addotte dalla dottrina per legittimare l’incri-minazione del possesso di materiale pornografico minorile.

Secondo un primo orientamento, il possesso di materiale pedopornografico ne stimole-rebbe la produzione e di conseguenza anche gli atti di abuso e di sfruttamento dei minori per produrli. Si è così sostenuto che chi possiede immagini pedopornografiche sarebbe (indiret-tamente) responsabile anche degli atti di produzione del materiale, dal momento che in quest’ambito vi è un forte vincolo tra offerta e domanda42.

Questa argomentazione non può essere condivisa. È evidente che l’essere in possesso di pornografia infantile non implica necessariamente l’aver partecipato alla lesione dell’integrità sessuale dei minori strumentale alla produzione del materiale stesso. In questi casi il

posses-40 Sull’accertamento del fine specifico, quale elemento costitutivo della tipicità, v. L. PICOTTI, Il dolo

speci-fico, cit., 505.

41 In argomento v. N.PASTOR MUÑOZ, Los delitos de posesión y los delitos de estatus: una aproximación

político-criminal y dogmática, Barcelona, 2005, p. 90 ss.; nonché A. CADOPPI, Sub art. 600 quater c.p., in ID.,

Commentario delle norme contro la violenza sessuale e contro la pedofilia, Padova, 2006, 229-230.

42 F.C.SCHROEDER, Pornographieverbot als Darstellungschutz?, in Zrp, 1990, p. 299 ss., ID., Das 27.

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sore potrebbe eventualmente essere punito per aver indotto un’altra persona a produrre il ma-teriale con il fine di poterlo poi acquistare o di procurarlo per sé o per altri. Ma la ratio del-l’incriminazione del possesso di materiale pornografico infantile non è certo quella di punire l’istigazione alla produzione. In questo caso si dovrebbe piuttosto configurare in capo al pos-sessore una responsabilità a titolo di partecipazione morale, in quanto con la sua condotta egli ha determinato o comunque rafforzato il proposito criminoso altrui di produrre il materiale pedopornografico.

Forti perplessità solleva anche quell’orientamento che giustifica l’incriminazione del pos-sesso di materiale pornografico minorile con il fine di evitare la commissione da parte del possessore di futuri reati sessuali a danno di minori43. Ad oggi mancano, infatti, seri studi scientifici che dimostrino con un certo grado di certezza l’esistenza di un nesso tra possesso di immagini e video pedopornografici ed il pericolo che in futuro il soggetto possa commettere abusi sessuali a danno di minori.

Più corretta sembra essere quella posizione, che in linea con le fonti sovranazionali, ritie-ne che il possesso debba essere punito in quanto non solo stimola la produzioritie-ne e la domanda di tale materiale, ma perpetua l’offesa alla dignità dei minori vittime di tali reati44. La ratio dell’incriminazione del possesso risponderebbe pertanto ad una logica “post-consumativa”, simile a quella che sta alla base del delitto di ricettazione45. Da un lato, ogniqualvolta il pos-sessore di materiale pedopornografico usufruisca delle immagini in suo possesso, perpetua la lesione alla libertà ed alla dignità dei minori; dall’altro lato egli contribuisce al mantenimento e all’espansione di una nuova industria che ha come oggetto e presupposto la commissione di gravi reati sessuali a danno di minori. Ma se tale argomentazione permette di giustificare l’incriminazione del possesso di pedopornografia reale, altrettanto non si può dire rispetto alla pornografia minorile virtuale. In quest’ultimo caso è evidente come non vi sia alcuna lesione della libertà e della dignità di minori in “carne ed ossa” e resta da dimostrare che il possesso di immagini realizzate al computer stimoli il mercato della pornografia reale.

Forti perplessità solleva anche la scelta politico-criminale di punire l’accesso a siti pedo-pornografici. Innanzitutto si tratta di un mero reato di opinione, espressione di un diritto pena-le orientato ad una funzione meramente preventiva. La fattispecie abbraccia atti ambigui ed indeterminati, che hanno senza dubbio una forte valenza immorale, ma che non sono di per sé meritevoli di sanzione penale, in quanto non costituiscono una lesione o messa in pericolo concreto di un bene giuridico.

L’incriminazione della visualizzazione di materiale pornografico minorile contrasta inol-tre con i fondamentali principi di diritto penale, ed in specie con quelli di offensività e pro-porzione. Dal mero accesso a materiale pedopornografico sorge il pericolo che l’utente procu-ri per sé o per altprocu-ri immagini o video di minoprocu-ri, con l’ulteprocu-riore peprocu-ricolo che, una volta ottenuto il materiale, possa offrirlo, metterlo a disposizione o diffonderlo ad altri utenti. Si tratta per-tanto di un reato di pericolo indiretto che non punisce un atto di per sé illecito, ma il puro pen-43 A sostegno di tale orientamento v., ad es., le argomentazioni di L.S.SMITH, Private possession of child

pornography: narrowing at home privacy rights, in Ann. Surv. Am. L., 1991, p. 1043 ss.

