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La maternita' surrogata eseguita all'estero: riconoscimento dello status di figlio nell'ordinamento italiano

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Academic year: 2021

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(1)

UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Giurisprudenza

Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Tesi di laurea

La maternità surrogata eseguita all’estero:

riconoscimento dello status di figlio nell’ordinamento

italiano

Il Relatore

Chiar.ma Prof.ssa Chiara Favilli

Il Candidato

Valentina Secci

(2)

I

NDICE

Introduzione

………...……1

Capitolo 1

La maternità surrogata: definizione, profili soggettivi e

quadro normativo

1.1 Definizione e precisazioni terminologiche………….……5 1.2 Complessità soggettiva del fenomeno….…………...……8 1.3 Il dibattito sull’ammissibilità del contratto di maternità surrogata in assenza della normativa……...………9 1.4 Il divieto di maternità surrogata sancito dalla legge n. 40/2004 e la rilevanza penale della trasgressione……..…13 1.4.1 I dubbi di legittimità sollevati dal divieto……...…17

1.5 La reazione degli interpreti….………..20

1.6 Il diritto alla procreazione e l’aspirazione a diventare genitori nel sistema giuridico interno…..………..…26 1.7 La diffusione del “turismo riproduttivo” per il superamento del divieto di maternità surrogata………...28

Capitolo 2

La maternità surrogata sullo sfondo delle pronunce della

Corte Europea dei Diritti dell’Uomo

2.1

Profili generali………..…32

2.2

Le sentenze gemelle Labassée e Mennesson c. Francia…37 2.2.1 Quali conseguenze applicative?...42

(3)

2.3

Il caso D. e altri c. Belgio………..45

2.4

Il caso italiano: Paradiso e Campanelli c. Italia…………46

2.4.1

Considerazioni critiche………..…51 2.4.2 La sentenza della Grande Camera sul caso Paradiso e Campanelli c. Italia…..………..53

2.5 Conclusioni…...………...………..…56

Capitolo 3

Il riconoscimento dello status di figlio a seguito di

maternità surrogata all’estero: tra rispetto dell’ordine

pubblico e best interest del minore

3.1

Maternità surrogata eseguita all’estero e inquadramento giuridico del rapporto nell’ordinamento italiano……...…59 3.1.1 L’adozione in casi particolari per la formalizzazione dei rapporti familiari di fatto: coppie eterosessuali………62 3.1.2 … e coppie omosessuali………...…66 3.1.3 Conclusioni………..75 3.2 Il problema dell’assenza (totale o parziale) di legame genetico e il diniego di riconoscimento del rapporto di filiazione per contrarietà all’ordine pubblico………78 3.3 Il riconoscimento del legame di filiazione con la ‘madre sociale’ a tutela dell’interesse del minore….……….81 3.4 La trascrizione dell’atto di nascita a favore di coppie same sex………...85 3.4.1 L’ordinanza della Corte di Appello di Trento del 23.02.2017 e il decreto del Tribunale di Firenze del 8.03.2017………..94

(4)

3.5 Il riconoscimento del legame di filiazione con la ‘madre genetica’, diversa dalla ‘madre biologica’ (maternità surrogata omologa)………...…97

3.6 Lo s

tatus filiationis instaurato all’estero: tra legame genetico e responsabilità procreativa…………..……..…98

3.7

Considerazioni generali sugli orientamenti della giurisprudenza...……….103 3.8 Conclusioni……….…108

Capitolo 4

Il fenomeno della maternità surrogata alla prova della

regolamentazione internazionale: utopia o prospettiva

concreta?

4.1 Legislazioni differenti per un fenomeno dal carattere globale………... ………….…112 4.2 La posizione del Parlamento Europeo sulla maternità surrogata……….119 4.3 La maternità surrogata oggetto di studio da parte della

Conferenza dell’Aja: work in progress…………...……122 4.4 Quale possibile regolamentazione?...124

Conclusioni

….……….………...……133

(5)

1

Introduzione

Con l’accordo di maternità surrogata una donna si impegna a condurre a termine la gravidanza per conto di altri ed a consegnare il bambino una volta nato ad un committente o ad una coppia di committenti per spirito di solidarietà o per motivi economici. È una pratica tutt’altro che nuova giacché fin dall’antichità l’aspirazione alla genitorialità di coniugi impossibilitati a procreare a causa della sterilità femminile veniva soddisfatta ricorrendo alla generazione di figli tra il marito e una donna che si impegnava a consegnare alla coppia il frutto del concepimento.1 Il progresso scientifico

nell’ambito delle tecniche procreative non ha comportato, quindi, la nascita del fenomeno ma ha contributo semmai alla sua diffusione e all’articolazione di diverse fattispecie di surrogazione a seconda della provenienza del materiale genetico impiegato. Rispetto alla legittimità di questa pratica, i sistemi giuridici si dividono. La maggior parte manifesta un atteggiamento di netto

1 “Rachele, vedendo che non le era concesso di procreare figli a Giacobbe,

divenne gelosa della sorella e disse a Giacobbe: ‘Dammi dei figli, se no io muoio!’. Giacobbe s’irritò contro Rachele e disse: ‘ Tengo forse io il posto di Dio, il quale ti ha negato il frutto del grembo?’. Allora essa rispose: ‘Ecco la mia serva Bila: unisciti a lei, così che partorisca sulle mie ginocchia e abbia anch’io una mia prole per mezzo di lei’”. Gen., 30.1.

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2

rifiuto, proibendola in modo tassativo, a causa delle delicatissime questioni etico-sociali e giuridiche che solleva. La ragione principale va cercata nel fatto che la surrogazione di maternità mette in crisi il principio mater semper certa est: perché la figura materna viene ad essere duplicata e si creano incertezze in ordine all’individuazione del soggetto con cui istaurare il legame di filiazione. In altri, invece è permessa, ed in altri ancora il legislatore non si esprime né vietandola, né autorizzandola. Il nostro sistema vieta la maternità surrogata e sanziona penalmente la trasgressione all’art. 12 comma 6 della legge 40/2004 “Norme in materia di procreazione medicalmente assistita”, resta aperta, però, la possibilità di effettuarla all’estero. Pertanto, svariate coppie hanno soddisfatto il loro desiderio di genitorialità raggiungendo paesi dotati di una legislazione permissiva per poi chiedere, una volta aggirato il divieto interno, il riconoscimento del rapporto con il nato. Tali richieste si sono scontrate generalmente con il rifiuto, espresso dall’Ufficiale di Stato civile, di procedere alla trascrizione del rapporto di filiazione legittimamente creatosi in altro Stato, assumendone la contrarietà all’ordine pubblico sia in considerazione del divieto, sia alla luce dell’art. 269 comma terzo c.c. che individua la madre in colei che partorisce. In tal modo si è creato un regime di incertezza in

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3

relazione allo status del minore e specularmente allo status di genitori della coppia a dissipare il quale sono stati chiamati i giudici su ricorso delle coppie committenti. La giurisprudenza, quindi, è stata chiamata ad elaborare soluzioni alle difficoltà nascenti dalla mancanza di una disciplina puntuale, al passo con i tempi, in merito alla trascrivibilità di atti o sentenze straniere riguardanti situazioni giuridiche emergenti dalla maternità surrogata ricorrendo alle regole di diritto comune e ad una rilettura costituzionalmente e convenzionalmente adeguata ed evoluta. Al riguardo riveste fondamentale importanza la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, la quale non ha affrontato il problema della liceità o meno della maternità surrogata, ma si è espressa in ordine al quesito se il diniego del riconoscimento del legame di filiazione per motivi di ordine pubblico integri la lesione del diritto alla vita privata e familiare garantito dall’art. 8 Cedu.

Come anticipato, l’approccio legislativo muta da Stato a Stato: ciò impedisce di circoscrivere la pratica a una determinata area e alimenta il fenomeno del “turismo procreativo” in quanto le coppie possono decidere liberamente in quale Stato recarsi in base alle condizioni di accesso a loro più favorevoli.

