L'indagine positiva constata pertanto un antagonismo categorico fra le due forme fondamentali della morale — la morale spon-tanea, producentesi in seno all'associazione libera di lavoro, e la morale coattiva, producentesi in seno all'associazione di lavoro forzosa ed assumente a sua volta atteggiamenti dissimili, secondo
che questa dà luogo al reddito indistinto o distinto. Ma codeste configurazioni dell'etica — e mestieri avvertirlo — si riferiscono esclusivamente alla morale quale istituzione connettiva, e per ciò quale manifestazione di psicologia sociale, e non riguardano invece per nulla le esplicazioni della morale individuale, le quali possono spiccatamente divergere dalla morale collettiva, anzi atteggiarsi in antitesi ad essa. Niun dubbio infatti che, durante l'impero delle forme imperfette della morale, possa sorgere in alcuni spiriti eletti quasi una prescienza della morale successiva, od anche della mo-rale limite, esplicantesi all'infuori d'ogni coazione. A quel modo che attraverso le nebbie dei rapporti economici vigenti si deli-neano allo sguardo di pochi meditanti i profili della forma eco-nomica avvenire, così attraverso le anfrattuosità della morale sto-rica può veramente spuntare la prescienza, od il presentimento di una morale più eccelsa, che diverrà attuosa in una forma sociale superiore. Ma coloro, i quali hanno in core tale presentimento ed agiscono, o giudicano alla stregua della morale futura, si pongono in reciso contrasto alla coscienza collettiva del proprio popolo e
C A P . I l i - C O N T R A S T I F R A I.K D1VK118K K O R M K 1181.LA M011AI.K 73
della propria età; e guai se essi tentano tradurre in atto le loro convinzioni! 11 contrasto esplodo allora feroce e l'intera coscienza collettiva, che li cinge, si impenna, li assalo o li condanna. Quei martiri gloriosi, che lasciano dietro a sè, nel firmamento della
storia, un solco indelebile di luce o ili sangue, sono uomini antici-pati, i quali portano la pena della propria precocità e conio tigli
partoriti anzi tempo non sono vitali; essi sono i rappresentanti di una morale ulteriore, che si pongono perciò appunto in contrasto alla coscienza dei proprii contemporanei e ne rimangono
sopraf-fatti. Il marti no stesso di questi sublimi è la dimostrazione più
esplicita della loro solitudine morale; poiché, se questa non fosse,
se la coscienza collettiva si trovasse all'unissono colla loro, il
sen-timento universale si ribellerebbe al loro supplizio, che dico?
im-porrebbe la loro apoteosi. E.l invece la coscienza collettiva, non
solo tollera la loro morte, ma la sollecita ed esalta, dimostrando
così ad evidenza l'antitesi fra la morale individuale di quei sommi
e la morale sociale dominante. Quei martiri non vengono esaltati
dall'universale, se non quando la morale superiore, ch'essi hanno
preconizzata, viene finalmente a trionfare nella coscienza dei più.
Da ciò il carattere sostanzialmente retrospettivo degli entusiasmi
morali, od il fatto che ciasctin'epoca compiange ed esalta le vit-time di una morale inferiore antecedente, ma condanna al tempo stesso gli apostoli di una inoralo superiore futura. Di qui infine la stridente antinomia, per cui la società presente inneggia a
Spar-taco, a Cristo ed a Socrate, vittime eli una morale anteriore, mentre al tempo stesso condanna i campioni di una morale sociale superiore all'odierna, e prodiga frenetici applausi ai loro implacabili
persecutori.
