Un importante ambito in cui si riverbera l’azione del giudice per le indagini preliminari è quello che vede protagonista l’istituto della proroga dei termini di svolgimento delle indagini.
La durata della fase investigativa è segnata da sbarramenti temporali ben precisi. L’art. 405 c.p.p. prevede il termine di sei mesi, decorrenti dalla iscrizione della notizia nel registro delle notizie di reato, prolungato ad un anno se si procede per taluno dei delitti indicati nell’art 407, comma 2, lett. a c.p.p., entro il quale la pubblica accusa dovrà formare l’imputazione, richiedere l’archiviazione o avanzare una richiesta di proroga.
Nel caso in cui il pubblico ministero voglia proseguire le indagini oltre questa prima soglia temporale, ha l’obbligo di rivolgersi al giudice per le indagini preliminari per richiedere l’autorizzazione241, pena l’inutilizzabilità degli atti compiuti dopo la scadenza del termine suddetto.
Un altro limite è fissato all’interno dell’art. 407 c.p.p. che delinea la disciplina dei termini di durata massima delle indagini preliminari, comprensive di proroghe, prescrivendo che le stesse non superino, nel massimo, i diciotto mesi o i due anni per indagini riguardanti particolari fattispecie espressamente indicate all’interno dell’articolo stesso. La
241Analoga istanza deve essere effettuata nel caso in cui il pubblico ministero stia svolgendo un’indagine contro ignoti: scaduto il termine di sei mesi dalla iscrizione della notizia di reato nel registro apposito, egli dovrà o chiedere la proroga delle indagini o l’archiviazione.
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possibilità di usufruire delle proroghe è, quindi, prevista entro tali limiti massimi.
Nella concessione di una prima proroga delle indagini, il giudice per le indagini preliminari dovrà verificare l’esistenza di una giusta causa che legittimi tale provvedimento, per le successive, eventuali, richieste di proroga i requisiti da valutare saranno diversi e più rigorosi, riconducibili esclusivamente a situazioni di particolare complessità delle indagini, oggettiva impossibilità di concluderle entro il termine già oggetto di proroga, la cui configurabilità in concreto è rimessa all’esclusivo apprezzamento del giudice.
La decisione sulla concessione del provvedimento di proroga viene emessa dal giudice per le indagini preliminari con ordinanza, inaudita altera parte, quando egli condivida in toto le argomentazioni addotte dal pubblico ministero. Al contrario, ove ritenga di dover acquisire ulteriori elementi per decidere, si avrà l’instaurazione di un contraddittorio che, secondo le forme del rito camerale, vedrà la partecipazione dei soggetti principali del procedimento. Al termine di tale udienza il giudice per le indagini preliminari autorizzerà con ordinanza la proroga o, in caso contrario, respingerà la richiesta fissando un termine di dieci giorni entro cui il pubblico ministero dovrà formulare le sue conclusioni definitive. Al giudice spetta, quindi di valutare la rilevanza delle esigenze investigative del
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pubblico ministero, affinché siano tali da concedere una dilazione del tempo di investigazione.
È importante analizzare anche in questa fase quale sarà la sfera di cognizione del giudice per le indagini preliminari, ovvero quale materiale sarà allegato dal pubblico ministero alla richiesta di proroga delle indagini. L’ampiezza del sindacato del giudice, infatti, dipenderà dagli atti che saranno portati a sua conoscenza.
Secondo la Corte costituzionale242 il pubblico ministero, in sede di richiesta di proroga, dovrà limitarsi ad indicare la notizia di reato, senza riferimenti allo stato delle iscrizioni. Nel rispetto delle esigenze di segretezza delle indagini è necessario che l’indagato venga a conoscenza solo degli elementi essenziali del fatto prescritti per l’informazione di garanzia, ovvero la norma di legge che si assume violata, la data e il luogo dei fatti. Da ciò si desume che il giudice possa venire a conoscenza solo del titolo di reato, del luogo e del tempo in cui è stato commesso e non anche del fatto concreto su cui si sta indagando. Gli sarebbe preclusa ogni forma di sindacato sulla iscrizione, potendo solo valutare i motivi che sono alla base dell’istanza in relazione alla giusta causa della proroga: difficoltà oggettiva o particolare complessità delle indagini.
