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Dentro l’Unione: 1) il perfezionamento dei meccanismi di mutua assistenza giudiziaria (la Convenzione di assistenza giudiziaria di Bruxelles del 2000)

di Michele Panzavolta

5. Dentro l’Unione: 1) il perfezionamento dei meccanismi di mutua assistenza giudiziaria (la Convenzione di assistenza giudiziaria di Bruxelles del 2000)

Cosa ha fatto l’Unione europea (UE) in questo settore? Si sente spesso ripetere che l’Unione è più concentrata sull’efficienza investigativa che sulle garanzie, che lo spazio di li-bertà sicurezza e giustizia sarebbe sbilanciato più sulla sicurezza che sulla lili-bertà. L’UE sa-rebbe animata prevalentemente dalla preoccupazione di perseguire i crimini, mentre il fronte garantista delle istituzioni continentali sarebbe rappresentato dal Consiglio d’Europa (nella cui orbita si inscrive la CEDU).

Un simile giudizio non ricalca però perfettamente le iniziative intraprese in tema di inter-cettazioni. Lo strumento fondamentale in materia è la Convenzione di mutua assistenza giudi-ziaria di Bruxelles del 29 maggio 2000 (2000/C 197/01, d’ora innanzi Conv. EU 2000)27.

Come si legge nell’art. 1, la Conv. EU 2000 è “volta a completare” il quadro normativo esistente in materia di assistenza giudiziaria, integrando quindi la disciplina già offerta dalla Conv. 1959 e dal suo protocollo aggiuntivo del 1978, nonché dalla Convenzione di applica-zione dell’accordo di Schengen 199028. Essa fissa, fra l’altro, regole specifiche per la coope-razione giudiziaria riferite alle intercettazioni di telecomunicazioni, concetto che la conven-zione non definisce, ma che – secondo la relaconven-zione esplicativa29 – va “inteso nella sua acce-zione più ampia”, sino ad includere le intercettazioni di comunicazioni tramite internet30 e, secondo alcuni, persino gli stessi tabulati31.

In materia di intercettazioni, la Convezione punta sostanzialmente a tre obiettivi fonda-mentali: 1) chiarire la dislocazione territoriale delle operazioni di intercettazione; 2) provve-dere a superare gli ostacoli tecnici per l’intercettazione di conversazioni di utenti che si

trova-27 La Convenzione è entrata in vigore il 23 agosto 2005 all’atto della ratifica da parte di otto Stati membri.

28 In generale, sulla Conv. EU 2000, v. L.SALAZAR, La nuova convenzione sull’assistenza giudiziaria in

materia penale, in Dir. pen. proc., 2000, pp. 1534 ss. e 1664 ss.; E.CALVANESE-G.DE AMICIS, Appunti sulla

nuova convenzione di assistenza giudiziaria penale tra gli stati membri dell’Unione europea, in Giur. merito,

2000, IV, p. 1052 ss.; E.SELVAGGI, Una ratifica in tempi rapidi per assicurare l’operatività dello strumento, in

Guida dir., 2000, p. 120 ss.; E.APRILE, Diritto processuale penale europeo e internazionale, Cedam, Padova, 2007, p. 48 ss.; E.DENZA,The 2000 Convention on Mutual Assistance in Criminal Matters, in 40 Common Market Law Review (2003), p. 1047 ss.

29 Il testo della Relazione esplicativa sulla convenzione del 29 maggio relativa all’assistenza giudiziaria in

materia penale tra gli Stati membri dell’unione europea (approvato dal Consiglio dell’Unione europea il 30

no-vembre 2000) si può leggere nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee del 29 dicembre 2000, C 379, p. 7 ss.

30 Questa posizione, già espressa nella relazione esplicativa alla convenzione, è condivisa daB.PIATTOLI,

Cooperazione giudiziaria e pubblico ministero europeo, Milano, 2002, p. 181.

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no sul proprio territorio; 3) definire regole per l’intercettazione oltreconfine32.

