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LE CORBUSIER E IL SUO RAPPORTO CON L’ARCHITETTURA DEL MEDITERRANEO

3 Architettura Mediterranea E QUESTIONE ENERGETICA

3.2 LA QUESTIONE ENERGETICA NELL’ARCHI TETTURA DEL XX SECOLO

3.2.2 LE CORBUSIER E IL SUO RAPPORTO CON L’ARCHITETTURA DEL MEDITERRANEO

All’interno nel panorama europeo Le Corbusier si pone come una fi gura cruciale, infatti in lui si rivedono concettualmente e progettualmente i primi effetti del meccanicismo edilizio specchio dell’evoluzione industriale nell’edilizia.

Nel suo “Verso un’Architettura” descrive gli effetti della rivoluzione industriale che han- no come tappa primordiale la sostituzione dei materiali naturali con i materiali artifi ciali, dei materiali eterogenei e discutibili con i materiali artifi ciali omogenei e controllati con verifi che di laboratorio e realizzati con elementi stabiliti. Il materiale artifi ciale sostituirà il materiale natu- rale, variabile all’infi nito.

Condizione che defi nisce un nuovo mercato economico, nel quale l’uso dei nuovi materiali è proporzionale alle reali necessità strutturali perché preventivamente calcolati con strumenti

esatti che ne defi niscono le caratteristiche di- mensionali. Come nel caso delle travi in acciaio e le opere in cemento armato la cui qualità si può controllare in laboratorio. Tali condizioni hanno fatto in modo che il legno e la pietra ve- nissero meno utilizzati, perché se si considera il primo caso la lavorazione di una sola trave con la presenza di imperfezioni genera un notevole scarto di materiale e nel secondo caso deve es- sere troppo il materiale impiegato per la realiz- zazione di muri eccessivamente spessi.

A questi si vanno ad unire i servizi sviluppati dai nuovi tecnici come, l’acqua e l’illuminazione che sono in rapida evoluzione, mentre il riscal- damento centrale ha preso in considerazione la struttura dei muri e delle fi nestre – superfi ci raf- freddanti – e di conseguenza la pietra utilizzata in sezioni murali da un metro è stata soppianta- ta da leggere putrelle doppie e scorie di ferro. Così queste nuove possibilità lasciano cadere dei riferimenti storici per l’architettura, infatti non vi è più bisogno di fare un tetto a falde per sgombrare l’acqua, le fi nestre non hanno più dimensioni limitate al sistema costruttivo uti- lizzato, quindi si potrà avere più luce al’interno dell’abitazione, non si adopereranno più le travi in legno massicce ed eterne perché si spezzano in presenza di un radiatore, mentre il metallo rimane saldo.

Ora bastano sottili muri per proteggere e con- trollare le differenze di temperatura e putrelle

di unici centimetri per reggere enormi pesi. L’industrializzazione ha generato un rapido evolversi delle qualità degli impianti di riscalda- mento e di illuminazione, nonché della raziona- lizzazione delle strutture, a tal punto da portare Le Cordusier a concepire la casa in serie, acces- sibile a tutti.

Non una casa che nasce per durare come espressione del culto della famiglia, della raz- za, ma un’abitazione prodotta dell’industria ed espressione delle recenti esigenze della moder- nità e del nuovo sistema di relazioni sociali. Questo è quanto afferma fi no ai primi anni 20’, ma a partire dal 1928, fi no i primi anni 60’ Le Corbusier contrappone alla dimensione esclusi- vamente meccanicistica della produzione edili- zia, l’uomo come identità reale, cioè l’uomo che vive sulla terra che ha una identità fi sica, l’uomo che è toccato dalla luce dal sole dall’aria, dalle condizioni del mondo esterno, che non hanno nulla a che vedere con la meccanizzazione. Tale confronto defi nisce un cambiamento, il momen- to di separazione tra l’ideologia modernista di quel momento e le revisioni che di seguito sono succedute.