44 Secondo autorevole dottrina, la dimensione oggettiva del possesso di materiale pedopornografico virtuale andrebbe, quindi, riassunta “nel reale scambio o circolazione di messaggi comunicativi che pubblicizzano (pro-pagandando o rendendo oggettivamente disponibili al pubblico) “modelli” di comportamento e di relazioni inter-personali, in cui è annullata la dignità e la libertà individuale dei fanciulli”: così L. PICOTTI, I delitti di

sfrutta-mento sessuale dei bambini, la pornografia virtuale e l’offesa dei beni giuridici, in M. BERTOLINO,G.FORTI (a cura di), Scritti per Federico Stella, Napoli, 2007, 1320.

45 In tal senso v., ad es., E.GIMBERNAT ORDEIG, Prologo a la 5a ed del Código Penal, Madrid, 2000, p. 19. In argomento v. anche N.PASTOR MUÑOZ, Los delitos de posesión, cit., p. 95 ss.

Possesso di pornografia infantile, accesso a siti pedopornografici, child-grooming 31

siero, rectius il sospetto che l’internauta acceda a dette immagini per procurarsi il materiale e poi diffonderlo ad altri. Tale delitto contrasta pertanto con il principio di offensività, dal mo-mento che si sanziona un comportamo-mento estremamente lontano dalla lesione o messa in peri-colo concreto di un bene giuridico.

Va pertanto condivisa la scelta del legislatore italiano di avvalersi della facoltà concessa dalla Convenzione di Lanzarote di non sanzionare, come previsto nel menzionato disegno di legge n. 2632-b/2009, di ratifica della Convenzione stessa, il reato di accesso a siti pedopor-nografici, giustificando tale decisione per “i dubbi di costituzionalità di una norma [quella di accesso] che sanziona una condotta che potrebbe essere anche del tutto casuale” oltre che per le difficoltà probatorie, dal momento che non prevede in qualche modo lo scarico (download) del materiale visionato”.

Resta infine da analizzare la legittimità dell’incriminazione delle condotte di child-grooming. Dalla breve analisi comparata (vedi supra, par. 5) è emerso come il reato di ade-scamento di minori presenti una tipica struttura di atto preparatorio alla commissione di più gravi reati contro la integrità e la dignità dei minori.

Non vi è dubbio che, anticipando la soglia del penalmente rilevante già alla fase delle condotte di mero adescamento in rete, si permetterebbe all’autorità giudiziaria di intervenire prima che il criminale possa commettere un delitto sessuale a danno di un minore. E proprio per l’importanza dell’interesse giuridico dell’integrità fisica e sessuale del minore risulterebbe ammissibile una tale anticipazione della tutela penale. Non sempre, però, la tecnica di formu-lazione della fattispecie di child-gooming appare essere rispettosa dei fondamentali principi di diritto penale. Ed è questo il caso del delitto di grooming previsto dall’art. 609-undecies c.p., del disegno di legge 2326-b/2009 di ratifica ed esecuzione della Convenzione di Lanzarote.

Innanzitutto la formulazione della fattispecie risulta essere indeterminata. Essa non ri-chiede, come previsto per esempio dalla Convenzione di Lanzarote e dalla proposta di diretti-va COM (2010) 94 def., che alla condotta di adescamento realizzata in rete faccia seguito un incontro con il minore o comunque vengano posti in essere concreti atti materiali finalizzati a realizzare tale incontro. Manca pertanto la previsione, quale requisito tipico della fattispecie, della sussistenza di un pericolo preciso e attuale per la realizzazione degli atti più gravi di sfruttamento sessuale a danno del minore, che deve necessariamente sussistere per legittimare l’incriminazione di atti preparatori46.

E del tutto inutile, al fine di superare l’indeterminatezza della fattispecie, prevista dal ddl. 2326-b/2009, è la previsione della nozione di adescamento, al secondo comma dell’art. 609-undecies c.p., quale formulata nel citato d.d.l. Essa richiede soltanto la direzione della condot-ta a carpire la fiducia del minore, ma non la sua idoneità a raggiungere condot-tale risulcondot-tato. Onde superare i dubbi di legittimità di una simile definizione, è pertanto auspicabile che il legislato-re provveda, in fase di discussione del disegno di legge, ad affiancalegislato-re al legislato-requisito esplegislato-resso della direzione degli atti di adescamento anche quello della loro idoneità a raggiungere il ri-sultato cui sono diretti. In questo modo si eviterebbe che anche atti preparatori del tutto inido-nei a mettere in pericolo il bene giuridico protetto possano essere ricondotti nell’alveo del de-litto di adescamento di minori, di cui all’art. 609-undecies c.p. menzionato.

46 In tal senso v. la risoluzione dell’AIDP, adottata ad Istanbul nel settembre 2009, su l’Espansione delle

forme di preparazione e di partecipazione al reato, disponibile (in francese, inglese e spagnolo) in Revue inter-nationale de droit pénal, 2006, 3-4, 613 ss.

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APITOLO

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La tutela dei diritti fondamentali della persona

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