2.4 Un progetto Made in Italy
2.4.1 Contesto normativo
Il settore turistico italiano è regolato dalla legge quadro sul turismo n.135 del 29 marzo 2001, la quale ha abrogato la precedente norma del 1983.46 Questa nuova legge definisce
i principi fondamentali e gli strumenti della politica del turismo, riconoscendo l’importante ruolo del Paese per lo sviluppo economico ed occupazione nel contesto internazionale, in attuazione degli articoli 117 e 118 della Costituzione.
Assieme al nuovo articolo 117 che è stato modificato nel 2001, viene specificato che la regolamentazione del turismo e tutto ciò che ne consegue, tra cui l’industria alberghiera, non rientra né tra le materie di legislazione esclusiva dello Stato, né tra quelle di legislazione concorrente Stato-Regioni. Allo Stato spetta definire le linee guida del settore turistico, ma viene attribuito potere legislativo alle Regioni in materia entro certi limiti,
45 Fonte: Report ADI, 2016 46 Fonte: www.camera.it
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lasciando quindi il potere alle comunità locali in quanto destinatari delle attuali norme che possono essere adattate in base alle peculiarità del luogo e in base agli obiettivi da raggiungere. 47
Per quanto riguarda la specifica regolamentazione degli alberghi diffusi, anche in questo caso non è presente una norma generale che disciplina tutti gli alberghi diffusi ma diverse normative che variano da regione a regione e che regolano l’attività e l’apertura di un albergo diffuso in Italia. Proprio per questo motivo emergono dei dubbi circa le regole universali da dover rispettare che riguardano i requisiti minimi richiesti per la creazione di un AD sulla base del modello nazionale, come ad esempio la distanza approssimativa tra gli alloggi, il numero minimo di letti necessari, il numero minimo di unità abitative, la densità di popolazione degli abitanti situati nel centro storico, ecc. I governi regionali hanno il potere di legiferare in maniera indipendenti per cui questa situazione può portare ad una difficile standardizzazione nazionale e più in generale anche internazionale. Il primo riconoscimento normativo è attributo alla Regione Sardegna con la legge del 14 maggio 1984, n. 22 in materia di classificazione delle aziende ricettive, successivamente modificata con la legge del “12 agosto 1998, n. 27” che ha riconosciuto così ufficialmente “Sas Benas” nel comune di Santu Lussurgiu, Provincia di Oristano (OR). All’art. 25 della legge regionale viene definito per la prima volta l’albergo diffuso:
“Possono assumere la denominazione di "albergo diffuso" gli alberghi caratterizzati dalla centralizzazione in un unico stabile dell'ufficio ricevimento, delle sale di uso comune e dell'eventuale ristorante ed annessa cucina e dalla dislocazione delle unità abitative in uno o più stabili separati, purché ubicati nel centro storico (zona A) del Comune e distanti non oltre 200 metri dall'edificio nel quale sono ubicati i servizi
47 Fonte: http://www.professioneturismo.net/langolo-del-professionista/la-nuova-legge-quadro-sul-
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principali. L'obbligatorietà dei requisiti ai fini della classificazione permane in quanto compatibile con la struttura diffusa dell'esercizio.”48
Si può dire dunque che il contributo della Sardegna è stato di fondamentale importanza per costruire la figura dell’albergo diffuso come la si intende al giorno d’oggi e per creare un modello di riferimento in modo da non considerare una semplice rete di case
distanti tra loro come alberghi diffusi.
In tempi più recenti, ogni regione ha adottato il suo specifico regolamento ispirato ai requisiti irrinunciabili per la creazione dell’AD ed inoltre è la Giunta Regionale a stabilire le caratteristiche dei centri storici nei quali è consentita la realizzazione dell’albergo diffuso.
Figura 12. Leggi regionali sull'AD, Fonte: Andrea De Montis, Antonio Ledda, Amedeo Ganciu, Vittorio Serra, Stefano De Montis, 2014, elaborazione personale
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Nella figura 12 è possibile vedere come le amministrazioni regionali hanno stabilito diversi criteri minimi per la capacità ricettiva o anche per la distanza che deve intercorrere tra le unità abitative e l’edificio centrale. Vi sono anche altre differenze tra le diverse regioni che non sono riportate nella tabella. A titolo di esempio, in Emilia-Romagna gli alberghi diffusi possono essere costruiti solo in comuni con al massimo 5000 abitanti mentre nel Lazio con un massimo di 3000, in Piemonte e nel Friuli-Venezia Giulia anche nelle aree intercomunali. Il Molise, che è stata l’ultima regione ad emanare una legge ad hoc per l’albergo diffuso, permette anche di istituirlo nelle zone rurali. In aggiunta, non tutte considerano l’AD come una struttura alberghiera: la Liguria e la provincia di Trento lo fanno rientrare nella categoria extra-alberghiera.
Questo per evidenziare come ancora oggi la situazione normativa sia molto disomogenea. Le norme più complete e meglio redatte sono quelle delle regioni del sud Italia come la Campania che è riuscita a garantire un testo normativo il più esaustivo possibile. All’interno di questa legge infatti, viene specificato il centro storico in cui l’AD può sorgere e le condizioni che deve rispettare come avere un’abitabilità e una popolazione residente di almeno 10 famiglie o anche un’animazione della vita economica attraverso attività commerciali, artigianali ed enogastronomiche. 49
Sulla base di questo, l’assessore al turismo della Sardegna Francesco Morandi, si è espresso dichiarando la necessità di creare uno Statuto unico che disciplini in modo uniforme l’albergo diffuso, dandone prima di tutto una definizione uguale per tutte le regioni.
È bene specificare, inoltre, che per quanto riguarda il profilo giuridico di un AD, la legge prevede che possa essere gestito o da un singolo, da una cooperativa o qualsiasi alta forma di associazione. In genere, il soggetto gestore di un albergo diffuso può essere un singolo
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imprenditore oppure una cooperativa o una società che decidono di affittare o di assumere in proprietà fabbricati già esistenti e convertirli a unità ricettive. Questi utilizzano spesso finanziamenti ottenuti dalle banche, senza coinvolgere azionisti pubblici, come Regioni o Comuni. Il progetto può anche essere realizzato da un gruppo di attori pubblici, facenti parte di un consorzio o di una cooperativa. In alcune circostanze, invece, l’iniziativa può partire direttamente dai proprietari delle case utili a formare l’AD, i quali si uniscono in un consorzio per avviare questo tipo di attività considerata più redditizia di altre.
Nella fase iniziale di creazione dell’albergo diffuso, un ruolo molto importante viene svolto dall’amministrazione locale. Ci sono, infatti, casi in cui il progetto è posto in essere direttamente dall’amministrazione pubblica locale, avendo in questo modo accesso facilitato agli investimenti necessari oltre che ad accelerazione nelle pratiche burocratiche. Il Comune, quindi, avvia l’iniziativa di riqualifica del patrimonio edilizio del territorio e successivamente sceglie degli imprenditori privati per gestire l’albergo. Si aspetta che l’albergo diffuso porti un aumento dei turisti e un rilancio dell’imprenditorialità locale.