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Considerazioni generali sugli orientamenti della giurisprudenza

Il riconoscimento dello status di figlio a seguito di maternità surrogata all’estero: tra rispetto dell’ordine

3.7 Considerazioni generali sugli orientamenti della giurisprudenza

Alla luce delle pronunce sopra esaminate, laddove a venire in rilievo siano gli status di cui i minori sono titolari, trova necessariamente applicazione l’interesse del minore che costituisce principio supremo dell’ordinamento. Il suo non utilizzo può dipendere solamente dalla soccombenza conseguente a un

172 Il dubbio, più che legittimo, nasce a causa di fatti realmente accaduti: una

donna ha stipulato, insieme al marito, un accordo di maternità surrogata, ma essendo intervenuta una crisi di coppia ha rinunciato ad assumersi la responsabilità del bambino. Oppure casi in cui il bambino, non è stato accolto, perché insorti problemi di salute.

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bilanciamento con principi di pari rango. È doveroso prendere in considerazione il principio del best interest of the child in quanto il bambino si trova in una posizione ‘terza’ rispetto all’accordo tra le parti, ma i suoi diritti esistono a prescindere dalle modalità con cui questo è venuto al mondo, anche se da queste circostanze possono derivare comunque importanti conseguenze.174 La

versione italiana del principio consiste nella difficile ma necessaria sintesi, nella ricerca del punto di equilibrio, tra le due opposte esigenze di rigidità, e di flessibilità delle regole. 175 Applicando tale

concetto all’ipotesi di maternità surrogata, la prima di queste esigenze è soddisfatta dal legislatore nel momento in cui pone una regola non derogabile (divieto assoluto di maternità surrogata, art. 12 comma 6 l. 40/2004) perché se lo fosse verrebbe meno la misura di protezione posta nei confronti dell’interesse dei minori. L’altra esigenza, ovvero la flessibilità, è soddisfatta formulando le disposizioni in modo tale da lasciare al giudice un margine di manovra nella risoluzione del caso concreto, così da perseguire il suo reale interesse. La Corte di Cassazione, nella sentenza 24001/2014, si è trovata nella scomoda posizione di dover decidere tra rispettare la legge posta a tutela dei minori, intesi come

174 Cfr. Poli L., op. cit., p. 13.

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categoria, oppure tutelare l’interesse del minore del caso concreto: optando, con ragione, per la prima ipotesi l’interesse del minore nello specifico non è stato preso in considerazione, riconducendo la sua posizione a quella di un bambino qualsiasi che, versando in stato di abbandono (non avendo legami genetici con gli aspiranti genitori), trova una famiglia a lui adatta sulla base del percorso giurisdizionale dell’adozione. Negli altri casi, la Cassazione e i giudici inferiori – essendo presenti le necessarie condizioni - si concentrano sull’interesse del minore del caso di specie, perché il diritto all’identità e alla continuità dello stato di figlio, autentici principi fondamentali, non possono essere sacrificati per non contraddire il fatto che l’ordinamento italiano non ammetta la maternità surrogata. In altre parole, le conseguenze derivanti dal comportamento di altri non possono andare a discapito del nato e la posizione del bambino di cui si tratta non può essere usata a scopo di sanzione per i genitori, e di ‘ammonimento’ per tutti gli altri ipotetici e simili casi futuri176. È la stessa Corte di Cassazione

– n. sentenza 19599/2016 – a dire che “non si può ricorrere alla

176 “Si deve poi tenere presente che, in materia di status, il legislatore ha

definitivamente abbandonato ogni logica sanzionatoria: se la tutela dei diritti del bambino costituisce il fine primario dell’ordinamento, allora non può essere subordinata all’esigenza di condannare la condotta dei genitori”. Così, Ferrando G., Riconoscimento dello status di figlio: ordine pubblico e interesse del minore, in Corriere giuridico, n. 7/2017, p. 948.

