Ora, se la morale è il prodotto necessario della costituzione economica, la dissoluzione di una forma economica deve di ne-cessità decomporre la forma morale ad essa corrispondente. Il fermento, grazie al qualo codesta dissoluzione si compie, non è che il prodotto della stessa decomposizione economica, la quale sopprime il presidio che i lavoratori improduttivi accordano, o vendono, al capitale e ne provoca l'alleanza coi lavoratori pro-duttivi. Infatti noi già vedemmo che la coazione morale, mercè cui vien pervertito l'egoismo delle classi oppresse, richiede il con-corso dei lavoratori improduttivi, i quali hanno appunto la missione di conciliare le classi gementi colla forma capitalista che le sog-gioga. Ebbene, a paro col decomporsi di una determinata forma di economia capitalista, scema progressivamente il reddito della proprietà, quindi la partecipazione dei lavoratori improduttivi al reddito stesso ; e con ciò si dissolve la loro alleanza col capitale e la loro opera di coazione dei lavoratori produttivi. Quella benda, che era scesa sugli occhi della classe derelitta, cade allora d'un tratto ; il sistema, lìn allora vigente, di perversione dell'egoismo umano di repente si adima ; allora finalmente il lavoratore com-prende quale sia la norma di condotta, che è dettata dal suo egoismo reale e s'avvede che soltanto la distruzione dell'ordine sociale esistente può ristabilire le sue sorti, assicurare la sua li-bertà. — Se non che questa limpida percezione delle cose sociali da parte della gente lavoratrice, questa evidenza cristallina dei
rapporti fra l'uomo ed il sistema economico, non dura più elio
luev'ora : poiché non appena l'evoluzione fatale dello cose,
esa-cerbata dall'azione ribelle dei lavoratori, ha tratto alla tomba la
forma presente di soppressione (lolla terra libera, sorge dallo mino
di quella una forma novella e più mito ili soppressione, o con ossa rinnovasi fra i lavoratori improduttivi ed il capitale l'antica
al-leanza, la quale instaura un nuovo e più accorto processo di
per-vertimento dell'egoismo dei lavoratori produttivi.
Le grandi crisi elio la morale ha attraversato, nei periodi storici
di decomposizione e ricomposizione sociale, presentano una
illu-strazione sorprendente di così interessante processo. Così allorché,
sullo scorcio della economia romana, la produzione n schiavi sempre più insufficiente rattrappisce il reddito capitalista, i clienti, già alleati della gente proprietaria per aver parte ai suoi profitti, le
negano il loro presidio, ornai troppo miseramente retribuito e si trasferiscono con arme e bagaglio nelle file dei lavoratori. Allora, quei medesimi che avevano nascosto meditatamente agli schiavi la condotta più conforme al loro interesso reale, li
addot-trinano su questa condotta, li inducono a seguirla, li provocano alla violenta riscossa. Sotto l'influsso di tale alleanza fra i lavo-ratori improduttivi e gli schiavi ribolli, la morale di soggezione si cangia di repente in una murale di rivendicazione. E questa trova l'adeguato suo dogma nel verbo socialista di Gesù, al quale si ascrivono con fervore i clienti o gli schiavi, mentre i patrizi, i cittadini istrutti e generalmente i ricchi proprietari rimangono ligi alla vecchia fede pagana (1). Ma non appena la rivolta degli schiavi ha precipitata la dissoluzione dell'economia romana, un'altra forma di proprietà capitalista si svolge e con essa una nuova