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4

La comunità internazionale non è indifferente alle sensibili problematiche nascenti dall’esecuzione di tale pratica e l’interesse sempre più attuale sul tema è dimostrato dall’istituzione di un gruppo di studio, presso la Conferenza dell’Aja, con lo scopo di giungere alla realizzazione di uno strumento che regoli la maternità surrogata e che fornisca adeguata tutela ai soggetti coinvolti, in particolare la madre surrogata e il bambino.

Il presente elaborato esplora, dopo aver proceduto a un inquadramento generale del fenomeno della maternità surrogata e all’analisi del dibattito relativo alla normativa interna (Capitolo 1), il problema del riconoscimento dello status del minore nato da maternità surrogata eseguita all’estero attraverso l’analisi della giurisprudenza sovranazionale (Capitolo 2) e poi di quella nazionale (Capitolo 3). Infine, data la dimensione globale assunta dalla maternità surrogata, si propone di valutare la possibilità di una regolamentazione a vocazione transnazionale e il suo ipotetico contenuto (Capitolo 4).

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5

Capitolo 1

La maternità surrogata: definizione, profili soggettivi

e quadro normativo

1.1 Definizione e precisazioni terminologiche

La maternità surrogata è quella pratica per cui una donna, dietro corrispettivo o gratuitamente, si impegna a condurre a termine la gravidanza per soddisfare il desiderio di maternità o paternità altrui, e a consegnare al committente - coppia eterosessuale, omosessuale, o al single (donna o uomo, anche se in genere quest’ultimo) - il figlio nato, rinunciando ad ogni diritto su di esso.2 È doveroso fare una precisazione dal punto di vista

terminologico, distinguendo fenomeni di solito confusi tra loro. Rispetto all’espressione ‘maternità surrogata’ o ‘maternità per sostituzione’ si intendono erroneamente come loro sinonimi3 le

2 La definizione così formulata è frutto dell’unione di contributi di più

interpreti. Cfr. Faraoni A. B., La maternità surrogata, Giuffrè, Milano, 2002, p. 21; Poli L., Maternità surrogata e diritti umani: una pratica controversa che necessita di una regolamentazione internazionale, in BioLaw Journal-Rivista di Biodiritto, n. 3/2015, pp. 8-9.

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6

locuzioni ‘utero in affitto’ o ‘gestazione per altri’.

Sicuramente queste tecniche hanno in comune un identico nucleo centrale, ovvero l’obbligo assunto dalla donna di portare a termine la gravidanza e di cedere il bambino alla coppia una volta nato, ma differiscono rispetto al materiale biologico utilizzato per le ragioni che emergeranno nella classificazione seguente, utile ad evitare imprecisioni. Premesso ciò, è possibile operare la seguente ripartizione:4

- Maternità surrogata per concepimento e gestazione: la donna che acconsente alla gravidanza dona il proprio ovulo che sarà fecondato con il seme dell’uomo della coppia, (potrebbe anche avvenire ricorrendo allo sperma di un terzo donatore). Con questa tecnica si indica la maternità surrogata tradizionale: la donna sostituita o surrogata fornisce il materiale genetico sia la funzione di gestazione.

4 Cfr. Salone B., Figli su commissione: profili civilistici della maternità

surrogata in Italia dopo la legge 40/2004, in BioLaw Journal-Rivista di Biodiritto, n. 2/2014, p. 158; Corti I., op. cit., p. 4. Si precisa che la sola donazione di ovociti non dà luogo a maternità surrogata. Un loro possibile impiego avrà luogo qualora una coppia decida di ricorrere a fecondazione eterologa, ma in questo caso la gravidanza è portata avanti dalla donna responsabile dell’intera operazione la quale è ricorsa a materiale altrui per avere un figlio per sé. L’elemento scriminante è il consenso: la donna che dona ovociti non presta nessun consenso a un progetto procreativo. Cfr. Baldini G., Volontà e procreazione: ricognizione delle principali questioni in tema di surrogazione di maternità, in Diritto Famiglia e Persone, n. 2/1998, pp. 754 ss.

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7

- Maternità surrogata per sola gestazione: la donna accoglie un embrione formato con materiale a lei totalmente estraneo (proprio della coppia committente o addirittura di altri donatori). Data la mancanza di legame genetico dell’embrione con la donna che si appresta ad affrontare la gravidanza si individua la pratica di ‘utero in affitto’, o quella di ‘gestazione per altri’. La definizione ‘utero in affitto’ di per sé richiama l’uso di una parte del corpo femminile da cui si possa trarre un vantaggio economico e rende evidente l’idea di reificazione, riduzione a ‘cosa’ del corpo della donna, ledendo la sua dignità. È usata con una connotazione negativa data la probabile onerosità dell’accordo, e non è un caso che sia anche la più diffusa. Al contrario, ‘gestazione per altri’ è neutra, non ha insita nessuna accezione negativa, non fornisce nessun giudizio di valore. È impiegata con fini meramente descrittivi, permette di vedere il fenomeno con più distacco, e forse, di intravedere uno spiraglio di ammissibilità, soprattutto perché usata quando non c’è nessun vantaggio economico per la donna che si presta a condurre la gravidanza in luogo di quella che poi prenderà in consegna il bambino.

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8

1.2 Complessità soggettiva del fenomeno

La casistica muta in base al ruolo rivestito dai terzi (ovvero altri soggetti rispetto alla madre sostituita o alla coppia) nel procedimento procreativo. L’ipotesi più semplice è quella per cui l’embrione è generato con i gameti della coppia e la donna si presta a portarlo in grembo. La più complessa ha luogo quando la gestante non dà il proprio ovulo, e nemmeno i committenti i propri gameti, in quanto è fatto ricorso al contributo biologico di donatori maschili e femminili - giungendo quindi ad un massimo di cinque soggetti coinvolti - complicando così i rapporti tra i partecipanti e il bambino. Infatti, si ha una inedita scissione della figura materna in più ruoli che da sempre sono considerati riconducibili in capo alla stessa donna, ovvero: la madre genetica (mette a disposizione gli ovociti, concepisce), la madre biologica o uterina (porta avanti la gravidanza e affronta l’evento del parto), la madre sociale (colei che ha manifestato la volontà di iniziare un percorso procreativo, è la donna committente che al momento della consegna si assumerà la responsabilità genitoriale del nato).

La maternità surrogata, nei modi di esplicarsi appena elencati, rende incerto il numero delle figure genitoriali. Nel caso più

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9

articolato, che produce la “destrutturalizzazione”5 massima

dell’identità materna, potenzialmente, possono rivendicare un diritto esclusivo sul nato tre donne e ciò solleva un problema giuridico di difficile soluzione: chi deve essere ritenuta titolare dello status di madre? Il nostro ordinamento identifica la madre con colei che partorisce (art. 269 terzo comma c.c.): perciò tale pratica rende non più assoluto il brocardo mater semper certa est. Per quanto concerne il ruolo del padre, sia genetico che sociale, in genere a ricoprirlo è il marito o il compagno della coppia committente, anche se non si esclude che possa rivestire solo il ruolo sociale se la fecondazione avviene ricorrendo a materiale biologico di un terzo donatore.

1.3

Il dibattito sull’ammissibilità del contratto di

maternità surrogata in assenza della normativa

Come già detto, alla base di questo fenomeno c’è un accordo tra la madre surrogata e la coppia committente6 per ragioni che possono

riguardare motivi di sterilità e quindi di salute, oppure il desiderio

5 Così Salone B., op. cit., pp. 159-160.

6Se la coppia omosessuale è formata da due uomini, si è di fronte ad una

impossibilità naturale e il ricorso alla maternità surrogata è l’unico modo per poter avere un figlio che abbia il patrimonio genetico appartenente ad almeno uno dei due partner.

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10

di avere un figlio evitando i disagi della gravidanza7. Il legislatore

solo in tempi recenti si è occupato della normativa riguardo alla maternità surrogata, qualificandola come illecito penale. Tuttavia è opportuno fare un breve riferimento ad alcune sentenze, precedenti l’entrata in vigore della legge 40/2004, in cui i giudici hanno risolto il caso concreto che era stato sottoposto alla loro attenzione, in presenza di un vuoto legislativo.

