soprattutto sul termine idea, che si presta a speculazioni filosofiche e possibili
fraintendimenti. I versi vengono ampiamente modificati, e un sonetto dilettantesco e
un poco oscuro diventa un sonetto in morte abbastanza convenzionale. Nonostante i
numerosi interventi correttori, peraltro, Contile dimostra un certo rispetto per
l‟opera dell‟amico mantenendo inalterate le parole in rima, elementi topici della
poesia.
Al Signor Hestor Visconte464.
Coloro che mi ponno comandare meritano che io gli ubbedisca. Ho considerato il sonetto di Vostra Signoria, il qual è d'altissimo concetto, ma sarebbe male che non fusse vestito di puri et schietti sentimenti. Ha ella da sapere che forme, idee et spetie sono una sustantia, massimamente nella disciplina d'Aristotile, et potiamo tutti insieme chiamarli equivoci dove
463 Lettere, a Messer Giovanvincentio Narbona, Pavia, 18 agosto 1562, c. 400r-v. 464 Su Estore Visconti vd. nota 420.
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ci s'insegna a fuggire la superfluità et a dar luogo alle voci ch'esprimono i concetti sopra la materia principale, altrimenti non s'intende quanto si dice, se non con difficultà. Vero è che, quando la difficultà procede dall'altezza del suggetto, non è degno di biasmo chi tratta di quello; tuttavia, se viene essa difficultà dalla confusa tessitura de‟ termini, si dee dar biasmo al tessitore. Imperò pochi et rari sono che habbiano saputo dare ad intendere un profondo suggetto, ancorché lo habbiano posto in tessitura distinta, ordinata et di perfetta elocutione. Anzi mi sono maravigliato che Vostra Signoria habbia fatta la tela di stupenda consideratione, nondimeno ho voluto ridurla nel modo che io ho imparato. Sia preso da lei come parer mio, non già come riformatore delle sue cose, atteso che io ho ciò fatto solamente per obedirla. Quando essa dice:
Quella, che dal suo fin forma e natura
Vuole ella che forma e natura sia un‟appositione, cioè forma et natura, la qual maniera di dire è ben in uso, ma di raro et particolarmente nei sonetti. Dice poi:
E dalla idea c'ha in sé tutte le forme Creata in tutto lor pari e conforme
Volete dire, Signore mio, che quella donna, la qual dal suo fine et dalla idea, idea creata in tutte le cose alle quali essa idea è pari et conforme, ha preso mente, ragione, arte et misura. Avvertisca Vostra Signoria accioché ben s'intenda che cosa è idea, come ancora in una altra lettera al Vescovo di Tolone465 ne ho scritto. Alcuni dicono esser sustantia incorporea, la quale non si sottomette, ma dà forma alla materia, accioché essa materia apparisca. Platone dice l'idee esser sustantie separate dalla materia, le quali stanno sotto alle intellettioni di Dio, o alla mente, o alle imaginationi466. Aristotile vuole che l'idee sieno spetie, ma non separate dalle materie467. In Dio è l'idea di tutte le cose, ma le cose non sono della perfettione della stessa idea onde dependono, né ancora sono della medesima sustanza, ma per havere certa similitudine però disse il Petrarca: «in qual parte del cielo, in qual idea»468. Ma secondo me
465 Lettere, al vescovo di Tolone, da Milano al primo di maggio 1542, cc. 69v-70v.
466 La gnoseologia di Platone fu messa a punto in dialoghi come il Menone, il Fedone e il Teeteto,
mentre il concetto di Iperuranio comparve per la prima volta nel Fedro.
467
Aristotele respinse la teoria platonica delle idee già negli anni giovanili (nelle opere Sulle idee e Sul
bene), e proprio dalla riflessione sul tema emerse la sua dottrina della causa formale e della causa
materiale.
468 Riferimento al componimento 159 dei Rerum Vulgarium Fragmenta: «In qual parte del ciel, in
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quel divin poeta non doveva dire «in quale idea era l'essempio», da qual idea tolse l'essempio che fu quel bel viso. Perché dirò per similitudine: Titiano ha ritratto l'Imperatore Carlo V469, quel ritratto è l'essempio et Carlo è l'essemplare, overo idea. Non poteva Titiano dire che l'essempio fusse in Carlo, ma sì bene nella fantasia di esso artefice, per lo essemplare che haveva dinanti agli occhi. Replico che essemplare, spetie, forma et idea sono il medesimo, et però dovendosi fuggire il superfluo et pigliare i termini necessari, i quali non confusi, ma distinti, deeno formare le propositioni et le orationi, essendo vero che di propositioni o d'orationi et poi di conclusioni debba constare il sonetto. Però mi è parso di ridurlo in questa guisa, et più quel di Vostra Signoria, della quale più che di qual si vogli altro al mondo devo et voglio desiderare honore et degnità.
La bella donna in cui s'ornò natura, Immediate, sopra l'altre forme,
Dal sommo Dio, ch'a sé la fe‟ conforme, Prese mente, ragion, luce, e misura. E 'n questo basso mondo humile e pura
Venne a dar di vertute essempi e norme, E del suo aspetto e delle sue sant'orme Ogni empio e vil desire hebbe paura. Ma mentre che spargea sue divin'opre,
E che 'l celebre suo nome immortale Era fatto tra noi più che 'l Sol chiaro, Ecco il destin, ch'al mondo errante scopre
L'indignità d'ogni piacer mortale,
Troncando il fil d'ogni altro a me più caro.
Avvertisca Vostra Signoria il luogo del primo suggetto et miri i luoghi de‟ concetti che lo esprimono, et consideri le premesse, che sono origine della conclusione, dove trovarà il vero modo di poesia, secondo me, rimettendomi in lei come cosa sua. Ho voluto ancora nel quarto
giù quanto lassù potea? / Qual nimpha in fonti, in selve mai qual dea, / chiome d‟oro sì fino a l‟aura sciolse? / quando un cor tante in sé vertuti accolse? / benché la somma è di mia morte rea. / Per divina bellezza indarno mira / chi gi occhi de costei già mai non vide / come soavemente ella gli gira; / non sa come Amor sana, et come ancide, / chi non sa come dolce ella sospira, / et come dolce parla, et dolce ride».
469 Vari sono i ritratti dell‟imperatore fatti da Tiziano: Ritratto di Carlo V con il cane (1532-1533
circa, oggi conservato al Museo del Prado di Madrid), Ritratto di Carlo V a cavallo (1548, Museo del Prado), Riratto di Carlo V seduto (1548, Alte Pinakothek, Monaco di Baviera).
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verso del primo quadernario dir luce in luogo d'arte, perché arte non è altro che misura delle cose sproportionate, sì che misura et arte è tutt‟uno, ancorché misura sia parte et arte sia tutto. Non sarò più lungo, baciando le mani di Vostra Signoria.
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