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3. La dominazione vandalica

3.1. Contesto storico

I Vandali erano un popolo di origine germanica che ad inizio del V secolo d.C. si spinse dalla sede originaria nell’Europa sud-orientale verso est, sino a raggiungere la penisola iberica e, attraversando lo stretto di Gibilterra, le coste nordafricane: proprio qui, a seguito della conquista della città di Ippona nel 431 d.C., i Vandali vennero riconosciuti come foederati dall’imperatore romano d’occidente Valentiniano III345. Ma questo non fu sufficiente a frenare le tendenze espansionistiche del loro

condottiero Genserico, che già dal 437d.C., violando i termini dell’accordo, mise in atto svariate incursioni rivolte verso la Sicilia occidentale e le isole vicine, le coste meridionali della penisola italica e probabilmente la Sardegna346.

A seguito della Conquista vandala di Cartagine del 439 d.C., Valentiniano III si vide costretto l’anno successivo ad emanare alcune Novellae ed un editto, con i quali annunciava lo stato di allarme e avvertiva tutta la popolazione, soprattutto quella risiedente lungo i litorali, che Genserico sarebbe presto potuto tornare con la sua sete di razzie347. Ma per salvaguardare l’incolumità della sua

popolazione e per porre un freno alle aggressioni barbariche provenienti dall’Africa, l’Imperatore romano decise di scendere nuovamente a patti con Genserico: era il 442 d.C. quando venne sancita una pace che da una parte riconosceva ufficialmente il Regnum Vandalorum (comprendente tutti i territori tra la Numidia e la Tripolitania) e dall’altra assicurava che quest’ultimo versasse a Roma un tributo annuo sotto forma di grano e derrate agricole348.

I rapporti tra il regno vandalo e l’Impero Romano d’Occidente si inasprirono nuovamente nel 455 d.C. alla morte di Valentiniano III, a cui succedette al trono Petronio Massimo: il nuovo imperatore si mostrò da subito sfavorevole al proseguimento della politica di pace che il suo predecessore aveva instaurato con i Vandali349. Genserico allora colse l’occasione per riprendere subito le attività piratesche, ma con

una novità rispetto al passato: le incursioni acquisirono una dimensione sempre più ampia nel Mediterraneo, allargando il proprio raggio d’azione sino a comprendere l’Illirico, il Peloponneso e la Grecia verso est, le Baleari e la penisola iberica verso ovest. Le scorrerie inoltre erano mirate non solo a scoraggiare l’avversario dimostrando la propria forza ed imprevedibilità, ma soprattutto a demolire gli horrea, ad incendiare i depositi alimentari e a devastare i campi. Appare chiaro come l’obiettivo

345 Ibba 2010, p. 388; Muresu 2017, pp. 3-4. È ancora dibattuta in ambiente accademico la questione sull’effettivo

rapporto tra Impero Romano d’Occidente e Regno vandalico: non è ben chiaro se infatti quest’ultimo disponesse di una reale autonomia o se costituisse uno stato vassallo alle dipendenze del potere romano.

346 Pani Ermini, 1988 pp. 295-296.

347 Ibba 2010, pp. 389-390; Rocca 2015, pp. 68-69; Muresu 2017, pp. 3-5. 348 Ibba 2010, p. 392; Rocca 2015, pp. 67-68; Muresu 2017, pp. 4-5. 349 Pani Ermini 1988, pp. 295-297; Mastino 2005, p. 499; Rocca 2015, p. 72;

85 principale dei Vandali fosse quello di indebolire Roma privandola dei suoi territori, ostacolando e, qualora possibile, bloccando i traffici commerciali che rifornivano la capitale di provviste, di cui l’Urbe necessitava e da cui dipendeva350.

Fu così che attorno al 440 d.C. il popolo vandalico si mosse nuovamente per mare diretta dapprima verso la Sicilia e poi sempre più a nord, pervenendo alla foce del Tevere e a Roma: ben noto è il sacco della capitale del 455 d.C. della durata di ben quattordici giorni351.