La pronuncia più risalente è stata emessa dal Tribunale di Monza8, il quale ha affermato che il contratto di sostituzione di

maternità è radicalmente nullo.9 Il giudice lo ha classificato come

contratto atipico e per poterne giudicare la validità ha fatto riferimento alla meritevolezza degli interessi sottostanti al contratto stesso. Nel caso specifico ha riscontrato che le parti

7 Così Corti I., op. cit., p. 9.

La sterilità si riscontra quando, dopo almeno due anni di rapporti, non si arrivi a concepimento; l’infertilità è la situazione per cui la donna non riesce a portare a buon fine la gravidanza. Alcune donne, per motivi lavorativi non possono o non vogliono affrontare il lungo periodo della gravidanza. Ci sono anche casi in cui non è più possibile che una gravidanza abbia luogo, ad esempio quando la donna è stata sottoposta ad isterectomia.

8 Tribunale di Monza, 27 ottobre 1989, con nota a sentenza di Palmeri G.

Maternità “surrogata”: la prima pronuncia italiana, in Giurisprudenza Italiana, n. 5/1990. Il caso riguarda i coniugi italiani Valassina che, non potendo avere figli per impossibilità della moglie, contattano una donna algerina che si presta alla pratica di ‘utero in affitto’. La Bedjaoui si sottopone all’impianto dell’embrione concepito con il contributo biologico del marito, dietro compenso. Al momento della nascita e per un periodo successivo la donna non intende consegnare il bambino alla coppia committente, chiede altri soldi, tenendo la bambina denutrita e in condizioni igieniche pessime. Così i coniugi chiedono al giudice l’esecuzione del contratto.

9 L’orientamento espresso dal giudice monzese è confermato anche dal decreto

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11

avevano inteso concludere un contratto che ledeva la dignità della donna; erano state violate le norme sulla filiazione ovvero l’artt. 232 e 269 terzo comma c.c., per le quali gli status non possono essere oggetto di atti di disposizione ed è madre colei che partorisce; nonché l’art. 5 c.c. in quanto è vero che prestare il proprio utero non provoca una diminuzione permanente del corpo, ma sicuramente rappresenta una pratica contraria alle clausole generali dell’ordine pubblico e del buon costume. Il ragionamento del giudice si basa sulla verifica che l’interesse della coppia committente ad avere un figlio, e a vederlo consegnato – in modo da realizzare la loro aspirazione genitoriale – non è meritevole di tutela: così il contratto è dichiarato nullo ai sensi dell’artt. 1418 secondo comma e 1346 c.c., perché l’oggetto non è possibile ed illecito, in quanto il nascituro non è un bene giuridico, gli status sono indisponibili, l’accordo è contrario all’ordine pubblico e al buon costume, oltre a non potersi riscontrare il riconoscimento nella nostra Costituzione di un diritto ad essere genitori. Se quello appena indicato è il primo provvedimento che affronta la questione della maternità per sostituzione, un’ordinanza del Tribunale di Roma10 è la prima – ed unica – che ha ritenuto

10 Tribunale di Roma, ordinanza del 17.02.2000. Il caso riguarda una coppia

che decide di procedere alla fecondazione in vitro e al congelamento dell’embrione in attesa di trovare una donna che si presti all’impianto, data la

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legittimo l’accordo di maternità surrogata, stabilendo così l’impianto dell’embrione nell’utero della donna che si era offerta a titolo puramente gratuito. Questa ordinanza ha suscitato numerose polemiche soprattutto per l’approccio soggettivista che la caratterizza11. Il Tribunale di Roma, notando la lacuna

normativa, sente l’esigenza di precisare che “il giudice dovrebbe rendersi interprete degli orientamenti dell’opinione pubblica più avvertita”12, mentre il Tribunale di Monza ha elaborato il

ragionamento in punto di diritto e le motivazioni elencate a sostegno della sua pronuncia sono argomentate in modo assolutamente condivisibile.13 Inoltre ritiene esistente un diritto ad

essere genitore, costituzionalmente tutelato (mancando però di

malattia della moglie che le impedisce di portare a termine la gravidanza ma non di produrre ovociti. Un’amica della moglie, per puro spirito solidaristico, decide di prestare il proprio utero. I coniugi agiscono in via cautelare, ex art. 700 c.p.c. lamentando il pregiudizio imminente e irreparabile che gli embrioni subiscono con il passare del tempo e quindi l’impossibilità di un futuro impianto. Il problema era il rifiuto del medico ad adempiere il contratto, in quanto il nuovo codice deontologico vietava il compimento di pratiche di surrogazione.

11 Cfr. Sesta M., Norme imperative, ordine pubblico e buon costume: sono

leciti gli accordi di surrogazione?, in Nuova Giurisprudenza Civile Commentata, n. 2/2000, pp. 204-205.

12 Così Sesta M., op. cit., p. 204.

13 Cfr. D’Avack L., Nascere per contratto: un’ordinanza del Tribunale civile

di Roma da ignorare, in Diritto di famiglia e delle persone, n. 2/2000, p. 708. L’autore sostiene che “l’inerzia del nostro legislatore nel giungere ad una definitiva regolamentazione della fecondazione artificiale, non autorizza certo un intervento del giudice destinato a riempire questo vuoto normativo con le proprie ideologie e convinzioni personali, distaccandosi da quell’opera interpretativa di sua spettanza che deve sempre trovare riscontro nella normativa vigente […] il nostro diritto positivo, che piaccia o no, contiene disposizioni e regole che portano, piuttosto verso una pronuncia di illegalità dei contratti di maternità.”

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13

argomentare su quali basi si fondi) e non si interroga nemmeno sulla liceità della maternità surrogata perché questo rappresenta il mezzo per realizzare tale diritto.14 Sotto il profilo della liceità di

tale pratica rispetto all’art. 5 c.c., il giudice sostiene che “la coscienza morale e sociale non permette la commercializzazione di una funzionalità così elevata e delicata come la maternità […] ma tale affermazione deve essere messa in dubbio quando il consenso all’utilizzazione dell’utero sia determinato […] da ragioni di solidarietà e concesso per spirito di liberalità”.15

Questa ordinanza è stata molto criticata per l’arbitrarietà con cui il giudice è addivenuto alla regolamentazione del caso concreto, emettendo una decisione lontano dall’essere un elaborato fluido e ben argomentato: l’unico pregio è quello di aver riacceso i riflettori sull’assenza di una legge riguardo alla maternità surrogata e, più in generale, sulle pratiche di fecondazione assistita.

1.4 Il divieto di maternità surrogata sancito dalla legge

n. 40/2004 e la rilevanza penale della trasgressione

Finalmente la legge 40/2004 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita) ha regolato in maniera organica un ambito

14 Cfr. Sesta M., op. cit., p. 211.

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14

che da tempo necessitava di una disciplina. La procreazione medicalmente assistita16 risponde a finalità terapeutiche e

rappresenta un rimedio residuale, non alternativo alla procreazione naturale, in quanto accessibile a coppie sposate o conviventi eterosessuali impossibilitate a procreare per motivi di sterilità o infertilità.17 Benché non costituisca strettamente una pratica di

procreazione medicalmente assistita18, il legislatore inserisce

all’interno di questo corpo di norme la maternità surrogata allo scopo di vietarla. L’articolo 12 comma 6 stabilisce il divieto di maternità surrogata nel nostro ordinamento, prescrivendo che “chiunque in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza […] la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre

16 “Fenomeno generalmente conosciuto con il nome di “fecondazione

artificiale”, che può essere sinteticamente definita come l’insieme delle tecniche mediche che consentono di dare luogo al concepimento di un essere umano senza la congiunzione fisica di un uomo e di una donna, (procedendo a fecondazione in vitro o ‘in provetta’, o a fecondazione in vivo) impiegando gameti appartenenti alla stessa coppia che si sottopone alle tecniche (fecondazione omologa) oppure proveniente del tutto o in parte da donatori esterni (fecondazione eterologa)”. Così Bartolo S., op. cit., pp. 157-158.

