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Contile passa ad analizzare una situazione concreta, quella di Siena L‟idea è che alla base di un buon governo ci vogliano delle leggi che garantiscono unità: così

non è nella città toscana, la quale è divisa in cinque parti, e quindi al suo interno

non c‟è coesione. Questa è la causa primaria di tutti i problemi. La soluzione

proposta da Contile è quindi di cercare di creare unione nella città, e di farlo

sfruttando quella particolare distinzione che genera quiete e ordine, nella quale il

popolo riconosce, con rispetto, la propria inferiorità rispetto a chi governa. Altro

concetto importante espresso nell‟epistola è che si debba concedere di prendere

parte attivamente nel governo a chiunque si dimostri capace e dotato di talento, a

prescindere dalla nobiltà o meno delle sue origini.

Al Cavalier Orlando Marescotti261.

Volete pure, Magnifico Signor mio, che io vi scriva spesso et tenga per suggetto delle mie lettere il ragionamento di perfettamente reggere et governare le città et i paesi. Io mi arrendo a voi, sì perché non mi è tocco l'impacciarmi de‟ governi publici, sì ancora per non haver letto a pieno di questa materia, et, se ben voi volete che io n'habbia imparato molto perché ne sapevo ragionar con voi quando ero costì et vivevo il più del tempo con voi, ne sapevo ragionare perché imparavo dalle vostre opere, le quali havevo innanzi agli occhi sera et mattina. Et se però tenete per cosa certissima, come nell'ultima mi scrivete, che per havere io poi studiato et per haver havuto in pratica le corti, habbia di tal materia imparato assai più, vi potete nondimeno ingannare, perché nello studio c'ho fatto ho solamente atteso alle cose naturali et alla poesia et alle historie. Nella pratica poi delle corti io non ci ho conosciuto altro che servitù, c'ha faccia d'uno spaventoso monstro; laonde chi vuol conoscere il supremo contrario di viver libero venga a farsi cortigiano o de‟ Prelati o de‟ Principi mondani. Voi mi

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direte che quanto più ho in pratica la natura della servitù et le sue infelici conditioni, tanto più agevolmente potrò sapere et ragionare del viver libero, perché conosciuto uno de‟ contrarii si conosce l'altro. Voi dite bene et è ragion naturale la vostra, perché chi conosce il falso conosce il vero, et de‟ contrari è la medesima scienza. Ma poiché io son costretto dall'autorità vostra et da‟ vostri ragionevoli argomenti a parlar di questa materia, et per non parervi disubidiente dirò poco et con fondamento, et per non parer temerario lasciarò di dirne molto. Veggo che cotesta patria non è stata fondata se non con quelle leggi che cagionano divisione et non unione, però rifondatela con leggi le quali uniscono et non dividono et sarà felice et tranquilla. Vuol Platone262 che le buone leggi sieno fondamento de‟ cittadini: in parte a considerarle et a trovarle sia difficile, in parte facile, la difficultà di trovar buone leggi consiste nel mal habito fatto di non temere e di non reverir Dio. La facilità consiste in saperlo santamente invocare et, invocatolo, sotto la sua infallibil providenza ordinare, stabilire et publicare le stesse leggi, le quali non con severità, ma con equità facciano conservare la giustitia et mantenere a ciascuno quello che è suo. Già si vede, et publicamente si parla, dei disordini ch'anticamente nacquero in cotesta città, la quale è stata sempre tumultuosa, per non essersi saputo ritrovar un modo ch'unisse et non dividesse. Dico ch'ogniun si maraviglia come sia divisa in cinque parti, che costì chiamiamo cinque monti263, et se una patria è divisa in due parti che non s'accordano, non ruina? Divisa poi in cinque, non patisce più precipitio? Anzi, fra persone di giuditio si è più volte discorso, et io ci sono stato presente, sopra cotesta quinta divisione, la quale non è popolare, non elettione de pochi, non d'ottimati et non d'un solo: non è populare perché ci sono mescolate persone nobili d'ogni sorte, non è elettion di pochi perché ogni monte concorre, non è d'ottimati perché tali divisioni sono di più numero d'ignoranti che di sapienti, non è d'un solo come non si può negare. Di questo errore, adunque, ne fu causa la poca prudenza di costituir le leggi nel primo tempo della città, laonde ne successe la seditione velenosa, di maniera che dal reggimento populare furon eletti nove cittadini, da nove dodici, da dodici non so quanti che si chiamarono rafformatori264, da questo si venne al governo de' gentilhuomini. Chi non dirà,

