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La morale nella associazione di lavoro spontanea

A chi si ponga innanzi la forma economica a reddito indistinto, fondata sulla associazione libera di lavoro,"si affaccia anzitutto il quesito: quale sia in questa forma sociale la norma suprema delle azioni umane ed in qual modo possa assicurarsene l'adempimento ; in altre parole: a che si riduca, in queste condizioni, la morale, quale ne sia la sanzione. Ma nella natura stessa di quell'assetto economico è implicita la risposta. — La morale, nella società-limite. è l'insieme degli atti e delle astensioni, che assicurano la compagine ed il benessere sociali; ed a provocare quelle azioni od astensioni non è d'uopo di sanzione alcuna, poiché lo stesso egoismo individuale sollecita l'uomo a spontaneamente compirle. In queste condizioni, infatti, ogni azione, che comprometta la coesione sociale ed il benessere collettivo, ogni usurpazione di un uomo a danno di un altr'uomo, si ritorce nell'immediato svantaggio del-l'agente medesimo e si appalesa quindi senz'altro come contraddit-toria al suo ben inteso egoismo. Già la esistenza stessa della asso-ciazione libera di lavoro implica che la società sia pervenuta a quella fase del suo sviluppo, in cui la soppressione della terra libera non è più feconda al capitalista di alcun permanente vantaggio, poiché i limiti stessi, ond'essa inceppa la produzione, la rendono incapace a produrre un reddito al capitale. Ora, in tali condizioni, un uomo non sarà mai indotto a sopprimere la terra libera per fondare l'economia capitalista, appunto perchè da questa

soppres-sione esso non ritrarrebbe alcun duraturo vantaggio; e perciò l'usur-pazione economica fondamentale è, in tali condizioni, assolutamente inammissibile. Ma anche se non è preventivamente eliminata dal tornaconto dell'agente, l'usurpazione compiuta da un produttore sull'altro provoca, in tali condizioni, una immediata reazione, che la rende dannosa allo stesso usurpatore. Anzitutto è per se evidente che, in una società di uomini liberi ed eguali, l'azione usurpatrice è irrazionale ed antiegoistica, poiché provoca una eguale reazione, che la rende dannosa all'agente; ma questo danno è anche più esplicito e grave in seno ad una economia spontaneamente asso-ciativa. Cosi il produttore di capitale, che cerchi di recidere il com-penso del produttore di capitale, o del lavoratore semplice ai quali è associato, non fa che provocare quest'ultimi a spezzare l'asso-ciazione, ossia rieses soltanto a privare il proprio lavoro della po-tenziazione e dell'efficacia che l'associazione gli accordava; ed altrettanto dee dirsi del lavoratore semplice, che tenti ridurre inde-bitamente il compenso del produttore di capitale. Del pari ogni arbitrio, che una classe di produttori si permetta allo scopo di defraudare l'altra della sua influenza sulla pubblica cosa, non ha, in tali condizioni, altro risultato che di provocare quella ad infran-gere l'associazione di lavoro e nuoce perciò a quei medesimi che se ne rendono autori. Quindi la norma di giustizia è, in questa forma sociale, spontaneamente attuata, perchè imposta dall'egoismo indi-viduale illuminato di tutti i consociati. Ma oltre a questa parte ne-gativa della morale, che si riassume nel neminem laede, l'egoismo individuale impone ancora la parte attiva e più nobile della morale, che si esplica nella benevolenza e si riassume nel precetto: imo alios

quantum potes jura. E questa, e di ciò ognun s'avvede, nulla più che

una conseguenza naturale del carattere spontaneamente associativo della economia limite, il quale fa che il beneficio largito ad un consociato ridondi a vantaggio dello stesso benefattore. Gli è così che il produttore di capitale, beneficando il lavoratore semplice, accresce la sua attività produttiva, quindi il prodotto e con esso la porzione stessa che a lui benefattore compete; ed altrettanto va detto dei benefici che largisce un produttore di capitale a quelli che si trovano con esso in associazione propria, o di quelli resi da un lavoratore semplice al produttore di capitale, od agli altri lavoratori semplici, con cui si trova associato. Infine in una eco-nomia, nella quale il valore è esclusivamente misurato dal costo