Tale passaggio è segnato da un acceso dibatti- to che intercorre tra lui e lo svizzero Sigfried Gie- dion in cui Giedion esalta la meccanizzazione della nuova architettura, nel quale Le Corbusier polemizza contrapponendo le esigenze dell’uo- mo reale. Questo avviene durante un congresso

3-4 Unità d’abitazione a Marsiglia 1945-53. 5 Primo progetto per marsiglia 1945.

del CIAN che si svolge su di una nave verso Ate- ne, in cui si produrrà un documento denominato “Carta di Atene” all’interno della quale si deline- ano i principi di sanità, della creazione di nuovi quartieri residenziali e si richiama per la prima volta a quello che nel Mediterraneo costituisce una ricchezza fondamentale, l’uomo. E da qui si genera la teoria del Modulor, come tentativo di rappresentare la vecchia tradizione mediterra- nea, teorizzazione della scala umana.

In quanto l’architettura non è un oggetto insen- sibile, ma è un luogo le cui dimensioni i cui spa- zi, si relazionano con il corpo umano. In questo si rapporta all’architettura Greca, a quelle del- le isole Cicladi alla cultura Etrusca, delle quali esalta e indaga il momento della nascita per comprendere su quali base e principi esse si sono formate ed evolute, anche nell’ambito ar- chitettonico.

Questo è un interesse che viene da lui condivi- so con molti architetti italiani ed europei negli anni trenta, alla riscoperta dei caratteri dell’ar- chitettura anonima compresa quella dell’Italia meridionale, dell’Algeria, del nord Africa e del medio oriente.

Attraverso questa ricerca ha potuto constatare che non era generalizzabile l’uso dei grandi mu- ri-cortina di vetro, ed è corretto in queste regio- ni utilizzare muri dall’elevato spessore perché questi sono in grado di fi ltrare la quantità della luce dall’esterno all’interno, elementi che mo-

dellano le caratteristiche dell’architettura. Non introduce nella sua ricerca i problemi dell’architettura in termini di risparmio energe- tico, ma riconosce alla cultura mediterranea di essere lo specchio concreto di una cultura po- polare che è arrivata a ottimizzare le qualità ar- chitettoniche e costruttive dell’edifi cio compati- bilmente con la realtà paesaggistica e climatica dei luoghi in particolare con il sole. Qualità che si esplicano nelle semplici forme prismatiche e la scelta essenziale delle cromie in cui prevale il colore bianco. Infatti le caratteristiche morfo- logiche di questi insediamenti gli permettono di proteggersi dal sole, sia nell’illuminazione sia per il problema del calore.

Afferma che l’Architettura moderna aveva esal- tato i materiali nuovi, mentre l’architettura me- diterranea, quella “anonima”, aveva insegnato che i materiali quali pietra, ceramica, calce e legno sono alla base dell’edifi cazione e nella defi nizione dei colori che nascono dalla terra. I colori delle superfi ci si scelgono in relazione alle caratteristiche della luce locale, che rela- zionandosi alla forma dell’architettura proget- tata coerentemente, crea zone d’ombra, zone soleggiate e di penombra. Ciò che dimostra e apprezza è che è così che si produce la qualità di un’architettura più umana, che corregge il ca- rattere inumano dell’architettura moderna. Questi nuovi ideali che si fondono sugli interessi dell’architettura mediterranea si concretizzano

nell’opera dell’architetto, attraverso esperienze progettuali, che cominciano dagli anni trenta, come Unitè d’Habitation a Marsiglia, dove dedi- ca enorme attenzione al sistema di produzione della casa con idee meccanicistiche e paralle- lamente si sofferma allo studio della trama e del colore dei materiali e soprattutto al colore e alla profondità che la luce del sole è capace di dare.

Da quest’opera si evince come l’architetto ten- de a fondere i due principi della ricerca, ed è per questo che non si può parlare di architettu- ra tradizionale, perché lo sforzo sta nell’elimi- nare i canoni popolari dell’architettura storica in una traduzione alle esigenze del tempo, per la creazione di un’architettura che vuole essere innovazione. Infatti in uno scritto del 1935 Sert afferma:

