Datio in solutum ed autonomia privata procedimentale: Proposta di una ricostruzione alternativa dell’istituto.
2. Segue Prime conseguenze sul piano strutturale: natura contrattuale dell’istituto.
E’ dunque agevole comprendere a questo punto come sia obiettivamente foriero di notevole imbarazzo il tentativo di ricondurre lo svolgimento dell’autonomia privata ad una rigida concatenazione di fasi. E’ infatti difficoltoso, sul piano ontologico, ricostruire la struttura di un atto, muovendo sic et simpliciter dalla fase subprocedimentale in cui esso si colloca.
Ciò in ragione del fatto che, come abbiamo visto, sussistono determinate categorie di atti che, quantunque inseriti in una determinata fase di svolgimento del ciclo dell’autonomia privata, sono connotati da una propria caratterizzazione ontologica e funzionale.
Tale è proprio la datio in solutum che, quantunque inserita prima facie nella fase esecutiva dell’autonomia privata, si ritaglia un autonomo spazio ontologico e funzionale.
Tali considerazioni non possono tuttavia sfociare in una rinuncia a ricostruire l’iter di svolgimento dell’autonomia privata in chiave di fasi.
La soluzione preferibile, ribadiamo ancora una volta in questa sede, pare piuttosto quella di proiettare le nozioni di programmazione ed esecuzione nel prisma della autonomia privata procedimentale, superando la rigida contrapposizione determinata da una analisi del fenomeno negoziale condotta dall’angolazione visuale statica della fattispecie a formazione progressiva, intesa quale proiezione del diritto soggettivo 269.
268 Nel caso di specie ci riferiamo alla determinazione di un regolamento solutorio che si
perfeziona tramite la esecuzione dell’aliud.
269 Non ignoriamo che il passaggio del ragionamento condotto in questa sede denota
particolare delicatezza, in quanto presuppone che si tenga in debita considerazione la distinzione tra procedimento negoziale e fattispecie a formazione progressiva, atteso che, come è noto, la fattispecie gravita intorno all’atto ed esprime un giudizio di valore sulla attività già svolta, laddove il procedimento ha come suo punto di riferimento l’azione. Riteniamo tuttavia, in consonanza con recenti studi condotti sul procedimento giuridico, che tale passaggio non sia particolarmente traumatico, in quanto, nel rispetto della distinzione tra le due categorie, si limita a cogliere due aspetti diversi del contratto. Un conto è, infatti, la fattispecie a formazione progressiva, intesa quale evoluzione della situazione giuridica considerata in vista della produzione dell’effetto, altro è invece il procedimento che ha riguardo all’azione. Come osservato in dottrina, infatti, l’atto- fattispecie finisce per rappresentare l’elemento di confluenza dell’effetto ad esso ricollegato dalla norma giuridica e dell’azione del privato, condotta ad un determinato grado di realizzazione. La fattispecie a formazione progressiva si svolge, infatti,
L’autonomia privata procedimentale, concepita dinamicamente in una dimensione unitaria di svolgimento dell’azione negoziale del privato, e, quindi, non circoscritta alla fase genetica del contratto270si snoda, infatti, quasi in una sorta di cono rovesciato, in un ordine seriale e coordinato di atti. Questi ultimi, che vengono considerati, si ribadisce, non nella loro dimensione statica e strutturale, ma dinamica e funzionale, muovono da una fase normativa «a monte», permeata da un elevato grado di astrazione e discrezionalità, per poi evolversi gradualmente «a valle», in chiave di doverosità, attraverso un progressivo restringimento delle maglie di esercizio del potere, e, quindi, del margine di determinazione in capo al soggetto agente.
Orbene, se tutto questo è vero, non vi è dubbio che la datio in solutum si colloca in un ciclo seriale di svolgimento procedimentale di un’operazione economica, che parte «a monte» con la enunciazione del regolamento obbligatorio contenuto nel programma di base e si conclude «a valle», come vedremo tra breve, con il perfezionamento di un procedimento estintivo solutorio.
Tale considerazione non assolve un rilievo meramente descrittivo, ma si riflette sul piano ontologico in un necessario sdoppiamento della qualificazione giuridica dell’istituto.
