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Interferenze tra programmazione ed esecuzione nella datio in solutum sullo sfondo della teoria generale del diritto.

Datio in solutum ed autonomia privata procedimentale: Proposta di una ricostruzione alternativa dell’istituto.

1. Interferenze tra programmazione ed esecuzione nella datio in solutum sullo sfondo della teoria generale del diritto.

A questo punto, operata una sintetica carrellata degli indirizzi dottrinali formulati sui nodi problematici posti dall’istituto, ci sembra opportuno, coerentemente con le premesse dogmatiche e metodologiche elaborate in apertura del presente lavoro, promuovere un diverso approccio ai profili strutturali funzionali ed effettuali sin qui esaminati.

Più precisamente, come abbiamo già anticipato, la soluzione preferibile per sciogliere i nodi supra evidenziati, pare a nostro avviso quella di condurre un’indagine sui caratteri ed il fondamento delle interferenze tra la fase esecutiva, nel cui ambito si colloca la datio in solutum, e la fase programmatica afferente al rapporto obbligatorio di base.

Proprio tali interferenze, infatti, hanno costituito il terreno privilegiato sul quale si sono collocati, come si è già avuto modo di evidenziare, i principali rilievi critici formulati intorno agli indirizzi costruttivi elaborati sull’istituto.

E’ dunque opportuno superare, al fine di affrontare i nodi problematici dell’istituto, il rigore formale che permea l’astratta distinzione concettuale tra fase programmatica ed esecutiva, che con soluzioni di diversa graduazione, si riscontra sovente in dottrina.

A tal fine giova richiamare preliminarmente le riflessioni formulate nel corso della presente trattazione in ordine alla duttilità che le nozioni di esecuzione e di fase esecutiva assumono tanto nel procedimento giuridico pubblico, che in quello privato.

Il tutto superando quel valore concettuale marcatamente retrospettivo, che le espressioni in questione hanno rivestito tradizionalmente, venendo per lo più considerate, come abbiamo visto, quali meri sinonimi di realizzazione ed attuazione di una regola precedente. Ciò allo scopo di trasfondere mutatis

mutandis le considerazioni elaborate dalla dottrina dello Stato in ordine al

rapporto intercorrente tra la fase normativa e la fase esecutiva sul terreno della disciplina del contratto.

Nel compimento di tale operazione il punto sul quale è necessario a nostro avviso focalizzare l’attenzione è costituto, come abbiamo già anticipato, dalla ricerca di un punto di equilibrio tra la prospettiva normativista e gradualista di matrice kelseniana ed il giusnaturalismo latente dei nostri moderni sistemi giuridici. Questi ultimi, si ribadisce, sono infatti permeati da una coesistenza tra staticità e dinamicità del sistema. Il tutto tramite una valorizzazione del rapporto intercorrente tra la fattispecie normativa e gli effetti giuridici da essa promananti che, ribadiamo, gli indirizzi giuspositivisti lasciano invece ai margini del loro sistema.

Bisogna quindi interrogarsi in altre parole, sulla concreta possibilità di ambientare il c.d. Stufenbau, quale insieme di norme giuridiche aventi come

destinatari non i consociati ma le fattispecie astratte, e, quindi, avulse dalla realtà empirica, nel contesto dei moderni ordinamenti giuridici che ex adverso ricavano la regola dalla realtà empirica, intesa come incarnazione di principi auto evidenti valorizzando così il substrato materiale della regola.260

Orbene come osservato da una attenta dottrina,261 la risposta a tale quesito, in un’ottica di compiuta analisi fenomenologica della realtà giuridica, può rinvenirsi unicamente in una valorizzazione della c.d. ragione sottostante alle azioni dei privati.

E’ vero, infatti, che la regola giuridica, in una concezione formalista e normativista, si presenta avulsa dal suo substrato materiale e, quindi, si atteggia per così dire ad una sorta di «scatola vuota». Ciò nondimeno anche gli indirizzi istituzionalisti, laddove pongono oltremodo l’accento sulla tendenza dell’individuo umano a fondare la propria convivenza in istituzioni ed organizzazioni, concependo il diritto dei privati come risultato di un mero fenomeno sociale (ubi societas ibi ius), si presentano parimenti insoddisfacenti262.

260 In tal senso, G.C

APOGRASSI, Il problema della scienza del diritto, Milano, 1962, p. 28 ss, L’A. collocandosi in una prospettiva istituzionalista condensa la esistenza di una carica programmatica nell’azione del privato, adoperando l’espressione ex facto oritur

ius. Secondo l’A. appare opportuno polarizzare l’attenzione nell’attività pratica in cui gli

individui esplicano le loro finalità di vita, costituita da un insieme di rapporti di mezzi ed azioni che la coscienza comune considera come diritto. Donde parrebbe opportuno per così dire staccarsi dalla norma per vedere quella che è la realtà dei rapporti giuridici nei quali vivono gli uomini. I soggetti sono infatti mossi nel loro agire da una esigenza interiore da soddisfare secondo innumerevoli modalità operative.

