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Maternità surrogata eseguita all’estero e inquadramento giuridico del rapporto

Il riconoscimento dello status di figlio a seguito di maternità surrogata all’estero: tra rispetto dell’ordine

3.1 Maternità surrogata eseguita all’estero e inquadramento giuridico del rapporto

nell’ordinamento italiano

Il fatto che il legislatore italiano abbia posto il divieto di esecuzione di questa pratica, accompagnato anche dalla sanzione penale di non irrilevante entità, non è risolutivo delle sempre più probabili situazioni di incertezza che si vengono a presentare nel momento in cui la coppia chiede che possano avere effetti anche in Italia situazioni giuridiche realizzatesi in un altro Paese, mediante la gestazione per altri. I giudici sono quindi chiamati ad affrontare il delicato problema delle soluzioni da adottare riguardo alla richiesta della coppia vertente sul riconoscimento giuridico del rapporto genitoriale con il bambino nato da maternità surrogata. In generale, il riconoscimento di una sentenza straniera che accerta il legame di filiazione o la trascrizione di un atto di nascita non

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risultante dall’emanazione di una sentenza dipende dal rispetto delle condizioni di regolarità in base alle norme di diritto internazionale privato e dal regolamento di stato civile105. Tuttavia,

i dati normativi forniti dall’ordinamento italiano da applicare a casi specifici di maternità surrogata sono praticamente assenti e la richiesta di riconoscimento si scontra inevitabilmente con il rifiuto da parte degli organi competenti i quali riconducono l’impossibilità di accogliere quanto richiesto alla salvaguardia dell’ordine pubblico106. In particolare, l’ostacolo all’accoglimento

di tali richieste non è da individuarsi solamente nel contenuto

105 Per quanto riguarda il riconoscimento di sentenze straniere le norme di

riferimento sono gli artt. 64 ss. della l. 218/1995 che riconoscono efficacia automatica ai provvedimenti giurisdizionali stranieri che abbiano rispettato i principi a garanzia del processo, salvo che il loro contenuto non sia contestato in quanto contrario all’ordine pubblico. Negare la produzione di effetti a seguito di tale eccezione conduce all’apertura di un giudizio che permette di verificare la conformità all’ordine pubblico dell’atto straniero. Mentre esistono svariate disposizioni sul riconoscimento e attuazione delle sentenze, per quanto riguarda la richiesta di trascrizione di un atto di stato civile straniero manca un riferimento normativo espresso: quando tale atto deve ricevere una qualche forma di attuazione in Italia, viene in considerazione l’art. 18 del d.P.R. 396/2000, il quale subordina la trascrizione dell’atto civile straniero unicamente alla verifica che l’atto non contenga disposizioni contrarie all’ordine pubblico. Tutto questo tenendo presente che lo status di figlio è regolato dalla sua legge nazionale, ex art. 33 l. 218/1995. Cfr. Barel B., Armellini S., Manuale breve di diritto internazionale privato, Giuffrè, Milano, 2017, pp. 373-374.

106 La clausola di ordine pubblico è flessibile e deve essere riempita di

significato da parte degli interpreti: “è una nozione variabile nel tempo e nello spazio, frutto della combinazione di fattori sociali e di specifiche condizioni storiche vigenti in un certo sistema giuridico […] un principio giuridico può essere ritenuto fondamentale in un dato periodo storico e può cessare di esserlo in un momento successivo.” Irti C., Digressioni intorno al mutevole “concetto” di ordine pubblico, in Nuova giurisprudenza civile commentata, n. 3/2016, p. 490.

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dell’art. 12 comma 6 della l. 40/2004, ma anche in quello dell’art. 269 terzo comma c.c. - è madre colei che partorisce - in quanto considerati, fino a tempi recenti, principi fondamentali dall’ordinamento, invocabili per l’applicazione del criterio dell’ordine pubblico. I giudici sono chiamatati a pronunciarsi sempre più di frequente su casi di maternità surrogata, privi di dati normativi adeguati, perciò l’analisi delle soluzioni giurisprudenziali, sebbene risolvano casi concreti, permette di astrarre dei ragionamenti di fondo che potrebbero essere impiegati per affrontare casi simili. È opportuno fin d’ora segnalare a quale approdo giunge la più recente giurisprudenza: il concetto di ordine pubblico a cui fare riferimento è quello internazionale, ovvero i principi supremi o fondamentali della nostra Costituzione che non possono essere sovvertiti dal legislatore ordinario, e di rilevanza per i casi di specie è l’interesse del minore, che costituisce indubbiamente principio supremo dell’ordinamento. Principi dell’ordinamento interno, invocati come preminenti, non hanno una rilevanza costituzionale tale da essere considerati principi fondamentali: la semplice difformità contenutistica tra il dettato legislativo di due paesi non è capace di far scattare l’applicazione dell’ordine pubblico.