al-leanza fra il capitale ed i lavoratori improduttivi, i quali vengono
(1) Vedi su ciò LASAULX, Untergang den Helle ni nana, München, 1854, 147; GIBHOV. Histoire de li decadente, ree. de l'empire romain, IV, 137, 266-9, ecc.; KKSAN, Marc-Aurèle, Paris. 1882. — Contra: I , m i A , Influenza del cristianesimo sulla economia, Palermo, 1899. 68-9, il quale tuttavia riconosce che il cristia-nesimo si diffuse anche fra gli schiavi (pag. 43, 58, 83, ecc ). Ma i fatti piò eloquenti dimostrami che la nuova religione trova sopratatto fra gli umili, i debitori ed i servi i suoi primi e più fervidi adepti. San Paolo BÌ rivolge agli schiavi (Epist. ai Rom., cap. VI; ai Galati, IV-V). La nuova legge sembra rinnovellare il comunismo dei Gracchi (Atti degli Apostoli, cap. IV, 32; MATTEO, cap. XX, '25 seg.; XXIII, 11 seg), e perciò fe gradita ai diseredati
ora novellamente sfruttati come strumenti di coazione della classe asservita. Ciò che i clienti romani facevano col terrore, operano i preti medievali coll'arme religiosa, mercè la quale giungono a pervertire l'egoismo dei lavoratori e a distoglierlo dalla insurre-zione. - - Ed è stupendo il vedere come questa perversione si deduca mediante un semplice artificio dialettico da quella stessa inorale, che aveva ispirate le rivendicazioni degli schiavi ribelli. Se infatti il più grande fra i riformatori insegnava la base furtiva della proprietà e l'usurpazione congenita della ricchezza, che egli perciò escludeva dalla felicità futura (1), i suoi discepoli si affret-tarono a trarre da questa stessa dottrina una illazione quietista ; poiché appunto la esclusione fatale dei ricchi dal regno dei cieli, od il necessario trionfo dei poveri nella vita avvenire, formava un eccellente argomento a riconciliare i gementi col sistema sociale che li opprimeva. Perciò quella stessa morale, che aveva per un istante illuminato l'egoismo dei lavoratori, diveniva, sotto le de-moniache influenze della proprietà," un mezzo efficace a perver-tirlo, a distoglierlo dal vero suo obbietta. E come la Bibbia, mal-grado il suo spirito repubblicano, venne tanto sfruttata a difesa dei re, così il Vangelo, malgrado il suo spirito comunista, divenne un poderoso strumento di giustificazione delle classi doviziose, grazie agli sforzi dei mitrati sofisti, i quali seppero fare del piii grande libro del socialismo la più piccola difesa della proprietà.
Senza dubbio questa antitesi organica fra il carattere originario, essenzialmente sovversivo, della morale cristiana ed il carattere quietista, derivato dal primo con malizioso artificio, non potè a meno di generare nel corso della evoluzione religiosa dei perni-ciosi squilibri e delle stridenti contraddizioni, spesso adducenti ad incresciosi conflitti (2). Ma a noi queste contese e queste antinomie
(COHEN, Les déicides, Paris, 1864, 64). " Fex urbis, lex orbis .. 8. Girolamo. — Del rimanente, come già notava Renan, se il cristianesimo fosse stato una setta puramente ascetica, non avrebbe mai destata tanta avversione da parte dei Romani, cosi tolleranti in fatto di religione. Se esso fu tanto perse-guitato, gli è appunto perchè provocava gli schiavi alla riscossa (1. c., 568).