Se ora ci proviamo a paragonar l'una all'altra le due forme
fon-damentali della morale collettiva, la morale spontanea e la morale forzosa, troviamo anzitutto ch'esse esercitano una influenza pro-fondamente opposta sul carattere umano. Infatti in quelle condi-zioni economiche, che vietano all'uomo di agire a detrimento del proprio simile, la stessa impotenfa, in cui esso è posto, a compiere il male, il danno stesso che gli procaccia la sua azione maligna, viene grado grado educando nel suo pensiero l'amore del bene e l'orrore per le azioni colpevoli. Perciò l'esercizio della pietà o della giu-stizia, che, in seno a tale assetto economico, è di fatto imposto dall'egoismo, viene a poco a poco celando le proprie origini e
ri-vestendo una parvenza ideale, che ne forma una vera e propria virtù, degna d'essere praticata per se medesima e indipendente-mente da ogni utile effetto. Ma invece in quelle forme economiche, nelle quali un uomo può avvantaggiarsi a scapito di un altro, l'egoismo usurpatore si dà libero corso e prorompe nei più terribili strazi. Non più, dunque, avversione contro l'aziono malevola, non più culto disinteressato del bene, ma persistente, tenace, inumano sfruttamento; quindi alla mitezza del carattere, alla bontà serena, che contraddistingue la forma economica pura, fanno sinistro con-trasto la scellerata ferocia del proprietario di schiavi (1), o la cinica insensibilità del capitalista moderno. Ora di fronte a queste forme radicalmente opposte, che assume il carattere umano col mutare dei rapporti economici in seno a cui esso si move, crol-lano quelle asserzioni generali, cos'i care ai filosofi d'altre età. Nulla infatti di più falso che l'asserto di Rousseau, che l'uomo, uscito buono dalle mani del creatore, fu dalle istituzioni sociali reso mal-vagio od ingiusto; nulla di più assurdo che l'asserto opposto di Ilobbes e di Kant per cui, nello stato di natura, l'uomo è lupo all'uomo. No, l'uomo per se stesso non è né buono né malvagio, non è dominato dalla virtù nè dal vizio. Un solo sentimento, un solo movente lo domina, ed è l'istinto della sua conservazione, o quell'egoismo personale, il quale è nulla più che una fra le mol-teplici forme della persistenza della forza (2). Ma questo impulso fondamentale e per se stesso indistinto si esplica in modo benefico o avverso, adduce alla giustizia od alla usurpazione, alla virtù od al delitto, in ragione soltanto del tessuto dei rapporti economici, in seno ai quali esso agisce. Poiché, se l'associazione del lavoro è libera, l'usurpazione è nociva all'agente, il quale perciò dal suo stesso egoismo si trova indotto all'azione virtuosa; mentre se la associazione di lavoro è coattiva, l'usurpazione è proficua all'agente
(1) La brutalità del Nerone di Racine. il quale giunge alla internale parola * j'aimais jusqu'à cea pleura que je faisais eouler ,, non è che il prodotto della economia a schiavi, la quale consente la massima ferocia contro lo schiavo, anzi ne fa la condizione necessaria a garantire la persistenza della economia capitalista.
(2) 11 solo sentimento innato, aveva già detto Locke, è l'istinto di conser-vazione e l'irrequietudine prodotta dall'apprensione del male e dal desiderio del benessere, ld. ROUSSEAU. Emile. 1. 164.
C A P . I l i - C O V T R \STI FI!A LE D I V E R S E F i l i n i K D E L L A M O R A L E
ed n lui imposta dui suo stesso egoismo. Perciò quello stesso egoismo, che nel primo caso adduce alla bontà, adduco noi secondo alla colpa (1); colpa e bontà, delle quali non esso è responsabile, ma sì l'ambiente, nel quale esso si move (2).
Ma un'altra o non meno ragguardevole antitesi si affaccia alla nostra attenzione, appena raffrontiamo lo due morali, che si di-partono dal tronco comune della associazione di lavoro coattiva, secondo che il reddito da questa prodotto è indistinto o distinto; poiché, mentre la prima è fondata sull'egoismo dell'uomo, la seconda è esclusivamente ispirata all'egoismo della classe dominatrice. Cosi se la morale dei Cinesi ha per base il benessere della famiglia, quella degli Ebrei il benessere materiale dell'individuo, quella dei Greci la sua forza e grandezza, quella dei Romani la forza e la grandezza dello Stato, gli è solo perchè sono queste le formo sva-riate, che riveste fra quelle diverse nazioni l'egoismo della classe proprietaria; ma è sempre al tornaconto di quest'ultima che si ispirano le sanzioni morali e la linea di condotta, ch'esse impon-gono ai proprietari, od ai lavoratori. Hen è vero che il carattere capitalista della morale non apparo di primo acchito, poiché si maschera dietro le frasi altisonanti di benessere incinte, utilità col-lettila, ecc., di cui si appaga così volentieri la folla in tutte le e t à ; ma uno studio per poco approfondito non tarda a mostrare che queste magniloquenti parole sono una falsificazione impudente delle cose, una menzogna destinata a rafforzare il potere delle classi dominanti ed a far considerare come spontanee e vantaggioso a tutti le azioni che esse impongono alle altre classi sociali per assicurare il proprio benessere (3). Avverte, a tale riguardo, be-nissimo lo St. Mill : ' Ovunque esiste una classe dominante, una larga parte della moralità del paese emana dai suoi interessi di classe e dal sentimento della sua superiorità. La moralità fra
Spar-1 I.a gioia stessa, che i 3/4 degli uomini provano pel male altrui, non è che un inconsapevole frutto del pericolo, che loro proviene dnlla superiorità di forza dei loro concorrenti nella gara economica e sociale,
(2) Nulla perciò di più assurdo che le declamazioni contro l'interesse indi-viduale, che ci danno VOLTAIRE (Puerile. VI), il quale lo chiama ril roi de la terre, e perfino SHAEKSPEABI (King John), il quale lo dice pietra d'inciampo, che falsa ogni impulso e fa deviare il mondo dalla sua mèta.