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3.1.1 L’adozione in casi particolari per la formalizzazione dei rapporti familiari di fatto: coppie eterosessuali….

L’aggiramento delle norme italiane potrebbe avvenire non solo attraverso la richiesta di trascrizione di un atto straniero che attesti il rapporto di filiazione creatosi nel Paese in cui la maternità surrogata è stata eseguita, ma anche attraverso la domanda di adozione in casi particolari. La ratio dell’istituto consiste nel conferire valore giuridico ad un rapporto di affetto e di convivenza consolidato che si è istaurato tra il figlio e il coniuge del genitore: nell’interesse del minore è opportuno che abbia rilevanza esterna il ruolo svolto dal genitore ‘di fatto o sociale’. Un’ipotesi concreta potrebbe realizzarsi allorquando una donna, che si presti alla surrogazione, si sottoponga all’estero a tecniche di procreazione medicalmente assistita, impiegando materiale genetico del committente e decida di partorire in Italia chiedendo di non essere nominata nell’atto di nascita ai sensi dell’art. 30 del d.p.r. 396/2000107. Il committente riconosce il nato come figlio,

107 L’art. 9 comma 2 della l. 40/2004 sancisce il divieto per la donna che si

sottopone a tecniche di procreazione medicalmente assistita, di chiedere di non essere nominata nell’atto di nascita. Questo a seguito della volontà del legislatore di responsabilizzazione dei soggetti verso il nascituro. Infatti, l’art. 11 della medesima legge prevede la compilazione di un registro con i nominativi di coloro che hanno fatto ricorso alle tecniche di procreazione assistita, impedendone così l’anonimato. Quindi, affinchè il divieto produca i suoi effetti, è necessario che sia noto il fatto che la gravidanza sia iniziata attraverso tali tecniche: se si è fatto ricorso alle tecniche di procreazione

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diventandone il padre e creando la possibilità per la moglie di avanzare richiesta di adozione del proprio figlio, ai sensi della lett. b) dell’art. 44 l. 184/1983. Il caso appena prospettato si è verificato agli inizi degli anni ’90. La Corte di Appello di Salerno108 ha

consentito l’adozione da parte della moglie del padre biologico perché ciò era espressione dell’interesse preminente del minore, e l’illiceità dell’accordo non poteva impedire l’applicazione di una norma vigente. Sebbene sia la giurisprudenza stessa ad avallare questo èscamotage per non incorrere nei divieti di legge, le coppie committenti prediligono l’esecuzione totale della maternità surrogata nel Paese prescelto. Perciò, sia l’inizio della gravidanza che l’evento del parto hanno luogo all’estero ed al ritorno in patria la coppia presenta la richiesta di trascrizione di un provvedimento straniero che individua entrambi, fin dalla nascita, come genitori del nato. Così facendo ciò che si richiede all’ordinamento non è dare vita a un rapporto giuridico sulla base di una relazione di fatto solida e duratura, ma semplicemente riconoscere in Italia un rapporto già qualificato come tale da un altro Paese. La preferenza per quest’ultima modalità dipende non solo dalla semplicità

medicalmente assistita fuori dall’Italia il divieto di anonimato non è in grado di operare.

108 Sentenza 25.02.1992, in conferma della sentenza15.11.2011 del Tribunale

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procedurale rispetto all’adozione in casi particolari109, ma

soprattutto per gli effetti: infatti, se l’adozione piena110 istaura lo

status di figlio con gli adottanti, con l’adozione del figlio del marito nato fuori dal matrimonio il minore acquista semplicemente lo status di figlio adottivo, “non acquista lo status di figlio dell’adottante, ma gli spettano nei confronti dell’adottante tutti i diritti propri del rapporto di filiazione, e quindi, innanzitutto il diritto al mantenimento, all’educazione e all’istruzione”111.