17 Art 1 l. 40/2004: “Al fine di favorire la soluzione di problemi riproduttivi

derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana è consentito il ricorso alla procreazione medicalmente assistita [...] qualora non ci siano altri rimedi per rimuovere le cause di infertilità o sterilità.”

18 “La maternità surrogata si pone all’interno del fenomeno della procreazione

assistita pur non costituendo di per sé alcuna tecnica: l’utilizzo delle tecniche procreative è infatti ‘mezzo’ per realizzare le diverse forme di surrogazione. Nel senso che, anche se più raramente, niente vieta che si ricorra a rapporti sessuali e non necessariamente a fecondazioni in vitro o in vivo.” Così Corti I., La maternità per sostituzione, in Il governo del corpo, a cura di Canestrari S., Ferrando G., Mazzoni C.M., diretto da Rodotà S., Zatti P., Trattato di Biodiritto, Vol. I, Giuffrè, Milano, 2011, p. 1480.

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mesi a due anni e con una multa da 600.000 a un milione di euro”, sanzione applicabile oltre alle cliniche19 ed al personale sanitario

coinvolto20 nella procedura, anche ai soggetti che la richiedono,

ovvero i committenti21.

La previsione di una tale fattispecie criminale non soddisfa dal punto di vista della formulazione, perché ritenuta priva di adeguati requisiti di tassatività. Il legislatore, infatti, si astiene dal dare una definizione chiara e circoscritta della maternità surrogata e rimette agli interpreti la ricostruzione degli elementi minimi necessari per l’integrazione del reato.22 In via interpretativa, quindi, è necessario

19 “Quanto alla struttura nell’ambito della quale è stata praticata la tecnica

vietata dalla legge (la produzione dell’embrione in vitro e il suo trasferimento nell’utero della madre gestazionale), si prevede che l’autorizzazione ad eseguire interventi di procreazione assistita di cui all’art. 10 l. n. 40/2004, sia sospesa per un anno, ovvero revocata in caso di recidiva o di violazione di più di uno dei divieti previsti dall’art. 12.” Così Dolcini E., La procreazione medicalmente assista: profili penalistici, in Il governo del corpo, a cura di Canestrari S., Ferrando G., Mazzoni C.M., diretto da Rodotà S., Zatti P., Trattato di Biodiritto, Vol. I, Giuffrè, Milano, 2011, p. 1551.

20 “… si cumula a titolo di pena accessoria, la sospensione dall’esercizio della

professione sanitaria da 1 a 3 anni.” Così Dolcini E., op. cit., p. 1550.

21 Art. 12 comma 8. È da notarsi come nelle altre ipotesi di reato previste dalla

legge non si considerino destinatari della sanzione penale l’uomo o la donna ai quali le tecniche sono applicate.

22 “Nell’attesa dunque che qualche giudice colga l’occasione per rivolgere una

sollecitazione alla Corte Costituzionale, lamentando una violazione degli artt. 3, 25, 27 Cost., una definizione delimitativa del fatto tipico la si deve pur dare.” Così Vallini A., La schiava di Abramo, il giudizio di Salomone e una clinica di Kiev: contorni sociali, penali, e geografici della gestazione per altri, in Diritto penale e processo, n. 7/2017, p. 902.; “La surrogazione di maternità non è oggetto di alcuna definizione nella l. n. 40/2004 […] anche a questo proposito la scelta discutibile di una materia così carica di implicazioni metagiuridiche, il legislatore italiano scarica dunque interamente il problema sull’interprete. Deve comunque ritenersi che il divieto riguardi sia l’ipotesi in cui la donna metta a disposizione l’utero per ricevere un ovocita fecondato altrui, sia l’ipotesi in cui metta a disposizione, oltre all’utero, anche un proprio

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riempire di contenuto le condotte che il legislatore indica in termini generici, ovvero: la realizzazione, l’organizzazione e la pubblicizzazione della maternità surrogata23. Tuttavia non è

totalmente da criticare la linea di non perfetta chiarezza tenuta dal legislatore: dare una definizione dettagliata di cosa si debba intendere per maternità surrogata avrebbe potuto comportare la conseguenza, sicuramente da evitare, che alcune condotte non integrassero la fattispecie astratta e così restassero impunite. Detto questo, la decisione di non darne una definizione puntuale all’interno della legge che la vieta integra una scelta di opportunità apprezzabile o meno (altrimenti il legislatore dovrebbe ‘rincorrere’ il progresso scientifico e aggiornare la definizione ogniqualvolta ci siano degli sviluppi che possono uscire dalle maglie strette della previsione e quindi non essere perseguibili).

ovocita, in entrambi i casi impegnandosi a cedere il bambino subito dopo il parto”. Così Dolcini E., op. cit., p. 1551.

23 “Ex art. 12 comma 6 l. n. 40/2004, commette reato non solo colui- medico o

biologo- che formi l’embrioni in vitro e lo trasferisca nell’utero di una donna diversa dalla madre biologica, ma anche chiunque ponga in essere svariate attività prodromiche a interventi di questo tipo. È punito infatti anche chi ‘organizza’ la surrogazione di maternità per esempio creando una rete di donne disponibili a portare nel proprio corpo embrioni altrui. È punito inoltre chi ‘pubblicizza’ la surrogazione di maternità, dove per ‘pubblicizzazione’ deve intendersi […] il portare qualcosa a conoscenza di un numero indeterminato di persone.” Così Dolcini E., op. cit., p. 1552.

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1.4.1 I dubbi di legittimità sollevati dal divieto

Alcuni studiosi ritengono che il divieto assoluto di maternità surrogata sia incostituzionale alle seguenti condizioni: che sia eseguita a titolo gratuito, che l’impegno a portare a termine la gravidanza sia assunto liberamente per motivi solidaristici, e che la situazione sia gestita in modo tale da garantire la tutela dell’interesse del minore. Come si è detto, “tale convinzione deriva dall’osservazione della realtà, ove gravi problemi sanitari affliggono donne che non hanno la possibilità di portare avanti la gravidanza con esito positivo, impedendo così anche ai loro partners di diventare padri. È evidente che in queste ipotesi il divieto assoluto posto dall’art. 12, comma 6, della l. 40/2004 si pone in contrasto con l’art. 31, comma 2, Cost., che proteggendo ‘la maternità, l’infanzia e la gioventù’ e ‘favorendo gli istituti necessari a tale scopo’ (art. 31, comma 2, Cost.), promuove le tecniche che conducono alla nascita di nuove vite umane, purché adeguatamente protette”.24 Altri aspetti di incostituzionalità

possono rilevarsi in relazione al principio di uguaglianza, art. 3 Cost., sotto più profili:

24 Così Valongo A., La gestazione per altri: prospettive di diritto interno, in

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- le donne possono incontrare diversi limiti nella impossibilità a procreare dipendenti dalle proprie patologie, ad esempio, una non è in grado di produrre gameti ma può ricorrere alla procreazione eterologa, l’altra non è in grado di portare a termine la gravidanza ma non può ricorrere alla gestazione per altri. Entrambe hanno un limite che impedisce loro di procreare, ma in un solo caso si permette il superamento di tale impedimento;25

- come si è sostenuto, “la legge 40/2004 ha come obiettivo primario quello di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi e che questi derivino da infertilità e sterilità della coppia o da una patologia preclusiva della gestazione non dovrebbe fare differenza, qualora poi così fosse, si determinerebbe una discriminazione di ‘genere’ in relazione all’art. 3 della Cost. per le diverse possibilità offerte alle coppie. Infatti sarebbe ora permesso ad un uomo completamente sterile, ricorrendo alle tecniche riproduttive, di avere una discendenza per effetto della donazione dei gameti, non altrettanto sarebbe consentito

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ottenere ad una donna non in grado di portare a termine la gravidanza.”;26

- la disparità di trattamento può derivare dalle differenti disponibilità economiche di cui la coppia è dotata27, dato

che servono ingenti somme per eseguirla all’estero28.29

Al contrario, altri studiosi ritengono che questi profili di incostituzionalità se pur teoricamente accettabili, in concreto non debbano essere sollevati perché “il giurista si dovrebbe guardare dall’accreditare l’idea che tutte le ineguaglianze, comprese quelle

26 Così D’Avack L., La maternità surrogata: un divieto inefficace, in Diritto

di famiglia e delle persone, n. 1/2017, p. 142.

