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La Datio in solutum di terzo e la cessione di diritti edificatori.

La recente applicazione della datio in solutum in ambito urbanistico.

7. La Datio in solutum di terzo e la cessione di diritti edificatori.

Individuato il fondamento normativo dell’ applicazione della disciplina privatistica e, quindi, dell’art. 1197 c.c. alla cessione di beni e diritti edificatori in

solutum, si tratta ora di comprendere il fondamento, la natura ed i caratteri del

meccanismo, recepito nella prassi dei legislatori regionali395, in forza del quale, come già anticipato, la pubblica amministrazione, debitrice dell’indennizzo, per sopperire alla carenza di aree rientranti nella propria disponibilità, stipula una distinta convenzione, accessoria al piano perequativo, con un soggetto terzo che si obbliga ad eseguire il trasferimento in solutum del bene, ovvero di diritti edificatori, direttamente al proprietario espropriando creditore dell’indennizzo.

Si tratta, quindi, di un fenomeno che parrebbe prima facie ascrivibile allo schema della c.d. datio in solutum del terzo la cui ammissibilità, come è noto, al di là delle affermazioni di principio396 è alquanto dibattuta in dottrina.

Ci si propone, quindi, di analizzare sul piano strutturale la c.d. datio in

solutum del terzo, per comprendere, in un primo momento, se tale fattispecie sia

ammissibile sul piano dogmatico ed, in seconda battuta, se sia sovrapponibile al congegno normativo supra descritto.

Orbene nello schema della datio in solutum del terzo, come è noto, il creditore riceve la prestazione dell’aliud da un soggetto che non è parte del rapporto obbligatorio originario

La dottrina e la giurisprudenza397, sostengono, infatti, con una certa ripetitività, la pacifica ammissibilità dell’istituto de quo. Ciò non dimeno al di là delle affermazioni di principio, i vari indirizzi nel pervenire a tale risultato, seguono percorsi logico giuridici diversi, fortemente condizionati dalla ricostruzione strutturale funzionale ed effettuale della datio in solutum cui aderiscono.

nell’ipotesi di inadempimento dell’obbligo di adottare un provvedimento con un determinato contenuto, i privati potrebbero avvalersi dell’azione ex art. 2932 c.c., in luogo della promozione di giudizi aventi efficacia circoscritta ai fini dell’adempimento di tale obbligo, ovvero potrebbero intraprendere un giudizio di impugnazione del provvedimento adottato dalla amministrazione con un contenuto difforme da quello indicato nell’accordo. In definitiva, quindi, a fronte di un provvedimento amministrativo di contenuto difforme dall’accordo, i privati potrebbero alternativamente ottenere una pronuncia giudiziale di nullità di tali provvedimenti ex art. 21 septies, l. 241/90 ovvero esperire entro il termine di prescrizione ordinaria l’azione di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. Del medesimo avviso Cass. S.U., 7 ottobre 1983, n. 583 in

Giust.civ. Mass. 1983, fas. 9. L’orientamento risalente riteneva inammissibile il rimedio

ex art. 2932 c.c. essendo diretto ad imporre alla P.A. un facere incoercibile rientrante

nella sfera di discrezionalità della P.A. Sul punto, G. FERRARI,R.GAROFOLI, op.cit., p.

1116.

395 Sul punto, E. B

OSCOLO,Pianificazione comunale per il governo del territorio, cit., p.

231.

396 La dottrina, con una certa ripetitività, per un verso muove dalla affermazione di

principio secondo cui la datio in solutum di terzo è pacificamente ammessa, laddove, per altro verso, subordina tale ammissibilità ad una preventiva disamina delle soluzioni costruttive proposte sull’istituto generale della datio in solutum ex art. 1197 c.c.

Si è infatti evidenziata in dottrina, per citare un primo esempio, l’incompatibilità della datio in solutum di terzo con una ricostruzione dell’istituto in chiave di modificazione oggettiva del rapporto. L’indirizzo in commento, non consente, infatti, di dare adeguatamene conto dell’ efficacia liberatoria dell’istituto che, seguendo tale impostazione, rivestirebbe sul piano strutturale, come abbiamo visto, natura consensuale, e, quindi, presuppone una preventiva manifestazione di consenso del debitore398, nel caso di specie mancante. La vicenda modificativa, secondo tale indirizzo, si produce, infatti, soltanto con la prestazione dell’aliud, e, quindi, sarebbe il risultato dell’attività esecutiva del terzo399. Donde la tesi in commento parrebbe in contraddizione con le sue stesse premesse costruttive.

