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Criminalità organizzata e tutela della privacy: il problema definitorio

di Domenico Raschellà

2. Criminalità organizzata e tutela della privacy: il problema definitorio

Il processo penale relativo ai delitti che sono tipica manifestazione della criminalità orga-nizzata presenta rispetto a quello ordinario delle indubbie peculiarità, tanto da giustificare l’affermazione doppio binario che intende rimarcare le diversità esistenti tra il processo pena-le ordinario e quello relativo ai reati di criminalità organizzata.

Tuttavia, un preliminare problema da affrontare riguarda la definizione di delitti di crimi-nalità organizzata, stante l’assenza di una chiara definizione legislativa6 e le forti deroghe di

4 Corte cost., sent. nn. 122 del 1970, 2 del 1972, 34 del 1973.

5 Corte cost., sent. nn. 366 del 1991, 81 del 1993, 63 del /1994, 281 del 1998. Per maggiori approfondimenti relativi all’evoluzione della tutela del diritto alla riservatezza e alla privacy si veda: A. BALDASSARE Privacy e Costituzione. L’esperienza statunitense, Roma, 1974; G. BUSIA, Riservatezza, in Dig. disc. pubbl., Agg., I, Tori-no, 2002, p. 476 ss.; A. CERRI, Riservatezza III) Diritto Costituzionale, in Enc. giur. Treccani, XXVII, Agg., 1995, Roma, p. 1 ss.; A. DI MATTINO, La protezione dei dati personali. Aspetti comparatistici e sviluppo di un

modello europeo di tutela, in S.PANUNZIO (a cura di), I diritti fondamentali e le Corti in Europa, Napoli, 2005,

p. 365 ss.; M.G. LOSANO, La legge italiana sulla privacy. Un bilancio dei primi cinque anni, Roma-Bari, 2001; F.CARDARELLI-S.SICA-V.ZENO ZENCOVICH (a cura di), Il codice dei dati personali, Milano, 2004; D. C ALDI-ROLA, il diritto alla riservatezza, Padova, 2006.

6 A. CAMON, Le intercettazioni nel processo penale, Milano, 1996, p. 82. A livello legislativo il termine “criminalità organizzata” sembra essere emerso per la prima volta espressamente, nell’art. 14 d.l. 15 dicembre 1979, n. 625 (convertito nella legge 6 febbraio 1980, n. 15) che, modificando il comma 3 dell’art. 340 c.p.p. a-brogato permise al P.M. di delegare alla polizia giudiziaria l’esame di corrispondenza, atti e documenti presso banche, e il relativo sequestro, purché le indagini riguardassero certi reati; fra i quali appunto quelli di criminalità organizzata. L’espressione, peraltro, era stata già da tempo adottata nel linguaggio della giurisprudenza con rife-rimento alle misure di prevenzione, nell’area di operatività della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (cfr. Cass.,

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diritti costituzionalmente garantiti, tra cui il diritto alla riservatezza, quando il reato è ascrivi-bile alla nozione di delitto di criminalità organizzata.

Nel corso degli anni, in dottrina si sono sviluppate diverse interpretazioni del termine criminalità organizzata; spesso contrastanti.

Una prima tesi partendo dal riferimento ai delitti di criminalità organizzata contenuto nell’art. 2, n. 48 della legge delega al codice di procedura penale7, ha interpretato la disposi-zione attuativa ravvisando il collegamento con l’art. 407, comma 2, lett. a), c.p.p. ed indivi-duando nell’elenco ivi specificato i reati di criminalità organizzata8.

Tuttavia, le modifiche subite dall’art. 407 c.p.p. hanno fatto naufragare lo sforzo di cerca-re un’accettabile nozione di delitti di criminalità organizzata rinviando al pcerca-redetto articolo che, oggi, menziona delitti che possono essere ascritti alle associazioni criminali e altri che nulla c’entrano con il crimine organizzato.

Altra dottrina ha sostenuto che i delitti di criminalità organizzata possono ricomprendersi in tre categorie: i delitti di competenza delle DDA e della DNA, i reati per cui la Procura Ge-nerale presso la Corte d’appello può esercitare il potere di avocazione, tutti i restanti reati con-templati nell’art. 407, comma 2, lett. a), c.p.p., per i quali il Procuratore generale presso la Corte d’appello ha un potere di coordinamento senza possibilità di avocazione9.