27 Cfr. Valongo A., op. cit., p. 146.

28Da ricordare come tra le ragioni che la Corte ha adotto nel dichiarare

incostituzionale il divieto di fecondazione eterologa sentenza 162/2014 -rientri proprio la motivazione di ragione economica: solo chi ha le risorse finanziarie necessarie per recarsi in altri paesi può fare ricorso a tale tecnica.

29 Di recente, è stata sollevata questione di costituzionalità dell’art. 12 comma

6 l. 40/2004 per contrasto con artt. 2, 3, 13, 29, 31, 32 e 117 primo comma e art. 8 Cedu nella parte in cui non consente di procedere alla trascrizione dell’atto di nascita di minori nati da maternità surrogata. In un primo momento, la Corte di Appello di Milano -25 luglio 2016- sembra essere d’accordo con i il ricorrente, ritenendo non manifestamente infondata l’eccezione di legittimità, poi cambia opinione. Il divieto è considerato necessario perché volto a tutelare diritti di pari rango e a seguito del bilanciamento operato, non può che prevalere la dignità della donna. Tuttavia, “nelle riflessioni conclusive mal si cela il rammarico per l’occasione mancata, riprende corpo l’ipotesi di una presunta illegittimità costituzionale e, con enfasi esortativa rivolta al legislatore, il collegio giudicante rimarca che la lesione della dignità della donna non si realizzerebbe nel caso in cui le fosse consentito di accedere, con una scelta libera e responsabile, alla pratica della gestazione per altri in un contesto regolamentato, sottratto allo sfruttamento e alla commercializzazione, in cui si contemplasse anche il c.d. ripensamento, ovvero la possibilità di decidere di tenere per sé il nato da tale pratica”. Così Picaro R., Le fragili fondamenta del divieto di surrogazione di maternità nel contesto globale non armonizzato, in Rivista di diritto civile, n. 5/2017, p. 1289.

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fisiologiche, possano mettere in discussione l’uguaglianza davanti alla legge. Farsi carico di intervenire, sempre e comunque, per restaurare giuridicamente parità di condizioni, compromesse dalla natura, in nome dell’uguaglianza è una pretesa irragionevole in quanto non troverebbe in se stessa dei limiti, tanto più che la sofferenza umana è al contempo soprattutto soggettiva ed infinitamente variegata nelle sue cause”.30

1.5 La reazione degli interpreti

Il legislatore italiano ha ritenuto la pratica lesiva di beni giuridici, quali la dignità della donna e del bambino, non difendibili con mezzi diversi dalla minaccia della sanzione penale. Su temi così sensibili il dibattito è sempre molto acceso, e benché sia una pratica mal vista dai più, non mancano i sostenitori dell’orientamento contrapposto. Per i detrattori, la maternità surrogata è una forma di sfruttamento delle donne, così come dei bambini, riducendo entrambi a delle semplici merci, mortificandone la dignità. Per ottenerne l’accettazione sociale, si maschera da gesto solidaristico e altruistico, ovvero aiutare le coppie che non possono avere figli e offrire loro un’opportunità

30 Così D’Avack L., La maternità surrogata: un divieto inefficace, in Diritto

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per vedere realizzato il legittimo desiderio di diventare genitori: in realtà, è un modo per approfittarsi della disperazione degli aspiranti genitori e di donne di condizione sociale inferiore, di indigenza. Eticamente si giustifica la pratica perché conduce alla nascita di una nuova vita, ma il concetto di essere umano è svuotato di valore. Si crea un business in cui il bambino da persona si trasforma in merce, un prodotto che risponde alla domanda di mercato. Le coppie committenti pagano per avere un bambino e se lo considerassero realmente per quello che è non vedrebbero la possibilità di scegliere se prendere o meno con sé il bambino qualora avesse qualche grave malattia31, o che non avesse

caratteristiche pretese: essendo un bene oggetto di scambio deve soddisfare gli interessi del contraente/i. Questa considerazione non solo riconduce a un sistema di ‘bambini su commissione’ ma produce il rischio di scelte eugenetiche: cioè scegliere le caratteriste del futuro bambino attraverso la selezione dei contribuiti genetici usati, una sorta di controllo qualità della materia prima.32

31 Nell’agosto 2014, fece notizia il caso in cui due coniugi australiani che non

presero uno dei due gemellini nati da maternità surrogata (svolta in Thailandia) perché affetto da sindrome di Down.

http://www.corriere.it/esteri/14_agosto_04/neonato-down-separato-gemello-madre-surrogata-rifiutato-303d06ba-1bd5-11e4-91c9-c777f3f2edee.shtml

32 Cfr. Profesionales por la Ètica, Surrogate matherood-Wombs for hire, luglio

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I sostenitori vedono la maternità surrogata come una decisione personale e individuale, autonoma e libera sul proprio corpo. È un approccio all’apparenza molto femminista ma non è difficile prospettare che “la circostanza che una donna possa far uso del proprio corpo a scopo di lucro e disporne come se fosse un’incubatrice”33 non cada in una forma di sfruttamento, andando

a lederne la dignità, soprattutto quando la maternità surrogata sia eseguita dietro compenso.34 Il fatto che possa avvenire a titolo

gratuito non è in grado di allontanare del tutto l’idea latente di un possibile profitto. La normativa degli Stati nei quali la maternità surrogata è permessa solamente a titolo gratuito prevede la possibilità di un rimborso spese: ma come si fa a essere sicuri che il rimborso sia solo per necessità incontrate durante il periodo della gravidanza e non vada a compensare la donna per altro? Il confine è molto labile35. La previsione di un compenso attira sicuramente

33 Così Corti I., op. cit., p. 34.

34 Di contro: “Si avverte un diverso grado di riprovazione tra la prestazione

gratuita e a pagamento, ma si sostiene che anche nella prima esiste una lesione della dignità di chi scade al ruolo di incubatrice. A me pare che questo argomento sia debole perché attribuisce un ruolo determinante a un aspetto materialistico del tutto, e artificialmente, separato dai contenuti emotivi e dai valori per i quali si presta. Se guardassimo con gli stessi occhi al trapianto tra vivi, dovremmo dire che si lede la dignità perché il corpo del donante è trattato come un deposito per mezzi di ricambio. La dignità della condotta umana non risiede nei suoi connotati materiali, e neppure nelle sue funzionalità oggettive, ma nei valori che cerca di esprimere; e in questo caso perché non parlare di ‘dono’, di abnegazione, di sacrificio per affetto?”. Così Zatti P., Maternità e surrogazione, in Nuova Giurisprudenza Civile Commentata, n. 2/2000, p. 201.

35 “La maternità surrogata è un contratto lesivo della dignità della donna e del

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donne in condizione economiche precarie, o di condizione sociale inferiore: con il risultato che si verrebbe a creare un’industria di madri, fino a sconfinare nella schiavitù. In queste situazioni di criticità, non è significativo nemmeno il consenso all’affitto dell’utero in quanto potrebbero sorgere dubbi sulla libera determinazione e manifestazione della volontà.36 La stessa

sicurezza non si raggiunge nemmeno quando il rapporto di surrogazione sorge per fini altruistici: una sorella potrebbe essere condizionata per dovere di lealtà familiare o per amore fraterno37.

Il ‘dono’ è eccellente quando vige l’anonimato, ma nel caso di conoscenti o parenti viene a mancare e, anzi, al contrario potrebbe esserci una sudditanza, una pressione psicologica particolarmente profonda.