Invece, la trascrizione di un atto di stato civile estero che attesti il rapporto di filiazione, qualora sia accettata anche nei confronti

109 Il presupposto per poter fare richiesta di adozione in casi particolari è quello

per cui il minore può anche non versare in stato di abbandono, infatti, l’art. 44 in apertura afferma che “i minori possono essere adottati anche quando non ricorrono le condizioni di cui al comma 1 dell’art. 7”. L’ipotesi specifica dell’adozione del figlio del coniuge prevede la condizione per cui la coppia debba essere sposata. L’adozione è disposta dal Tribunale per i minorenni tenendo conto del consenso prestato dal genitore biologico, e di quello espresso dal minore se maggiore di 14 anni (artt. 45,46 l. 184/1983), ed a seguito di una valutazione di merito sull’opportunità e sulla convenienza dell’adozione nell’interesse del minore. Infatti, ai sensi dell’art. 57, “l'indagine dovrà riguardare in particolare: a) l'idoneità affettiva e la capacità di educare e istruire il minore, la situazione personale ed economica, la salute, l'ambiente familiare degli adottanti; b) i motivi per i quali l'adottante desidera adottare il minore; c) la personalità del minore; d) la possibilità di idonea convivenza, tenendo conto della personalità dell'adottante e del minore”.

110 L’adozione piena ha la funzione “di dare una famiglia a chi ne è privo

perché la famiglia di sangue manchi o sia inadeguata a svolgere la funzione educativa”. Così Breccia U. ed altri, Diritto Privato, tomo terzo, Utet, Milano, 2010, p. 1170. Ha lo scopo, quindi di dare una famiglia a chi ne è privo e trova applicazione come ultima ratio perché “il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia”, art. 1 l. 184/1983. Si dice ‘piena’ perché il minore è in stato accertato di abbandono, inteso come mancanza di assistenza morale e materiale; la sua adozione comporta l’estinzione di tutti i rapporti con la famiglia di origine; il suo status diventa quello di figlio nato all’interno del matrimonio della coppia che lo adotta.

111Torrente A., Schlesinger P., Manuale di diritto privato, Giuffrè, Milano,

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della moglie priva di legame genetico con il minore, permette a quest’ultima di essere considerata genitore a tutti gli effetti fin dal momento della nascita. Come emergerà da quanto si dirà di seguito, è possibile che la trascrizione sia parziale, ovvero ammessa solamente nei confronti di colui che è legato geneticamente al nato, ma niente impedisce di crescerlo di fatto all’interno della famiglia e in un tempo successivo chiedere l’adozione in casi particolari del figlio del coniuge.

La lett. b) individua tra i requisiti necessari il rapporto di coniugio tra l’uomo e la donna, ma potrebbe verificarsi l’eventualità che questi ultimi siano solamente conviventi. La giurisprudenza fornisce comunque la possibilità di formalizzare il rapporto - costruito per vari motivi di fatto - con il minore attraverso la più elastica tra le tipologie di adozione in casi particolari, purché la decisione risponda all’interesse del minore.112 Lo strumento

utilizzato è quello contenuto alla lett. d) dell’art. 44 della l. 184/1983. Apparentemente una tale interpretazione sembra essere elusiva della precisa volontà legislativa espressa dalla lett. b), rendendo del tutto inutile il presupposto del rapporto

112 Il Tribunale per i minorenni di Milano, con la sentenza n. 626 del

28.03.2007, ha riconosciuto ad un uomo l’adozione della figlia orfana di padre della compagna in quanto era nell’interesse della minore vedersi riconosciuto giuridicamente quel rapporto dato che di fatto il convivente della madre si era sempre occupato di lei sotto ogni punto di vista.

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matrimoniale. Tuttavia i giudici, in mancanza di normativa adeguata, pur di dare stabilità a rapporti significativi impiegano la propria discrezionalità per adattare le norme vigenti ai casi concreti, cercando la soluzione che persegua il best interest of the child.