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nozione di ordine pubblico per giustificare discriminazioni nei confronti dei minori e, nella specie, del piccolo in questione”. Se quanto detto è vero, non si può comunque non riflettere sulle conseguenze di tale affermazione, in quanto le decisioni di questo tipo hanno effetti importanti sul piano della general prevenzione, perché invece di indurre i soggetti ad astenersi dal compiere accordi di surrogazione, incentivano tale comportamento incrementando il “turismo procreativo”, infatti, “la pronuncia assurgerà nel futuro a massima orientativa del comportamento dei consociati che, prima di ricorrere alla maternità surrogata, si chiedano se convenga o meno loro fare uso di tale pratica.”177 In

altri termini, decidendo per l’interesse del bambino considerato nel caso di specie si crea un precedente, non vincolante ma potenzialmente pericoloso, per l’interesse dei minori. Detto ciò, molto spesso risulta che tra il best interest of child e il best interest of children178 prevalga il primo. La dottrina definisce il principio

del best interest of child, come ‘tiranno’ perché si considera prevalente rispetto a tutte le altre posizioni concorrenti. Inoltre, il consolidamento dell’orientamento giurisprudenziale in questo

177 Così Rosani D., The best interest of the parents: la maternità surrogata in

Europa tra interessi del bambino, Corti supreme e silenzio dei legislatori, in BioLaw Journal-Rivista di Biodiritto, n. 1/2017, p. 111.

178 Cfr. Lenti L., L’interesse del minore nella giurisprudenza della Corte

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senso rischia di arrivare a una deriva di fondo: i genitori intenzionali sono invogliati a eludere la normativa italiana andando all’estero, perché trovano conforto nelle decisioni precedenti e allora ciò che verrebbe ad essere tutelato non sarebbe più l’interesse del minore, ma il best interest of parents. Il best interest del minore, ricercato dal giudice nella risoluzione del caso concreto, sarebbe solamente una leva per assecondare le aspirazioni genitoriali. Con tutta probabilità una soluzione che permetta di conciliare la soddisfazione dell’interesse del minore, l’interesse dei minori, e la generalprevenzione non esiste. 179

Anche la giurisprudenza penale non frena il “turismo procreativo”. Infatti una pronuncia recente180 - sentenza della Cassazione penale

179 Cfr. Rosani D., op. cit., pp. 131-134.

180 Si individuano numerosi precedenti conformi: Tribunale di Milano,

15.10.2013; Tribunale di Milano, 14.04.2014; Tribunale di Varese, 8.10.2014; Tribunale di Pisa, 15.04.2015; Corte di Cassazione, n.13525 del 10.03.2016; Corte di Cassazione, n. 8060 del 26.02.2016. Non è da considerarsi ‘falso’ quell’atto il cui contenuto non corrisponde a quello che avrebbe dovuto avere se la vicenda si fosse svolta in Italia: la falsità dipende dalla mancanza di osservazione delle norme applicabili nel luogo di formazione. L’art. 15 del d.p.r. 369/2000 stabilisce che le dichiarazioni di nascita relative a cittadini italiani nati all’estero devono farsi secondo le norme stabilite dalla legge del luogo. Il limite dell’ordine pubblico indicato all’art. 18 del d.p.r 396/2000 non si riferisce al momento della formazione, ma a quello della trascrizione dell’atto: qualora sia contrario all’ordine pubblico se ne impedisce la trascrizione, ma non rileva ai fini dell’integrazione del reato di alterazione di stato ex art. 567 comma 2 c.p. Non si integra nemmeno il reato di falsa attestazione o dichiarazione su un proprio stato o qualità, ex art. 495 c.p., perché l’atto di nascita mostrato è conforme alla legge del luogo che la stessa legislazione italiana indica come quella da seguire. Cfr. Vallini A., op. cit., pp. 910-912.

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del 11.10.2016 n. 48696 - stabilisce che la coppia che dichiari all’Ufficiale di stato civile la sussistenza di un rapporto di filiazione presentando un atto di nascita, contenente il nome della madre committente e non della surrogata, rispettando quanto disposto dalla lex loci181, non commette alterazione di stato ex art.

567, comma secondo c.p; non è riconosciuta colpevole nemmeno del reato di false dichiarazioni o attestazioni ex art. 495 c.p.

3.8 Conclusioni

È possibile ottenere la trascrizione nei registri di stato civile italiano dell’atto di nascita di un bambino nato in seguito ad accordi di maternità surrogata stipulati all’estero, conservando così lo status di figlio?

La risposta è affermativa, purché l’atto sia formato validamente nel Paese estero: la giurisprudenza ritiene preminente la tutela dell’interesse del minore rispetto a valutazioni concernenti l’illiceità nell’ordinamento italiano della surrogazione

181 “Nella relazione al progetto definitivo del codice si afferma che per la

punibilità del fatto commesso all’estero ‘occorre che il fatto costituisca reato anche secondo la legge del luogo in cui fu commesso’. È la soluzione coerente con la logica di garanzia che sta alla base dei principi di legalità e colpevolezza: come il cittadino di altri Stati, nel suo Paese, fa riferimento alla sua legge, così il cittadino italiano all’estero è tenuto al rispetto della legge del luogo, e fa affidamento sulle libertà riconosciute dalla legge del luogo”. Così Pulitanò D., Surrogazione di maternità all’estero, problemi penalistici, in Cassazione Penale, n. 4/2017, p. 1366.