“Noi quando ci avviciniamo all’architettura tra- dizionale, non lo facciamo per ritornare a un’ar- chitettura pseudofolklorica, un’architettura d’imitazione più o meno forklorica delle tradi- zioni locali: quello che vogliamo è apprendere alcuni dei suoi principi.” Josep-Lluìs Sert Un altro esempio è la cappella di Ronchamp qui i due elementi che compongono l’edifi cio dichia- rano una piena infl uenza mediterranea, innanzi tutto le murature bianche, il loro elevato spes- sore e massa tipico della trazione mediterranea e le piccole aperture. Le bucature sono un con- trollo dell’incontro del sole con le superfi ci al

fi ne di regolare l’acquisizione della luce interna. Mentre la copertura sembra l’interpretazione formale di conchiglie di mare mediterraneo. Ideologie condivise con il suo allievo Josep-Lluìs Sert il quale conosciuto ad Harvard negli Stati Uniti è riuscito a portare nella sua produzione elementi e linguaggi dell’architettura mediter- ranea spagnola così come aveva fatto in pro- getti realizzati a Barcellona e a Ibiza. Risulta interessante vedere come negli edifi ci realizzati tra Cambridge e Boston si possa riconoscere un’identità in parte americana e in parte me- diterranea.

Altro personaggio che produsse un’architettura, sintesi dei linguaggi e delle esigenze della mo- dernità e le caratteristiche della cultura locale ricca di tradizione mediterranea è l’opera di Josè Antonio Coderch.

Le Corbusier defi nirà tre areae di cultura archi- tettonica l’area latina, l’ara germanica e l’area slava. La cultura latina si estende geografi ca- mente da Marsiglia ad Algeri e a levante da Roma e a ponente Barcellona. Un’area geogra- fi ca che defi niscono le regioni del mediterraneo occidentale aree in cui si agisce attenti alla vita collettiva e alle condizioni locali.

Questa viene detta “fascia climatica Lecorbu- seiana” dove l’architetto defi nisce dei territori il cui clima è caratterizzato da estati asciutte escursioni termiche giornaliere, che in termini generali portata a un modello bioclimatico do-

7 Chandigar India. Le Corbusier. Tratto da Gal- lo Cettina, Architettura bioclimatica, Roma, Syntesis, 1998, p.157 8 Chandigar India, det- taglio sistema scher- mante esterno. Le Cor- busier. Trtto da Gallo Cettina, Architettura bioclimatica, Roma, Syntesis, 1998, p.157 8-9 Cappella di Ronc- hamp 1960-55. Le Cor- busier. Tratto da Gallo Cettina, Architettura bio- climatica, Roma, Synte- sis, 1998, p.157

minato da una necessità di raffrescamento sia degli spazi aperti che di quelli chiusi, a cui corri- sponde una risposta morfologica che varia con i fattori culturali e climatici.

“In Algeria, nel Nord d’Africa, Medio Oriente, nel sud Europa vicino al mediterraneo, ritroviamo la lezione di queste architetture. La lezione di un’architettura fatta a partire da una raziona- lità che è andata migliorando lungo il tempo, che è andata trovando il linguaggio esatto dei materiali disponibili, che è andata accumulan- do esperienze (…). Mentre l’architettura moder- na contrappone il mondo artifi ciale della città al mondo naturale, l’architettura del Mediterra- neo ci dà una lezione completamente diversa: quella di un dialogo, di una relazione intelligen- te, non sempre mimetica. Non è che l’architet- tura imiti sempre la natura, ma l’architettura popolare a trovato il modo di interpretare le condizioni della topografi a, dei materiali locali, della luce, della vegetazione, in un modo molto più saggio che l’astrazione dell’architettura mo- dera.“ Ignasi de Solà-Morales

Le Corbusier, come illustrato in Oeuvre comp- lète9 risente di quelli che sono i fattori energeti-

ci di controllo climatico come il sole defi nendolo uno strumento di controllo dell’Architettura. A tale proposito introduce l’uso della griglia clima- tica un mezzo materiale di visualizzazione che permette di enumerare, coordinare ed analizza- re i dati climatici di un luogo defi nito (dalla sua

latitudine) al fi ne di orientare la ricerca architet- tonica verso soluzioni in accordo con la biologia umana. Si tratta di regolarizzare e di rettifi care in modo utile gli eccessi di climi “estremi” e di realizzare con accorgimenti architettonici le condizioni capaci di assicurare il benessere e il comfort.