Come si è detto, la madre è considerata come un’incubatrice e il suo ruolo ridotto a quella di una macchina che non ha sentimenti.

commercializzazione e sfruttamento del corpo della donna delle sue capacità riproduttive, sotto qualsiasi forma di pagamento, esplicita o surrettizia, è in netto contrasto con i principi bioetici fondamentali”. Così il Comitato Nazionale per la Bioetica, in Mozione alla maternità surrogata a titolo oneroso, 18.03.2016.

36 Cfr. Chini C., Maternità surrogata: nodi critici tra logica del dono e

preminente interesse del minore, in BioLaw Journal- Rivista di Biodiritto, n. 1/2016, p. 182.

37 “Nel caso in cui la madre sostituta sia persona di famiglia, alcuni membri

ritengono che tale situazione susciti ulteriori motivi di contrarietà dal punto di vista etico, in quanto, a causa dei conflitti che essa solleva viene sconvolto o quanto meno perturbato il sistema familiare.” Così il Comitato Nazionale per la Bioetica, Parere del C.N.B. sulle tecniche di procreazione assistita. Sintesi e conclusioni, 17.06.1994, pp. 10-11.

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È sottovalutato, per non dire ignorato, il risvolto psicologico che questa pratica produce sulle gestanti, per il legame profondo che si forma con il bambino. Chi condanna la maternità surrogata evidenzia, quindi, la distorsione della relazione tra madre e figlio, in quanto si ritiene innaturale che una madre possa separarsi dal proprio bambino. In particolare, si è sottolineato che sia “illecita dal punto di vista morale, in quanto attua una così grave scissione dell’atto generativo e una così profonda frammentazione della figura materna, da contraddirne il significato autentico”38. In

effetti la maternità surrogata riscrive il concetto di maternità: ciò che viene chiesto alla donna sostituta non è di ‘avere cura’ di un bambino altrui, di svolgere una funzione praticamente materna, come può essere quella della balia, ma di crescerlo e nutrirlo all’interno del proprio corpo, di dargli la vita, di esserne in sostanza, madre rinunciando poi però ad esserlo.39 Le conseguenze

38 Consiglio Nazionale per la Bioetica, Parere del C.N.B. sulle tecniche di

procreazione assistita. Sintesi e conclusioni., op. cit., p. 11.

39 Cfr. Sgorbati B., Maternità surrogata, dignità della donna e interesse del

minore, in BioLaw Journal-Rivista di Biodiritto, n. 2/2016, pp. 118-119. L’autrice approfondisce il rapporto maternità surrogata e contratto di baliatico. In tempi passati una donna si obbligava, dietro compenso, a svolgere attività di allattamento e cura materiale dei bambini, ma non è paragonabile alla pratica di maternità surrogata, come invece alcuni autori propongono nel tentativo di giustificarla. Sicuramente l’allattamento e la cura del bambino afferisce a una sfera intima e delicata, tuttavia il figlio non era della balia dato che un’altra donna lo aveva concepito, portato in grembo e partorito. Tale tipo di contratto è andato in disuso per l’acquisizione di consapevolezza circa l’importanza del contatto diretto e della relazione tra la madre e il bambino nei primi anni di vita. Nel caso della maternità surrogata, il modo di comportarsi è proprio

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della nascita da maternità surrogata, inoltre possono comportare risvolti negativi sullo sviluppo e formazione dell’identità personale di un bambino che una volta cresciuto venga a sapere delle circostanze della sua nascita e desideroso di conoscere le proprie origini.

Nel panorama italiano si rintracciano alcune opinioni un po' più permissive e possibiliste40 verso una qualche ammissione di

maternità surrogata, anche se – al momento - non trovano molto spazio di considerazione nel sentire comune. La giustificazione è argomentabile con la logica del ‘dono’, cioè mettersi a disposizione per il soddisfacimento di un desiderio genitoriale altrui, specificando che “in nessun caso la madre biologica viene ‘costretta’ ad abbandonare il figlio da lei nato: il suo consenso viene liberamente prestato e dalla sua spontanea volontà proviene l’adesione all’accordo, il cui oggetto è un ‘dono’ e non ‘l’abbandono’”41.

opposto: il bambino viene subito tolto a colei che ha partorito per evitare il rafforzamento del legame che indubbiamente si è creato.

40“Non vedo ragioni decisive per sostenere un divieto assoluto di surrogazione:

la surrogazione per solidarietà nella gravidanza e nel parto a favore di una donna che riunisce in sé le caratteristiche di madre genetica e di madre di accoglienza mi sembra un’esperienza degna di rispetto e di considerazione normativa.” Così Zatti P., op. cit., p. 200.

41 Così D’Avack L., Nascere per contratto: un’ordinanza del Tribunale civile

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1.6 Il diritto alla procreazione e l’aspirazione a

diventare genitori nel sistema giuridico interno

La procreazione, intesa come generazione di una nuova vita, è un diritto non espressamente riconosciuto dalla Costituzione ma da questa comunque tutelato perché rappresenta un modo per autodeterminarsi, per estrinsecare la propria identità personale, in quanto connessa alla sfera più intima della persona (artt. 2, 3, 31 Cost.). Tuttavia, è opportuno tenere separato il diritto a procreare dall’aspirazione a diventare genitori, infatti “mentre va postulata la non interferenza nelle decisioni personali nella loro realizzazione, l’esistenza di un diritto implica la pretesa nei confronti dello Stato perché metta a disposizione i mezzi e le risorse per realizzare tale diritto. Chi vanta un diritto a procreare pretende di essere messo in condizione di avere un figlio comunque. Una cosa è la libertà delle decisioni relative alla procreazione ed altra è la richiesta di un servizio pubblico per realizzarla”42. Quindi il diritto alla procreazione costituisce la

pretesa del cittadino verso lo Stato a che siano previste norme in materia (legge 40/2004) e a poter accedere a quelle terapie che permettono di superare problemi di sterilità e infertilità, in base a

42 Così Ferrando G., Libertà responsabilità e procreazione, Cedam, Padova,

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limiti soggettivi ragionevolmente previsti. Diversa dal diritto a procreare è la libertà di essere genitore, che può anche coincidere con il desiderio di diventarlo. Nessuno è obbligato ad avere figli, tutti sono liberi di averli e liberi di non averli: ciascuno decide autonomamente riguardo al verificarsi di questo evento nel percorso della propria vita. Riconoscere la libertà a diventare genitore, intesa come aspirazione ad assumere un ruolo di responsabilità verso il bambino, quali limiti incontra? La Corte Costituzionale ha avuto modo di pronunciarsi sul punto quando è stata chiamata a decidere sulla compatibilità costituzionale del divieto della tecnica di procreazione assistita di tipo eterologo, soffermandosi sui limiti incontrati dal diritto a procreare con mezzi artificiali. Si è affermato che “la libertà e volontarietà dell’atto che consente di diventare genitori e di formare una famiglia, che abbia anche dei figli, non implica che la libertà in esame possa esplicarsi senza limiti […] le limitazioni di tale libertà devono essere ragionevolmente e congruamente giustificate dall’impossibilità di tutelare altrimenti interessi di pari rango.”43 Riferendo questo

discorso generale alla maternità surrogata, questa pratica potrebbe

43 Così Corte Costituzionale, sentenza 162/2014. La Corte nel rendere legittima

l’eterologa ha voluto tuttavia precisare che questa tecnica “va rigorosamente circoscritta alla donazione di gameti e tenuta distinta da ulteriori diverse metodiche, quali la così detta surrogazione di maternità”, la quale resta perciò vietata.

