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In questa lettera Contile loda la dignità del segretario, il quale, insieme a maestri e dottori di legge, sfrutta ed esalta quelle qualità che rendono l‟uomo simile a Dio e

agli angeli. Degenerazioni del mondo contemporaneo avevano fatto sì che queste

nobili professioni non venissero giustamente apprezzate, e rispetto ad esse fossero

favoriti ruoli più umili e vili come quelli di maggiordomo, cavallerizzo e cameriere,

ma l‟invito al nipote è di non curarsi del giudizio degli altri e proseguire sulla strada

intrapresa. A testimonianza dell‟importanza per i signori di avere grandi uomini di

pensiero al loro fianco, Contile cita numerosi esempi dal mondo antico e classico.

A Giovanni Contile mio nipote387.

Ti cominciai a dire della dignità del cancelliero, overo secretario, et tu nella tua ricevuta hoggi mi preghi con molta istanza ch'io tratti di sì nobil suggetto, et tanto più volentieri ti compiacerò quanto più mi prometti di prevalerti delle cinque virtù et di non mancare punto ad ubidirmi, et caminar per la via de‟ precetti che io t'ho dati, et poi persuaderti che per simigliante osservanza potrai cavar da me tutto quello che potrò et saperò. Dico che un commune abuso hoggidì ha guasto la vera regola del viver humano, né sia perciò maraviglia se l'età nostra è di gran lunga abbreviata, anzi, quanto più cresceranno gli abusi più scemaranno i nostri giorni, et se durarà il mondo più là di seimila anni dal nascimento del primo padre fin al dì del Giuditio, che no 'l credo, ci condurremo alla vita breve come la febre efimera388. È gran cosa che un huom di dottrina et di virtù che insegna et ammaestra le persone sia con ludibrio chiamato pedante, et un dottore di legge che governa et interpetra la giustitia sia detto pelandone, et un secretario che dà di sé essempio di fedeltà, di consiglio et di prudenza è nominato pennaiuolo: o fieri, horrendi et vituperosi abusi! Ascolta figliuol mio: uno che in casa d'un Principe, d'un Signore et d'un Re, quello che attende a provedere

387 Vd. nota 380.

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da mangiare et da portar le minestre a tavola è chiamato maggiordomo et è de‟ primi appresso al Principe, un che attenda alla stalla et è maestro delle bestie, praticando a tutte l'hore il litame, è detto cavallerizzo, secondo alla grandezza del Re, uno che rivegga la camera e maneggi il letto et procuri alla biancaria è nominato camerier maggiore. Non si vergogna questa generatione a tenersi grandi per essercitii così vili? Privi di scienze e di quella capacità per la quale siamo conformi alle intelligenze celesti? Veggiamo se in cielo ci sono queste razze de‟ maggiordomi, de‟ cavallerizzi et de‟ camerieri maggiori: certamente no. De‟ maestri in cielo non è Iddio il primo? De‟ dottor di legge non sono l'intelligenze et gli angeli? De‟ secretari, non veggiamo se Iddio ha mandato per i ministri della sua divinità o gli angeli o gli arcangeli, annontiando i suoi secreti a chi si doveva? Ma per non toccare in tutto la corte celeste, non fu il secretario di Porsena, Re de‟ Toscani, morto in luogo del Re perché egli era vestito come ‟l Re et a paro sedeva con il Re389? I Senati, i Principi et parimenti gl'Imperatori non tenevano sempre appresso i iureconsulti390, i quali occupavano dopo il Principe il luogo secondo? Socrate, maestro di Alcibiade391, non andava ancora egli armato et dava a‟ bisogni militari consiglio? Plutarco, nobile di sangue, non seguì Traiano Imperatore et gli fu sopra ogni altro carissimo392? Che stima fe‟ Scipione d'Ennio393? Che Alessandro d'Aristotile394? Che Hierone di Platone395? Adunque confessaremo per tale abuso esser divenute le bestie et gl'ignoranti capi di dignità. Longo sarei se volessi dirti appieno di questa usanzaccia, e non è gran fatto se hoggi in questo infelice secolo l'ignoranza siede in

389

Fu Muzio Scevola, giovane comandante romano infiltratosi tra gli etruschi per uccidere il re Porsenna, a pugnalare mortalmente per errore il segretario del re, ingannato dall‟abito porpora che questi portava.

