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1. Premessa

5.5 La coppia affidataria

Nonostante il difficile percorso dell’affido, reso ancora più oneroso per le relazioni e le retroazioni intrafamiliari, la coppia risulta essere in grado di sostenere la situazione problematica e di sapere rispondere adeguatamente ai bisogni di crescita emotiva della bambina.

In particolare non sono state evidenziate valenze di sostituzione dei genitori naturali, anzi questi ultimi vengono personificati sia attraverso l’esposizione di loro foto in casa, sia rinforzando positivamente il ricordo di episodi con loro, sia riferendosi ai genitori naturali con i termini mamma e papà. Ciò permette alla bambina di esprimere liberamente l’affettività verso i genitori naturali.

Le continue involuzioni dei rapporti hanno determinato, tuttavia, una reazione di profonda delusione che in Gianna ha fatto riemergere il vissuto di insicurezza conseguente all’ambivalenza connessa al ruolo che svolge sia verso la bambina che verso il fratello.

Gianna appare capace di contatto affettivo e di cogliere i bisogni della piccola Giulia, sa rispettarne i legami di cui riconosce la presenza e l’importanza. Per la donna

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pare un dolore profondo l’assenza di gratitudine del fratello, che non solo azzera gli aiuti ricevuti, ma anche il suo ruolo con la figlia, che in fondo ha consentito alla piccola di rimanere in famiglia. Gli attacchi di Luca la feriscono non solo per questo aspetto, ma anche perché vanno ad attaccare la base della propria identità. Gianna non riesce a tenere una giusta distanza per quello che il fratello le fa notare e le critiche continue di Luca la feriscono provocando il suo risentimento.

5.6 La bambina

Giulia, affidata ai Servizi locali, è stata collocata come da provvedimento del TM presso la zia paterna Gianna e il compagno Pietro.

Tutti gli interventi del caso sono stati concordati e gestiti attuando un’integrazione costante continua fra tutti gli operatori coinvolti, sia per gli aspetti di tutela della minore, che per il programma terapeutico dei genitori.

La bambina ha trovato nell’ambiente degli zii paterni un riferimento accuditivo idoneo ai suoi bisogni di crescita sia emotivi che fisici. Gli zii paterni hanno un atteggiamento collaborativo e costruttivo nei confronti del progetto di intervento.

Inizialmente la situazione dell’affidamento temporaneo di Giulia non è stata accettata dai genitori ed in particolare dalla madre Marta, comportando la manifestazione di atteggiamenti conflittuali esplicitati soprattutto nei confronti degli “affidatari”. In varie occasioni Marta ha dimostrato atteggiamenti di gelosia e rivalità verso Gianna.

Dopo vari episodi, a seguito dei quali si è ritenuto opportuno effettuare un incontro fra gli “affidatari” e la madre naturale, si è rilevato che Marta ha iniziato a esprimere un atteggiamento di fiducia nei confronti di Gianna e di maggiore collaborazione con gli

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operatori coinvolti nell’intervento. Inoltre riconosce come positiva la scelta di collocare Giulia presso gli zii poiché vede una crescita serena della propria figlia all’interno di un contesto intrafamilare.

Il padre Luca dimostra di aderire alle indicazioni degli operatori senza tuttavia percepirne le motivazioni, manifestando quindi difficoltà ad elaborare sia i propri vissuti che le letture che gli operatori cercano di restituirgli.

La bambina dimostra competenze cognitive superiori all’età anagrafica, capacità di controllo attenzione e sensibilità emotiva a quanto gli accade intorno. Questo può produrre nella bambina con precocità la manifestazione di comportamenti modulati sulle esigenze degli adulti.

La relazione che si è instaurata tra la bambina e i collocatari è ricca di scambi emotivi; per esempio, nel gioco coinvolge attivamente entrambi i collocatari ed è lei che li propone, non loro.

Giulia, all’instaurarsi di climi di tensione tra gli affidatari e i genitori naturali, reagisce cessando di nominare spontaneamente i genitori naturali in alcune occasioni.

L’impegno emotivo richiesto a Giulia durante i loro incontri risulta stressante per la bambina e sembra indurla in uno stato di eccitabilità e agitazione.

Giulia appare come una bambina che ha bisogno di essere contenuto per la sua esuberanza e per il suo tentativo di porsi sempre al centro dell’attenzione, impedendo agli adulti di scambiarsi parole, iniziando a gettare oggetti; questo atteggiamento fa trasparire nella bambina la paura di “sentirsi buttata via” nel momento in cui l’attenzione degli adulti non è più concentrata su di lei.

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5.7 Conclusioni

I genitori naturali mostrano un legame di attaccamento con la bambina, anche se la loro affettività appare molto infantile, orientata in maniera egocentrica e a tratti narcisistica. Alla piccola Giulia viene spesso attribuito un ruolo riparatorio del loro rapporto, del senso della loro vita e anche quale cura per i loro aspetti depressivi. Per tali ragioni appaiono a tratti incapaci di cogliere e rispettare i reali bisogni del figlio, qualora questi cozzino con i loro o li pongano in situazioni di una certa intensità emotiva. Da parte della coppia emerge una fatica a rispettare i legami della bambina se a loro non graditi.