Proprio alla metà del V secolo d.C., quindi a questo periodo di ripresa degli assalti e delle aggressioni lungo le coste del Mediterraneo, si fa risalire anche la conquista effettiva della Sardegna per mano vandalica. Non è chiaro agli studiosi il momento preciso in cui ebbe luogo l’occupazione dell’isola, in quanto scarse sono le fonti storiche contemporanee ai fatti pervenute sino ai nostri giorni. Si tende a reputare valida l’idea secondo cui l’evento avvenne in un arco cronologico compreso tra il 452 ed il 468 d.C.. Infatti, nel 452 d.C. Valentiniano III emanò un pragmaticum con cui obbligava la provincia di Sardegna a convertire in denaro le imposte dovute e ciò accadde perché le corporazioni che si occupavano dei rifornimenti erano impossibilitate alla navigazione. Al di là delle questioni puramente commerciali, il provvedimento risulta molto interessante in quanto fornisce la prova dell’appartenenza della Sardegna ai territori imperiali almeno fino all’anno della sua emanazione352. Secondo la menzione

di un trattato risalente al 460 a.C., stipulato dall’imperatore romano d’Occidente Maggioriano, la Sardegna, assieme alla Corsica e alle Baleari, sarebbe entrata proprio in quell’anno a far parte dei territori sottoposti a dominazione vandalica a seguito di uno scontro avvenuto tra Alicante e Cartagena tra le truppe imperiali, che vennero disastrosamente sconfitte, e quelle vandale. Non si può comunque escludere l’ipotesi secondo cui l’isola cadde in mano barbara solo alla morte di Maggioriano (461 d.C.) e alla ripresa delle ostilità.353 Per quanto concerne invece il terminus ante quem dell’arco cronologico

sopra citato, ovvero il 468 d.C., questo risulta l’anno in cui il Duca Marcellino portò a termine la missione di rioccupazione romana della Sardegna per conto degli imperatori Antemio e Leone I.354

Sembra che la conquista avvenne senza tanto rumore né traumi. I Sardi infatti, stremati a causa delle pesanti pressioni fiscali imperiali, non si mostrarono particolarmente ostili ai nuovi conquistatori. Non si deve però pensare che il passaggio da una dominazione all’altra sia avvenuto esclusivamente in maniera pacifica ed indolore: esistono tracce, sebbene finora le uniche conosciute355, di azioni violente

rinvenute presso l’antica area portuale di Olbia. Qui gli scavi hanno permesso di constatare l’inabissamento doloso di dieci navi onerarie del V secolo, “prive di carico e in buone condizioni al

350 Mastino 2005, p. 499; Ibba 2010, pp. 395- 397; Rocca 2015, p. 68-70. 351 Rocca 2015, pp. 68-70.

352 Ibba 2010, pp. 394-395; Rocca 2015, pp. 71-72.

353 Ibba 2010 p. 400, vedi anche nota 38; Rocca 2015, pp. 72-73 354 Mastino 2005, pp. 550-501; Rocca 2015, p. 73; Ibba 2010, p. 395. 355 Rocca 2015, p. 80.

86 momento dell’affondamento”. Il caso di Olbia si riferisce all’arco cronologico compreso tra il 420 e il 450 d.C., dunque al periodo pre-vandalico caratterizzato, come poco sopra descritto, dalle ostilità tra il popolo germanico e l’Impero Romano per la conquista del Mediterraneo e dell’isola. L’atto violento di cui la città ha lasciato testimonianza parrebbe da mettere in relazione con la politica mediterranea vandalica, mirata ad attaccare ed a mettere fuori uso uno dei porti più importanti della Sardegna, nonché quello che aveva i contatti più diretti e celeri con Roma356.

La dominazione vandala della Sardegna non fu continuativa, anzi vide un breve periodo di interruzione determinato dalla riconquista, di cui però si ignorano i tempi e le circostanze, da parte delle truppe imperiali. L’imperatore romano d’Oriente Leone I inviò nel 467 d.C. nel Mediterraneo centrale un esercito imperiale al comando del duca Marcellino, al quale venne affidato il compito di riconquistare l’Africa ed i territori perduti per mano vandalica; in tal modo si sarebbe potuto ripristinare il dominio romano sui traffici commerciali marittimi e soprattutto si sarebbero potuti riattivare i periodici trasporti di grano e derrate diretti dalle province frumentarie verso la capitale. Nonostante l’esito positivo della prima battaglia, a seguito della quale l’isola rientrò momentaneamente nell’orbita romana, le sconfitte successive subite dalle truppe imperiali e la morte del Duca Marcellino (avvenuta in circostanze sospette) posero fine al desiderio di mantenere uniti i territori che un tempo costituivano l’Impero Romano. Si giunse così al 474 d.C., anno in cui venne stipulato un trattato tra Genserico ed il nuovo imperatore romano d’Oriente Zenone: il patto prevedeva la deposizione delle armi, la cessazione delle ostilità da entrambe le parti, l’interruzione delle incursioni vandale e il riconoscimento da parte bizantina delle conquiste vandale in Occidente. Dunque, la Sardegna divenne ufficialmente e stabilmente parte del regno vandalico357.