Una conclusione del genere non pare appagante, poiché il novero dei delitti di criminalità organizzata comprenderebbe così alcuni delitti (l’omicidio, la rapina, l’estorsione) che posso-no si essere manifestazione di criminalità organizzata, ma che hanposso-no una tale diffusione da es-sere spesso frutto di “criminalità disorganizzata”10. Fondare quindi l’applicazione di una

sez. I, 17 gennaio 1968, Chirco), mentre, a seguito dell’introduzione dell’art. 416-bis c.p. (in forza dell’art. 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646), il lessico precedentemente utilizzato anche per designare le caratteristi-che dei reati di associazione per delinquere di cui all’art. 416 c.p. (Cass., sez. II, 26 novembre 1984 Mantegna) e di sequestro di persona a scopo di estorsione (Cass., sez. II, 29 aprile 1986 Cocuzza), subì un ulteriore processo di definizione (ma non di corrispondente delimitazione) in conseguenza dell’aggiunta dell’attributo di tipo ma-fioso. Successivamente, l’art. 4 del d.l. 10 luglio 1987, n. 272, nel modificare, ancora una volta, l’art. 340, ult. comma, c.p.p., aggiungeva ai reati in ordine ai quali era consentita la delegazione ad ufficiali o agenti di polizia giudiziaria, per procedere al sequestro presso banche, il delitto di cui all’art. 630 c.p. già considerato, peraltro, dalla giurisprudenza come delitto di criminalità organizzata. Inoltre il termine criminalità organizzata prima dell’entrata in vigore del nuovo codice è stato riscontrato anche nell’art. 13, comma 2, legge 10 ottobre 1986, n. 663 (“Modifiche alla legge sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative

della libertà”), la quale stabiliva che: la detenzione domiciliare non può essere concessa quando è accertata

l’attualità di collegamenti del condannato con la criminalità organizzata.

7 L’espressione criminalità organizzata emerge nella legislatura IX, più in particolare, nella seduta dell’Assemblea della Camera del 18 luglio 1984 fu approvato un emendamento destinato a divenire poi la diret-tiva n. 48 della legge-delega, che prevedeva la possibilità di concludere le indagini preliminari entro due anni in caso di processi di criminalità organizzata.

8 G. CONSO,La criminalità organizzata nel linguaggio del legislatore, in Giust. pen., 1992, III, c. 385 ss.

9 Da considerare che attualmente per via del d.l. 18 ottobre 2001 n. 374 convertito in legge 15 dicembre 2001, n. 438 modificativo dell’art. 51 c.p.p., comma 3-quater; è stata attribuita all’ufficio della procura presso il tribunale capoluogo del distretto la potestà di investigare i delitti consumati o tentati con finalità di terrorismo. Il potere di avocazione del procuratore generale presso la corte d’appello è disciplinato dall’art. 372 c.p.p. ove sono elencati una serie di delitti.

10 Infatti l’art. 407, comma 2, lett. a), c.p.p. fa riferimento agli artt. 575 c.p. (omicidio), 628, comma 3 c.p. (Rapina aggravata), 629, comma 2, c.p. (Estorsione aggravata), art. 630 c.p. (sequestro di persona a scopo di e-storsione). Inoltre altri delitti sono oggi contemplati nell’art. 407, comma 2, lett. a) che possono essere manife-stazione di criminalità organizzata oppure no, sono i delitti previsti dagli artt.: 600 (Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù), 600-bis, comma 1 (Prostituzione minorile), 600-ter, comma 1 (Pornografia minorile), 601 (Tratta di persone), 602 (Acquisto e alienazione di schiavi), 609-bis (Violenza sessuale) nelle ipotesi aggravate previste dall’art. 609-ter (Circostanze aggravanti della violenza sessuale), 609-quater (Atti sessuali con

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normativa piuttosto che di un’altra, sulla base di una nozione desunta da una esegesi che con-duce a risultati cosi contrastanti con la realtà e con l’esperienza quotidiana non sembra possi-bile.

Altra tesi ricostruisce la materia su basi diverse; partendo dal particolare istituto

del-l’avocazione11.

Se infatti, l’esigenza di rendere effettivo il collegamento e coordinamento delle indagini è un obbiettivo primario che il legislatore persegue nel caso dei delitti intesi come manifesta-zione del crimine organizzato, l’avocamanifesta-zione è l’istituto predisposto a tale esigenza; la sua pre-visione in ordine a determinati delitti vale come possibile guida normativa per l’indivi-duazione dei reati di criminalità organizzata.