Si è tentato di sfuggire a tali rilievi sostenendo che in presenza di un accordo intevenuto direttamente tra creditore e terzo, la fattispecie possa essere ricostruita quale contratto a favore di terzo. Si è tuttavia osservato criticamente che, anche a voler ammettere un’ elastica nozione concettuale di beneficio attribuito al terzo, comprensiva, oltre che dell’ attribuzione di un diritto anche della liberazione di un obbligo, la stipulazione a favore di terzo non è un requisito essenziale che identifica un determinato tipo contrattuale. Piuttosto parrebbe, tendenzialmente, una clausola accessoria ad un preesistente genus di contratto tipico400, altrimenti destinato a produrre effetti inter partes. Peraltro nel caso di specie la vicenda giuridica, consistendo nel beneficio della liberazione da un obbligo, non potrebbe prodursi tra creditore e terzo qualora il debitore rinunci alla stipulazione in proprio favore. Tali rilievi, tuttavia, non paiono decisivi. Come è noto, infatti, il nostro ordinamento conosce fattispecie negoziali strutturalmente a

398

In tal senso, E. BILOTTI, op.cit., p. 98, secondo il quale la modificazione della

prestazione, operando su un piano oggettivo incide, infatti, sulla persona del debitore, nella cui sfera soggettiva potrebbe anche produrre effetti svantaggiosi.

399

In tal senso, E. BILOTTI, op.cit., pp. 98, 99 secondo il quale soltanto la riduzione della

modificazione oggettiva a mera finzione giuridica può portare a ritenere che creditore e terzo possano disporre della vicenda anche senza il consenso del debitore. Una volta ammessa la modificazione dell’oggetto del rapporto tramite un accordo intercorso tra creditore e terzo, infatti, la prestazione dell’aliud dovrebbe costituire coerentemente con le premesse, un adempimento del terzo del debito modificato. Donde nel ricevere la prestazione del terzo il creditore potrebbe surrogarlo nei suoi diritti verso il debitore ex art. 1201 c.c., ovvero la surrogazione opererebbe ex lege allorquando ricorrano le ipotesi di cui all’art. 1203 c.c. (c. d. surrogazione legale). Ricorrerebbe, quindi, il paradosso che il debitore sarebbe tenuto nei confronti del terzo all’ esecuzione di una prestazione alla quale non ha mai prestato il suo consenso, con evidente pregiudizio per la sua sfera soggettiva .

400 In tal senso, E. B

ILOTTI, op cit., p. 99; una sintomatica eccezione parrebbe rinvenibile, tuttavia, nel contratto di accollo ex art. 1273 c.c., che si presenta strutturalmente a favore di terzo. Sul punto, ROPPO, op. cit., p. 543, l’autore osserva che alcuni tipi contrattuali, quali, ad esempio, l’accollo, sono strutturalmente a favore di terzo, laddove più spesso la figura si atteggia a variante di un contratto tipico, non necessariamente a favore di terzo. A titolo esemplificativo viene in considerazione la disciplina di cui agli artt. 1685 co 1, 1689 c.c. afferente al trasporto di cose, in forza della quale se la res viene consegnata allo stesso mittente, il contratto non è a favore di terzo, ma lo diviene se si conviene che la consegna sia fatta ad un terzo destinatario. Analogo meccanismo è contemplato in tema di contratto di deposito (art. 1773 c.c.), rendita vitalizia (art. 1875 c.c.) ed, infine, assicurazione sulla vita (art. 1920 c.c.).

favore di terzo, quali, ad esempio, il contratto di accollo. Per altro verso vale la pena osservare che la previsione di cui all’art. 1411 c.c., secondo cui nell’ipotesi di revoca ad opera dello stipulante ovvero di rifiuto del terzo, la prestazione va a beneficio dello stipulante, trova un limite espresso nella previsione delle parti ovvero nella natura del contratto.