taiii ed Iloti, piantatori e negri, principi e sudditi, nobili e bor-ghesi, uomini e donne, è per gran parte il prodotto di questi in-teressi e sentimenti di classe „ (1). " Poiché in una società aristocratica, soggiunge lo stesso scrittore, è la classe elevata che stabilisce la corrente delle opinioni e dei sentimenti, così la virtù stessa è, in questo stato sociale, specialmente raccomandata da argomenti che si rivolgono all'orgoglio, come in una democrazia lo sarà da quelli che si rivolgono all'egoismo „ (2). * In tutte le società, conchiude lo Spencer, le azioni degli uomini possenti e ricchi servono di criterio del giusto e dell'ingiusto, di guisa che le pa-role nobile e servite hanno tinito per esprimere ciò che è bene o male nella condotta „ (3).
Ma non basta che in una società capitalista la morale sia di sua natura aristocratica, od ispirata al vantaggio di pochi privilegiati. Essa presenta inoltre UH carattere di duplicità fondamentale, dacché impone una norma di condotta essenzialmente diversa alla classe ricca, o proprietaria ed alla classe povera, o lavoratrice. Infatti alla prima di queste classi la morale impone il compimento di azioni effettivamente conformi, alla seconda di azioni effettivamente contrarie al suo egoismo reale. Ora si comprende d'un tratto come, essendo cosi sostanzialmente diverso, anzi opposto, il contenuto dell'azione morale imposta a ciascuna delle due classi, anche il precetto morale abbia a risonare recisamente diverso, secondo che si rivolge all'una od all'altra. N é questa verità rimase ignorata agli scrittori d'altri tempi. Ma il pensatore, che meglio l'ha lumeg-giata, è indubbiamente Mandeville; e se la sua Favola delle Api è consacrata all'infamia, gli è solo perché esprime apertamente una verità, cui la scienza prezzolata tenta per mille mezzi offuscare. Se-condo Mandeville il benessere pubblico si sviluppa mercè i vizi pri-vati, ossia mercè il più sfrenato esercizio dell'egoismo, ma non però da parte di tutti gli uomini, bensì unicamente delle classi dirigenti della società. A queste pertanto il medico filosofo raccomanda ed istilla una morale di sbrigliata licenza, mentre alle classi povere riserba
(1) ST. MILL, On liberty, Londra, 1868, 15; LARGE, 1. C.. IL, 462. (2) Sr. MILL, Dissertations and discussions, II, 51.
CAP. I l i - CONTRASTI KI1A LK D1VKR8K KOIIMK » M I L A MORATA 7 7 una morale cristiana, ili lavoro e di sommissione (I). Di siffatta
morale osserva giustamente Alberto Lange, ch'essa par fatta
ap-posta pei moderni capitalisti o fondatori di società per azioni (2);
nò certo è meraviglia so essa venne annunziata ed accolta in una
epoca, nella quale il capitale sorgente avea d'uopo di dar libero
oorso alle proprie rapine e richiedeva perciò una morale assai svelta
ed elastica come condizione stessa di persistenza e di vita. Ma il
concetto, che il benessere pubblico non può esplicarsi se non mercè i vizi privati, ha un senso ben più profondo, che mette conto di rilevare. Infatti la proprietà capitalista ha una ragiono storica di esistere, per ciò, ch'essa è la condizione necessaria alla asso-ciazione coattiva di lavoro od all'incivilimento in un determinato periodo della evoluzione sociale. Ora poiché la proprietà capitalista non può esplicarsi, se non a prezzo del più sfrenato esercizio del-l'egoismo usurpatore da parte delle classi privilegiale, così quella morale che ad esso si ispira, che lo benedice e sanziona, non sod-disfa soltanto al gretto vantaggio delle classi proprietarie, ma è 1 espressione teorica degli interessi supremi della civiltà, di cui l'egoismo capitalista non è che cieco strumento.