261

Sul punto, G. PALERMO, L’autonomia negoziale, cit., p. 12; si veda anche R.FRANCO,

op.cit., p. 70, il quale nel riportare il pensiero di S. Romano osserva che l’esito

dell’esercizio dell’azione, nello svolgersi ordinato ed ordinante del procedimento giuridico e nell’acquisizione continua di legittimazione, si rappresenta nel diritto privato e negli istituti che lo compongono. Il coordinamento tra il diritto privato ed il diritto statuale si manifesta in un confronto tra una pluralità di ordinamenti posti sul piano interno dell’ordinamento giuridico unitariamente considerato. Tali ordinamenti sono animati da una azione giuridica che si sviluppa nel principio di ragione e che, intesa quale esplicazione del potere attribuito ai privati nel procedimento giuridico, non necessariamente dovrà essere considerata libera ed arbitraria «manifestazione della

libertà del volere e del libero esercizio del potere».

262 La teoria istituzionalista che, come è noto, è stata elaborata in Italia da S

ANTI ROMANO, aveva altresì prestato il fianco ai rilevi critici secondo i quali finiva tautologicamente per affermare che l’istituzione è giuridica quando è giuridica

conservando palesemente un nocciolo di normativismo. Sul punto E. MAESTRI, Teoria

delle istituzioni, forme dell’agire istituzionale ed ideologia tecnocratica in Ann.

Università di Ferrara- Sc. Giur. Nuova serie, XVI, 2002, p 310, ed ivi per ulteriori

citazioni. Osserva l’. A. che già N.BOBBIO in Teoria dell’ordinamento giuridico, Torino,

1960, p. 5, aveva osservato come la teoria istituzionalista aveva il torto di essersi messa in polemica con la teoria normativista laddove essa ne costituisce la continuazione e la integrazione. Ciò nondimeno alla teoria istituzionalista, proseguiva Bobbio, andava riconosciuto il merito di avere osservato che si può parlare di diritto soltanto dove ci sia un complesso di norme formanti un ordinamento. Donde il diritto non è una singola norma atomisticamente considerata, ma un insieme di norme legate tra loro formanti un ordinamento.

Trascurano, infatti, la rilevante circostanza che anche le istituzioni sono un prodotto del pensiero che si cristallizza e trova, quindi, il suo precipitato nell’azione. Donde anche chi polarizza l’attenzione sulla istituzione quale prodotto dell’gire umano non può negare la persistenza di un nocciolo di normativismo 263

Non si può dunque rinunciare a rinvenire una ragione id est una riflessione che come una sorta di «cabina di regia» governi «a monte» l’iniziativa del privato, proiettandosi in un comportamento negoziale diretto lato sensu 264ad incidere nella altrui sfera giuridica.

Proprio per tale motivo, abbiamo più volte evidenziato che ogni azione compiuta dal privato «a valle» del procedimento negoziale, non soltanto rinvia necessariamente ad un programma negoziale «a monte», ma si atteggia essa stessa a programma negoziale suscettibile a sua volta di sviluppo e realizzazione.

Il punto di equilibrio tra l’impostazione normativista e quella istituzionalista, è rinvenibile, dunque, ribadiamo, nella considerazione che i soggetti e gli oggetti che dimorano nella realtà empirica, rivestono sì una certa qualificazione giuridica che, sul piano degli effetti, la norma ricollega al verificarsi di una corrispondente alla fattispecie astratta.

Ciò nondimeno, a seconda dei contorni più o meno stretti assunti dalla fattispecie normativa, quegli stessi soggetti ed oggetti sono a loro volta idonei ad enucleare sul piano normativo una nuova regola producendo così, a prescindere da una nuova manifestazione di volontà normativa, ulteriori effetti giuridici. Riproducono quindi, al loro volta la dicotomia normativa fattispecie-effetto.

Donde lo schema triadico norma- fattispecie- effetto, lungi dal costituire una vicenda definitiva e compiuta, si atteggia, in ultima analisi, come abbiamo visto, esso stesso a norma giuridica, che esprime una situazione esigenziale e problematica suscettibile di una ulteriore fase di realizzazione e sviluppo.

Trasfondendo queste considerazioni sul terreno del contratto, è assiomatico che l’indagine sul rapporto intercorrente tra regola ed esecuzione, si intreccia con il più ampio tema del rapporto tra ordinamento giuridico statale ed autonomia privata. L’analisi della datio in solutum, alla stregua di qualsiasi operazione negoziale, in quanto è anch’essa espressione della ragione che governa i comportamenti negoziali dei privati, non può prescindere, infatti, dalla presa d’atto dell’ esistenza di un rapporto di sussidiarietà e cooperazione dal solido fondamento costituzionale265, intercorrente tra l’ordinamento statale e l’autonomia privata, tanto nella fase programmatica che esecutiva del contratto.