242Corte Cost. 20 maggio 1999, n.182, in Cass. pen., 1992, p. 2896, secondo cui non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art.406, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui prevede che la richiesta del pubblico ministero contenga solo l’indicazione della notizia di reato e non anche le comunicazioni sulle iscrizioni di cui all’art. 335 c.p.p.
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Il giudice, conoscendo solo gli articoli di legge che si assumono violati, potrebbe controllare al più se formalmente la tipologia di reato rientri tra le fattispecie per cui è previsto il termine ordinario delle indagini e delle proroghe o se rientri tra le fattispecie a cui si applica il sistema speciale di cui agli artt. 406, commi 2 ter, 5 bis e 407 comma 2, lett. a c.p.p. Da ciò si deduce facilmente di quanto potere discrezionale goda il pubblico ministero in questa fase, non lasciando al giudice la possibilità di effettuare alcuna valutazione di merito.
Tale interpretazione risulta essere incoerente con il dato normativo che riconosce, invece, al giudice per le indagini preliminari la possibilità di essere interpellato in qualsiasi momento e di sindacare la correttezza del
nomen iuris, del fatto, delle iscrizioni, delle proroghe, degli aggiornamenti e
delle nuove iscrizioni.
Le sezioni unite Lattanzi243 di recente hanno affermato che l’unico tassello normativo per il tramite del quale è possibile configurare un potere di apprezzamento da parte del giudice circa la tempestività delle iscrizioni, è offerto, a ben guardare, soltanto dalla disciplina che regola il regime delle proroghe del termine per le indagini preliminari, non apparendo estranea a quel sistema l’idea di un giudice che, in presenza di iscrizioni tardive, calibri la concessione o il diniego della proroga in funzione, anche della durata delle indagini eventualmente espletate prima della tardiva iscrizione.
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Inoltre il dato normativo dell’art. 406 c.p.p. prescrive che il pubblico ministero debba indicare la notizia di reato che altro non è che quella che risulta iscritta nei registri ai sensi dell’art. 335 c.p.p., ovvero la descrizione di un fatto concreto con indicazione della norma penale a cui si riconduce. Le indicazioni sulle iscrizioni, sugli aggiornamenti, sulle nuove iscrizioni sono dati che il pubblico ministero deve necessariamente porre alla base della richiesta e non sono da interpretare come dati eventuali, da addurre solo per avvalorare la sua richiesta.
Il giudice in questa sede potrà verificare quale sia la procedura delle proroghe da applicare; avendo conoscenza della fattispecie concreta, potrà modificare la qualificazione giuridica se ritiene che quella fornita dal pubblico ministero sia scorretta o non coerente con i fatti concreti selezionati; potrà anticipare o posticipare la data di scadenza delle indagini, avendo conoscenza delle date di iscrizione di aggiornamento e di nuove iscrizioni; in virtù della eventuale conoscenza degli atti investigativi, potrà rideterminare la data di inizio e di scadenza delle indagini, modificare il fatto e di conseguenza la qualificazione giuridica, trasmettere nuove notizie di reato al pubblico ministero, se ricorrono le condizioni per le nuove iscrizioni.244
244Diversa è l’ipotesi analizzata da Cass., sez. II, 8 febbraio 1996, Alegi, in C.E.D Cass., n.204261, secondo cui deve considerarsi abnorme il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari, richiesto per la proroga del termine per il compimento delle indagini nei confronti di alcuni indagati, restituisce gli atti al pubblico ministero, astenendosi dal provvedere sull’istanza ed ordinando la retrodatazione della iscrizione nel registro ex art. 335 c.p.p. di altro soggetto, a proposito del quale il titolare dell’azione penale non aveva sollecitato alcuna decisione. Tale provvedimento si pone in contrasto con il principio generale espresso dall’art. 328 c.p.p., in forza
