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tipologia dei sistemi fortificati

Prima di passare in rassegna in maniera dettagliata tutte le tipologie di strutture difensive, è necessario, a mio parere, spendere qualche parola su due concetti che, per la loro ovvietà, vengono trascurati.

Quando si parla di difese, si pensa solo ed esclusivamente alle strutture di spiccato carattere militare erette nel corso dei secoli: torri, mura, bastioni, ecc.. Accanto a queste, e ben prima della loro costruzione, l’uomo protesse i suoi insediamenti e le sue proprietà affidandosi a ciò che la natura gli offriva, ovvero a tutti quegli elementi geologici che fungevano da limiti geografici (fiumi, catene montuose) e da sistemi di isolamento veri e propri (sommità delle alture, pareti rocciose scoscese). Quindi, prima di tutto bisogna sempre distinguere tra:

• difese naturali, costituite da elementi paesaggistici che fungevano da ostacolo all’assedio, come strapiombi, pareti rocciose, pendii scoscesi;

• difese artificiali, erette dall’uomo.

• difese miste, date dal connubio tra edificio difensivo ed elemento geografico, quest’ultimo talvolta modificato nel suo aspetto formale per meglio adeguarsi alle esigenze dei progettisti militari.

Quanto ai sistemi difensivi artificiali, oggetto specifico di questa trattazione, sulla base dell’effetto che sortiscono nei confronti del nemico, questi possono essere suddivisi in passivi e attivi367:

• La difesa passiva è l’esito di tutte quelle strutture che costituiscono un “semplice” ostacolo all’aggressione. Essa è la prima tipologia difensiva escogitata dall’uomo per proteggersi dalle intemperie, dagli animali feroci ed infine dai suoi simili. Le società primitive erano solite cingere i loro insediamenti con terrapieni, palizzate e fossati. Ad essi si sostituì e/o associò l’edificazione di alte mura, il cui obiettivo era quello di scoraggiare i tentativi di scalata da parte degli aggressori. Le strutture appena citate si annoverano come sistemi di difesa passiva, in quanto bloccavano, o almeno frenavano l’avanzata nemica.

• La difesa attiva si ottiene quando l’ostacolo fisico viene associato e integrato dalla componente offensiva. Le torri dotate di feritoie (col fine di rendere possibile l’utilizzo degli strumenti di artiglieria ivi dislocati), le mura con camminamento di ronda (che consentivano il passaggio costante degli arcieri e dunque non solo operazioni di controllo e vedetta ma anche di attacco verso gli assedianti), i parapetti aggettanti delle torri, da cui venivano lasciati cadere

98 massi piombanti: questi sono tutti esempi di combinazione tra sistemi di ostruzione all’avanzata nemica e di offensiva contro l’assediante.

Si procederà con l’analisi specifica delle sole difese artificiali, ovvero di quelle strutture realizzate dall’uomo con l’intento principale di proteggere gli insediamenti e delimitare i territori.

Difese artificiali degli insediamenti

A.

Le cinte murarie

“[…] Funzione primordiale delle mura è, evidentemente, proteggere la città da ciò che rappresenta, per essa e per i suoi abitanti, il maggiore flagello: la mancanza di sicurezza. La città infatti, come centro economico, culturale e politico, ha tutto da temere dalle violenze che perturbano quella pace e tranquillità che sono necessarie alla sua natura e alle sue funzioni. È la presenza delle mura che permette alla città di assumere il ruolo di rifugio per le popolazioni dei dintorni e che rappresenta quindi un elemento essenziale nella supremazia della città rispetto al territorio circostante. Più in generale, […] le mura rappresentano rispetto a tutti i fattori di insicurezza, un fondamentale elemento di sicurezza368.”

“Una muraille c’est aussì et avant tout l’expression statique et tangible de l’existence de ceux qui l’ont élevèe, de l’ordre qu’ils ont été capables d’instaurer, et même, autant que possible, de leur puissance et leur richesse affiirmées d’une maniere ostentatoire, car elles doivent paraître supérieures à celles de leurs voisins369.”

Da questi due passi è semplice intuire che le cinte murarie hanno da sempre avuto un duplice scopo: accanto e legato a quello più facilmente intuibile di difesa degli abitati, vi era anche quello simbolico di rappresentazione ostentata delle autorità che le avevano prodotte, della loro forza, ricchezza e supremazia nei confronti delle realtà esterne.