Conviene partire da quest’ultimo punto, che concerne lo scenario tradizionale di uno Stato che voglia intercettare una persona che si trovi sul territorio di un altro Stato, senza averne le capacità tecniche. La strada obbligata per quest’ipotesi è quella di avanzare una tradizionale richiesta di cooperazione giudiziaria, con cui uno Stato chiede ad un altro di procedere ad in-tercettare l’utenza che si trova nel territorio di quest’ultimo.

La Convenzione si preoccupa di regolamentare questa ipotesi classica, per la quale, si è detto, mancavano prima regole ad hoc vincolanti (art. 18, § 2 b).

L’autorità giudiziaria (o un’“autorità competente equivalente”)33 dello Stato richiedente dovrà inoltrare una richiesta che indichi: a) l’autorità da cui proviene la domanda; b) la con-ferma che si tratta di un ordine legittimo emesso nell’ambito di un procedimento penale; c) le informazioni necessarie per l’identificazione della persona da intercettare; d) l’indicazione della condotta criminale sottoposta ad indagine; e) la durata dell’intercettazione; f) la comuni-cazione, se possibile, di una quantità di dati tecnici sufficienti per soddisfare materialmente la domanda (art. 18, § 3, destinato a sostituire l’art. 14 Conv. 1959 per quanto concerne le ri-chieste di intercettazioni).

Lo Stato richiesto può poi anche esigere una sintesi dei fatti34, nonché le ulteriori infor-mazioni che gli permettano di valutare se l’intercettazione sarebbe possibile in un caso analo-go a livello nazionale (art. 18, § 4)35. Nell’ambito di una tale verifica, che ove si concluda ne-gativamente potrebbe condurre ad un rifiuto da parte dello Stato richiesto di prestare coopera-zione, dovrebbero rientrare sia il controllo del requisito della doppia incriminacoopera-zione, sia la sussistenza dei requisiti di ammissibilità dell’intercettazione previsti dal diritto interno.

Questa disciplina configura un regime “aggravato” di cooperazione36, con regole più rigi-de di quelle generalmente previste per la richiesta di assistenza giudiziaria oltreconfine.

La Conv. EU 2000 stabilisce poi che la regola sia quella dell’immediata trasmissione del flusso comunicativo allo Stato membro richiedente (art. 18, § 1, lett. a), che potrebbe dirsi, mutuando un’espressione di marca italiana, “remotizzazione”37. L’eventualità in cui lo Stato 32 Per una ricostruzione della disciplina della Conv. EU 2000 in materia di intercettazioni di comunicazioni v. A.WEYEMBERGH-S.DE BIOLLEY, The EU Mutual Legal Assistance Convention of 2000 and the Interceptions

of Telecommunications, in 8 European Journal of Law Reform (2006), p. 285 ss.

33 La Conv. EU 2000 tiene in considerazione il fatto che in alcuni Stati membri le misure d’intercettazione sono disposte da autorità non giudiziarie (organi di polizia, servizi doganali, ecc.), Ai sensi degli artt. 17 e 24, § 1, lett. e), Conv. EU 2000, gli Stati membri possono così indicare, al momento della notifica al segretario genera-le del Consiglio dell’Unione europea, che genera-le richieste di cooperazione giudiziaria concernenti genera-le intercettazioni possono essere avanzate da un’autorità non giudiziaria, “se le autorità giudiziarie non hanno competenza nel set-tore”. Su questo punto, anche per un catalogo di massima delle diverse autorità competenti, v. D.FLORE, Droit

pénal européen, cit., p. 357.

34 La Relazione esplicativa, cit., p. 22, precisa che “per interpretare questi termini occorre riferirsi all’art. 12, paragrafo 2, lettera b) della convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957, anche se non corri-spondono esattamente a quelli utilizzati in detta convenzione”.

35 Questa formula è stata preferita a quella della “conformità al diritto nazionale”, la quale avrebbe potuto dar origine a complicazioni per via della tassatività delle previsioni di molte legislazioni nazionali circa le autori-tà abilitate a disporre l’intercettazione (v. Relazione esplicativa, cit., p. 22: “poiché, in linea generale, le varie legislazioni nazionali sulle intercettazioni prevedono in modo restrittive le autorità abilitate a disporre intercetta-zioni, una richiesta emanata da un’autorità straniera rischierebbe di essere contraria alla legge nazionale sulle in-tercettazioni”).