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Lo scontro tra fautori dei termini investigativi e i detrattori si è riversato sul regime delle proroghe, con una discussione incentrata sul modo di intendere il principio di obbligatorietà e il diritto dell’indagato all’azione celere. I fautori dei termini investigativi245 sostengono che il meccanismo delle proroghe sarebbe finalizzato a conciliare due esigenze contrapposte: porre un limite temporale alle indagini, assicurando la completezza tali da rendere effettivo il principio di obbligatorietà dell’azione penale. Il legislatore avrebbe introdotto una presunzione di congruità dei termini iniziali delle indagini (sei o dodici mesi) che può esser vinta solo dimostrando la concreta insufficienza degli stessi246. Si tratterebbe, quindi, di una eccezionale dilazione di questi, contenuta entro un limite massimo inderogabile (ex art. 407 c.p.p.) , concesso solo al verificarsi di precisi requisiti a garanzia dell’obbligatorietà dell’azione penale. L’intervento del giudice si qualificherebbe come un controllo: da soggetto imparziale egli valuterebbe se ricorrano le circostanze cui il legislatore subordina la prosecuzione delle indagini oltre il loro limite naturale. Controllerebbe
del quale il giudice per le indagini preliminari sia tenuto a provvedere sulle richieste delle parti, non essendogli consentito né di omettere di decidere sulla domanda ritualmente rivoltagli, né, al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, di provvedere d’ufficio su una materia non devolutagli dalle parti; e nessuna norma, oltre all’ipotesi di cui all’art. 415, secondo comma, c.p.p. (relativa all’ordine di iscrivere a carico di una persona identificata un reato già attribuito ad ignoti dal pubblico ministero), abilita il giudice per le indagini preliminari ad ordinare iscrizioni o annotazioni di sorta, nemmeno sotto la forma della retrodatazione , nel registro delle notizie di reato la cui tenuta formale dipende esclusivamente dalle determinazioni del procuratore della Repubblica presso il cui ufficio il registro è custodito.
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G.CONTI, La chiusura delle indagini preliminari, in Cass pen. 1989, p.930; G.UBERTIS, No a
termini astratti, ma garanzia del contraddittorio, in Quest. giust. 1992, p.482.
246M.FERRAIOLI, Il ruolo di garante del giudice, op. cit. p. 112; C.VALENTINI, Le forme di
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l’attuazione del principio di obbligatorietà e garantirebbe alla persona sottoposta alle indagini preliminari il diritto alla celerità del procedimento. Secondo altri il ruolo del giudice per le indagini preliminari sarebbe ricollegabile, invece, alla sola necessità di evitare che il pubblico ministero con la sua libera investigazione trasformi il nostro sistema da obbligatorio a discrezionale nell’esercizio dell’azione penale.247 Secondo questa impostazione il giudice interverrebbe solo per verificare che ricorrano le condizioni legali per autorizzare la dilazione dei termini, sarebbe chiamato a risolvere il conflitto tra dovere-diritto del pubblico ministero di indagare e l’interesse generale a che le indagini siano finalizzate esclusivamente all’esercizio dell’azione penale. Il giudice sarebbe chiamato a valutare la consistenza di tale addebito provvisorio, e dovrebbe negare la proroga quando esso non si presenti fondato, essendo illegittimo il proseguimento di indagini quando il quadro provvisorio si presenti ancora incerto all’avvicinarsi dei termini fisiologici dell’indagine. Il pubblico ministero, non vedendosi concessa la proroga dovrebbe rivalutare con atteggiamento critico tutta la sua ipotesi accusatoria e indirizzarsi verso l’archiviazione, in quanto il giudice avrebbe già pronosticato l’insostenibilità dell’accusa.248 È da rilevare che anche l’obbligatorietà potrebbe vedersi mortificata dai limiti temporali massimi previsti dal codice, in quanto è possibile che le
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G. TURONE, Il pubblico ministero nel nuovo processo penale: criteri guida per la gestione
delle indagini preliminari, in Quad. C.S.M., 1989, 28, p.234.
248C. VALENTINI, Le forme di controllo dell’azione penale, op.cit., p. 246; V.PERCHINUNNO,
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esigenze investigative del caso richiedano tempi che nemmeno le proroghe sarebbero in grado di garantire. In tal caso il pubblico ministero si potrebbe ritrovare costretto a richiedere l’archiviazione non in base alle prognosi di cui all’art. 125 disp. att., ma per lo spirare del tempo.