(1) Il carattere del cristianesimo primitivo, essenzialmente critico e socialista, è assai bene rilevato dal NITTI nel Socialismo cattolico (2» ediz., Torino, 1891). (2) Così, per es., nel 1322 un predicatore di Provenza, troppo memore del cri-stianesimo primitivo, affermava che Cristo nulla possedeva, e che nulla quindi la Chiesa potea possedere. — I/audace asserzione, che minacciava l'integrità
C A P . IV - U t C R I S I D E L L A M O R A L E 8 ! >
importano ben poco; ciò cho a noi premo, è di rilevare l'inte-ressante dualismo, che si ravvisa in ogni periodo di crisi morale; il quale, nella prima sua fase, indirizza In condotta dei lavoratori in un senso conforme al loro egoismo, per ritornare poi nella seconda al pervertimento sistematico di quello. Nò trattasi di un fenomeno Speciale alla grande fase storica, da noi or ricordata ; poiché anche al dissolversi della economia feudale, si svolge dap-prima una morale rivoluzionaria (predicata dai lavoratori impro-duttivi, defezionanti dalla nobiltà por allearsi al popolo), cho illumina i servi sul loro vero egoismo e li organizza contro la proprietà ad una riscossa titanica; ma bentosto riappare la morale capitalista, sotto l'antica forma di pervertimento sistematico del-l'egoismo delle masse soffrenti e questo trattiene ancora nell'orbita del dovere, se non coll'opera dei preti, con quella dei pubblicisti e dei professori, degli avvocati e dei magistrati. Cosi, sempre con identico ritmo, la rivoluzione morale presenta due fasi, le quali corrispondono al doppio processo di decomposizione e ricomposi-zione sociale; la prima, essenzialmente sovversiva, illumina gli oppressi sul loro vero tornaconto e li sollecita alla disaggregazione dell'edificio minante : la seconda, essenzialmente conservatrice, funziona a saldar le catene alle vittime nuove della forma sociale sorgente.
Ma una influenza perfettamente opposta è compiuta dalla de-composizione e ride-composizione economica sulla morale della classe proprietaria. Infatti, nel momento stesso in cui la dissoluzione dei rapporti capitalisti viene orientando l'egoismo della classe povera verso il suo obbiettivo reale, essa viene grado grado scalzando
delle rendite ecclesiastiche, destò una fiera reazione da pnrte dei prelati e dei monaci, i quali si affrettarono a ribattere quella tesi, ed a tal uopo vollero che gli artisti dipìngessero Cristo appeso per una mano alla croce e col l'ai Ira in alto di riporre qualche moneta in una bisaccia: ed il Pontefice Giovanni XXII non esitò a condannare l'opinione avversa alla proprietà dì Cristo, che avrebbe fatto considerare come eretica la Chiesa, dì beni terrestri tanto neramente fornita. — I frati minori però persistettero n difendere quell'asserzione, e n'eb-bero in pena dal Papa il divieto di più mai possedere (VILLAS., Croniche, Fi-renze, 1823, IV, 148). — Ancor pochi anni sono il vescovo di Peterborough affermava con invidiabile franchezza che la società (capitalista!) non potrebbe vivere un giorno, se ponesse in pratica i precetti di Cristo (LLOTD, 1. c.. 504).
l'egoismo della classe proprietaria, poiché gli sottrae l'intento e il substrato. Ed invero il carattere dei periodi di decomposizione economica è l'impotenza dell'egoismo capitalista, il quale, mentre intende all'arricchimento, riesce, per la forza stessa dei rapporti economici, all'opposto risultato. A ciò si aggiunge che lo sgreto-larsi della morale apologetica e la aperta rivelazione della iniquità sociale, che è frutto della defezione dei lavoratori improduttivi, insinua nella stessa classe proprietaria la coscienza della propria usurpazione ; onde il disagio economico di quella classe si aggrava di un disagio morale, assai sensibile e doloroso (1). Ora la impo-tenza fatale dell'egoismo capitalista, che a questo punto ritorcesi contro i suoi stessi disegni, e la coscienza della iniquità e del sopruso impliciti nell'assetto della proprietà, che filtra infine nelle stesse classi privilegiate, genera in queste un sentimento invinci-bile di prostrazione ÌÌ di sconforto ; e da ciò quella indifferenza morale, quell'algido disdegno del piacere e del dolore, che con-trassegnano appunto i più memorandi periodi di decomposizione sociale. Gli è così che, durante la grande crisi della economia ro-mana, vediamo sorgere e signoreggiare la morale stoica di rasse-gnazione e di suicidio, la quale è appunto riflesso ed idealizzazione suprema di un egoismo, che non raggiunge più i propri scopi (2); mentre più tardi le disquisizioni nebulose dei filosofi teologizzanti (es. il dialogo fra Zacheo ed Apollonio scritto dal monaco Evagro) riflettono il marasmo intellettuale, che sussegue allo sfascio della società. E la stessa conversione del mondo latino alla nuova re-ligione di Cristo è per gran parte il prodotto dello sconforto, che assale, sullo scorcio dell'età antica, l'intera umanità, di fronte ad una vita pubblica e privata ornai moralmente deserta. Imperocché si comprende che, in tali condizioni, una religione promettente la
(1) " Giunge un momento in cui la coscienza di una verità più elevata, dopo essersi rivelata ad alcune persone, si impone gradatamente ad un così gran nu-mero d'uomini, che l'antica opinione pubblica comincia a vacillare per far posto alla nuova, già pronta a stabilirsi. Allora si ha uno stato di disagio, poiché gli uomini delle classi dirigenti non trovano più in sé stessi la spiegazione razionale dei loro privilegi , (TOLSTOJ, 11 regno di Dio è in voi, 342).