L’istituto parrebbe invece non denotare particolari problemi in una prospettiva di adesione alla tesi della rinuncia onerosa. Si ritiene, infatti, pacificamente, che il corrispettivo della rinuncia possa essere prestato da un terzo salvo che il creditore, secondo lo schema dell’art 1180 c.c., abbia interesse a ricevere la prestazione personalmente dal debitore. Tale congegno potrebbe trovare attuazione tanto nella forma della datio c.d. tipica, che nella forma della rinuncia verso la contestuale esecuzione della diversa prestazione, ovvero, in alternativa, nella forma del c.d. pactum de in solutum dando, che, come abbiamo visto, seguendo tale impostazione, si sostanzierebbe in una rinuncia sospensivamente condizionata alla esecuzione della diversa prestazione401, con ciò creando però una rigida cesura tra la fase esecutiva e quella programmatica del rapporto obbligatorio di base402.

Secondo un’autorevole opinione403 la datio in solutum di terzo non si concilierebbe, invece, con la prospettiva costruttiva del negozio solutorio404, atteso che sul piano funzionale l’equivalenza tra la prestazione dovuta ab origine e la diversa prestazione eseguita dal terzo, non sarebbe reale ma soltanto supposta soggettivamente dal creditore. Donde urterebbe con la qualificazione dell’istituto in chiave di fattispecie estintiva del rapporto obbligatorio con funzione satisfattoria.405.

La inattitudine della datio in solutum del terzo ad assolvere una funzione solutoria e satisfattoria si ricaverebbe in particolare dalla circostanza che essa, unitamente all’espromissione, alla compensazione e alla delegazione novativa rientra nel genus dei c.d. negozi bilaterali di intervento del terzo, ed andrebbe, dunque, debitamente distinta, sul piano strutturale e funzionale, dall’adempimento del terzo ex art. 1180 c.c.406.

401 In tal senso, E. B

ILOTTI, op.cit., p. 97.

402

Sul punto si rinvia alle considerazioni a suo tempo formulate, supra Cap. II pag. 81.

403 In tal senso, R. N

ICOLÒ, op.cit., pp.14 ss. che ricostruisce l’istituto in chiave di

rinunzia onerosa dissociando l’interesse dl creditore del debitore. Contra BILOTTI, op.

cit., p. 98. 404

In tal senso, R. NICOLÒ, op.cit., pp. 241, 242.

405

In tal senso, R. NICOLÒ,op. ult. cit., secondo il quale l’equivalenza tra le prestazioni

opererebbe, infatti, su un piano squisitamente soggettivo, afferente all’apprezzamento del solo creditore, quale causa giustificativa, in termini economici, dell’ equivalenza delle prestazioni. Il tutto nell’ambito di un apprezzamento psicologico che sfocia in una adesione alla liberazione del debitore. In definitiva, quindi, la pretesa uguaglianza non avrebbe nemmeno un grado di effettività, ma sarebbe supposta, ovvero, più precisamente, si tratterebbe di una finzione di equivalenza economica, del tutto irrilevante ai fini costruttivi.

406 Secondo R. N

ICOLÒ, op.cit., p. 238, il terzo può infatti intervenire nel rapporto obbligatorio secondo un duplice schema. Può assumere la qualità di debitore personale del creditore originario mediante la diretta assunzione di un obbligo, come avviene nella espromissione nella delegazione novativa e nel contratto a favore di terzo, ovvero provocando una definitiva modificazione del patrimonio del debitore, come avviene

Si è infatti osservato che soltanto l’adempimento del terzo407, soddisfa immediatamente sul piano funzionale l’interesse del creditore il quale, nell’ipotesi in cui abbia ad oggetto l’esecuzione di un aliud, potrebbe pertanto rifiutarlo, senza incorrere, a differenza di quanto accade nella datio in solutum nelle conseguenze deleterie della mora credendi. Quanto poi al profilo strutturale, nell’adempimento del terzo le conseguenze dell’estinzione dell’obbligazione e della realizzazione del diritto del creditore rimarrebbero esterne allo schema negoziale che si esaurisce nell’attribuzione patrimoniale eseguita dal terzo a vantaggio del creditore. Nelle figure negoziali c.d. di intervento, invece, tanto la estinzione dell’obbligo, che la realizzazione del diritto, verrebbero incorporate nel contenuto del negozio perfezionato408.