Nel senso che i delitti indicati nell’art. 51, comma 3-bis, c.p.p., per i quali è possibile l’avocazione da parte del Procuratore Nazionale Antimafia a norma dell’art. 371-bis c.p.p., sono espressione dei delitti di criminalità organizzata di tipo mafioso; mentre quelli previsti nell’art. 372, comma 1-bis, c.p.p., per i quali è prevista l’avocazione da parte del Procuratore generale presso la Corte d’appello, rappresentano i delitti di criminalità organizzata eversiva o comune12.

Altro autore sviluppa un attenta classificazione partendo dai reati di cui all’art. 407, com-ma 2, lett. a), c.p.p.13 e suddivide, predetti reati in: un primo gruppo di delitti definiti di “gra-ve allarme sociale”, indicati dall’art. 407, comma 2, lett. a), c.p.p., per i quali il legislatore presume la complessità delle indagini, tanto dall’aver esteso la loro durata fino a due anni. Il secondo gruppo è previsto dall’art. 372 c.p.p.14; il cui comma 1-bis contempla una parte dei delitti di grave allarme sociale, precisamente quelli che presuppongono un livello relativa-mente alto di organizzazione criminale. Isolando tali delitti, li definisce complessivarelativa-mente de-litti tipicamente riconducibili a organizzazioni criminali di tipo comune o eversivo o dede-litti organizzati comuni15.

renni), 609-octies (Violenza sessuale di gruppo) del codice penale. Da ultimo l’art. 1, legge 15 luglio 2009, n. 94 ha inserito tra i reati di cui all’art. 407 c.p.p. quelli previsti dall’art. 12, comma 3 (Immigrazione clandestina) del testo unico di cui al d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286.

11 La locuzione delitti di criminalità organizzata si ritrova, tra le diverse norme, anche nelle seguenti: nell’art. 274, lett. c), c.p.p. in relazione alle esigenze cautelari quando vi è il concreto pericolo che l’imputato commetta delitti di criminalità organizzata; nella norma che disciplina la non operatività della sospensione dei termini delle indagini preliminari nei procedimenti per reati di criminalità organizzata (art. 240-bis disp.att. c.p.p. e art. 21-bis, d.l. 8 giugno 1992, n. 306); la locuzione ricorre anche nel processo penale a carico di imputati mi-norenni ove nell’art. 37, comma 2, d.p.r. 22 settembre 1998, n. 448 in tema di applicazione provvisoria di misure di sicurezza, si richiamano i gravi delitti di criminalità organizzata, l’art. 13 del d.l. 13 maggio 1991, n. 152 che prevede uno specifico regime per le intercettazioni telefoniche e ambientali, l’art. 1 d.l. 31 maggio 1991, n. 164 convertito con modifiche dalla legge 22 luglio 1991, n. 221 individua un presupposto per lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali nei collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con la criminalità orga-nizzata, l’art. 4-bis ordinamento penitenziario in relazione alla concedibilità di benefici penitenziari, l’art. 18-bis ordinamento penitenziario disciplina i colloqui investigativi richiama i delitti di criminalità organizzata.

12 P.L. VIGNA,Le nuove indagini preliminari nei procedimenti per i delitti di criminalità organizzata, in

AA.VV., Processo penale e criminalità organizzata, a cura di V. GREVI,Bari, 1983, p. 75.

13 G. TURONE, Le indagini collegate nel nuovo c.p.p., Milano, 1992, p. 50 ss.

14 L’art. 372 c.p.p. è stato modificato dal d.l. 9 settembre 1991, n. 292 e dal d.l. 20 novembre 1991, n. 356 convertiti rispettivamente in legge 8 novembre 1991, n. 356 e 20 gennaio 1992, n. 8.

15 I delitti contemplati dall’art. 372, comma 1-bis sono: associazione con finalità di terrorismo e di eversio-ne; attentato per finalità terroristiche o eversive; devastazione, saccheggio e strage; guerra civile; sequestro di persona a scopo di terrorismo e di eversione; cospirazione politica mediante associazione; banda armata; asso-ciazione per delinquere nei casi in cui sia obbligatorio l’arresto in flagranza; strage.

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Il terzo gruppo è quello previsto dal codice di procedura penale nell’art. 51, comma 3-bis, c.p.p. che individua i delitti organizzati mafiosi16.

Taluno ritiene, invece, che sia necessario limitare la categoria concettuale delitti di crimi-nalità organizzata ai fenomeni criminosi più rilevanti sul piano della capacità di condizio-namento dell’economia e dell’impresa17 senza arenarsi in vincoli normativi quali l’art. 407 o 372, comma 1-bis, c.p.p.