Lo strumento che introduce è la Grille Climati- que, questa è una matrice formata da quattro bande orizzontali che forniscono le condizioni dell’ambiente. Le bande sono tagliate da ver- ticali che scandiscono i tempi. Nel senso della lunghezza, la griglia è costituita da tre settori successivi che riproducono i medesimi com- parti. Questi settori assicurano le dimostrazioni seguenti su: a) condizioni d’ambiente; b) cor- rezioni in vista del comfort e del benessere; C) soluzioni architettoniche.

a) Condizioni d’ambiente. Rappresentazione del clima considerato. Ogni clima può essere utilmente espresso da quattro elementi essen- ziali: - temperatura, - umidità dell’aria, - movi- menti dell’aria (venti e correnti), irraggiamento termico degli oggetti considerati.

La Griglia comporterà dunque 4 bande orizzon- tali che permettono di visualizzare le variazioni di ciascuno dei quattro fattori summenzionati, nel corso di un arco di tempo preso in consi- derazione (giorno o anno ecc.). Il tempo sarà espresso dalle verticali che scompongono op- portunamente le durate considerate: momenti,

giorni anni, ecc. Così la prima banda orizzontale darà, per esempio, le variazioni di temperatura nel corso di mesi, stagioni, anni, nei punti carat- teristici dei solstizi, degli equinozi, dei monsoni, ecc. un colore rosso disegnerà la curva annuale delle temperature. Una tinta blu sulla seconda banda disegnerà la curva igrometrica dell’aria; la terza banda mostrerà le direzioni e le intesità diverse dei venti, sempre nel corso dell’anno. Infi ne la quarta banda fornirà l’irraggiamento dei muri, dei tetti, ecc…presi in considerazione nel progetto architettonico. Così si troveranno visualizzate le condizioni d’ambiente. Le prime informazioni che l griglia fornisce sono le carat- teristiche climatiche.

b) Correzioni in funzione del comfort e del be- nessere. Sono enunciate le correzioni e rettifi - che di natura biologica necessarie per assicu- rare benessere e comfort. La lettura del primo settore aveva rivelato i punti critici, le condizio- ni in cui l’uomo soffre. Il settore della Griglia è contiguo al primo e comporta le medesime caselle determinate dalle orizzontali e vertica- li. In alcune di esse il fi sico-biologo inserirà le correzioni o rettifi che giudicate indispensabili. Così la lettura del secondo pannello della Gri- glia costituisce essa stessa il programma alla base dell’intervento architettonico.

c) Soluzione architettonica. Il terzo settore del- la grigia è contiguo al secondo, con le stesse ripartizioni dei precedenti due. In ogni casella

corrisponde quelle del pannello 2, nelle quali erano state apposte le rettifi che e correzioni di ordine biologico, il timbro segnala ch esiste un grafi co, di di formato 21-27 (+6) = 21-33, che propone la soluzione architettonica adeguata. Il timbro porta una “D” che segnala, a questo punto della Griglia, l’esistenza di un disegno. Sotto la D, in due spazi bianchi, sono scritti i ri- ferimenti che permettono di rapportare il docu- mento alla sua collocazione esatta nel settore 3 della griglia e la data della sua realizzazione. I documenti grafi ci costituiscono la risposta dell’architetto. Opportunamente ordinati essi formano il “Quaderno allegato alla Griglia”. Un’operazione manuale relativamente facile può dotare di molta effi cacia il settore 3 della griglia. Ecco l’operazione: si designerà nelle ca- selle “incrementate”, nello spaio lascito libero dal timbro D, lo schema del disegno che costi- tuisce il documento corrispondente.

Si farà cosi, grazie a una suffi ciente visualizza- zione, facilitato l’uso della griglia.