36 Di “meccanismo rogatoriale semplificato” parlano E.CALVANESE-G.DE AMICIS, Appunti sulla nuova

convenzione, cit., p. 1060.

37 Di “interception en temps réel”, contrapposta all’“interception a posteriori” (ossia, alla registrazione delle conversazioni intercettate), parla D.FLORE, Droit pénal européen, p. 357.

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richiesto proceda, oltre che all’intercettazione, anche alla registrazione delle telecomunicazio-ni, per poi inviarle all’autorità straniera richiedente, dovrebbe invece costituire un’eccezione (art. 18, § 1, lett. b), nel senso che è possibile ricorrervi solo “se non è possibile effettuare la trasmissione immediata”. Questa previsione inverte il rapporto regola/eccezione che da sem-pre caratterizza la prassi tradizionale di mutua assistenza38. Essa reca l’impronta dei plenipo-tenziari del Regno Unito: secondo il Governo britannico, infatti, la registrazione delle conver-sazioni è il momento che più lede la libertà di comunicazione delle persone39.

Si è già visto però che gli sviluppi tecnologici prefigurano anche nuovi scenari: 1) in al-cuni casi, uno Stato ha la possibilità tecnica di intercettare al di fuori del proprio territorio; 2) in altri, all’opposto, uno Stato non dispone direttamente della tecnologia per intercettare le conversazioni che si svolgono sul proprio territorio. Queste ultime sono le ipotesi legate alla telefonia satellitare, che può essere intercettata solo tramite stazioni di terra (o di ingresso, ga-teway) del segnale satellitare. Se uno Stato non possiede sul proprio territorio una stazione d’ingresso, allora si trova impossibilitato ad effettuare le intercettazioni.

Rispetto a questi scenari, la Convenzione interviene per rimuovere limiti, ma anche per definire confini, partendo da un criterio preciso: il luogo in cui si trova la persona sottoposta ad intercettazione.

A) Rimuovere limiti

Si prevede che uno Stato, il quale voglia intercettare una persona che si trovi sul proprio territorio non disponendo di una stazione d’ingresso (art. 18, § 2, lett. a), possa chiedere l’accesso ad un altro Stato, il quale potrà concederlo40 senza particolare formalità (art. 18, § 5, lett. a). Anzi, si può addirittura far domanda per ottenere una sorta di autorizzazione “conti-nuata”, nel senso che ad un provider di servizi telefonici di un paese sia permesso di accedere sempre alla stazione di terra estera, tramite una sorta di “telecomando” (evitando così di dover ogni volta spiccare una richiesta di cooperazione allo Stato estero), “senza coinvolgere lo Sta-to in cui è situata la stazione di ingresso” (art. 19, §§ 1 e 2)41.

Si noti che questa forma semplificata di cooperazione di “interception from a distance”42 non esclude la possibilità di spiccare una più tradizionale richiesta di assistenza giudiziaria, nel senso di chiedere allo Stato in cui si trova la stazione di ingresso di procedere ad intercet-tazione, il che varrà in particolare per i casi di “mancanza di intermediario nello Stato mem-38 A.WEYEMBERGH-S.DE BIOLLEY, The EU Mutual Legal Assistance Convention of 2000 and the

Intercep-tions of TelecommunicaIntercep-tions, cit., p. 297.

39 A.WEYEMBERGH-S.DE BIOLLEY, The EU Mutual Legal Assistance Convention of 2000 and the

Intercep-tions of TelecommunicaIntercep-tions, cit., p. 297.

40 È stato giustamente notato che l’uso del verbo “potere” nella lett. a) dell’art. 18, § 5 (“may allow” nella versione inglese) crea qualche ambiguità, specie se raffrontato con il verbo della frase introduttiva del § 5: “si impegna a soddisfare” (“shall undertake to comply with the request” nella versione inglese); A.WEYEMBERGH -S.DE BIOLLEY, The EU Mutual Legal Assistance Convention of 2000 and the Interceptions of

Telecommunica-tions, cit., p. 293.