Infatti, l’una e l’altra delle citate disposizioni, hanno di mira l’enucleazione delle ipotesi delittuose per le quali sussistono esigenze di coordinamento delle indagini18. È però necessa-rio distinguere le strutture organizzate rudimentali, idonee alla realizzazione degli atti delit-tuosi pianificati dal gruppo, dai fenomeni criminali connotati dalla dotazione di apparati orga-nizzativi finalizzati sistematicamente alla produzione ed all’investimento di ricchezza penal-mente illecita, vale a dire le forme delinquenziali associative individuate dall’ulteriore comu-ne denominatore della ricerca e del controllo di aree di mercato illegale secondo criteri quasi aziendali. Conseguentemente, le indagini concernenti strutture organizzate, stabilmente e se-condo qualificate dimensioni, in funzione del commercio illecito di stupefacenti ovvero di armi o con altri scopi idonei a influenzare l’economia pubblica possono essere definiti come indagini inerenti delitti di criminalità organizzata.

Pertanto, l’area dei delitti di criminalità organizzata rimarrebbe limitata ad una significa-tiva dimensione imprenditoriale escludendo così le aggregazioni criminali occasionali e rudi-mentali.

Altro autore, in contrapposizione al precedente, afferma l’appartenenza alla categoria dei “delitti di criminalità organizzata” di tutti i delitti associativi, dei reati che rappresentano l’attuazione del fine associativo e di quelli pur integranti soltanto una fattispecie concorsuale personale, ma implicanti l’esistenza di un’organizzazione19.

Altri ancora, adottando un criterio soggettivo, ritengono che i delitti di criminalità orga-nizzata comprendano tutti i reati che necessariamente presuppongono l’esistenza di un livello alto di capacità criminale di chi ne è responsabile20 e, ancora, c’è chi sostiene che, tutte le ipotesi di concorso di persone nel reato allorquando vi sia comunque una suddivisone di com-piti al fine di collaborare al raggiungimento del medesimo obiettivo antigiuridico, siano con-figurabili come delitti di criminalità organizzata21.

Le tesi maggiormente restrittive sarebbero da condividere, o forse sono imposte dalla stessa Carta Costituzionale, quando si tende ad applicare le forti deroghe prevista dall’art. 13

16 G. TURONE,Le indagini collegate nel nuovo c.p.p., cit., p. 52. La classificazione dell’autore è accolta

an-che da L. FERRAJOLI, Il coordinamento delle indagini nei procedimenti per delitti di criminalità organizzata, in AA.VV., Mafia e criminalità organizzata, Torino, 1995, p. 479.

17 G. MELILLO,La ricerca della prova fra clausole generali e garanzie costituzionali: il caso della discipli-na delle intercettazioni nei procedimenti relativi a delitti di crimidiscipli-nalità organizzata, in Cass. pen., 1997, p. 3522.

18 Sulle scelte normative in tema di connessione e coordinamento delle indagini preliminari cfr. L. F ERRA-JOLI,Il coordinamento delle indagini nei delitti di criminalità organizzata, cit., p. 539 ss., G. TURONE, Le

inda-gini collegate nel nuovo codice di procedura penale, cit., p. 1 ss., G. TURONE,Il delitto di associazione mafiosa,

Milano, 1995, p. 387 ss., C. TAORMINA,Spunti per una procedura differenziata in materia di criminalità orga-nizzata, in Giust. pen., 1991, III, c. 129 ss.

19 C. TAORMINA,op. cit., c. 129 ss.

20 A. SPATARO, Le intercettazioni telefoniche: problemi operativi e processuali, in Corso di aggiornamento

sulle tecniche di indagine “Giovanni Falcone”, in Quad. CSM, 1994, 69, I, p. 137.

21 D. MANZIONE,Una normativa di emergenza per la lotta alla criminalità organizzata e la trasparenza e il buon andamento dell’attività amministrativa (d.l. n. 152 del 91 e l. n. 203 del 91): uno sguardo d’insieme, in Le-gisl. pen., 1992, p. 852.

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del d.l. n. 152 del 1991 alla disciplina delle intercettazioni, considerato che, la norma speciale comprime il diritto inviolabile alla libertà e segretezza delle comunicazioni e quindi il diritto alla privacy.