(2) LECKT (1. c., I, 239, 338) avverte assai bene come la transizione dal ma-terialismo romano allo stoicismo ed all'ascetismo cristiano fosse un prodotto della trasformazione sociale. — Vedi anche LAUDE, 1. e., 1, 147.
1» 1
redenzione nella vita futura dovesse trovare in breve numerosi seguaci e sottrarne «Ile religioni classiche, lo cui promesse di fe-licità terrena venivano cos'i spietatamente smentite dalla vita reale (1). Perfino l'idea cristiana del rinunclninento, od il suo re-pentino diffondersi successivamente allo sfascio dell'impero romano, si chiarisco di leggieri quale prodotto dell'enorme distruzione di capitale avvenuta iu questo periodo e dell'impoverimento univer-sale, che ne derivava. 11 che è tanto vero, che solo più tardi, quando un nuovo slancio si imprime alla produzione e la ricchezza generale s'accresce, allora soltanto Io tetre idee cristiane dileguano per dar posto a più sereno visioni ; e che anche dappoi, non ap-pena la sorte delle plebi s'aggrava (come avviene in Germania nel secolo X V I ) si ritorna al triste Cristianesimo dei primi tempi ed alle malinconiche idee di macerazione e di rinuncia (2).
Non altrimenti nella crisi della società feudale la morale indif-ferente risorge ed ispira le sètto dei Quaccheri e dei Puritani in Inghilterra, in Germania quelle dei Moravi e degli Ussiti, dei Mennoniti e degli Anabattisti ; le quali, se per l'impronta ultra-democratica de' loro dogmi riescon gradito alle plebi (ti), riflettono ad un tempo, pel dispregio dei godimenti materiali che le ispira, le condizioni psicologiche, in cui versa la classe proprietaria du-rante questo periodo di sfascio. E generalmente in tutti i periodi critici prevale il piii sfrenato ascetismo : il quale, so per una parte ispira le rivendicazioni delle classi soggette e ne idealizza le ri-scosse, risponde per altra parte alla disillusione dei capitalisti, impotenti a conseguire la soddisfazione normale del proprio egoismo usurpatore. — Ma questi periodi di scoramento del capitale — appena è d'uopo soggiungerlo — son nulla piii che transitori e dileguano al cessare di quella impotenza, che arenava l'egoismo
1) PACLSES, System de* Ethik, 2' ed.. Berlin, 1891, 89 90. (2) KAITSKY, Thoma* More, Stuttg., 1890, 98-9.