Sebbene l’avvicendarsi dei sovrani vandali in Africa diede origine a fasi alternate di intolleranza religiosa nei confronti del Cattolicesimo, talvolta sfocianti in episodi di persecuzione ed esili dei professanti tale credo, in Sardegna si cercò di proseguire con la politica di prudenza e di pace avviata da Genserico: ciò si può spiegare col fatto che sicuramente al nuovo regno si manifestò una certa difficoltà nel controllare un territorio oltremare, soprattutto in relazione all’esiguità delle truppe barbare ivi stanziate. Inoltre, per dare una certa continuità ideologica e culturale al popolo sardo, i Vandali mantennero la medesima politica amministrativa adottata fino ad allora dai Romani, con l’eccezione che a partire dal 470 d.C. le cariche amministrative vennero rivestite da personaggi provenienti dal mondo vandalico. Alla continuità di vita registrata in Sardegna nell’ambito politico- amministrativo, corrispose quella del settore economico e commerciale: la produzione cerealicola si

356 Rocca 2015, pp. 75-84.

87 mantenne soddisfacente, continuarono ad essere calcate le precedenti rotte marittime e di conseguenza vennero mantenuti i rapporti di scambio con gli altri territori dell’impero358.

La fine dell’era vandalica in Sardegna avvenne per volere di Giustiniano, eletto imperatore dell’Impero Romano d’Oriente nel 527 d.C.. Costui organizzò una spedizione di riconquista di tutti quei territori che precedentemente avevano fatto parte dell’Impero Romano e che poi avevano subìto la conquista vandalica. Il sogno del nuovo imperatore era infatti quello di ricostituire l’Impero, a partire dal ripristino della sua antica unità territoriale.

Il sovrano vandalo di quegli anni Gelimero era a conoscenza dei piani dell’imperatore bizantino e volle prepararsi in maniera adeguata ad “accogliere” le truppe imperiali, richiamando a sé le sue milizie. Chiaramente non potendo né avendo l’intenzione di lasciare la Sardegna militarmente sguarnita, in quanto questo avrebbe significato offrire l’isola ai nemici, decise di affidarne l’amministrazione politica e militare al fidato goto Goda. Costui però, tradendo chi gli aveva fatto dono della sua fiducia e di pieni poteri, si rifiutò dapprima di versare i tributi spettanti all’Africa e chiese a Giustiniano il suo appoggio militare in previsione delle rivendicazioni che il sovrano vandalo avrebbe fatto su quella che fino a poco tempo prima era la sua terra. Di fatto Goda si autoproclamò re. Gelimero inviò subito in Sardegna il fratello Tzazo al comando di un esercito di 5000 uomini; una volta eliminato Goda, che trovò la morte a Carales, Tzazo attese l’arrivo delle truppe imperiali, pensando che lo scontro avvenisse proprio sull’isola; contestualmente spedì a Gelimero il rapporto sul ristabilimento dell’ordine e del comando vandalico in Sardegna, ma tale rapporto venne intercettato dalle truppe imperiali di Giustiniano, che dunque, reputando inutile dirigersi verso l’isola, decisero di recarsi in Africa per contrastare il regno vandalo nella sua sede centrale. Il primo scontro tra l’esercito vandalo di Gelimero e le truppe bizantine di Giustiniano, comandate dal duca Cirillo e supportate dalla flotta capitanata da Belisario, avvenne nel 533 d.C. nei pressi di Cartagine. La fazione bizantina ebbe la meglio, mentre quella vandala fu costretta a ripiegare ed a rifugiarsi a Bulla Regia, in Numidia. Nel 533 d.C., le forze congiunte di Gelimero e del fratello Tzazo, giunto in suo soccorso, provarono a contenere e respingere il nemico a Tricamarum, in Numidia ma l’esito fu positivo per le truppe bizantine. Tzazo cadde valorosamente in battaglia; Gelimero durante la sua fuga fu raggiunto da Belisario e catturato. Sconfitti definitivamente i Vandali e riconquistata l’Africa, Giustiniano nel 534 d.C. annesse la Sardegna, che di conseguenza entrò a far parte dell’impero bizantino359.

358 Mastino 2005, p. 504; Rocca 2015, pp. 65, 80-81, 85.

359 Procobio, Bellum Vandalorum, I, 10, 25-26; Pani Ermini 1988, pp. 300; Mastino 2005, pp. 506-507; Ibba 2010,

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