A.1. Sulla base dell’estensione dell’area protetta, si può distinguere tra370:

A.1.1. Insediamento parzialmente fortificato. Talvolta le popolazioni predisponevano sistemi di difesa funzionali alla protezione di una parte dei loro insediamenti, generalmente quella più importante; poteva dunque capitare per esempio che solo l’acropoli degli abitati venisse dotata di fortificazioni, in quanto in caso di attacco era necessario difendere e proteggere i luoghi di culto che ivi risiedevano; non mancavano mura erette a protezione dei luoghi deputati al compimento delle funzioni politiche e/o economiche.

A.1.2. Insediamento totalmente fortificato. Oltre alle aree santuariali e a quelle politicamente ed economicamente importanti, anche gli spazi residenziali ed artigianali erano racchiusi dalle mura. Di conseguenza tutta la popolazione godeva di protezione.

368 De Seta, Le Goff 1989, p. 5. 369 Hellmann 2010, p. 294.

99 A.2. Se si analizza il tracciato seguito, allora si avranno:

A.2.1. Cinte murarie ad andamento curvilineo. Costituiscono la prima tipologia di mura ad essere stata realizzata dall’uomo, probabilmente perché si adattavano con grande facilità alla morfologia del suolo e consentivano di cingere una vasta area col quantitativo minimo di materiale, inferiore rispetto a quello di cui avrebbero necessitato le altre varietà di mura371. Si può asserire che esse svolgevano un

ruolo principalmente passivo poiché scarso è il numero di torri di cui erano provviste372.

A.2.2.1. Cinte murarie ad andamento spezzato. Per far fronte all’impossibilità di attuare le tattiche della difesa fiancheggiante da tracciati murari curvilinei e privi di torri, per scelte arbitrarie o per morfologia particolare dei territori, a partire dall’epoca arcaica e con maggiore frequenza in quella classica si adottò la consuetudine di dividere le mura in segmenti rettilinei, disposti in maniera tale da originare frequenti rientranze e sporgenze373. Le innovazioni introdotte nell’ambito bellico in età

ellenistica, tra cui la realizzazione di torri d’artiglieria, condussero a rinnovare i circuiti murari e ad apportare ulteriori migliorie: si aumentò lo spessore dei muri di cinta; i camminamenti di ronda, accessibili per mezzo di scale lignee o lapidee costruite a ridosso del lato interno delle mura, erano generalmente pavimentati e coperti, protetti lateralmente da merlature o schermati da un muro fenestrato374.

A.2.2.3. Cinte a cremagliera. Altro metodo per ovviare all’assenza di torri era quello che, ricomparso in Grecia tra V e IV secolo a.C., prevedeva sempre una scomposizione della cinta muraria in più segmenti, della lunghezza massima di una portata d’armi375, i quali venivano disposti in modo tale che

ciascuno sporgesse di qualche metro rispetto a quello successivo. I segmenti consecutivi erano tra loro collegati per mezzo di raccordi murari, chiusi o aperti (a seconda che vi venissero erette torri o realizzate porte e postierle), perpendicolari all’andamento generale del tracciato della cinta; da essi era possibile ai difensori, dislocati sui camminamenti di ronda, tenere sotto tiro gli assedianti: nello specifico, si mirava al fianco destro degli aggressori, quello maggiormente esposto in quanto non protetto dallo scudo (che si manteneva generalmente con la mano sinistra)376.

A.2.2.4. Cinte murarie a casematte: il ruolo decisivo attivo che ebbero i circuiti difensivi in epoca ellenistica è testimoniato dalla frequenza con cui vennero erette mura al cui tracciato interno erano addossati vani ciechi, appunto casematte; la loro realizzazione tornava utile per un duplice scopo, in quanto da una parte davano sostegno alla struttura muraria e dall’altra fungevano da postazioni per l’alloggiamento di marchingegni bellici377.

371 Cassi Romelli, 1996 372 Fabiani 2014, p. 72.

373 Hellman 2010, p. 312; Fabiani 2014, p. 72; Scalisi 2010, p. 58. 374 Tot 1955, pp. 20-25; Hellmann 2010, p. 327; Fabiani 2014, p. 73. 375 Scalisi 2010, p. 126.

376 Adam 1982, p. 66; Hellmann 2010, p. 328; Fabiani 2014, pp. 77-78; Scalisi 2010, p. 74. 377 Fabiani 2014, p. 77.

100

B.