(3) 1 Quaccheri affermano la tesi della luce interiore, la quale, riconoscendo in ciascuno la competenza a crearsi le proprie convinzioni religiose, scalza la potenza dei preti; propagano una religione del popolo e considerano quale su-premo principio della morale la virtù disinteressata; non vogliono ricchi nè poveri, e sono contrari ai re (E.iM sorr, f f i story of United State*, Londra, II, 804). — 1 Puritani del pari proclamano la religione del popolo e pel popolo, ed aspirano ad istituire la sovranità popolare.
della classo capitalista e ne intercettava l'esplicazione ; dacché nel momento stesso, in cui l'egoismo reale del lavoratore tramonta sotto l'azione dei metodi, riuscenti a pervertirlo, l'egoismo del capitalista si risolleva ed ha piii sbrigliato elaterio. Perciò a questo punto risorge la morale dell'egoismo capitalista ; il quale tuttavia dev'essere frenato da una nuova coazione morale, acciò non tra-scenda lino a compromettere troppo gravemente la persistenza stessa della proprietà.
Parallelamente alla rivoluzione nell'assetto interiore dell'etica, od alla trasformazione economica, che la produce, non muta soltanto quella che potrebbe dirsi la mimica della morale, ossia il cerimo-niale e la moda; ma cangia radicalmente tutto il modo di concepire la vita e la condotta, o l'intera produzione scientifica, artistica e letteraria, che ne è l'emanazione. Già i filologi hanno da gran tempo ravvisato nelle trasformazioni economiche la cagione precipua delle grandi trasformazioni del linguaggio. La lingua classica dei periodi normali altro non è che la lingua parlata dalle classi dominatrici; essa sola ha una propria letteratura ; essa soltanto si elabora nelle manifestazioni pi ti squisite della scienza e dell'arte. La lingua delle classi soggette, all'opposto, è condannata ad una posizione inferiore, nè si riflette in alcuna produzione letteraria ; essa non è che un dialetto e forma una specie di subcorrente oscura e ignorata nel grande fiume del linguaggio (1). Ma nei periodi di decomposizione sociale, in cui le classi oppresse riescono a far trionfare le proprie rivendicazioni, i loro dialetti trionfano, soppiantando la lingua classica dapprima imperante, od almeno circoscrivendone l'impero e costringendola ad accogliere nel suo seno gran parte delle forme dialettali e ad accordare a queste diritto di cittadinanza (2). Onde si produce una trasformazione radicale del linguaggio, il quale si modifica sotto l'influenza dei nuovi elementi, che l'evoluzione
so-( l j P. es. a Roma cogli schiavi parlasi un gergo speciale [lingua rernacula).
— Il provenzale cessa di essere la lingua delle persone colte in Catalogna ed Aragona, appena queste province vengono annesse alla Castiglia IPBBSCOTT,
History of Ferdinand and Isabella, Paris, 1842, 211-12, ecc.).
(2) Così, p. es., la lingua tedesca incomincia ad affermarsi contro la latina, solo dopo che la borghesia germanica è sorta e si è affermata ÌKIF.FSKLBACH.
CAP. IV - LE C R I S I DELLA MURALE 9 3
eia!.- gli ha violentemente aggregati (1). Di regola poi,
all'ahhie-zione economica risponde una ahhiezione del linguaggio; cosi In
lingua francese dell'89. tanto timida e servilo, non riflette che
troppo l'abbiezione sociale e politica allora imperversante (¡2). Ma
oggi ancora, in tutti i paesi civili, il vecchio linguaggio classico
si deforma e si torce sotto la pressione della irruente gara eco-nomica; e mentre il grave idioma anglosassone subisce per opera
degli yanhv* impazienti e insaziabili violente abbreviature e con-trazioni. in Francia echeggia il lamento sulla crisi del linguaggio, deformato ormai e sempre più disabbellito dalla nomenclatura commerciale e industriale, e dalla inesorabile ressa dei lottanti per la vita.