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Nella Repubblica Platone sostiene che la giustizia permette ai cittadini di realizzare i loro compiti, presupposto di un‟armoniosa vita comunitaria; alla base c‟è l‟indissolubilità tra virtù e vita politica. In quest‟opera l‟educazione del cittadino è completamente affidata allo stato. Nelle Leggi il filosofo approva la creazione di leggi e sanzioni penali che garantiscono l‟ordine in uno stato giusto, e ammette che l‟educazione del cittadino poggia anche su alcuni valori religiosi.

263 Siena si era organizzata in un sistema che era una sorta di istituzionalizzazione delle lotte civili,

quello dei cinque “monti” o “ordini”: ogni membro dell‟élite dominante era inserito in uno di questi “monti”, i quali si contendevano il monopolio del potere.

264 Dal 1287 al 1355 Siena fu amministrata dal Governo dei Nove, espressione di un centinaio di

famiglie guelfe, superando la lacerante divisione tra ghibellini e guelfi e trovando così stabilità. A causa di una ribellione della popolazione scatenata dal susseguirsi di epidemie e crisi economiche, i

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Signor mio, che queste fussero tutte elettioni da tenere in continua discordia la città? Et se innanzi, o prima di quel ch'io ho detto, fu la elettione del monte de‟ gentilhuomini, non importa, perché non confonde il mio concetto, volendo io inferire che le leggi prime non furon buone, et se buone non a bastanza buone, overo buone ma con qualche licenza, per la quale esse leggi non furon né severe, né sincere, come il fin di quelle ci fa toccar con mano et veder con gli occhi; veder, dico, a poco a poco la declinatione del viver libero. Concludo che necessario sia di ridurre la città unita et non divisa, et se pur divisa, sia la divisione com'è quella del genere con la differentia, o per dir meglio con la spetie, così dal populo il Senato parimenti; come il genere è men nobile della spetie, benché da lui ella tragga origine, così il populo è men degno del Senato. Et benché questa sia divisione, non è però tale che metta discordia, ma sì bene quiete et durabil ordine. Noi vediamo che dal populo si cavano i migliori nel governare la Republica, et quei megliori fanno il Senato et gli altri offitii come di pretori, di edili, di consoli, di tribuni et d'altri necessarii magistrati; è ben vero che, durando questa maniera di reggimento i secoli, la elettione non si fa se non di raro nel populo, ma nei figliuoli et discendenti di coloro che sono stati gran tempo nei magistrati. Tuttavia, havendosi notitia di chi meriti et sia del populo et anticamente nato nella città, si deve in ogni modo a benefitio commune eleggerlo, et quando si faccia altrimenti è spetie di tirannia, non essendo lecito di guardare che sia ignobile perché i suoi non habbiano maneggiato i gradi publici, importando assai più la prudentia et la bontà che la nobiltà per maneggio delle sudette dignità. Questo è quanto io possa credere che convenga al ben publico et quanto da ciascuno debba esser lodato et ammesso per universal concordia, lasciando alla lunga pratica che havete di questo negotio il dirne et l'approvarne il meglio, raccomandandomi a Vostra Magnificenza.

Di Milano a‟ XXIX d'aprile MDXLII.

Nove furono cacciati, e il loro posto venne preso prima dal Governo dei Dodici e poi da quello dei Tredici, entrambi di brevissima durata. Nel tentativo di superare l‟instabilità politica nacque infine il Governo dei Quindici (1369-1385), riformatori che composero una vera e propria assemblea democratica dalla quale furono esclusi i nobili.

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(I, cc. 75v-76r)

Contile rimprovera l‟amico di non scrivergli da molto. Nonostante i tanti impegni di

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