390 Il giureconsulto era un esperto del diritto, che al tempo dell‟antica Roma aveva una posizione

predominante nella vita politica e amministrativa.

391 È celebre la stima di Alcibiade nei confronti di Socrate, riportata (in modo forse esagerato) da

Platone nel Simposio. Nella battaglia di Potidea, 432 a.C., Socrate gli salvò addirittura la vita.

392

Fu proprio Traiano a concedere la dignità consolare a Plutarco. Giovanni di Salisbury nel quinto libro del Polycraticus parla di Plutarco come maestro di Traiano, ma la sua fonte è la falsa Institutio

Traiani.

393 L‟amicizia tra Ennio e Scipione l‟Africano prima, e con altri aristocratici della cerchia degli

Scipioni poi, causò un allontanamento tra lui e Catone il Censore. Ennio ottenne da Scipione la cittadinanza romana, e alla sua morte fu sepolto nella tomba degli Scipioni per i meriti e per l‟amicizia personale.

394 Aristotele fu precettore e maestro di Alessandro Magno.

395 Non fu Ierone, tiranno di Siracusa, ad avere rapporti con Platone, come sostiene erroneamente

Contile. Il filosofo greco fece il suo primo viaggio a Siracusa nel 388 a.C. dove strinse amicizia con Dione, cognato del tiranno Dionigi il Vecchio. Dione apprezzò i programmi politici di Platone, che però non ebbe lo stesso apprezzamento da parte di Dionigi, il quale lo costrinse ad abbandonare Siracusa per Atene. Alla morte del tiranno Dione lo richiamò a Siracusa, sperando che il successore Dionigi il Giovane avrebbe approvato le riforme impedite dal precedente sovrano. Dione però fu esiliato perché sospettato di preparare una ribellione, ma Platone poté restare in qualità di consigliere di Dionigi.

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catedra, porta la corona in testa, comanda a‟ savi, ha in odio i buoni, scaccia le attioni vertuos[e] et è spettacolo finalmente di miseria. Lascia dir, Giovanni, essercitati in tale offitio che è più degno quasi d'ogni altro. Tu sai quanti Signori di castelli sogliano andare alla mercede de‟ pennaiuoli, quante bestie solenni diventano huomini in mano di vertuosi maestri? Quanti si ritengono dal malfare per timore de‟ legisti? Volesse Iddio che ti venisse voglia, o ti prestasse il cielo tanta forza, onde tu possedesse le tre divine qualità. Essortandoti a non esser mai maggiordomo, non cavallerizzo, non cameriero, ancora che tu sia tale con Monsignor Reverendissimo, et mentre che tu sarai atto d'insegnare, fallo, ch'è arte d'imitare Iddio, purché tu non faccia tal cosa mercenariamente; se impararai tanto che tu sappia consultare, attendici, che è proprietà d'huom perfetto. Se parimenti ti converrà di attendere alla secretaria farai essercitio angelico. Et hora cominci a esser angelo, raffinati con quei mezi che io t'ho posto inanti, né ti curar degli abusi seminati dall'ignoranza, la quale è hoggi a punto come già infelicemente diceva la gente quando vedevano martirizare i santi seguaci di Cristo benedetto: pertinaci che pazzamente perdete la vita e fate l'ultimo fine senza honore. Loro erano pazzi che stimavano questa sciocca vita in guisa che sprezzavano l'altra, dove è la gloria vera et l'honore perpetuo. Altro non voglio per hora dirti, e temi Iddio. Di Venetia a‟ X di marzo MDLX.

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XLIII

(II, cc. 207v-208r)

Contile chiude il ciclo di lettere a Giovanni raccontando la propria situazione

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