41 La situazione può farsi anche più intricata, per quei casi in cui uno Stato voglia intercettare l’utenza satel-litare di una persona situata nel territorio di un altro paese in cui non è presente una stazione d’ingresso (art. 18, § 2, lett. c). In questi casi, si dovrà fare richiesta di rogatoria allo Stato terzo in cui si trova la stazione di terra (secondo le previsioni dell’art. 18, §§ 3 e 4) ed ottenere poi l’autorizzazione (secondo quanto prescrive l’art. 20) dallo Stato nel cui territorio si trova l’utenza da sottoporre a sorveglianza. Ma è anche possibile richiedere a quest’ultimo Stato di attivare un “telecomando” presso lo Stato terzo che dispone del gateway (art. 19, § 3).

42 L’espressione è di A.WEYEMBERGH-S.DE BIOLLEY, The EU Mutual Legal Assistance Convention of

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bro richiedente”, ossia quando manchi un in quest’ultimo Stato un fornitore di servizi che di-sponga della tecnologia per accedere alla stazione d’ingresso (art. 19, § 4)43.

B) Definire confini

Se uno Stato membro ha la potenzialità tecnica di intercettare l’utenza di una persona che si trova all’estero44, deve tuttavia informare lo Stato nel cui territorio quell’utenza si trova, prima di avviare l’operazione, o subito dopo essere venuto a conoscenza dello spostamento della persona (art. 20, § 2)45.

L’informativa deve contenere un certo numero di indicazioni46, in particolare: l’indica-zione dell’autorità che ha disposto l’ordine di intercettal’indica-zione, la conferma che si tratti di ordi-ne legittimo riferito ad un’indagiordi-ne penale, le informazioni ai fini dell’identificazioordi-ne della persona sottoposta a intercettazione, l’indicazione della condotta criminale soggetta ad inda-gine e la durata prevista dell’intercettazione (art. 20, § 3). Si tratta, come si può notare, della stessa quantità di informazioni previste dall’art. 18, § 3 per il caso della domanda di rogatoria allo Stato estero per compiere intercettazioni.

Lo Stato informato deve rispondere immediatamente e comunque non oltre le 96 ore (quattro giorni):

a) se consente che l’intercettazione sia effettuata o proseguita (e può subordinare il suo assenso alle condizioni applicabili ad un caso analogo a livello nazionale);

b) se esige invece che l’intercettazione non sia effettuata o sia conclusa, quando essa sia contraria al diritto interno o ricorra uno dei casi previsti dall’art. 2 della Conv. 1959 (ossia, se la domanda è riferita a reati politici o fiscali, ovvero se la domanda è di natura tale da nuocere alla sovranità, alla sicurezza, all’ordine pubblico o ad altri interessi essenziali del paese)47. I motivi del diniego dovranno essere attestati per iscritto. In alternativa al rifiuto, si possono porre specifici divieti o condizioni di uso delle intercettazioni, giustificando le restrizioni poste.

Qualora, per assumere la propria decisione, lo Stato informato dovesse attivare procedure particolari, come ad esempio nel caso fosse necessario munirsi di una autorizzazione per la 43 Secondo la Relazione esplicativa, cit., p. 24, la previsione dell’art. 19, § 4 sarebbe essenziale anche per le ipotesi in cui si possa prevedere che il bersaglio si muova verso un altro Stato membro. V. anche A.W EYEM-BERGH-S.DE BIOLLEY, The EU Mutual Legal Assistance Convention of 2000 and the Interceptions of

Telecom-munications, cit., p. 285 ss.