Al pari dello strumento meccanico del pensiero, muta, al mutar dell'assetto economico, l'organizzazione tecnica della coltura ed il sistema didattico. Così nel Medio Evo le Università si fondano per
ragioni essenzialmente economiche, per arricchire Io città, col ri-chiamarvi studenti e professori, talora per riparare a perdite finan-ziarie; e a tale intento soltanto si erige l'università fiorentina dopo la peste del 1348 (3), Le università commerciali, che sorgono così numerose ai nostri tempi, non sono che il prodotto del crescente sviluppo commerciale; e la London aehool of econonues deve il suo imponente successo alla convinzione ormai universale, che le diffi-coltà politiche e sociali del nostro tempo si debbono sopratutto a cagioni economiche. Infine è troppo noto che molte università ame-ricane sorgono quale parziale e grazioso riflusso delle piraterie miliardarie.
Ma le manifestazioni stesse del pensiero, o l'assieme delle idee dominanti, mutano docilmente al mutare dell'assetto economico. Osserviamo, ad esempio, le forme dell'estetica, pure in apparenza completamente disgiunte dalle condizioni materiali della società. — Nell'antichità, in cui il processo dei rapporti economici riesce allo sviluppo integrale del libero, ed ove la perentoria necessità di
III Cfr. MAS MÜLLER (Lecture* nur In science du langage, 1866, I, 186) con Wurnrer, La r d u langage, 1875, 103. Si vegga anche LTELL. Ancienneté de 1 homme, Parin. 1870 (Langues et espices).
( 2 ) JAURÈS. La législ al ire, 1 1 2 8 .
contenere nell'obbedienza gli oppressi suscita e promove il culto
della forza fisica, l'arte non è che l'apoteosi della vigoria
mate-riale e della plastica bellezza. Nell'età di mezzo, all'opposto, in cui
la coesione dell'organismo sociale si raggiunge particolarmente per opera di una religione tutta contrizioni e cilicii, l'arte e la lettera-tura si ispirano sopratutto alla fede, ed al posto degli atletici eroi
pagani dipingono cloroticlie sante e lividi asceti. Cosi i rapporti
capitalisti, per sè contradditorii, persistono, attraversando le ma-nifestazioni più diverse ed elevate dello spirito umano e
plasman-dole nel modo più conformo ai proprii scopi. -— Ma in seno ad
una stessa forma capitalista l'ideale estetico è sostanzialmente diverso dall'una all'altra classe sociale. Così, p. es., per le
popola-zioni agricole la felicità si riassume in una esistenza agiata con-seguita col lavoro. Ora poiché il lavoro, quando non riesca acca-sciante, lascia sulle guancie un leggiero incarnato, l'ideale della
bellezza pel popolo è un viso roseo. Inoltre, a poter lavorare convien essere robusti, ed aver aitanti le. mani e i piedi; e perciò nelle poesie e nei racconti popolari il bell'uomo o la bella donna son sempre dotati di un fisico robusto e di mani e piedi vistosi. Invece per le classi superiori che non lavorano, e quindi per l'arte che ne riflette le inclinazioni, anche l'ideale della bellezza è diverso: è una mano piccina od un piedino minuscolo, una carnagione deli-cata od un pallido viso (1). Il che trova la sua ragione anche in questo, che le persone, le quali non han d'uopo di lavorare, son
più soventi in preda a passioni e ad emozioni, le quali ne scotono il fisico; onde un fisico un tantino sciupato divien contrassegno di
un alto lignaggio, e la ciera pallida dicesi nobile, ecc. (2). Ed ecco come in ogni caso l'estetica muti ritmicamente a paro col mutare nella condizione economica dell'individuo e della società.
Ma fra le manifestazioni estetiche nessuna riflette così
nitida-(1) Anche il costume prevalente, nella Cina e nell'Annam, fra le classi dovi-ziose. di lasciar crescere l'unghie, attorcigliandole a spirali e ricoprendole di astucci d'oro e d'avorio, o di impicciolire a forza i piedi delle donne, si