Propendendo per la soluzione più restrittiva, i delitti di criminalità organizzata sarebbero quelli indicati nell’art. 51, comma 3-bis, c.p.p., a cui fanno riferimento gli artt. 54-ter e 371-bis c.p.p.22. Si deve, quindi, guardare solo ed esclusivamente ai delitti previsti dall’art. 51, comma 3-bis23 e per quanto concerne i reati di criminalità organizzata terroristica all’art. 51, c. 3-quater e 372, comma 1-bis, c.p.p.

Tuttavia, delle osservazioni riguardo le tesi su esposte paiono necessarie.

In primo luogo, alcuni reati previsti dall’art. 372, comma 1-bis, c.p.p., sono molto lontani dal significato comune di criminalità organizzata; per fare un esempio, il delitto di strage: ove compiere “al fine di uccidere … atti tali da porre in pericolo la pubblica incolumità” (art. 422 c.p.) non comporta necessariamente che si disponga di moduli organizzativi complessi e ten-denzialmente stabili; basta uno psicopatico, che sappia maneggiare armi o esplosivi.

Inoltre, pur riferendoci quando parliamo di delitti di criminalità organizzata al solo art. 51, comma 3-bis, c.p.p., affermando quindi una tesi maggiormente restrittiva e selettiva ri-spetto alle altre esposte, non si risolve l’amplia formulazione dell’articolo che considera i de-litti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416-bis c.p. ovvero al fine di a-gevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo. Si tratta, in effetti, di una “breccia” attraverso la quale potrebbero passare numerose ipotesi di reato. In altri termini, nemmeno l’art. 51, comma 3-bis, c.p.p. sembra essere costruito in termini tassativi e dettaglia-ti24.

La giurisprudenza, dal canto suo, ha avuto diverse occasioni per tentare di chiarire il termine criminalità organizzata, spesso, proprio a proposito dell’applicazione della normativa speciale in tema di intercettazioni, ma pare non aver trovato comunque un equilibrio.

Un primo orientamento, maggiormente restrittivo, ritiene che, nel vigente ordinamento l’espressione delitti di criminalità organizzata ha un significato ben preciso che tende ad indi-viduare non una fattispecie autonoma, ma una categoria di reati definita chiaramente attraver-so l’analitica individuazione delle fattispecie fatta dagli artt. 407, comma 2, lett. a), l’art. 372, comma 1-bis, l’art. 51, comma 3-bis, c.p.p.25.

22 A. CAMON,op. cit., p. 79 ss.; O. LUPACCHINI,La definizione legislativa di criminalità organizzata, in Giust. pen., 1992, I, p. 183; G. CONSO,op. cit., pp. 386-392.

23 In questo senso esplicitamente O. LUPACCHINI,op. cit., p. 183 ss., ma sembra orientato nella stessa

dire-zione R.ORLANDI,Il procedimento penale per fatti di criminalità organizzata dal maxi-processo al grande pro-cesso, in G. GIOSTRA-G. INSOLERA (a cura di), Lotta alla criminalità organizzata: gli strumenti normativi, Mila-no, 1995, p. 88.

24 A. CAMON,op. cit., p. 87. Secondo V. BORRACCIETTI, Criminalità organizzata e funzioni del pubblico

ministero, in G. GIOSTRA-G. INSOLERA (a cura di), Lotta alla criminalità organizzata, cit., p. 105 “la categoria è

talmente vasta che potrebbe rientrarvi qualsiasi reato”; confronta anche R. ORLANDI,op. cit., p. 88, nota 15.

25 In motivazione si legge che “il riferimento ai delitti di criminalità organizzata, poiché incide sui

provve-dimenti limitativi della libertà personale è tassativo e non può andare oltre le ipotesi espressamente previste. Sicuramente tra tali delitti non rientra quello previsto dall’art. 73 d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309 e di conseguenza non si estende a tale reato il regime particolare per l’autorizzazione di intercettazioni telefoniche, introdotto con l’art. 13 del d.l. 152 del 1991 convertito in l. 12 luglio 1991, n. 203; tuttavia l’intercettazione deve ritenersi le-gittimamente disposta, e perciò utilizzabile a fine di prova, quando sia stata autorizzata con riferimento ad un’ipotesi delittuosa rientrante nella categoria dei reati di criminalità organizzata ed all’esito dell’istruttoria l’azione penale venga esercitata per la violazione dell’art. 73 d.p.r. 9.10.1990, n. 309”. Vedi sul punto Cass.,

sez. VI, 27 maggio 1995, Galvanin, in Cass. pen., 1996, p. 998. Non risultano precedenti con riferimento parti-colare al significato della espressione “delitti di criminalità organizzata”.