44 Questa situazione potrebbe verificarsi non solo in relazione ad ipotesi di telefonia satellitare, ma anche a forme di telefonia mobile tradizionale. A. WEYEMBERGH-S. DE BIOLLEY, The EU Mutual Legal Assistance

Convention of 2000 and the Interceptions of Telecommunications, cit., p. 289), riprendendo le parole della

rela-zione introduttiva, circoscrivono questa seconda eventualità ai casi in cui la conversarela-zione su network tradiziona-li (non sateltradiziona-litari) si svolga “in border zones, because network coverage cannot correspond exactly to a

country’s borders”. Rimane aperto però il quesito, già sollevato supra nel testo (§ 2), se l’intercettazione

all’estero di un’utenza mobile nazionale (id est, servita da un provider telefonico nazionale) configuri o meno una forma di intercettazione oltreconfine: se la risposta fosse positiva anche quest’ipotesi andrebbe inclusa fra le possibilità di intercettazione “extraterritoriale”. Ritiene invece che le previsioni della Conv. EU 2000 siano rife-ribili ai soli casi di telefonia satellitare, D.FLORE, Droit pénal européen, cit., p. 358 s.

45 Si noti che, per espressa previsione dell’art. 20, § 1, questa disciplina si applica esclusivamente alle inter-cettazioni c.d. giudiziarie. Per una parziale eccezione a questa regola con riferimento alle intercettazione compiu-te dal “security service” del Regno Unito, v. Relazione esplicativa, cit., p. 24.

46 Ma è lasciata agli Stati la possibilità di dichiarare di non avere bisogno delle informazioni previste nell’art. 20 (art. 20, § 7).

47 Osserva D.FLORE, Droit pénal européen, cit., p. 359, che “on assiste là a un cumul des conditions de

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peculiare qualifica del soggetto intercettato (membro del Parlamento, avvocato, etc.), può ri-chiedere per iscritto una breve proroga temporale, fino ad un massimo di otto giorni (oltre i quattro inziali).

L’effettività della decisione dello Stato informato trova poi tutela nella previsione dell’art. 20, § 4: finché non abbia assunto le proprie determinazioni, lo Stato membro che effettua l’in-tercettazione può proseguirla, ma gli è precluso utilizzare le conversazioni già intercettate, se non per provvedimenti urgenti intesi a prevenire un pericolo grave per la sicurezza pubblica o se diversamente convenuto tra gli Stati membri interessati.

Questa disciplina è stata criticata sostenendo che, se è ragionevole il diritto all’informa-tiva, meno ragionevole è che si preveda “un potere [dello Stato informato] di incidere radi-calmente su intercettazioni che (per definizione) sono state comunque lecitamente disposte dall’autorità giudiziaria di un altro Stato membro, sino al punto di poterne ordinare la cessa-zione e l’inutilizzabilità”48. Ed ancora si è detto che “la nuova disciplina reca con sé anche il rischio di creare una serie di “trappole” procedurali possibilmente foriere di effetti negativi sull’utilizzabilità stessa degli elementi raccolti”, facendo riferimento alla “situazione di incer-tezza” di ben dodici giorni che lo Stato informato può imporre allo Stato pronto ad intercetta-re (o che abbia già avviato l’intercettazione)49.

La critica però non coglie nel segno. A parte che la disciplina suesposta non pare presen-tare insidie procedurali eccessive, essa serve invece a ripristinare le sovranità statali e, soprat-tutto, la regola per cui la libertà nel territorio di uno Stato va rispettata secondo le regole poste da quell’ordinamento giuridico, evitando che le autorità di altri paesi possano compiere peri-colose e silenziose incursioni nello spazio di libertà garantito da altri paesi. Allo stesso tempo, anche il tempo concesso allo Stato informato per decidere – che solo in casi eccezionali potrà essere di dodici giorni – non danneggia lo Stato che abbia già avviato l’intercettazione, poiché a quest’ultimo è comunque possibile proseguire la sorveglianza e, ricevuto l’assenso, utilizza-re tutte le conversazioni captate.