Inoltre al meccanismo della concessione delle proroghe non può riconoscersi un carattere pienamente oggettivo, in quanto in caso di diniego della richiesta di proroga la strada obbligata risulta essere quella dell’archiviazione, a cui si giungerà non perché la notizia di reato sia risultata infondata ma perché è stato impedito di raccogliere il materiale necessario per decidere. Il giudice per le indagini preliminari, riconosciuto come un soggetto imparziale, non coinvolto nelle indagini, privo di conoscenza degli elementi del caso entra nella valutazione investigativa, sostituendosi al pubblico ministero, in un momento decisivo dell’indagine249.
Si ritiene, inoltre, che sia irrilevante il dibattito aperto in dottrina su quale sia la corretta interpretazione di “giusta causa” e su come questa vada distinta dalla “particolare complessità delle indagini” e dalla “oggettiva
249 La posizione che sostiene che l’attribuzione al giudice della concessione di proroga costituisca una ingerenza nelle competenze del pubblico ministero è sostenuta da: F. CORDERO, Art. 405 e
406 in ID, Codice di procedura penale commentato, Utet, 1992, p.480 ss; G. ICHINO, Alcuni spunti di riflessione sul tema delle indagini preliminari, in Riv. it dir. e proc. pen, 1993, p.693 ss;
A.FERRARO, Osservazioni in tema di termine di durata delle indagini preliminari, in Cass.pen.,
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impossibilità di concluderla”: sono tutti criteri che lasciano al giudice delle indagini preliminari un ampio margine di scelta250.
Le proposte avanzate da parte della dottrina per la questione attinente all’istituto della proroga e i tempi investigativi sono differenti.
Alcuni251 hanno proposto un sistema analogo a quello vigente sotto il codice Rocco coincidente con l’assenza di ogni limite categorico per l’inchiesta e la sostituzione del controllo del giudice con un obbligo di comunicazione al procuratore generale della pendenza dei procedimenti iscritti nel registro delle notizie di reato da oltre un anno. In seguito a tale comunicazione il procuratore generale potrebbe decidere di avocare il procedimento qualora la durata delle indagini non fosse giustificata da reali esigenze investigative.
Secondo altri, bisognerebbe eliminare il limite massimo, o farlo coincidere con il limite previsto dalla prescrizione del reato, ma mantenere l’istituto della proroga, consentendo al giudice di intervenire ogni sei mesi per esercitare un controllo finalizzato ad evitare situazioni di inerzia o mancata diligenza da parte del pubblico ministero e a verificare che la segretezza delle indagini e la mancata comunicazione della pendenza delle stesse trovi giustificazione oggettiva nella natura dei reati, della delicatezza delle indagini e nel pericolo della pubblicità per la raccolta di dati utili. Le
250A.BERNARDI, Art. 406, in Commento al nuovo codice di procedura penale, vol. V, coordinato da M.Chiavario, Utet, 1990, p.519; G. CONTI, A. MACCHIA, Indagini preliminari, in Enc. giur., vol. XVI, Treccani, 1998, p.17; A. HINNA DANESI, Rapporti tra pubblico ministero e giudice
delle indagini preliminari, in Quad. C.S.M., 1992, f.27, p.264.
251U. NANNUCCI, G. CHELAZZI, Una proposta di modifica ragionata del codice di procedura
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proroghe potranno essere concesse, ma in ogni caso dovrà essere inviata al soggetto sottoposto ad indagini una informazione di garanzia, così da contemperare l’esigenza del pubblico ministero di svolgere tutte le indagini del caso e della parte privata di venire a conoscenza della pendenza di un procedimento a suo carico.
Nel disegno di legge Alfano, precedentemente richiamato, invece, è disposto che il pubblico ministero nella istanza di proroga debba esporre i motivi specifici che giustificano la richiesta, previsione da leggere come una esortazione ad una maggiore serietà. Inoltre viene previsto che, nel caso in cui vi sia uno spostamento di competenza ovvero una regressione del procedimento, l’indagine incardinata nella nuova sede non possa durare, se siano già scaduti i termini, più di sei mesi252.
5.3 Il controllo del giudice per le indagini preliminari alla chiusura