Le torri

Le torri sono strutture da sempre generalmente caratterizzate da una dimensione, per la precisione l’altezza, notevolmente maggiore rispetto alle altre: questa peculiarità rendeva possibile il controllo più attento del territorio circostante, dunque una funzione di vedetta e di segnalazione; inoltre, se associate alle cinte murarie, le torri costituivano un ulteriore elemento di difesa, poiché, essendo utili per l’attuazione della difesa fiancheggiante, prevenivano le scalate e proteggevano le porte di ingresso degli insediamenti378.

Inizialmente le torri, che fossero costruite in mattoni o in blocchi di pietra, erano piene, ovvero gli spazi pieni prevalevano su quelli vuoti. Tale condizione rimase inalterata sino ad epoca classica: tra V e prima metà del IV secolo a.C. iniziò a diffondersi la costruzione di torri a pianta quadrata a due livelli, di cui quello in basso pieno e quello alto vuoto, deputato a sala di difesa associata al camminamento di ronda379. L’accesso alle torri era consentito tramite scale di legno o di pietra, erette a ridosso del lato

interno della cortina muraria380. Giunto ai piedi delle mura, il nemico difficilmente poteva essere però

respinto in maniera adeguata dai piani alti della torre e dai camminamenti di ronda, soprattutto quando faceva uso di macchine d’assalto: tra IV e III secolo a.C., in età ellenistica quindi, con l’intento di porre rimedio a questo punto di debolezza del sistema difensivo, si preferì erigere le torri completamente cave, ovvero dotate tanto al piano terra quanto ai piani alti di sale deputate all’utilizzo delle macchine da guerra, per la precisione catapulte ad arco e a torsione. Il funzionamento di questi marchingegni consisteva nel lanciare i proiettili, che fossero frecce, piccoli sassi o grandi massi, attraverso feritoie più o meno ampie realizzate lungo tutte le spesse pareti dei vani. Si presuppone che le catapulte a torsione, poiché necessitavano di feritoie di ampiezza maggiore essendo particolarmente ingombranti, fossero dislocate ai piani alti, lasciando invece i pian terreni adibiti all’utilizzo delle catapulte ad arco381.

B.1. Tenendo conto della loro morfologia ed in particolare della forma della base, si annoverano:

B.1.1. Torri a pianta circolare (o semicircolare), da cui si poteva godere di una vista a 180° del territorio circostante. Queste costituivano la tipologia maggiormente resistente agli attacchi nemici, in quanto i blocchi che si usavano per la loro costruzione avevano forma di cuneo e venivano disposti in modo tale da creare delle circonferenze sovrapposte (o semi circonferenze) di diametro via via decrescente dal basso verso l’alto. Proprio questa disposizione consentiva di reggere ed attutire i colpi, i quali non avrebbero fatto altro che spingere i conci cuneiformi verso l’interno della muratura, consentendo un migliore fissaggio dei blocchi e dunque della struttura stessa.382La loro costruzione in epoca arcaica

378 Adam 1982, p. 66; Hellmann 2010, p. 314; Bianchini 2010, p. 128; Scalisi 2010, p. 58; Istitutoitalianocastelli.it 379 Adam 1982, p. 48; Hellmann 2010, p. 314.

380 Hellmann 2010, p. 314.

381 Hellmann 2010, pp. 314 e 332-333. 382 Adam 1982, p.62; Scalisi 2010, p. 126.

101 venne abbandonata in favore delle torri a pianta quadrata, relativamente meno funzionali ma più semplici da costruire e più monumentali383.

B1.2. Torri a pianta quadrata (o rettangolare): venivano generalmente erette in modo tale che i loro paramenti laterali risultassero perfettamente perpendicolari rispetto alla cinta muraria cui si addossavano; i loro inconvenienti, strategicamente parlando, erano molteplici: gli spigoli salienti venivano sfruttati dagli assedianti, in quanto scarsamente difendibili, per scalare le pareti delle cortine murarie o per utilizzare macchine d’assedio, tra cui l’ariete; inoltre, a meno che non si sporgessero dal parapetto, gli arcieri non erano in grado di poter vedere gli assalitori giunti alla base della torre stessa, poiché stanti all’internodi un angolo cieco che consentiva loro di compiere atti di sbrecciamento e demolizione dei muri. Perciò dapprima Vitruvio e poi Filone di Bisanzio sconsigliarono vivamente la costruzione di questa tipologia di torri: difatti l’ariete era in grado, se rivolto verso gli spigoli della torre, di provocare profonde brecce che minavano l’integrità e la stabilità della costruzione, creando così varchi strutturali e di conseguenza punti vulnerabili del sistema difensivo degli assediati. Nonostante i precetti dei due periti, si continuò comunque ad optare per la realizzazione di torri a pianta quadrata rispetto a quelle di pianta semicircolare e, sebbene in epoca ellenistica un’ulteriore inversione di tendenza rese preferibili queste ultime, le torri a pianta quadrata non caddero mai completamente in disuso384.