Complessivamente la Conv. EU 2000 sembra distinguersi proprio per il suo approccio prudente ed equilibrato. Nel prevedere un corposo corredo di informazioni per le richieste di intercettazione all’estero e casi aggiuntivi di rifiuto, nel definire il raggio d’azione dell’inter-cettazione, nello stabilire che ogni forma di sconfinamento debba essere comunicata e riceve-re l’assenso dell’autorità straniera, la Conv. EU 2000 si priceve-reoccupa di assicurariceve-re che la tutela, predisposta a livello nazionale, della libertà di comunicare riservatamente non venga infranta. Senza perdere di vista l’efficienza della cooperazione, la Convenzione mette dunque al centro della propria azione la protezione della libertà50. L’insieme di queste regole non sembra rien-trare nel cliché dell’Unione europea come istituzione votata alla repressione dei crimini più che alla tutela delle garanzie.

48 L.SALAZAR, La nuova convenzione sull’assistenza giudiziaria in materia penale (ii), cit., p. 1668,

49 Sempre L. SALAZAR, La nuova convenzione sull’assistenza giudiziaria in materia penale (ii), cit., p. 1668.

50 Equivalente giudizio è tratto da B.PIATTOLI, Cooperazione giudiziaria e pubblico ministero europeo, cit., p. 181: “La normativa in parola deve essere apprezzata sia sotto il profilo della tutela dei diritti individuali, for-nendo una disciplina precisa e rigorosa ad una materia particolarmente delicata come quella delle intercettazioni, sia sotto il profilo dell’integrazione procedurale, atteso il riconoscimento di un obbligo specifico di collaborazio-ne in tale settore da parte di tutti i Paesi membri, rideficollaborazio-nendo così i confini concettuali imposti dal principio di sovranità”. Similmente, v. D.FLORE, Droit pénal européen, cit., p. 356.

Michele Panzavolta 80 6. Segue: 2) il superamento dei meccanismi di assistenza giudiziaria

L’azione dell’UE non si risolve dunque solo nella ristrutturazione dei meccanismi di assi-stenza giudiziaria. Ad essa si affianca l’introduzione di strumenti volti ad agevolare la coope-razione – anche sul fronte dell’effettuazione di intercettazioni – che scavalcano la logica tra-dizionale della domanda di rogatoria all’estero. In questo secondo filone rientrano anche isti-tuti come le squadre investigative comuni ed organi come Eurojust.

Nell’ambito della Conv. EU 2000 si rinviene una previsione dedicata all’istituzione di squadre investigative comuni (art. 13), disciplina poi replicata in una apposita decisione qua-dro (decisione quaqua-dro del 13 giugno 2002 sulle squadre comuni investigative, 2002/465/JHA), varata per via del ritardo nell’entrata in vigore della Convenzione51. Sono squadre costituite su accordo delle autorità di due o più stati membri per svolgere indagini di carattere transna-zionale52. La presenza nella squadra di figure provenienti dagli Stati aderenti consente di ope-rare (id est, compiere atti investigativi) sul territorio di ciascuno di tali Stati membri, seguen-do ogni volta le regole vigenti in quello Stato (seconseguen-do il principio del locus regit actum). La costituzione della squadra permette così di evitare il ricorso alle complicate procedure di assi-stenza giudiziaria, in favore di una più agile ed efficace azione investigativa.

Nell’ambito di questa cornice, fra gli atti che la squadra investigativa comune può com-piere rientrano anche le operazioni di intercettazione telefonica, le quali potranno così benefi-ciare del più agile meccanismo insito in questa forma di cooperazione.

La costituzione di una squadra investigativa comune dovrebbe dunque permettere di in-tercettare in diversi paesi senza doversi muovere nel più laborioso reticolo delle regole di mu-tua assistenza giudiziaria prima illustrate, assicurando allo stesso tempo la successiva spendita processuale dei risultati ottenuti con la captazione. Ma su quest’ultimo punto la cautela è d’obbligo, dovendosi tenere conto delle previsioni che circoscrivono l’utilizzazione delle in-formazioni ottenute, le quali, pur perseguendo l’obiettivo di assicurarne un ampio uso proces-suale, nondimeno configurano significative eccezioni. Ai sensi dell’art. 13, § 10 Conv. EU 2000 (e dell’equivalente art. 1, § 10 della decisione quadro), le informazioni legalmente otte-nute da una squadra investigativa comune e non altrimenti disponibili per le autorità compe-tenti dello Stato membro interessato potranno essere impiegate:

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