Si è tuttavia replicato che409 la prestazione di terzo in luogo di adempimento si giustifica, invece, agevolmente anche nella prospettiva costruttiva del negozio solutorio, atteso che l’adempimento dell’attribuzione dell’aliud procederebbe, per volontà del solo creditore e non anche per volontà del debitore, normalmente necessaria secondo lo schema della datio in solutum che è invece una fattispecie bilaterale. La disposizione di cui all’art. 1180 c.c. non consente, infatti, di mettere in discussione la possibilità che un terzo determini il soddisfacimento dell’interesse del creditore tramite l’esecuzione di una prestazione alla quale il allorquando il terzo ponga in essere una datio in solutum ovvero compensi il suo credito personale con quello del creditore originario. Per quanto attiene all’adempimento del terzo, giova evidenziare che, come è noto, può essere sia spontaneo, sia eseguito in adempimento di un obbligo assunto verso il debitore, purchè tale obbligo non abbia rilevanza esterna e non abbia efficacia per il creditore. Secondo l’orientamento maggioritario l’adempimento del terzo è un atto negoziale per quanto attiene il comportamento del solvens, essendo richiesto l’ animus solvendi debiti alieni; in tal

senso,G.CIAN.,A. TRABUCCHI, in Commentario breve al cod. civ., commento sub art.

1180 c.c., gli A. osservano che con il consenso del creditore, il terzo può adempiere la prestazione anche con una prestazione in luogo di adempimento. In giurisprudenza Cass.

n. 811/1973; Cass. n. 2146 /1949. Si veda anche C. M. BIANCA, L’obbligazione, cit., p.

286, che qualifica l’adempimento del terzo quale atto esecutivo e negoziale. Esecutivo, perché costituisce attuazione di un preesistente rapporto obbligatorio i cui effetti si producono in quanto l’adempimento estingue legalmente l’obbligazione. Negoziale, se e in quanto l’adempiente disponga della propria sfera soggettiva eseguendo una prestazione a suo carico, circostanza da escludersi allorquando il soggetto terzo abbia ricevuto dal creditore il denaro occorrente per l’adempimento.

407

In tal senso, R. NICOLÒ, op.cit., p. 244, il quale osserva che, per converso, l’onere di

accettazione della prestazione verrebbe meno allorquando il terzo intenda far conseguire un bene diverso da quello dovuto al creditore, di talchè quest’ultimo sarà libero di accettare o meno la prestazione dell’aliud. L’atto di ricevimento della prestazione, come è noto, ha, infatti, natura negoziale, essendo espressione, sulla base dei principi generali, della libertà di autodeterminazione del soggetto.

408 In tal senso, R. N

ICOLÒ, op. ult. cit.; contra BIANCA, op. ult. cit., p. 440, che pare identificare la datio in solutum di terzo con la figura di cui all’art. 1180 c.c. Osserva, infatti, l’A. che, come si evince alla disciplina del pagamento del terzo, l’interesse del creditore a ricevere la prestazione, da chiunque eseguita, prevale sull’interesse del debitore contrario all’intervento altrui. Il debitore non può, quindi, evitare l’estinzione del credito e la conseguente sua liberazione nei confronti del creditore.

409 In tal senso, E. B

creditore abbia attribuito preventivamente ovvero contestualmente il valore di surrogato dell’adempimento.

Quest’ultima pare a nostro avviso la soluzione preferibile in quanto si presenta coerente con la ricostruzione da noi proposta nel corso della presente trattazione in ordine ai profili funzionali strutturali ed effettuali della prestazione in luogo di adempimento.

L’ammissibilità della datio in solutum è perfettamente compatibile con l’inserimento dell’istituto nel contesto dell’ autonomia privata procedimentale.

Se, infatti, come noi riteniamo, la datio in solutum è un negozio solutorio che imprende con il perfezionamento di un accordo configurativo «debole» sul piano funzionale dell’impegno assunto dai paciscenti, non si capisce per quale ragione tale accordo non possa essere perfezionato tra il creditore ed un terzo estraneo alla fattispecie negoziale che ha originato il programma obbligatorio di base.

Il terzo può infatti ben assumere un debole impegno avente ad oggetto la successiva esecuzione di un comportamento negoziale spontaneo, che conduce al perfezionamento di quello stesso programma solutorio che di esso costituisce la causa giustificativa. Il tutto escludendo la applicazione della disciplina della

condictio indebiti in merito alla prestazione già eseguita.

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