L'impronta di duplicità, caratteristica alla morale capitalista, si riflette nella struttura medesima dei processi di coazione morale, i quali si atteggiano, generalmente, in guisa affatto diversa, se-condo che si rivolgono alle classi ricche, od alle classi soggette. Così spesse volte avviene che quella fedo religiosa, la quale è efficace stromento di coazione morale della classe ricca, non giovi invece rispetto alla classe lavoratrice; e in tal caso si produce uno scisma religioso, quale risultato e contraccolpo necessario dello scisma economico fondamentale. Già avvertiva Guglielmo I'etty come i poveri, i quali traggono vita austera e deserta di godi-menti materiali, si ricusino ad entrare in comunanza di fede coi
(1) MAXOKVILI.K, The fable of Ih Hees, ed. Edimburgo, 1772, 120-140. Nietzsche non ha fatto dunque se non copiare Mandeville, quando ha detto: * Vi hanno due morali, una pei forti e gli eletti, morale di licenza e di ra-pina; l'altra pei deboli e pei poveri di spirito (o dì quattrini), morale d'umiltà e di sommissione , (1. c., 82-3) che però, soggiungiamo, è imposta dal torna-conto dei primi.
(2) LA so e, 1. c , 1,421,309; e A. SHITII, I.e., 273; si vegga anche il saggio di HASBACH SU Mandeville n e l l " Jahrbuch für Gesetzgebung ,, 1890, 39-40.
gaudenti doviziosi (1). Ma lo stesso Adamo Smith, pur non avaro di biasimi alle teorie morali di Mandeville, lo riconosce esplicita-mente. I poveri, egli dice, i quali sarebbero bentosto ruinati da una vita troppo spendereccia, professano una morale ostile ai godi-menti ; mentre all'opposto i ricchi, i quali non si minano nemmeno per parecchi anni di vita gaudente, seguono una morale allegra. Perciò le sette religiose, di consueto emananti dal popolo, predicano una morale severa, grazie alla quale si rendono accette allo classi diseredate ; mentre soltanto più tardi, quando vanno smettendo del proprio rigore, giungono infine a diffondersi fra le classi più elette (2). Ma in ogni caso la religione del lavoro è ben diversa da quella della proprietà. Già nell'antichità la religione degli schiavi non è uguale a quella dei liberi, e, ad es., gli schiavi insorti nella Sicilia, accanto a Giove e ad Artemide adorano le misteriose madri e credono nell'idea persiana del Messia (3). Nell'antica Grecia le credenze orfiche attecchiscono esclusivamente fra le vittime del-l'oligarchia trionfatrice, invocanti dalla divinità un conforto ai dolori di quaggiù (4). Non altrimenti in Palestina, dopo la caduta del regno settentrionale, le classi ricche si addicono al culto di Baal e, dopo il ritorno dall'esilio babilonico, a quello di Giove, dèi de' paesi trafficanti e raffinati, mentre le classi agricole e povere si mantengon fide al vecchio Giavè, incarnazione dell'an-tica vita beduina; e le predicazioni arroventate di Isaja e Geremia non son che l'eco della rivolta del lavoro contro l'apostasia della proprietà (5). Nella Cina i ricchi professano la religione di Con-fucio, i poveri quella di Budda. Nè lo stesso Cristianesimo, il quale pure, predicando ai ricchi la carità ed ai poveri l'ossequio, si attaglia colla duttilità più squisita al diverso carattere delle due classi fondamentali, sfugge alla legge comune; chè esso pure si sdoppia sovente in due religioni, dei poveri e dei ricchi. Già l'intento originario delle tre navate delle chiese è di separare materialmente, anche nelle manifestazioni esteriori del culto, i tre
(1) W . PETTV, Economic Writings, Cambridge. 1899. 262. 12) A. SMITH, Wealth of Nations, Stand. Ed., 627-28. F:i) FRANC«,' Sklucenanfstände, M ü n c h e n . 1893, 39-40. (4) GOMPKBTZ, 1. c., 1.