Come è noto la questione è stata approfondita da autorevole dottrina266 che, come abbiamo già visto, ricostruisce la nozione di autonomia privata in chiave di

263 In tal senso,G.P

ALERMO, op.ult. cit., p. 13, il quale evidenzia che ogni individuo è testimone del valore assoluto che la ragione racchiude in sé. In tale ottica il suo comportamento, benché diretto al soddisfacimento di peculiari esigenze, tende a seguire gli stessi criteri ed a rispecchiare gli stessi giudizi operativi che permeano gli altrui comportamenti.

264 L’incidenza in questione si esplica, infatti, in un effetto impegnativo in senso atecnico,

inteso quale irretrattabilità di giudizio.

265 Si ponga mente, in particolare, agli artt. 2, 41, 117, 118 Cost.

266 In tal senso S.R

OMANO, Ordinamenti giuridici privati, in Scritti minori, Milano, 1980, p. 492 ss.

potestà di darsi un ordinamento nei limiti del sindacato di legittimità enucleato dal legislatore ex art. 1322 c.c. Tale indirizzo ha posto efficacemente in luce come il compimento di un atto di autonomia privata determina sempre un mutamento della realtà giuridica che si atteggia ad autentico punto di saldatura tra l’assetto di interessi enucleato dalle parti e l’ordinamento statale. Ciò avviene, come vedremo, anche nell’autonomia privata procedimentale, laddove la potestà di darsi un ordinamento si esplica nella enunciazione di regole che disciplinano l’esercizio stesso del potere di autonomia, dettando regole per il suo svolgimento senza modificare estinguere o costituire rapporti giuridici patrimoniali.

L’assetto di interessi contenuto nella regola negoziale rimane, infatti, comunque cristallizzato sul piano oggettivo dell’ordinamento giuridico statuale, assolvendo una rilevanza erga omnes nei confronti di tutti i consociati.

In definitiva, quindi, l’autonomia privata, che si esplica anche nella libertà di configurare procedimenti negoziali diretti alla realizzazione di operazioni economiche, non può dirsi ingessata «a monte» entro i confini rigidi della norma imperativa statuale, quanto alla determinazione sul piano programmatico ed esecutivo dei procedimenti di formazione di assetti di interessi corrispondenti al voluto dei paciscenti.

L’ordinamento statale si limita, infatti, ad esplicare il suo intervento tramite il noto sindacato di meritevolezza degli interessi, allorquando i privati hanno già agito dandosi, attraverso le più svariate architetture procedimentali, un autonomo ordinamento giuridico. Il tutto senza avanzare, quindi, pretese di una tipizzazione degli interessi, non soltanto sul piano programmatico della fattispecie, ma anche degli effetti giuridici da essa promananti267.

E’ dunque necessario travalicare la prospettiva rigida secondo la quale il privato, tanto nella modulazione delle procedure per addivenire alla formazione dell’atto negoziale nella sua fase genetica che nella successiva fase esecutiva, sarebbe blindato in un’ottica imperativistica, al rispetto degli schemi tipici enucleati dal legislatore.

Prospettiva che, come abbiamo già visto, conduce ad una ricostruzione frammentaria delle operazioni negoziali allorquando queste ultime denotino un certo grado di articolazione nel proprio svolgimento.

267 In tal senso, G. P

ALERMO, op.ult. cit., p. 17; R. FRANCO,op.cit. p. 389, il quale osserva

che l’efficacia giuridica si manifesta anche con modalità distinte rispetto alla tradizionale costituzione modificazione ed estinzione di rapporti giuridici tra le parti, corrispondenti al contenuto del loro regolamento di interessi. L’effetto configurativo, infatti, non determina un’ immediata modificazione nella sfera soggettiva dei paciscenti, ma soltanto una incidenza sulle modalità di manifestazione della autonomia privata che si assuma avere giuridica rilevanza. L’accordo configurativo contiene, infatti, «norme sulla normazione» ovvero «metanorme». Tale espressione indica la produzione di norme aventi ad oggetto l’esercizio di autonomia privata contrattuale, la cui fonte risiede nella stessa autonomia rispetto agli interessi finali al cui soddisfacimento tendono i contraenti. L’autonomia privata, dunque, non può esaurirsi nella immediata incidenza su situazioni giuridiche soggettive così come enucleate prima facie dall’art. 1321 c.c., ma deve estendersi ad altri fenomeni in senso lato regolamentari, quali la creazione di strutture organizzative entificate, ovvero forme di organizzazione e di sviluppo degli interessi dei privati, tracciando le linee di condotta dei privati nel campo dei rapporti patrimoniali.

Tanto premesso, il punto cruciale cui cercheremo risposta tra breve, è dato dall’ indagine sulla capacità dei privati, e, per quanto a noi interessa in questa sede, ovviamente, nella datio in solutum, di travalicare la rigida contrapposizione tra fattispecie programmatica ed i suoi effetti, tramite un negozio determinativo e conformativo dei loro assetti di interessi268 che detti regole per addivenire al risultato finale cui essi aspirano.

Il tutto tramite una sorta di «graduazione l’impegno negoziale» nelle more di un procedimento che conduce alla produzione dell’effetto attributivo finale.

2. Segue. Prime conseguenze sul piano strutturale: natura contrattuale

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