Non è presente alcun sentimento di gratitudine nei confronti della coppia collocataria; il legame della bambina con i collocatari, quando è riconosciuto, provoca dolore ai due genitori che lo vivono come un ostacolo allo strutturarsi del loro legame affettivo e non come una risorsa legata alle capacità affettive della bambina e al suo collocarsi in un ambito di normalità.

Non pare essere presente la consapevolezza delle difficoltà e dell’impegno che la cura di una bambina richiede e le loro difficoltà anche operative ed organizzative in tal senso, ma è presente un’immagine fortemente idealizzata della maternità e paternità.

Per tutte queste ragioni, la coppia non è in grado di prendersi cura autonomamente e per tempi troppo prolungati della loro bambina, nonostante la loro innegabile motivazione seppur densa di innumerevoli bisogni da soddisfare non del tutto consapevoli a loro stessi. È tuttavia importante continuare a coltivare il legame con gli stessi e la bambina.

È possibile notare, in questa breve ricostruzione di un caso esemplare, come sia difficile il rapporto tra genitori tossicomanici, soprattutto per quanto riguarda la madre, e

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bambino. Questa serie di vicende è scaturita anche e soprattutto dal rapporto pregresso dei genitori con i loro stessi genitori. La scelta sei Servizi di assecondare la proposta di utilizzare quale famiglia collocataria la sorella di Luca ed il compagno di lei è stata assolutamente deleteria alla luce della storia dei due fratelli e delle loro dinamiche relazionali oltre che in relazione alle caratteristiche della loro famiglia allargata. Inoltre la relazione tra Marta e Gianna è sempre stata connotata da sentimenti di rivalità per il grande attaccamento esistente tra Luca e la sorella, attaccamento che non necessariamente si esprime con sentimenti positivi.

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C

ONCLUSIONI

Il percorso d’intervento dei Servizi deve, come più volte detto, attivarsi precocemente nella presa in carico della diade madre-bambino, valutando le capacità genitoriali della donna e la situazione del minore, al fine di progettare interventi mirati e concreti. E’ necessario tenere a mente che si deve poter arrivare alla coincidenza tra l’interesse del genitore e quello del bambino stesso.

Il percorso deve favorire maggiormente il ricongiungimento del piccolo alla propria madre o ad entrambi i genitori, guardando all’interesse del minore e assicurandosi che restare con la famiglia non comporti uno sviluppo psico-fisico compromesso. Non dobbiamo però dimenticare che i tempi del genitore non sono gli stessi di quelli del bambino e che quest’ultimo, specialmente nei primi anni di vita, non può attendere né i prolungati tempi burocratici dei vari provvedimenti, né quelli di recupero della madre quando appaiono immensamente lunghi e irrecuperabili. Quindi, è anche doveroso riconoscere quei casi dove vi debba essere un’interruzione del rapporto tra i due, anche se questo può sembrare in apparenza “crudele”.

Nei casi in cui, invece, è auspicabile permettere al minore di continuare a coltivare la sua relazione con la madre, è di fondamentale importanza sostenerla, affinché questa non venga compromessa. Per far si che questo avvenga però, i Servizi devono realizzare interventi sempre più efficaci, orientati sul versante terapeutico e non solo su quello di controllo.

E’ necessario quindi che i Servizi lavorino in rete per salvaguardare il rapporto madre-bambino, facendo in modo che esso si sviluppi subito e adeguatamente, evitando dove possibile la sua rottura, anche attraverso aiuti esterni. Queste sembrano essere le linee portanti dell’attuale politica di intervento sui minori. Lavorare sulla diade, sulle

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potenzialità della donna, sul partner e sulla famiglia d’origine sono altri obiettivi importanti, se non utili risorse.

Evitare la scissione del legame tra il bimbo e la figura primaria di riferimento, utilizzando al massimo le risorse nascoste dell’adulto, aiuterà a non creare dei genitori “falliti” nel loro ruolo; oltre a mantenere, laddove possibile, il diritto del minore ad essere educato nel proprio nucleo originale.

L’osservazione e la valutazione della relazione è la condizione per fare un buon lavoro in favore del piccolo e dei suoi genitori, oltre che rappresentare lo strumento per promuovere una connessione fra tutti i Servizi sociosanitari che intervengono sul caso.

Ancora, in quei casi in cui il minore resta vicino alla madre, in seguito all’avvenuto percorso di recupero di questa, sarà di primaria importanza che i Servizi adottino interventi di follow-up sul piccolo per verificare la sua situazione fisica, psichica e relazionale, almeno fino ai due-tre anni di vita (a seconda della situazione).

La tossicodipendenza della donna e la sua maternità sono campi molto delicati d’intervento, essi richiedono ancora ulteriori e costanti approfondimenti in ambito scientifico.

I bambini di queste donne sono a rischio psicosociale e gli operatori devono prendere in considerazione quest’aspetto ancora prima della nascita di questi, in modo da poter prevenire.

Teniamo a mente che la gravidanza, la nascita dei figli e lo svezzamento possono costituire risorse terapeutiche importanti per affrontare la tossicodipendenza delle donne, dal momento che sono così indisposte a recarsi ai Servizi per il timore che gli operatori possano toglierle il figlio.

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Per questo motivo, gli operatori devono evitare l’identificazione dell’uso di sostanze con l’inadeguatezza genitoriale, poiché tale pregiudizio non favorisce l’accesso dei genitori ai Servizi.

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