3.1.2 … e coppie omossessuali

Il caso di soggetti eterosessuali non sposati non è l’unico a cui può applicarsi la lett. d) dell’art. 44 della legge 184/1983, in quanto è attualmente utilizzata per ufficializzare anche il rapporto di fatto del minore con il partner omosessuale del genitore113. Infatti, il

Tribunale per i minori di Roma – sentenza del 23.12.2015 – ha accolto la richiesta di adozione in casi particolari del convivente verso il figlio biologico del compagno nato attraverso il ricorso alla maternità surrogata eseguita all’estero a seguito di un progetto di genitorialità condiviso. Le questioni interpretative di fondo che hanno permesso l’impiego della lett. d) alla fattispecie in esame

113 Vi sono diverse ipotesi per le quali è possibile che si formi una famiglia

omogenitoriale con figli: non solo il ricorso a fecondazione eterologa per coppie composte da donne o la gestazione per altri per quelle formate da uomini; ma può accedere che un membro della coppia omosessuale abbia intrattenuto precedentemente una relazione eterosessuale dalla quale sia nato un figlio e successivamente ne inizi un’altra con una persona del suo stesso sesso (famiglia ricomposta).

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trovano avallo giurisprudenziale114 in una recente pronuncia della

Corte di Cassazione - n. 12962 del 22.06.2016 - il cui caso concreto riguarda la richiesta di adozione della compagna della madre biologica verso la minore (nata dalla decisione comune di effettuare fecondazione eterologa).

Prima di affrontarne il ragionamento esegetico che la Suprema Corte espone, è opportuno fare una premessa. Il problema interpretativo nasce a causa della mancanza, all’interno del testo della l. 76/2016 sulle unioni civili tra persone same sex e la disciplina delle convivenze di fatto etero e omosessuali115, di

una normativa specifica sull’adozione del figlio del partner. Nel testo originario la questione dell’omogenitorialità era affrontata attraverso la modifica della lett. b) dell’art. 44 l. 184/1983, in modo da conferire la possibilità, anche alla parte dell’unione civile, di adottare il figlio minore del partner. Tuttavia, tale aggiunta è stata stralciata nella versione definitiva per timore che la previsione

114 Anche la Corte Costituzionale – sentenza n. 383/1999 - si è espressa a favore

dell’interpretazione estensiva, purché si dimostri che ciò rappresenti l’interesse del minore.

115 Il legislatore, recepisce i moniti sia della giurisprudenza interna che della

Corte Edu. La Corte Costituzionale, nella sentenza n. 138/2010, afferma che sia compito del Parlamento “nell’esercizio della sua piena discrezionalità, individuare le forme di garanzia e di riconoscimento” delle coppie omosessuali, e nella sentenza n. 170/2014 rinnova l’invito ad essere sollecito nel colmare la lacuna. La Corte di Strasburgo (Oliari c. Italia, sent. del 21.07.2015) condanna l’Italia in quanto il vuoto normativo impediva alle coppie omosessuali di formalizzare la loro unione.

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potesse rappresentare un incentivo per le coppie omosessuali maschili a generare attraverso il ricorso alla pratica della maternità surrogata (e quindi una legittimazione implicita) o per le femminili a ricorrere a fecondazione eterologa in altro Paese, cosicché l’unico riferimento all’adozione è contenuto nella parte finale dell’art. 20116. In generale, da tale articolo si deduce che le parti

dell’unione civile raggiungono uno status sostanzialmente equivalente a quello dei membri della coppia coniugata ma tale equiparazione non ha luogo né per le norme del Codice Civile non espressamente richiamate né per la l. 184/1983. Pertanto, i membri di una coppia omossessuale non possono procedere all’adozione piena di un minore in stato di abbandono perché è richiesto che la coppia sia legata in matrimonio, ma nemmeno all’ipotesi dell’adozione particolare contenuta alla lett. b) dell’art. 44 della l. 184/1983 perché è possibile solamente per il coniuge del genitore del minore. Tuttavia, l’espressione “resta fermo quanto previsto e

116 Art. 1 comma 20, l. 76/2016: “al solo fine di assicurare l’effettività della

tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole “coniuge”, “coniugi” o termini equivalenti, ovunque ricorrano nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso. La disposizione di cui al periodo precedente non si applica alle norme del codice civile non richiamate espressamente nella presente legge, nonché alle disposizioni di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184. Resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti”.

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consentito in materia di adozione delle norme vigenti”, contenuta in chiusura dell’art. 20 della l. 76/2016117, permette ai giudici di

proseguire, nel solco dell’interpretazione estensiva della lett. d), a dare rilievo giuridico ai rapporti di fatto tra il minore e partner omosessuale del genitore, purché volto a realizzare il suo superiore interesse ai sensi dell’art. 57118 l. 184/1983.

