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1. La Sardegna in età punica

1.2. I sistemi difensivi della Sardegna punica

1.2.2. Le fortificazioni puniche dell’entroterra

1.2.2.2. Monte Sirai

La città di Monte Sirai (fig. 20), distante 20 km dalla costa Sud occidentale e proiettata in direzione dell’odierna Carbonia, fu edificata sul pianoro che domina la parte sommitale di un’altura che raggiunge circa i 200 metri di altezza: unica nel suo genere, è dotata di due piccoli rilievi, da cui è tuttora possibile godere di un’ottima visuale del territorio circostante nonché del mare prospiciente e dell’isola di Sant’Antioco; inoltre la morfologia del colle, con pareti scoscese e forti pendii, consentiva l’arroccamento e un’eccellente difesa anche solo di tipo naturale181.

178 Botto, Candelato, Oggiano, Pedrazzi 2010, p. 12: il “Regio editto sopra le chudende, sopra i terreni comuni e

della Corona, e sopra i tabacchi, nel Regno di Sardegna” fu un provvedimento legislativo emanato il 6 ottobre

1820 dal re di Sardegna Vittorio Emanuele I e pubblicato nel 1823. Con questo atto si autorizzava la recinzione dei terreni che per antica tradizione erano fino ad allora considerati di proprietà collettiva, introducendo di fatto la proprietà privata”.

179 Montanero Vico 2012.

38 Gharbi 2004, p. 799.

180 Bondì 2014, pp. 426-427.

44 La deduzione dell’abitato, che avvenne tra VIII e VII secolo a.C.182, è da attribuire ai Fenici di Sulky, i

quali tentarono (e vi riuscirono) la penetrazione nell’entroterra sardo per motivi demografici ma soprattutto economici: la stessa posizione strategica dell’insediamento mostra chiaramente che l’intento della popolazione Sulcitana era quello di controllare le vallate dei fiumi di Flumentepido e Cixerri, attraverso cui era semplice raggiungere le zone montane minerarie dell’iglesiente183.

L’abitato fenicio si imposta al di sopra dei resti di una precedente frequentazione del luogo da attribuire a genti paleosarde nuragiche. Inizialmente si è pensato che i Fenici, per dar vita al loro insediamento, avessero cacciato la popolazione indigena ivi presente e distrutto il nuraghe Sirai, l’unico che si trovava sul pianoro del colle, ma non esistono tracce archeologiche che testimoniano scontri, distruzioni e occupazione violenta. Si trattò di una convivenza presumibilmente pacifica tra le due popolazioni, seppure allo stato attuale delle ricerche non si è potuto definire in maniera più precisa il fenomeno di integrazione che avvenne184.

182 Barreca 1986, pp. 289; Acquaro 1988, p. 66; Acquaro, Aubet, Fantar 1993, pp. 114; Bartoloni 1997, pp. 85-86;

Bartoloni 1995, p. 206; Moscati 2000, p. 264; Bartoloni 2004, p. 34.

183 Barreca 1986, pp. 25-26; Moscati 2000, pp. 263-264. Bartoloni 1990, pp. 31-36. Gurguis 2017, p. 147. il limite

cronologico superiore dell’insediamento fenicio è fornito da reperti ritrovati negli strati più profondi della struttura definita Mastio. Da ciò risulta chiaro come l’abitato sia nato in concomitanza con quello di Sulci; questo significa che la dipendenza economica, politica e culturale dell’abitato fenicio di Monte Sirai dalla città costiera di Sulci non risulta più scontata come si riteneva.

184 Barreca 1986, p. 290; Bartoloni 1995, p. 206; Bartoloni 1997, p.85-86; Bartoloni 2004, pp. 23-30 e 39; Gurguis

2017, pp. 151-153.

45 Non si può parlare di una fondazione fenicia di Monte Sirai a spiccato carattere militare185:

probabilmente la vocazione alla guerra sopraggiunse ad avvenuta conquista della Sardegna.