C.

Le grandi porte e le postierle

Le cinte murarie degli insediamenti fortificati, civili e militari, distinguevano e separavano lo spazio urbico da quello rurale, lo spazio “sacro” da quello “profano”, lo spazio civilizzato da quello selvaggio. Tra queste due realtà nettamente distinte sul piano materiale e concettuale esistevano però dei punti di connessione e comunicazione: le porte.

C.1. Sulla base della loro dimensione e dell’importanza che rivestivano, si distingue tra:

C.1.1. Le grandi porte venivano erette per necessità di collegamento, per rendere agevoli gli scambi commerciali e i movimenti di popoli, tutte dinamiche che si svolgevano sotto il controllo degli organi della comunità deputati alla tutela dell’ordine. Poiché però le porte rappresentavano in ambito militare i punti deboli delle difese, in quanto con esse veniva meno la loro integrità, era necessario trovare il connubio perfetto tra utilità del varco e sua impenetrabilità da parte nemica. Fu così che nacquero le grandi porte fortificate385.

383 Adam 1982, pp. 46-49.

384 Adam 1982, p. 46-57; Hellmann 2010, pp. 330-331; Scalisi 2010, p. 125. 385 Muth, Schneider, Schnelle, De Staebler 2016, p. 164.

102 C.1.2. Meritano menzione anche le postierle, ovvero passaggi secondari e stretti386 dislocati

uniformemente lungo le cinte murarie e dotati di chiusura a chiavistello con sbarra scorrevole. Le postierle erano utili tanto in periodi di pace quanto in periodi di guerra: infatti nel primo caso agevolavano le comunicazioni tra l’interno e l’esterno; nel secondo consentivano agli assediati non solo di effettuare improvvisi e repentini attacchi ai nemici e alle loro macchine d’assedio (soprattutto a partire dal IV secolo a.C.387), ma anche eventualmente di poter fuggire 388.

Grandi porte e postierle erano coronate da coperture differenti per tipologia e decoro. L’uso di una copertura piuttosto che di un’altra dipendeva chiaramente dal periodo storico, dunque dalle mode, dai progressi dell’ingegneria edilizia e dalla ricerca di elementi visivamente impattanti per monumentalità. Si utilizzavano gli architravi piatti e monolitici, eventualmente sostenuti da mensole, oppure si realizzavano coperture a doppio spiovente o ancora archi a conci disposti a raggera, spezzati, ogivali, trapezoidali e semicircolari389.

C.2. Prendendo in considerazione la relazione tra varco e cortina muraria in cui esso si apre, si segnalano390:

C.2.1. porte assiali, ovvero perfettamente in asse con la cinta muraria. Sono le più frequenti in ogni epoca.

C.2.2. porte sbieche, ovvero oblique rispetto all’andamento della cortina.

C.2.3. porte perpendicolari o tangenziali alle mura (porte scee), accompagnate talvolta da un corridoio, si ottenevano dall’accostamento per un tratto più o meno breve di due segmenti di cinta.

C.2.4. Le porte a gomito costringevano ad eseguire un percorso con angolature che sottoponeva l’assediante al costante controllo degli arcieri dislocati sui camminamenti di ronda e sulle torri.

C.3. Valutando la configurazione delle porte, si distingue tra391:

C.3.1. Porte lineari, ovvero semplici varchi, presenti in ogni epoca.

C.3.2. Porte a corridoio, ovvero ingressi collocati in passaggi solitamente lunghi e stretti.

386 Muth, Schneider, Schnelle, De Staebler 2016, pp. 167-168: la differenza tra porte e postierle dipende in primo

luogo dalle dimensioni, sebbene non esistano regolamentazioni specifiche a riguardo.

387 Hellmann 2010, p. 339; Muth, Schneider, Schnelle, De Staebler 2016, p. 167. 388 Adam 1982, p. 93; Hellman 2010, p. 339.