Nella carta d’Atene redatta nel 1933, in riferi- mento al controllo climatico nella progettazione si afferma che:

“ Per ogni alloggio dovrà essere stabilito un nu- mero minimo di ore di insolazione…Il sole deve penetrare in ogni alloggio per alcune ore del giorno, anche nella stagione meno favorita…Si dovrà rifi utare severamente qualsiasi progetto di abitazione nel quale anche un solo alloggio

10 Le Corbusier: La gri- glia climatica. Tratto da, Gallo Cettina, Architettu- ra bioclimatica, Roma, Syntesis, 1998, p.157 11 La torre delle ombre; Chandigar. Le Corbusier. Tratto da Gallo Cettina, Architettura bioclima- tica, Roma, Syntesis, 1998, p.157

sia orientato esclusivamente a nord, o venga privato del sole a causa do ombre portate. Bisogna eseguire da ogni costruttore un dia- gramma che dimostri come nel solstizio inver- nale il sole entri in ogni alloggio almeno due ore al girono. Ove ciò non avvenga, si deve ri- fi utare l’autorizzazione a costruire. Far entrare il sole: questo è il nuovo è più imperioso dovere dell’architetto”10.

L’architettura di Le Corbusier dalla prima metà degli anni 30’ sarà caratterizzata dal rispetto e lo studio di quelli che sono i fattori ambientali che incidono nel progetto d’architettura. Questa attenzione ai fattori climatici si lega sia all’espe- rienza architettonica antica che Le Corbusier comprende nel suo percorso di conoscenza come matrice e riferimento per una atteggia- mento coerente di progettazione nel rapporto tra spazio costruito e ambente naturale e quelle che sono le esigenze nate dall’introduzione dei nuovi materiali, descritti nel paragrafo prece- dente, i quali più leggeri e trasparenti determi- nano nuovi problemi per il riscaldamento dei lo- cali, la ventilazione e in particolare le condizioni di soleggiamento. Basti pensare all’uso prepon- derante delle superfi ci vetrate che permette ne- gli ambienti l’ingresso dell’apporto energetico solare più copioso all’interno dello spazio abi- tato, favorendo altresì quell’effetto di continuità visiva e percettiva dell’ambiente esterno fi no ad ora non possibile. Quindi si pone l’esigenza di

controllare il fattore di soleggiamento per l’en- trata benefi ca del calore solare in inverno e il controllo dell’acquisizione dannosa in estate, questo in virtù della svariata gamma di condi- zioni di soleggiamento che si hanno durante l’intero anno solare.

Le Corbusier introduce l’utilizzo di sistemi di protezione solari esterni per le grandi fi nestre vetrate. L’uso d’imposte scorrevoli istallate sul fronte dei parapetti del balcone, i quali diven- tano elementi che fungono anche da sistemi di ombreggiamento interpretati dal progettista come prolungamenti esterni del pavimento di- segnato internamente e che va oltre il pannello vetrato per una lunghezza di un metro o un me- tro e mezzo. Si sviluppano strategie progettuali nate da modellazioni architettoniche che hanno permesso di realizzare architetture nelle quali è già integrato per morfologia il sistema di control- lo solare. Seguono esperienze progettuali per le quali sono state documentati interessanti stu- di solari come la torre delle ombre a Chadigar in India (1957-58). L’edifi cio che si colloca hai bordi della piazza del Capidoglio tra il Palazzo della Giustizia e il Parlamento è orientato per- fettamente Nord-Sud. Questo è una grande hall aperta, molto alta e ombreggiata, il lato nord è molto aperto mentre le altre facciate hanno il brise-soleil. Per progettare accuratamente l’uti- lizzo di questi sistemi di protezione solari l’archi- tetto analizza minuziosamente il movimento del

sole, sia realizzando un modello in cui esegue simulazioni di soleggiamento sia sviluppando studi grafi ci e considerazioni geometriche, at- traverso al’uso di diagrammi. Gli studi dimostra- no come la facciata a sud sia sempre in ombra nei periodi più caldi, mentre il sole la colpisce e penetra negli ambienti in inverno.

L’esperienza lecorbuseiana mostra l’evoluzione del movimento moderno alla fi ne degli anni 50’, e di come il fattore energia diventa rilevante ai fi ni progettuali, attraverso ricerche applicative che nella produzione edilizia di questi tempi e dei successivi decenni verrà trascurata per lasciare spazio ad un’edilizia energivora11 in cui l’evoluzione della tecnica permette che il progetto d’architettura si sleghi dalle naturali esigenze di relazione con il contesto climatico d’inserimento.

3.2.3 IL PENSIERO E L’ESPERIENZA DI FATHY