Esso si atteggia prima facie ad atto esecutivo del programma negoziale enucleato a monte dalle parti, strumentale al soddisfacimento dell’interesse creditorio e permeato, quindi, da doverosità. Dall’altro si atteggia nel contempo ad atto esso stesso normativo, che all’evidenza è diretto ed enucleare un programma solutorio, diretto a regolamentare la fase esecutiva dell’ obbligazione originaria271. staticamente in una pluralità di fasi assimilabili in un certo qual modo a dei «blocchi rigidi». In tale contesto gli elementi costitutivi della fattispecie-atto perdono la loro individualità, fondendosi nella fattispecie che ha quale suo precipitato la produzione di determinati effetti. In tale ottica possiamo individuare degli stadi intermedi dai quali si originano determinati effetti che, per il sopravvenire medio tempore di determinati effetti strumentali e comportamenti delle parti, giunge a conclusione definitiva.
La fattispecie a formazione progressiva, dunque, per dirsi conclusa, attenderà la verifica positiva degli effetti preliminari prodotti negli stadi intermedi che promanano da una porzione della stessa fattispecie. Alla verifica della produzione di tali effetti seguirà poi la verifica del dispiegamento finale degli effetti definitivi che si produrranno a chiusura del suo perfezionamento.
Nel procedimento, invece, assistiamo alla combinazione secondo un ordine seriale di una pluralità di fattori, dai quali promanano soltanto in modo indiretto e generale degli effetti, rimanendo tali fattori estranei al nucleo degli elementi strutturali necessari per la produzione di questi ultimi. In tale ottica assolvono una funzione meramente determinante. L’effetto atteso, invece, nascerà unicamente dall’atto finale, quantunque per il dispiegamento dell’effetto sono comunque necessari tutti gli atti che hanno preceduto l’atto finale.
270 Per una concezione della autonomia privata procedimentale limitata alla fase genetica
del contratto si veda G. BENEDETTI,Dal contratto al negozio unilaterale, Milano, 1969.
271 Il fenomeno non è nuovo nel nostro ordinamento che, come abbiamo già evidenziato,
annovera al riguardo le note ipotesi del preliminare di contratto e dei regolamenti amministrativi, i quali, già sul piano tipologico ed astratto rivelano questa ambivalenza
ontologica. Sul punto si veda anche PALERMO, op.ult.cit. p. 27, il quale evidenzia come al
di là della caratterizzazione strutturale e tipologica di un contratto, esso possa assumere in un concreto assetto di interessi procedimentale una diversa funzione che emerge sul piano
La ricostruzione della datio in solutum in chiave di procedimento solutorio, conduce al perfezionamento di una fattispecie contrattuale al cui interno il consenso del debitore e del creditore si atteggiano non ad elemento perfezionativo bensì a requisiti appunto procedimentali del contratto.
Il contratto solutorio de quo costituisce dunque a nostro avviso espressione di una sfera regolamentare subordinata rispetto al programma obbligatorio originario, che parte della dottrina annovera nella categoria del negozio estintivo c.d. di secondo grado272.
della causa in concreto. L’A. pone in un primo momento ad esempio l’ipotesi del comodato, osservando che non è scontato che un’ attribuzione patrimoniale che, sul piano formale, assuma il nomen iuris di comodato, sia destinata ad assolvere nel più ampio contesto di una operazione negoziale la funzione tipica del prestito gratuito. Nel più ampio contesto della operazione negoziale e della causa concreta essa potrebbe, infatti, essere direttamente riferita all’accordo delle parti senza la necessità di un concorrente comportamento attuativo costituito dalla traditio rei. L’A. annovera, quindi, anche l’esempio dell’uso improprio dello schema della donazione, per concorrere alla realizzazione di più ampi assetti di interessi rispetto ai quali, operando un’analisi complessiva, debba essere esclusa la presenza di una intento liberale .