389 Hellmann 2010, pp. 339-342; Fabiani 2014, pp. 83-84.

390 Adam 1982, pp. 77-92; Hellmann 2010, pp. 336-342; Fabiani 2014, pp. 82-91; Muth, Schneider, Schnelle, De

Staebler 2016, pp. 164-167.

391 Adam 1982, pp. 77-92; Hellmann 2010, pp. 336-342; Fabiani 2014, pp. 82-91; Muth, Schneider, Schnelle, De

103

D.

I proteichismata

Il proteichisma (pl. proteichismata) termine intende in maniera generica strutture antemurali, ovvero erette dinnanzi al lato esterno delle mura di cinta in funzione di prima linea di difesa392. I

proteichismata erano solitamente costruiti in prossimità di punti strategici o a protezione dei tratti più deboli della difesa393.

E.

I fossati

I fossati erano trincee scavate a ridosso del lato esterno delle mura di cinta e delimitate dai muri (rinforzati o meno) di scarpa e controscarpa, rispettivamente rivolti verso l’insediamento e verso l’ambiente rurale limitrofo. La loro funzione è abbastanza semplice da comprendere: i fossati accrescevano la potenzialità delle difese degli insediamenti, in quanto obbligavano l’assediante oltrepassare il canale per poter attaccare; l’attraversamento rallentava l’avanzata ed esponeva maggiormente gli attaccanti al tiro degli arcieri394.

F.

I terrapieni

Comunemente noto anche col termine di aggere, il terrapieno può essere definito come un cordolo di terra compattata, spesso incamiciata, che fungeva da barriera. Nella maggior parte dei casi, il terrapieno era l’esito dello scavo di un fossato, nel senso che la terra smossa derivante dalla scavatura della trincea veniva reimpiegata per la realizzazione dell’aggere. Questo, così come il fossato, è da considerarsi una linea di difesa passiva e aggiuntiva delle cinte murarie, che ostacolava il nemico e la sua marcia395. 392 Istitutoitalianocastelli.it. 393 Fabiani 2014, p. 80. 394 Istitutoitalianocastelli.it; Spaziovidio.it. 395 Istitutoitalianocastelli.it; Spaziovidio.it.

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Difese artificiali del territorio

In questo gruppo rientrano tutte quelle strutture realizzate col fine di controllare e proteggere i territori rurali, delimitandone l’estensione e irrobustendo i confini.

G.

Gli accampamenti militari

I campi militari erano dotati di difese il cui obiettivo era chiaramente quello di proteggere l’accampamento stesso e quindi i soldati che in esso stazionavano; inoltre, sono da considerarsi strutture fortificate di carattere temporaneo, poiché a guerra conclusa le truppe si ritiravano ed il campo veniva smantellato396. Gli esempi più rappresentativi di questa tipologia di strutture militari

sono i castra e castella romani, accampamenti in cui rispettivamente trovavano alloggio legionari e truppe ausiliarie. Tali campi avevano una pianta inizialmente rettangolare (i lati variavano da 400 a 500 metri), poi se ne svilupparono anche di trapezoidali, circolari, ellittiche e a rombo; erano protetti da mura con angoli stondati e provviste di torri (solitamente inserite lungo il tracciato delle cortine murarie e non aggettanti rispetto ad esse), nonché di un sistema di fossati e terrapieni. Vi erano quattro porte di ingresso, una per ogni lato delle mura, che corrispondevano alle sortite delle due strade che attraversavano il campo e che si incrociavano ortogonalmente: la Via principalis e il Decumanus397.

H.

I sistemi di difesa lineare

I forti potevano sorgere isolati, assolvendo autonomamente al compito di controllo dell’areale su cui dominavano. Diversamente, se eretti in numero consistente ed in posizione ravvicinata tra loro, costituivano nel loro insieme sistemi difensivi articolati, il cui compito non era sempre prettamente legato alla sfera militare: infatti, se da una parte alcuni di questi fungevano da barriere difensive, dall’altra erano in frutto della volontà di autoimposizione in un determinato territorio e di autoaffermazione politica ed economica da parte di una specifica amministrazione398.

396 Hellmann 2010, pp. 294-359; Muth, Schneider, Schnelle, De Staebler 2016, pp. 7-23, 160-172.

397 Toy 1955, pp. 38-51; Cassi Ramelli 1996, pp. 54-56; Bejor, Grassi, Maggi, Slavazzi 2011, pp. 78-79; Allison 2013,

pp. 15-16 e 24-28; Fabiani 2014, pp. 99-103.

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