La prima età punica riservò alla cittadina una depressione economica non indifferente, accentuata dagli scarsi collegamenti commerciali con la relativamente vicina Sulci. Attorno al 380-360 a.C. invece, così come si è visto per altre città costiere, con l’intento di affermarsi ufficialmente sull’isola, Cartagine avviò dei lavori volti al rafforzamento dell’insediamento: per usare le parole di Bartoloni, la città “venne resa inespugnabile”186 , mediante la realizzazione delle prime mura187. L’abitato crebbe

notevolmente dal punto di vista economico e quindi demografico, di conseguenza venne sentita l’esigenza di presidiarlo insediandovi una piccola guarnigione permanente alla quale, in seguito allo scoppio della prima guerra punica, se ne aggiunsero altre per rispondere prontamente nell’eventualità di attacchi romani.188

Del periodo fenicio e punico, l’antico abitato, che si presenta attualmente secondo l’aspetto conferitole dai Romani, mostra scarse testimonianze murarie: la tecnica edilizia adottata prevedeva la realizzazione di uno zoccolo di pietre legate con malta di fango ed un alzato in mattoni di argilla cruda messi in opera con malta di fango ed intonacati con la calce189.

In merito alle fortificazioni puniche, che vennero realizzate presumibilmente nel IV secolo a.C. e che subirono la devastazione e la demolizione per conto dei Romani alla fine del III secolo a.C., non restano grandi testimonianze: ciò che indica l’esistenza di tali strutture a carattere difensivo è una moltitudine di blocchi squadrati e bugnati, ricavati dalla trachite rossa e reimpiegati in epoche successive prevalentemente nella base della cosiddetta torre cava, in prossimità dell’edificio chiamato Mastio, e nella muratura che domina l’ingresso settentrionale dell’acropoli. I blocchi avevano dimensioni variabili che oscillano tra 0.60-0.90m in lunghezza, 1.00-1.30m in larghezza e 0.50-0.52m in spessore190.

Sull’acropoli era presente un piazzale al quale si affacciavano gli edifici più importanti della città, tra cui lo stesso Mastio (fig. 20)191. Il primo impianto di questa struttura si deve far risalire ai Fenici, che lo

eressero al di sopra di una torre nuragica (di cui resta solo il primo filare di base). In età punica l’edificio

185 Barreca 1986, pp. 25-26; Moscati 2000, pp. 263-264;

186 Bartoloni 1995, p. 210; Bartoloni 1995b, p. 106; Bartoloni 1997, p. 86; Bartoloni 2004, pp. 50-51, 55-58;

Mastino 2005, p. 53.

187 Mastino 2005, p. 55: Montanero Vico 2012.

188 Bartoloni 1995, p. 210-211; Bartoloni 2004, p. 57-58. 189 Bartoloni 1995, p. 207; Bartoloni 1995b, p. 104.

190 Bartoloni 1994, pp. 817-829; Bartoloni 1995b, p. 106; Bartoloni 2004, p. 57; Montanero Vico 2012. I grandi

blocchi in pietra da taglio compatta, dotati di riseghe e bugnati trovano riscontri in altri importanti siti dell’isola, che mostrano strutture difensive erette nel medesimo periodo.

191 Barreca 1986, pp. 79-82: i complessi abitativi fenici e punici erano peculiari per la conformazione delle loro

acropoli: la pianta era solitamente allungata e percorsa longitudinalmente da poche ma importanti strade parallele; l’area che occupava doveva essere necessaria per ospitare tutti i soldati della guarnigione, oltre che le armerie, i magazzini e le scuderie; le piazze si trovavano solitamente alle estremità delle vie principali, dunque in stretta connessione con le porte dell’insediamento, probabilmente per permettere il raduno di soldati in caso di attacco.

46 venne parzialmente distrutto e risistemato, con la realizzazione delle caratteristiche casematte (app. I, A.2.4.) al suo interno. La struttura era stata costruita presumibilmente con blocchi bugnati da attribuire al IV secolo a.C. e che attualmente si vedono reimpiegati dai Romani per formare i vari tramezzi interni.192

Infine, quanto all’“opera avanzata” (fig. 20), si è a lungo ritenuto che essa fosse l’ennesimo esempio di difesa di profondità impiegata dai punici. Gli studi recenti hanno tuttavia messo in chiaro che essa, più che essere costituita da strutture con valenza militare, fosse semplicemente una parte dell’abitato esterna rispetto all’agglomerato principale ed eretta post 238 a.C., dunque a seguito della conquista romana dell’isola193.

192 Bartoloni 1995, p. 212; Montanero Vico 2012.

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