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In senso contrario, altro orientamento, ha affermato che nella nozione di “criminalità or-ganizzata” devono farsi rientrare le attività criminose più diverse, purché realizzate da una pluralità di soggetti i quali, per la commissione di reati, abbiano costituito un apparato orga-nizzativo26, la cui struttura assume un ruolo preminente rispetto ai singoli partecipanti. Non può, invece, accettarsi un’interpretazione restrittiva che intenda circoscrivere la categoria dei reati di criminalità organizzata nei ristretti confini di cui agli artt. 407, comma 2, lett. a), 372 comma 1-bis, 51 comma 3-bis c.p.p.; un interpretazione di tal genere, infatti, contrasterebbe con il dato letterale della norma in tema di intercettazioni e, soprattutto, con la ratio della de-roga27.

In altre pronunce, la Suprema Corte di Cassazione ha statuito che la nozione "criminalità organizzata" resta rigorosamente ancorata a criteri sociologici e criminologici che sono in grado di definire con sufficiente specificità i reati in esame. Il concetto criminalità organizzata comprende le attività criminose più diverse, purché realizzate da una pluralità di soggetti che, per la commissione di più reati, abbiano costituito un apparato organizzativo, quindi, in cui la struttura organizzata assume ruolo preminente rispetto ai singoli partecipanti28.

In conclusione, pare potersi dedurre che, nella gran parte dei casi, la giurisprudenza è o-rientata a far rientrare nel concetto di criminalità organizzata le attività criminose di qualsiasi tipo, purché realizzate da una pluralità di soggetti dotati di un apparato organizzato apposita-mente costituito per la commissione di più reati29.

Da questa ricostruzione della dottrina e della giurisprudenza è evidente che non esiste un concetto chiaro, tassativo e determinato di delitti di criminalità organizzata, alcune volte si tende ad ampliare il concetto comprendendo diverse tipologie di delitti ed altre volte, ma con minore ricorrenza, si tenta invece di vincolarlo con specifici riferimenti normativi contenuti nel codice.

Guardando infine alla prospettiva criminologica e/o sociologica vengono richiesti, al fi-ne del positivo riconoscimento di un fenomeno di criminalità organizzata, requisiti ulteriori rispetto ad una semplice attività criminale realizzata in forma associativa e sia pure finaliz-zata ad obiettivi di profitto illecito dei singoli protagonisti. Tuttavia, la definizione acquisita in tali scienze non è certo adeguata al mondo del diritto, soprattutto quando si cerca tassati-vità30.

26 Cass., sez. VI, 25 novembre 2003, Matarrelli, in Guida dir., 2004, 17, p. 95.

27 Deroga che è riconoscibilmente volta a concedere più incisivi strumenti di indagine, quando l’ipotesi di accusa comprenda delitti che, per la modalità di commissione, per il coinvolgimento di più persone, per il pre-supposto organizzativo che li caratterizza, appaiono potenzialmente e particolarmente destabilizzanti dell’ordine sociale vedi: Cass., sez. V, 20 ottobre 2003, n. 46221, Altamura, in Guida dir., 2004, 10, p. 98.

28 Cass., sez. VI, 7 gennaio 1997, n. 7, Pacini Battaglia, in Cass. pen., 1997, p. 1930; Cass., sez. I, 13 luglio 1998, Ingrosso, in Mass. uff. 211167 e in Giust. pen., 1999, III, p.360; Cass., sez. I, 27 gennaio 2005, p.g. in proc. Tomasi, in Mass. uff. 230454 e in Ind. pen., 2006, 1, p.133.

29 Cass., sez. VI, 4 marzo 1997, Pacini Battaglia, cit., p.344, con nota di CARMONA; Cass. pen., sez. I, 2 lu-glio 1998, n. 3972; Cass. pen., sez. V, 20 ottobre 2003, n. 46221, in Cass. pen., 2005, 2, p. 521; Cass. pen., sez. I, 20 dicembre 2004, n. 2612, in CED Cass., 2005, RV230454; Cass. pen., sez. un., 22 marzo 2005, n. 17706, in

CED Cass., 2005, RV230895.

30 G. FIANDACA, Criminalità organizzata e controllo penale, in Ind. pen., 1991, p. 25 ss.; M.MADDALENA,

I problemi pratici nelle inchieste di criminalità organizzata nel nuovo processo penale, in AA.VV.,Processo

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