La recente applicazione della datio in solutum in ambito urbanistico.
8. Considerazioni finali sulla struttura della cessione in solutum: dalla datio in
solutum di terzo alla datio in solutum con adempimento del terzo
A questo punto vale la pena osservare che, quantunque la figura della datio
in solutum del terzo, che, come pensiamo di avere dimostrato, è pienamente
compatibile con la c.d. teoria del negozio solutorio, mal si attaglia tuttavia, sul piano strutturale, alla fattispecie di trasferimento in solutum di beni e diritti edificatori ad opera di un terzo.
Non è infatti possibile prescindere in questa sede dalla volontà del debitore, atteso che l’accordo di cessione in solutum non interviene tra creditore e terzo, ma tra creditore (il proprietario espropriando) ed il debitore (la Pubblica Amministrazione) che manifesta il proprio consenso all’esecuzione dell’aliud con una determinazione ex art. 11 l. 241/90.
Riteniamo piuttosto che nella fattispecie de qua sia più corretto parlare dogmaticamente di accordo di carattere configurativo, stipulato ex art. 11 l. 241/90 che programma una datio in solutum (bilaterale tra creditore e debitore), cui si affianca un atto esecutivo di adempimento del terzo ex art. 1180 c.c., posto in essere in esecuzione di un accordo, questa volta precettivo, stipulato tra la P.A. ed il terzo.
La cessione in solutum segue, infatti, lo schema proprio dei congegni di contrattazione reale, nel senso che imprende con un accordo configurativo e si perfeziona con il dispiegamento di una vicenda attributiva finale.
La combinazione dell’adempimento del terzo con l’accordo di cessione in compensazione non contraddice la struttura bilaterale dell’accordo configurativo debole che, ribadiamo, viene stipulato ex art. 11, l. 241/90. L’esecuzione dell’aliud, nell’ambito dello svolgimento della sequenza procedimentale programmata non deve, infatti, essere necessariamente eseguita dal debitore, ma
può essere compiuta anche da un terzo in funzione di definitiva assunzione e, nel contempo, attuazione dell’impegno traslativo.
L’adempimento del terzo, infatti, assume, in chiave procedimentale, i caratteri di atto esecutivo perfezionativo del programma solutorio, secondo lo schema della contrattazione reale, e, nel contempo, di atto negoziale ex art. 1180 c.c., idoneo a soddisfare immediatamente l’interesse creditorio in virtù della destinazione solutoria impressa dal creditore e dal debitore. In tale ottica, è, ancora una volta, la duttile osmosi tra fase programmatica del consenso ed esecutiva a giustificare la combinazione tra i due congegni. Il tutto in piena coerenza con la ricostruzione in chiave procedimentale della datio in solutum proposta in questa sede.
Collocandosi in tale prospettiva costruttiva, possiamo definitivamente distinguere nella fattispecie de qua due accordi funzionalmente collegati sotto il profilo causale. Da un lato, abbiamo un accordo negoziale debole che programma una datio in solutum ex art. 1197 c.c., e, dall’altro, un accordo precettivo integrativo ed accessorio al piano perequativo, tra debitore (la P.A) e terzo c.d. attuatore, in forza del quale quest’ultimo assume l’obbligazione di esecuzione dell’aliud (adempimento del terzo ex art. 1180 c.c.)
Ne deriva che qualora a seguito dell’ esecuzione dell’aliud e, quindi, del perfezionamento del regolamento solutorio, si registri la inattuazione ovvero la inesatta attuazione del risultato traslativo, il proprietario espropriando, secondo le comuni regole che governano la datio in solutum, potrà agire verso la P.A. (debitore), esperendo i rimedi della garanzia per vizi e della garanzia per evizione, nonché domandando il risarcimento del danno. Donde, in virtù dell’effetto costitutivo promanante della sentenza di risoluzione dell’accordo de quo, il proprietario potrà, domandare l’adempimento dell’obbligazione pecuniaria di indennizzo governata dalle norme di cui al D.P.R. 327 /2001.
Qualora invece difetti l’esecuzione dell’aliud il creditore espropriando sarà legittimato all’esperimento di una azione risarcitoria per violazione del dovere di buona fede e art. 1337 c.c.. La natura di tale responsabilità come abbiamo visto deve ritenersi, al d là delle storiche contrapposizioni dogmatiche, di carattere contrattuale atteso che, mutuando le considerazioni formulate nel corso della presente trattazione, il suo fatto generatore si colloca nella fase esecutiva del programma obbligatorio di base enucleato nella datio in solutum. Rimane ovviamente impregiudicata anche in questo caso la domanda avente ad oggetto l’adempimento della obbligazione originaria di indennizzo programmata nella cessione sostitutiva di esproprio.
B
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