272
Il negozio estintivo di secondo grado, per sua natura non incide su un precetto negoziale, id est programma negoziale primario, ma determina le vicende di un rapporto giuridico preesistente nella fase esecutiva. La teoria del negozio giuridico di secondo
grado è stata elaborata da E. BETTI, Teoria generale, cit. p. 249, il quale osserva che se ed
in quanto il vincolo giuridico creato dal negozio bilaterale è limitato all’accordo fra le parti, non potendo produrre effetti nei confronti di soggetti estranei al contratto, è logico che le stesse parti siano legittimate a fissare il contenuto del loro regolamento di interessi ed a determinarne la portata, ovvero a sostituirlo con un altro assetto di interessi (come avviene agli artt. 1273 co 2; 1274, co 3), ad impugnarlo a revocarlo ovvero modificarlo puramente e semplicemente. Sintomatico a tale riguardo è l’art. 1372 c. c., in forza del quale il contratto non può essere sciolto che per mutuo consenso nei casi ammessi dalla legge. Donde il negozio concluso, ovvero il rapporto giuridico da esso creato, può a sua volta costituire oggetto di svariati negozi i quali rientrano nella più ampia categoria dei negozi di secondo grado. Quest’ultima comprende tutti i negozi diretti a regolare in qualsiasi senso (fissare, confermare, risolvere, assorbire etc.) negozi giuridici in precedenza conclusi tra le parti stesse. Il tutto con la loro integrazione modificazione o sovrapposizione di altri negozi modificativi della situazione giuridica preesistente (si veda l’art. 2723 c.c.). Nell’ambito di tali negozi l’A. pone l’accento per un verso su quelli che determinano modificazione, revoca, conferma, rinnovazione interpretazione autentica, del negozio per opera delle parti. L’A. distingue poi debitamente tra le vicende afferenti al negozio concluso e quelle afferenti al rapporto giuridico che da esso sorge, quali la risoluzione, il recesso, la novazione, la ricognizione e l’accertamento del rapporto. Le vicende che involgono l’atto non possono, infatti, non ripercuotersi sul rapporto che in esso trova la sua fonte genetica. Non è invece vero il contrario. I negozi che determinano le vicende del rapporto non toccano il negozio di origine, anche se
possono farlo apparire ex post facto in una luce diversa. Si veda anche, G.DORIA I negozi
sull’effetto giuridico, Milano, 2000, p.42. La fattispecie viene ricostruita dall’A. quale sub specie di negozio di secondo grado, diretto ad incidere sul rapporto giuridico preesistente
e non sull’atto normativo. La categoria in esame, sullo sfondo della configurazione delle operazioni negoziali in chiave di autonomia privata procedimentale, assume senza ombra di dubbio un più robusto fondamento normativo.
Donde sul piano strutturale non coglie nel segno l’opinione minoritaria ed autorevolmente sostenuta273, che ricostruisce l’istituto quale negozio unilaterale.
La dottrina in questione pone, infatti, l’accento sulla circostanza che l’atto di accettazione del creditore non si salderebbe con il consenso del debitore all’esecuzione dell’atto traslativo, ma qualificherebbe il trasferimento ex art. 1197 comma 2 c.c. quale adempimento, con ciò assolvendo piuttosto la funzione di ricongiungerlo alla sua causa che si identifica, appunto, nell’obbligazione originaria da adempiere. Il tutto omettendo di considerare che pur collocandosi la
datio in solutum nella fase esecutiva del rapporto obbligatorio originario, essa
riproduce, in virtù della sua duplice qualificazione, a sua volta il binomio norma – esecuzione.
Invero giova evidenziare che nell’istituto de quo ci troviamo dinanzi ad una inversione della ordinaria sequenza cronologica e logica del ciclo dell’autonomia privata, nel senso che l’esecuzione dell’aliud precede di un istante ideale il perfezionamento della sua causa giustificativa.
Proprio tale inversione logica e cronologica è stata a nostro avviso foriera di equivoci nell’approccio ai profili strutturali dell’istituto da parte dei sostenitori della tesi del negozio unilaterale.
Bisogna infatti distinguere, si ribadisce, la duplice rilevanza della volontà del creditore che, per un verso si atteggia a consenso negoziale esecutivo a ricevere l’adempimento nella propria sfera soggettiva. Per altro verso, si atteggia a consenso programmatico che imprime all’aliud il valore di equipollente dell’adempimento, determinando l’estinzione dell’ obbligazione originaria.
Ne deriva che, anche a voler sorvolare sul noto argomento letterale a favore della struttura bilaterale della fattispecie, fondato sull’inequivoco tenore dell’art. 1197 co 1, l’anello di congiunzione dell’adempimento alla causa solvendi non è rinvenibile nel consenso del creditore all’adempimento, confinato in una angusta dimensione avulsa dal contesto procedimentale dell’operazione negoziale.
Piuttosto è opportuno focalizzare l’attenzione sul consenso del creditore, inteso come consenso programmatico alla esecuzione dell’aliud il quale, combinandosi con la manifestazione di volontà del debitore, si fonde in un accordo configurativo di base. Quest’ultimo, come si vedrà tra breve, precede sul piano logico di un istante ideale l’esecuzione della diversa prestazione, laddove sul piano cronologico è sostanzialmente contestuale ad essa.
3. Segue. Ulteriori conseguenze sul piano strutturale: negozio configurativo