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di maternità, o l’opportunità che il minore abbia un padre e una madre. La mancata trascrizione priverebbe il nato della sua identità personale e delle tutele e garanzie che derivano dallo status di figlio di cui è già titolare. Tuttavia il diritto alla continuità dello status non deve essere inteso in maniera assoluta, perché il principio supremo dell’interesse del minore potrebbe soccombere rispetto ad altro principio supremo.

L’art. 12 comma 6 della l. 40/2002 contiene un divieto inefficace? Dipende da che punto di vista si affronta il quesito: nell’ottica della repressione penale, la surrogazione non è svolta su territorio italiano quindi ha un alto effetto deterrente e il divieto può considerarsi efficace. Se, invece, la domanda ha lo scopo di valutare l’impatto dissuasivo di tale divieto, la risposta non può che essere negativa. La proibizione assoluta, unita alla giurisprudenza civile e penale, non fa che incentivare il “turismo procreativo” che permette di concludere accordi di surrogazione senza alcuna conseguenza penale per la coppia, ai sensi dell’art. 12 comma 6 l. 40/2004, aggirando così l’ostacolo interno.

L’intervento del legislatore è sicuramente auspicabile, ma in che termini?

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ripetutamente violata nel convincimento personale del soggetto agente- convincimento condiviso da una certa rappresentanza sociale- che il divieto da essa imposto sia ingiusto”182. Perciò,

l’argomentazione principale è la seguente: dato che viene di fatto praticata, la soluzione dovrebbe essere quella di eliminare il divieto. Tale opinione ha pochissima credibilità “in quanto è del tutto evidente che il fatto che un divieto imposto dalla legge venga ripetutamente violato o aggirato non è, in sé, ragione sufficiente ad abolire il divieto medesimo, quando questo (come in genere avviene per i precetti di tipo penale) sia stato posto a tutela di beni giuridici di importanza fondamentale.”183 Quindi, non si chiede al

legislatore di autorizzare la maternità surrogata, ma nemmeno di fare di fare qualcosa che in passato non abbia già fatto. Si ricorda che altro divieto contenuto nella l. 40/2004 era quello della fecondazione eterologa: il legislatore benché la proibisse, prevedeva comunque una disciplina per il riconoscimento dei rapporti di filiazione derivanti da fecondazione eterologa avvenuta

182 Così Irti C., op. cit., p. 483. L’autrice sostiene: ”personalmente non ritengo

che la pratica procreativa riconducibile sotto la locuzione ‘maternità surrogata’ debba essere genericamente legittimata, ma – prescindendo da valutazioni soggettive- considero necessario che gli operatori giuridici, preso atto di una realtà sociale in continua evoluzione, mantengano vigile l’attenzione su tematiche che necessitano un costante, continuo confronto anche al fine di elaborare possibili strumenti di regolamentazione e tutela di situazioni sempre nuove, spesso scomode”.

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all’estero.184 Ciò che si richiede al legislatore è di colmare la

lacuna normativa che accompagna il divieto: ovvero inserire delle disposizioni che “regolino le relazioni familiari tra il nato e coloro che si recano all’estero a realizzare lo scopo procreativo mediante la gestazione per altri e rientrano in Italia con l’atto di nascita del figlio”.185 I principi contenuti nella sentenza n. 19599/2016 della

Corte di Cassazione sono elaborati con riferimento ad un caso che non vede tra gli elementi della fattispecie concreta l’evento della maternità surrogata. A questa ipotesi sono applicati per analogia dai giudici inferiori, credendo nella bontà delle intenzioni della Corte e affidandosi al suo ruolo nomofilattico, ma restano comunque frutto di interpretazione e niente vieta che in un tempo futuro la Corte di Cassazione, pronunciandosi effettivamente su un caso di maternità surrogata, prenda posizioni diverse. Il fatto che la Corte possa ritornare sui propri passi, affermando che tali criteri non possano essere applicati ai casi di maternità surrogata, per quanto poco probabile, non libera il legislatore dall’esigenza di rendere adeguato il dettato normativo.

184 Cfr. Varano C., La maternità surrogata e l’interesse del minore: problemi

e prospettive nazionali e transazionali, in Famiglia e diritto, n. 8-9/2017, p. 830.

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Capitolo 4

Il fenomeno della maternità surrogata alla prova della