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essere permessa se non violasse beni giuridici di pari rango come la dignità della donna e la posizione del minore. Riassumendo, esiste un diritto alla procreazione da poter vantare, ma l’aspirazione a essere genitori non sempre trova soddisfacimento, ma frustrazione44: “non vi è dubbio che il diritto di generare sia

insito nella personalità umana e che, pertanto, il soggetto possa ricorrere a tutti i mezzi offerti dalla scienza medica per la cura della sterilità; questo, però, non può di per sé significare che una coppia nella quale la donna non è in grado di condurre a termine la gravidanza, possa conseguire l’obiettivo di avere figli attraverso l’utilizzazione del corpo di un’altra donna; è evidente che la messa a disposizione del corpo altrui non costituisce un mezzo terapeutico”.45

1.7

La diffusione del “turismo riproduttivo” per il

superamento del divieto di maternità surrogata

Il dibattito su temi così delicati e sensibili è sempre molto accesso ed è possibile propendere per decisioni che tendono in un senso o

44 Si pensi a coloro che intraprendono la strada dell’adozione ma che per un

qualsiasi motivo non sono ritenuti idonei. L’istituto risponde all’esigenza principale di dare una famiglia a un bambino in stato di abbandono, non a quella di assecondare un preteso diritto a essere a genitore. L’iter procedimentale ha l’esigenza fondamentale di salvaguardare l’interesse del minore: se questo non si realizza l’aspirazione della coppia non trova nessun soddisfacimento.

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nell’altro: ci sono Stati che la vietano e altri che la permettono sulla base di scelte di opportunità e discrezionalità46. Tuttavia prendere

una decisione in merito è quasi una scelta obbligata: è assolutamente sconsigliabile lasciar vivere in un limbo di incertezza pratiche di questo tipo.47 Il legislatore italiano ha

riconosciuto la pratica di maternità surrogata come fattispecie di reato. Sicuramente dal punto di vista di politica criminale il divieto è efficace, perché la minaccia della sanzione penale funge da deterrente e i consociati si astengono da tenere quella condotta su territorio italiano, ma dal punto di vista pratico (non potendo prescindere da un’ottica internazionale) non è sufficiente per regolare compiutamente il fenomeno. La previsione del divieto non cancella l’aspirazione di coppie o single che vogliono diventare genitori i quali semplicemente affrontano un viaggio all’estero per realizzare ciò che l’ordinamento giuridico nazionale

46 “Il fatto che la pratica in questione sia ammessa in diversi Stati anche europei

dimostra che non è contraria all’ordine pubblico internazionale, in quanto non collide con le esigenze comuni ai diversi ordinamenti statali volte a garantire i diritti e le libertà fondamentali della persona.” Così Valongo A., op. cit., p. 134.

47 Posizione degli Stati dell’euro-zona. Espressamente permessa: Albania,

Georgia, Grecia, Paesi Bassi, Russia, Regno Unito, Ucraina,. Parzialmente tollerata: Belgio, Repubblica Ceca, Lussemburgo, Polonia. Espressamente vietata: Germania, Austria, Spagna, Estonia, Finlandia, Groenlandia, Moldavia, Montenegro, Serbia, Slovenia, Svezia, Svizzera, Turchia, Francia, Italia. Posizione incerta: Andorra, Bosnia - Herzogovina ,Ungaria, Irlanda, Lituania, Malta, Monaco, Romania, San Marino. Inoltre la pratica può essere svolta in alcuni anche in altri Stati, i quali: alcuni Stati U.S.A., India e Thailandia.

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non consente loro. Così coloro che vogliono avere un bambino si recano in Stati dove la maternità surrogata è permessa o assoggettata a una procedura più favorevole rispetto al paese di origine: il suo compimento all’estero è senza conseguenze penali se lì tale pratica non costituisce reato, quindi il divieto italiano di maternità surrogata può essere agevolmente aggirato. Il problema a livello interno sorge quando la coppia una volta tornata in Italia, chiede la trascrizione dell’atto di nascita ovvero il riconoscimento giuridico del rapporto genitoriale con il figlio perché “la situazione è complicata dall’assenza nel nostro paese di una disciplina positiva che regoli le relazioni familiari tra il nato e coloro che si recano all’estero per realizzare lo scopo procreativo mediante la gestazione per altri”48. I nostri giudici quindi si trovano ad

affrontare le conseguenze del “turismo procreativo” a causa della mancanza di una disciplina ad hoc (le norme di diritto internazionale privato non sono sufficienti) che stabilisca come attribuire la responsabilità genitoriale, individuare quale donna si debba ritenere titolare dello status di madre. Perciò risulta indispensabile analizzare le soluzioni giurisprudenziali - interne e della Corte Edu- emesse per ogni caso concreto, in modo da individuarne un orientamento e trarne così dei criteri generali da

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poter seguire in attesa che il legislatore decida di porre rimedio a questa grave lacuna che crea incertezza e anche una potenziale disparità di trattamento rispetto a situazioni analoghe.

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Capitolo 2

La maternità surrogata sullo sfondo delle pronunce

della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo

2.1 Profili generali

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo si è recentemente pronunciata su ricorsi che hanno sullo sfondo la maternità surrogata, ma in nessuno di questi casi49 si è soffermata a valutare

la legittimità di tale pratica. Rilevando l’assenza di un orientamento consolidato, di un punto di vista condiviso tra gli Stati aderenti alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo50

riguardo alla fattispecie sottoposta alla sua attenzione, la Corte

49 Corte EDU, 26.06.2014, ricorso n. 65941/11, Labassée c. Francia.; Corte

EDU, 26.06.2014, ricorso n. 65192/11, Mennesson c. Francia; Corte EDU, 8.07.2014, ricorso n. 29176/13, D. e altri c. Belgio; Corte EDU, II sezione, 27.01.2015, ricorso n. 25358/12, Paradiso e Campanelli c. Italia – sentenza Grande Camera 24.01.2017; Corte EDU, 19.01.2017, ricorso n. 44024/13, Laborie e altri c. Francia; Corte EDU, 21.10.2016 , ricorso n. 10410/14, Bouvet c. Francia; Corte EDU, 21.10.2016 , ricorso n. 6063/14, Folulon c. Francia.

50 La Corte Costituzionale con le sentenze gemelle 347 e 348 del 2007 ha

attribuito alle disposizioni contenute nella Cedu il valore di norme interposte – ovvero rango intermedio tra la legge ordinaria e le disposizioni costituzionali – ad integrazione del parametro costituzionale espresso dall’art. 117 comma primo della Cost., nella parte in cui impone la conformazione della legislazione interna ai vincoli derivanti dagli obblighi internazionali.

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riconosce un margine di apprezzamento particolarmente ampio, ovvero ritiene sussistere piena discrezionalità in capo agli Stati riguardo all’opportunità di permettere, ovvero vietare, la maternità surrogata, in considerazione del fatto che solleva particolari questioni etiche e morali51. La Corte è adita riguardo alle

conseguenze che le scelte legislative e giurisprudenziali degli Stati convenuti producono sulla sfera giuridica delle coppie e dei bambini nati attraverso tale metodologia, eseguita all’estero nel rispetto della normativa ivi vigente. Ad esempio, il rifiuto di riconoscere validità a sentenze straniere o di trascrivere atti di nascita, per motivi di ordine pubblico, è avvertito dai ricorrenti come una illegittima intrusione nella vita privata52 o familiare53, il

51 La Corte stessa constata che il ricorrere ‘à la gestation pour autrui suscite

de dèlicates interrogations d’ordre èthique’. Così, Labassée c. Francia, par. 79, cit.

52 La nozione di vita privata è una nozione ampia, ‘non è suscettibile di una

definizione esaustiva, può dipendere dalle circostanze e dall’integrità fisica e morale delle persone’. Così Corte EDU, 26.03.1985, serie A n.91, X e Y c. Paesi Bassi. Tale concetto include anche il diritto alla realizzazione personale, il diritto all’autodeterminazione (Corte EDU, 29.04.2002, ric. 2346/02, Pretty c. Regno Unito), il diritto all’identità (Corte EDU, 07.02.2002, ric. 53176/99, Mikulić c. Croazia), e il diritto al rispetto delle decisioni se diventare o meno genitore (Corte EDU, 10.04.2007, ric. 6339/05, Evans c. Regno Unito.) Tuttavia non comprende il diritto a costruire una famiglia o ad adottare (Corte Edu, 02.12.2002, ric. 43546/02, E.B. c. Francia.

53 L’esistenza o assenza di vita familiare dipende dalla presenza di legami

personali stretti all’interno del matrimonio, ma anche semplicemente di fatto come la convivenza, purché sia sufficientemente stabile. Il diritto al rispetto di una «vita familiare» non tutela il semplice desiderio di fondare una famiglia; esso presuppone l’esistenza di una famiglia. Cfr. Corte EDU, 13.06.1979, ricorso n. 6833/74, Marckx c. Belgio.