La Corte di Cassazione, producendo una ricostruzione dell’evoluzione dell’intero art. 44, afferma che l’istituto dell’adozione in casi particolari rappresenta lo strumento idoneo a garantire al minore una famiglia quando questo si trovi in una situazione per la quale l’adozione piena non può essere

117 Appare evidente come una tale formulazione sia frutto di un compromesso,

altrimenti non avrebbe avuto senso puntualizzare che si possono applicare le norme vigenti in materia di adozione (ovvero art. 44) quando, nel periodo immediatamente precedente, impedisce alla clausola di equiparazione di operare all’interno della legge sull’adozione. Cfr. Palmeri G., Le ragioni di trascrivibilità del certificato di nascita redatto all’estero a favore di una coppia same sex, in Nuova Giurisprudenza Civile Commentata, n. 3/2017, pp. 366-367.

118 “La ratio legis trova una espressa manifestazione nell’art. 57, n. 2, laddove

impone al tribunale di verificare se l’adozione ex art. 44 della Legge n. 184/1983 ‘realizza il preminente interesse del minore’. Non si tratta di una precisazione superflua, bensì di grande rilevanza e significatività: è pur vero che tutta la normativa sull’adozione si ispira alla realizzazione di tale interesse, ma l’esigenza avvertita dal legislatore di far esplicito riferimento ad esso trova ragione proprio nel prospettato rilievo che la norma chiede requisiti meno rigorosi di quelli previsti per gli adottanti in via legittimante, con un procedimento più rapido e semplificato. Pertanto, il legislatore con l’art. 44 della richiamata Legge n. 184/1983, oltre ad aver posto precisi limiti ed individuato casi tassativi per limitare la portata dell’istituto, lo circonda di ulteriori cautele, precisando che comunque sarà necessaria un’ulteriore valutazione: che l’adozione realizzi il ‘preminente interesse del fanciullo’.” Così Tribunale di Roma, sentenza del 23.12.2015.

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pronunciata, ma l’adozione risulti essere comunque opportuna119.

Infatti permette di consolidare rapporti di fatto, in quanto la realizzazione dell’interesse del minore avviene anche valorizzando la continuità affettiva ed educativa tra l’adottante e l’adottando. Con riferimento specifico alla lett. d), sfruttando l’elasticità che contraddistingue la norma, la definisce come quella “caratterizzata da un grado di determinazione inferiore alle altre”120 in quanto “nessun requisito viene indicato per definire i

profili dell’adottante e dell’adottato, essendo soltanto prevista la conditio legis della ‘constatata impossibilità dell’affidamento preadottivo’”. L’interpretazione estensiva di questa espressione è fondamentale per permettere al convivente omosessuale l’adozione del figlio del partner. Nonostante la Corte di Cassazione dia avallo alla lettura evolutiva seguita dai giudici di merito121, il dibattito tra interpretazione estensiva e restrittiva è

119 Ad esempio può essere usata anche nell’ipotesi in cui si voglia dare rilievo

giuridico a relazioni createsi a seguito di affidamento familiare, convertendolo quindi in adozione.

120 Per le altre ipotesi di adozione in casi particolari la Corte si esprime nei

seguenti termini: “nella prima, infatti, vengono esattamente definite le situazioni del minore (orfano di padre e madre) e dell’adottante (parente entro il sesto grado con preesistente rapporto stabile e duraturo con il minore); nella seconda, ugualmente, il minore adottando deve essere figlio, anche adottivo, di un coniuge e l’adottante non può che essere l’altro coniuge; nella terza, il minore deve essere orfano di entrambi i genitori e portatore di handicap, mentre non è richiesta alcuna condizione in ordine all’adottante”.

121 Tribunale di Roma, sentenza n. 299 del 30.07.2014. Corte di Appello di

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ancora acceso. Quest’ultima lettura si fonda sulla volontà originaria del legislatore e comprende solamente una impossibilità ‘di fatto’. L’interpretazione letterale della disposizione conduce a ritenere necessario l’accertamento dello stato di abbandono del minore – da cui deriva la condizione di adottabilità - a seguito della quale può essere collocato in affidamento preadottivo, ma per ragioni di fatto se ne costata l’impossibilità122.

L’interpretazione estensiva considera l’ipotesi, di per sé sufficiente, che l’impossibilità dell’affidamento preadottivo possa anche essere di ‘diritto’, ovvero quando non sia possibile dichiararne l’adottabilità perché lo stato di abbandono non sussiste in quanto il minore è accudito dal genitore biologico. Quest’ultima