C * r . 1 • L A M O R A L E N E L L A A S S O C I A Z I O N E 1)1 L A V O R O S P O N T A N E A 2.'i

ed ogni monopolio è impossibile, il benefìcio, che un produttore

largisce ad un altro, ridonda a vantaggio del primo, il quale, in quanto consumatore, si gioverà delle migliorate condizioni, a cui si produce la merce da lui ricercata. Pertanto, e per qualunque modo si guardino le cose, sempre appare clic nella società limite trova applicazione perfetta il bel proverbio orientale: Ninno può

essere felice, finché vi ha un solo infelice; e cho in una società

cosiffatta l'egoismo individuale basta da solo a determinare un

sistema di azioni morali, le quali assicurano il benessere collettivo

e rispondono al più elevato ideale di virtù che sia lecito immaginare. Né questa costituzione morale della società limite sarebbe punto

turbata dal fatto, che i diversi produttori fossero forniti di forza

tìsica ed intellettuale diversa. Lasciamo da parte che, cessata quella

disparità di forze che è un prodotto dell'ambiente economico, le

condizioni fisiche e morali dei vari produttori verrebbero in molta

misura a pareggiarsi. Ma lo stesso carattere associativo della eco-nomia-limite renderebbe assolutamente irrazionale qualsiasi conato

de' forti di giovarsi della loro superiorità a danno degli altri

pro-duttori, poiché ogni loro tentativo di simil fatta indurrebbe i più

deboli produttori ad uscire dall'associazione, e con ciò scemerebbe la produttività del lavoro stesso dei più forti, e ne reciderebbe il compenso. Perciò i meglio dotati si gioveranno bensì della loro superiorità per produrre di più, ed ottenere quindi un compenso più elevato, ma non concepiranno neppure la possibilità di preten-dere, oltre questo vantaggio innocente e legittimo, alcun altro

pri-vilegio; e la loro superiorità, anziché sciuparsi in uno sterile o nocivo conflitto contro i produttori più deboli, sarà integralmente sfruttata ad incremento della produzione sociale. Chè anzi in questa forma economica lo stesso beninteso egoismo indurrà i forti a soc-correre i deboli, poiché il vantaggio di questi tornerà ad augumento della associazione e gioverà perciò agli stessi forti con essi asso-ciati ; onde una parte della energia dei più forti verrà spesa, non per ¡spirito disinteressato ma per la legge indefettibile del torna-conto, in prò dei più deboli produttori. Epperò siamo sempre ricon-dotti alla conclusione che, ammessa pure una disparità di forza nei vari produttori, l'egoismo illuminato assicura, nella forma econo-mica-limite, l'adempimento della più scrupolosa giustizia e della benevolenza più assoluta.

associati, l'interesso individuale trattiene per sé solo dal compi-mento delle azioni ad altri nocive e sollecita al compicompi-mento delle azioni benefiche; o a dirlo altrimenti, in tali condizioni l'utilità individuale coincide esattamente colla utilità sociale, dacché l'indi-viduo non può giovare a sé stesso se non mediante il compimento di azioni vantaggiose alla collettività. E cosi alla forma-limite del-l'economia corrisponde, o sovr'essa si erige, la forma-limite della morale, affidata alla libera esplicazione dell'egoismo intelligente dei singoli consociati (1).

Questo carattere della morale svolgentesi in seno alla forma-limite dell'economia trova parziale, ma significante riscontro nella espe-rienza delle comunità non peranco uscite dalla primitiva egua-glianza. Così oggi ancora per la morale dei selvaggi d'Australia-ogni atto utile è -giusto (2). Nella comunità russa, pur qual é, or son pochi lustri, ridotta ornai ad una larva " la limitazione dell'esplicazione dell'interesse personale per la necessità di rispet-tare l'interesse altrui, e la preoccupazione del vantaggio comune, che è un risultato della proprietà collettiva del suolo, rendon pos-sibile la formazione spontanea di un tipo psichico dotato di una impronta essenzialmente altruista „ (3). Fra gli Eschimesi, retti tuttora da istituzioni comuniste, almeno durante il periodo

inver-d ì LAVHOFF, Lettre* historiqucs, Paris, 1903, 45-6. — Si scorge inver-da ciò come, a dimostrare che nella società limite si istituirebbe spontaneamente una mo-rale d'amore, non è d'uopo supporre, col Bellam.v ed altri socialisti, che nella forma limite dell'economia ogni sentimento egoista sparirebbe e ciascuno go-drebbe _di lavorare a prò d'altrui; il che sarebbe ammissibile solo quando, cosa peggio che improbabile, la società-limite riuscisse a mutare la natura umana. No; quella dimostrazione si ottiene, senza ricorrere ad alcuna ipotesi assurda, appena si osservi che in una economia spontaneamente associativa, il rispetto del benessere altrui, anzi l'opera indirizzata a promuoverlo, è con-forme all'egoismo individuale, poiché ogni danno o vantaggio arrecato ad altri ricade fatalmente a danno o a vantaggio di colui che lo arreca. Perciò ben a ragione il LASGE (Geschichte des Materialismus. Iserlohn, 1875, II, 470-72)

av-verte che in una società di eguali una morale fondata sull'egoismo sarebbe possibile e perfetta. Hobbes e quindi affatto in errore quando crede che lo stato naturale dell'umanità sia la guerra di tutti contro tutti ; poiché, all'op-posto, in una economia di eguali, la limitazione vicendevole degli egoismi de-termina necessariamente la pace universale.