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rispetto della quale è previsto all’ art. 8 Cedu54. La Corte, perciò,

si ritiene competente a esprimersi sul punto appena evidenziato, perché la discrezionalità degli Stati si riduce: è vero che la mancanza di un consenso generale fornisce ampio margine, ma questo diminuisce quando la decisione verte su un aspetto che rappresenta una parte essenziale e integrante dell’identità personale del minore (come lo status filii, dato che le decisioni dei singoli Stati sono capaci di interferire con la costruzione dell’identità stessa55) o su interferenze tra i componenti del gruppo

familiare.

È utile soffermarsi sull’attenzione che la Corte pone riguardo ai minori. La Convenzione non si presenta come un trattato child friendly, dato che non contiene una norma che, in modo esplicito, attribuisca una speciale protezione, fatta eccezione per la disposizione in cui sono stabilite le condizioni di detenzione dei

54 Art. 8 Cedu: “1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e

familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza. 2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell'esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, per la pubblica sicurezza, per il benessere economico del paese, per la difesa dell'ordine e per la prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della morale, o per la protezione dei diritti e delle libertà altrui.”

55 Cfr. Baratta R., Diritti fondamentali e riconoscimento status filii in casi di

maternità surrogata: la primazia degli interessi del minore, in Diritti umani e diritto internazionale, n. 10/2016, p. 320. Così, Labassée c. Francia, cit., par. 58. Così, Mennesson c. Francia, cit., par. 80.

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minori56. Tuttavia la Cedu rappresenta un mezzo per riconoscere e

tutelare i diritti dei bambini, in quanto l’art. 1 stabilisce che i diritti e le libertà enunciati dalla Convenzione stessa sono garantiti a ogni persona sottoposta alla giurisdizione delle parti contraenti, quindi anche ai minori.57 La Corte, in generale, ritiene che la posizione

del minore sia debole e vulnerabile e guarda al suo interesse con una particolare prospettiva che rende impossibile sovrapporre la posizione del bambino con quella della coppia committente, anche se lamentano la lesione dello stesso diritto. Perciò la Corte, al momento di pronunciarsi nel merito, opera una bipartizione del percorso argomentativo giungendo a conclusioni differenti rispetto ai genitori e al bambino.

La Corte, ogniqualvolta sia chiamata a giudicare su di un caso concreto in cui siano coinvolti minori, orienta la propria decisione sulla base del loro interesse58. Infatti, “il principio,

benché non sia contenuto nel testo della Convenzione è posto dalla

56 Per avere un riferimento univoco e espresso al minore si deve far riferimento

alla Convezione di New York sui diritti del fanciullo del 1989.

57 Cfr, Lamarque E., Prima i bambini. Il principio del best interest of the child

nella prospettiva costituzionale, Franco Angeli, Milano, 2016, pp. 87-88.

58 La nozione di interesse del minore è “una nozione confusa, ambigua e

sfuggente, idonea a essere impiegata con modalità fortemente condizionate dalle scelte di valore di chi vi ricorre”. Così Lenti L., L’interesse del minore nella giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo: espansione e trasformismo, in Nuova Giurisprudenza Civile Commentata, n. 1/2016, p. 148. Si rintraccia all’interno dell’art 3 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo l’espressione ‘best interest of the child’.

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giurisprudenza della Corte come un aspetto essenziale del diritto di ciascuno al rispetto della propria vita privata e familiare. Oggetto fondamentale di tutela non è dunque l’interesse del minore considerato in generale, ma un solo aspetto specifico, seppur molto ampio: il diritto del minore di intrattenere con i suoi genitori una relazione affettiva reciproca connotata dall’intimità familiare”.59 Il diritto al rispetto della vita familiare o privata, così

come interpretato dalla Corte Edu, è in generale garantito.60

Tuttavia questa regola ha delle eccezioni: infatti, quando ci sia contrasto tra il diritto alla vita privata/familiare e interessi dello Stato si rende necessario operare un bilanciamento61. I casi

59 Così Lenti L., Note critiche in tema di interesse del minore, in Rivista di

diritto civile, n. 1/2016, p. 94. Inoltre afferma: “È quindi un diritto relazionale, cioè un diritto ad un rapporto: siccome questo diritto non può che essere reciproco, il diritto relazionale che spetta al figlio, tanto più se minore, spetta ovviamente, al tempo stesso anche a ciascuno dei suoi genitori”.

60 L’autorità pubblica non deve porre in essere ingerenze indebite nei rapporti

che intercorrono tra i componenti del gruppo famiglia (obbligazioni negative). Tuttavia l’autorità pubblica deve effettuare tutti gli interventi necessari affinché le persone siano messe nelle condizioni di godere della relazione reciproca (obbligazioni positive). Cfr. Lenti L., L’interesse del minore nella giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo: espansione e trasformismo, op. cit., pp. 150-151.

61 “Il giudizio della Corte interviene a posteriori su fatti già avvenuti, dunque

sul passato; l’autorità giudiziaria nazionale, invece non può giudicare altrimenti se non in via prognostica, dunque sul futuro. […] È doveroso sottolineare come sia relativamente facile, quando si giudica a posteriori, criticare e condannare l’operato delle autorità nazionali, osservare che in quella o in quell’altra circostanza avrebbero potuto agire diversamente. […] Può ovviamente accadere, e non è raro, che le decisioni che poi a posteriori sono risultate sbagliate, apparivano ben fondate per il modo in cui si presentavano le circostanze per il nel momento in cui erano state prese.” Così Lenti L., L’interesse del minore nella giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo: espansione e trasformismo, op. cit., p. 150.

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eccezionali che permettono la prevalenza di questi ultimi sono espressi dal secondo comma: le interferenze sono giustificate quando siano previste dalla legge, necessarie e proporzionate62.

2.2 Le sentenze gemelle Labassée e Mennesson c.

Francia

A causa della sterilità delle rispettive mogli, tanto i coniugi Labassée che i coniugi Menesson, prendono la decisione di recarsi negli USA per soddisfare il loro desiderio di genitorialità, ricorrendo alla pratica di maternità surrogata63 vietata

nell’ordinamento francese64.

62“Le interferenze sono ammissibili se previste con sufficiente analiticità e se

appaiono, in una società democratica, necessarie per proseguire uno scopo legittimo […] il principio di proporzionalità ha un’importanza essenziale: impone di bilanciare in modo ragionevole fra la protezione dell’interesse generale, alla cui salvaguardia dovrebbe essere ispirata l’azione delle autorità pubbliche degli Stati, e la protezione dei diritti fondamentali della singola persona interessata”. Così Lenti L., L’interesse del minore nella giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo: espansione e trasformismo, op. cit., pp. 150-151.

63 Si tratta di due casi di maternità surrogata per concepimento e gestazione:

l’embrione è formato con il liquido seminale dei relativi mariti e ovulo di donna diversa dalle rispettive mogli.

64 I contratti di maternità surrogata sono disciplinati in maniera analoga in

Francia e Italia. Anche in Francia è stata la giurisprudenza ad occuparsi per prima della questione. La Corte di Cassazione francese, con una sentenza del 13.12.1989, ha annullato la costituzione dell’associazione Alma Mater per illiceità dell’oggetto sociale che consisteva nel fare da intermediario nella conclusione degli accordi di maternità surrogata. Successivamente, l’Assemblea plenaria della Corte di Cassazione, sentenza del 31.05.1991, si pronunciò a favore della nullità dei contratti di maternità surrogata, negandone la validità e non riconoscendone gli effetti, in quanto contrari all’ordine pubblico: si rifiutò così di pronunciare l’adozione, da parte della moglie, del bambino figlio biologico del marito, poiché il minore era il prodotto di un contratto di surrogazione. Il legislatore francese è intervenuto con la legge 94/653 del 29.07.1994 (concernente il dono e l’utilizzazione di elementi del

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