l'.VP. 1 ! I - C O N T R A S T I ERA L E D I V E R S E FORMK D E L L A M O R A L E 71» ordini della società ; mentre nel Medio Evo le assemblee supersti-ziose del Sahbato non sono elio * una rivolta notturna dei servi contro il dio del prete e del signore .. Altrettanto avviene nel-l'America schiavista, uve la setta dei metodisti neri aduna gli schiavi in conciliaboli notturni, in cui si professa una religione tremenda o superstiziosa (1 ). Ed altrettanto accade nel secolo X V I I I in Inghilterra, ove il metodismo di Wesley aduna tutti i gementi della società, per contrapposto all'alta Chiesa anglicana, bandita dei potenti e dei ricchi. * L'anglicanismo corno dottrina è la reli-gione delle persone felici nei loro affari ; come chiesa, è l'alleato dei potenti della terra e forma parte integrante del sistema aristo-cratico. Appunto por ciò, osso non è fatto per gli operai schiac-ciati dalla macchina industriale. Per questi il vecchio istinto puri-tano sonnecchia al fondo degli animi ed è questo che Wesley viene a destare. Il metodismo giungo al momento opportuno per l'anima assetata, non già di verità dogmatiche, ma di speranze spirituali. W e s l e y esalta il dolore e la miseria, maledice la ricchezza e nel-l'ebbrezza mistica fa trovare l'oblio degli affanni , (2). Oggi ancora, del resto, la classe ricca d'Inghilterra appartiene all'alta Chiesa e solo eccezionalmente è cattolica ; i professionisti sono presbite-riani. congregazionisti, wesleiani, o seguaci delle chiese non con-formiste : mentre l'infimo strato sociale rimane all'infuori di tutte le congregazioni (3). Anche agli Stati Uniti la religione dei ricchi non è più quella dei poveri ( 4 ) ; e perfino nell'Ungheria si dif-fonde fra i lavoratori dei campi la religione nazarena, imbevuta di socialismo cristiano, che combatte coi passi del Vangelo lo sfrutta-mento ed il privilegio. L e conversioni, oggi cos'i frequenti nella Russia, dalla chiesa greca alla cattolica, si ispirano all'intento
(1) MICHELET. Histoire de Frante, Paris, 1879, XIII, 215; e la nostra Analisi, I I . 1 4 7 .
(2) LECLKHC. Lrs professioni et la sodili en Angle/erre, Pari«, 1895. 99, 280, ecc. — La derivazione della riforma religiosa di Wesley dalle condizioni dell'as-setto economico è affermata anche dal PATTE» nell'opera The derelopment of enghsh thought, New-York, 1899, 243 Beg. — la quale b tutta rivolta a chiarire la dipendenza dello sviluppo mentale dallo svilnppo economico, ma con fatti ed argomenti, a mio credere, molto inadeguati e inefficaci,
( 3 ) BOOTB, 1. c.
prettamente economico di istituire le associazioni parrocchiali, favorenti il mutuo soccorso fra i conterranei più poveri. Infine la duplicità, die ci apparo nella religione, riscontrasi del pari negli altri processi di coazione morale ; dacché tutti assumono forme sostanzialmente diverse, secondo che si rivolgono alla classe pro-prietaria, od alla classe lavoratrice. Cosi notava già Bentham che v'hanno due opinioni pubbliche, l'una aristocratica, l'altra demo-cratica; quella loda un'azione, per es. il duello, questa ne loda un'altra, il pugilato ; la prima condanna il ridicolo, la seconda il dannoso; ecc., ecc. (1).
Talvolta la scissura, che si produce nella morale delle due classi economiche fondamentali, dà luogo ad un fenomeno anche più rag-guardevole ; giacche, in luogo di un solo processo di coazione morale, il quale agisca in una forma diversa sui ricchi e sui po-veri. si hanno addirittura due processi diversi di coazione morale, l'uno dei quali agisce sulla classe proprietaria, l'altro sulla classe lavoratrice. Spesse volte infatti la classe ricca soggiace ad una coazione morale più elevata, mentre la classe povera è disciplinata da una coazione morale inferiore. Cosi, già potemmo notarlo, nel mondo latino la coazione morale dei patrizi è fornita dalla reli-gione, che però negli ultimi tempi vacilla, mentre quella degli schiavi lo è sopratutto dal terrore. Non altrimenti nella Francia, nel secolo X V I I I , la classe ricca, essenzialmente atea, si governa esclusivamente secondo i dettati dell'opinione pubblica, mentre la classe povera è più che mai avvinta fra i ceppi del credo (2). Gli stessi campioni del materialismo filosofico, lungi dal pensare a redimerla, si adoprano a ricalcarle il giogo sul collo ; e perfino Voltaire dice candidamente : È d'uopo sradicare il cattolicismo dai