(2) LETOL-RNEAU, Évolution de la morale, Paris, 1887, 172. (3) WORONZOFF, I nostri scopi, Pietroburgo, 1893, 142.

CAP. I - L A MORALE N E L L A ASSOCIAZIONE III LAVORO S P O N T A N E A 2 7 n a i e , il s e n t i m e n t o d e l l a f r a t e r n i t à è cos'i o n n i p o t e n t e , clic se un u o m o lia s t r u m e n t i da c a c c i a , o d a l t r i b e n i , in piii d e l n e c e s s a r i o , ne f a d o n o a i suoi c o m p a g n i m o n o p r o v v e d u t i . N é a v v e n i v a a l t r i -m e n t i n e l l e c o m u n i t à p r i m i t i v e , q u a l i la marca e d il clan, o v e la r e c i p r o c i t à dei s e r v i g i , la m u t u a a s s i s t e n z a , e t u t t e i n s o m m a le e s p l i -c a z i o n i m u l t i f o r m i d e l l a m o r a l e pi it e l e v a t a o più p u r a si c o n s e g u i -v a n o s e n z a q u a s i a l c u n i n t e r v e n t o di c o a z i o n i , m e r c è la l i b e r a a d e -s i o n e d e i c o n -s o c i a t i ( 1 ) . C h e s e il c a r a t t e r e s p o n t a n e o d e l l a m o r a l e n o n si m a n i f e s t a c o n p e r f e t t a n i t i d e z z a n e l l e c o m u n i t à p r i m o , s e v i si t r o v a di q u a n d o in q u a n d o c o m m i s t o un e l e m e n t o i m p e r a t o r i o e c o a t t i v o , c i ò d e v e s i al f a t t o c h e q u e l l o c o m u n i t à , l u n g i d a l l ' e s s e r e , c o m e l ' a s s o c i a z i o n e l i b e r a , i s t i t u i t e d a l l ' e g o i s m o s p o n t a n e o dei c o n -s o c i a t i , -s o n o o r g a n i z z a t e d a una c o a z i o n e s u p e r i o r e , la q u a l e c o a g u l a a f o r z a g l i e l e m e n t i u m a n i t e n d e n t i a l l a d i s p e r s i o n e . I m p e r o c c h é da q u e s t a c o a z i o n e e c o n o m i c a f o n d a m e n t a l e p r o v i e n e p e r n e c e s s i t à i n e l u t t a b i l e una c o a z i o n e m o r a l e c o r f i s p o n d e n t e . di cui v e r r a n n o c h i a r i t e b e n t o s t o le c o m p l i c a t e m a n i f e s t a z i o n i .

(1) Vedi, p. es., MAIRKK, Gcschichte der Dorfcerfassung, Erlangcn, 1862. ], 32^-340; KHOPOTKISK, Mutuai aid timoni/ the sarages, NELLA NMieterNTH Centnrv, aprile 1891: I o . Among the barbarians, Ibid., gennaio 1892; SPENCER. Principe*

de Sociologi,, III, 318; e per le colonie americane la nostra Analiai, II, 29 e

passim. — È noto che gli scrittori spagnuoli del secolo X V I I ammiravano la morale superiore delle tribù peruviane, le quali, mentre pur vivevano fra lotte incessanti, rispettavano i lavori d'irrigazione e consideravano atto delittuoso il togliere l'acqua ad un villaggio nemico; e tutte le narrazioni più autorevoli ci attenuano che i popoli primitivi non conoscono la menzogna. — Di fronte a questi fatti ed ai moltissimi somiglianti che si potrebbero addurre, appare stmno l'asserto del Pantaleoni. che la buona fede delle parti contraenti, ca-ratteristica al baratto silenzioso, rende esitanti a ravvisare in esso la forma primordiale dello scambio (L'origine del baratto, * Giornale degli Economisti ,, 1899, I, 537). Ma, al contrario, tale carattere è in perfetta armonia coll'indole essenzialmente pura ed altruista della morale primordiale, preesistente alla proprietà privata. E l'A. stesso, del resto, è costretto a riconoscere codesto carattere della morale primitiva, dacché insiste sulla prevalenza, nelle società selvaggie, dei contratti gratuiti, e sulla mutualità che vi impera {Ibid., 1899, li. 125). Né vale il dire che in quelle la mutualità praticavasi sol perchè riu-sciva ai singoli vantaggiosa. Ninno dubita infatti che l'egoismo individuale fosse in questa fase sociale l'esclusivo movente delle azioni umane: ma fin che e appunto notevole è che l'esplicazione più libera dell'egoismo individuale riuscisse, in questa forma eoonomica, ad assicurare perfettamente la coesione ed il benessere collettivi.

C A P I T O L O II.