3 Architettura Mediterranea E QUESTIONE ENERGETICA
3.3 L’IDENTITA’ MEDITERRANEA TRA NATU RA E AMBIENTE COSTRUITO
3.3.2 PESANTEZZA E LEGGEREZZA
Pesantezza e leggerezza, luce e colore, sono fattori che sono in stretta correlazione tra loro per quello che concerne il fattore espressivo dell’architettura mediterranea.
Sotto il profi lo climatico ritornando a quelli che sono i principi di pesantezza e leggerezza, con il termine pesantezza ritorna immediatamente come riferimento il comune denominatore del- le architettura preindustriali mediterranee, le grandi masse murarie. Questa caratteristica è legata a far si che si garantisca inerzia termina agli ambienti interni, con l’ausilio di murature che realizzate o in terra cruda o pietra favori-
scono elevati valori di sfasamento termico nella stagione stiva. Quelle stesse muratura ha inol- tre fi niture con tinture chiare, al fi ne di ridurre ancora di più l’effetto di acquisizione energe- tica rifl ettendo gran parte degli apporti solari in prima istanza di contatto con la superfi cie. Quelle stesse murature attraverso l’uso di co- lori chiari determinano in una lettura linguistica dell’oggetto architettonico un alleggerimento dell’effetto di pesantezza che questi edifi ci di loro costituzione avrebbero potuto trasmettere, sia esteriormente, ricalcando quelli che sono i caratteri plastici delle forme geometriche solide che li compongono, parallelepipedi sia super- fi ciali, sia la leggerezza di muri di confi ne i cu caratteri sono enfatizzati anche dalle forature che presentano per fi ltrare i raggi solari. Effetto di leggerezza che si ritrova anche internamen- te, quelli stessi diaframmi forati in pietra i le- gno con l’effetto di attraversamento della luce, conferendo anche un effetto di morbidezza allo stesso paramento murario.
La scelta dell’uso di colore interno come nell’ar- chitettura di garriga dimostra come questi ele- menti diventano signifi cativi ai fi ni perfetti per l defi nizione della qualità architettonica interna degli ambienti per garantite un comfort all’uten- te non solo di benessere termo igrometrico ma anche percettivo, diventando questo un fattore di grande rilevo.
Parallelamente si possono defi nire leggeri tutti
48-49-50 Casa Asencio Pascual. 2001. Alberto Campo Baeza.
quei dispositivi realizzati in materiale ligneo, le cui caratteristiche sono inconsistenti.
3.3.3 COLORE
Il colore viene si può considerare elemento co- struttivo, strumento e mezzo di comunicazione del pensiero architettonico. Elemento che va conosciuto attraverso uno studio morfologico, approfondendone la sua grammatica e sintas- si. Accade di frequente infatti di osservare, in chi usa i colori senza aver compiuto prima uno studio adeguato, come la scelta cromatica sia basata su colori indefi nibili, anche se saturi. Fra questi è frequente l’uso delle terre, dei marro- ni, tramite una gamma di colori che in genere fi niscono in catrame o in fumo oppure vi è chi rifugge decisamente dall’impegnarsi nel campo dei colori e la scelta istintiva è il grigio, istinti- vamente sapendo di essere nell’equilibrio già scontato, nel “giusto mezzo” dove tutto si smus- sa. I dilettanti coraggiosi e ottimisti escono in- vece allo scoperto, e all’opposto degli amanti delle terre bruciate si impegnano con colori mo- nocordi. Da una parte i bruni, i neri, i canna da fucile, i verdi bottiglia, i viola funebri, e dall’altra i verdi pastello o gialloni, i pistacchi, i rosa e i celesti, i ciclamini e i gialli limone, che in ge- nere concludono con il giallo di Napoli o con i paglierini.
Alla base di tante anomalie nel campo del co- lore vi è un pregiudizio molto radicato: che il
colore sia un problema di “estro personale”. La somma di tutti i colori è il bianco, perché la luce che li comprende tutti è bianca.
Usando il bianco è come se li usassimo tutti, e per di più si ha l’equilibrio del candore, del bianco simbolo della purezza. Ma questo diven- ta solo una questione puramente intellettuali- stica.
È importante a questo proposito ricordare un articolo di Giulio Carlo Argan, pubblicato negli anni ’60 sulla rivista “Colore”, n. 7, intitolato Il colore e la rappresentazione dello spazio in particolare là dove dice: “La ricerca non ha soltanto carattere sperimentale: essa mira a eliminare l’antico pregiudizio che il dato senso- rio sia, se non addirittura fallace, impreciso e talvolta illusorio, e che esso acquisti un valore di conoscenza soltanto dopo che l’intelletto lo abbia sottoposto a un processo di critica e di aggiustamento. In pratica avviene il contrario: il dato della percezione, in quella ulteriore elabo- razione, viene assimilato a un insieme di nozio- ni già acquisite e di convenzioni, sicché perde il suo valore di esperienza immediata e smar- risce la chiarezza che ha, appunto, come fatto di percezione. Come momento dell’esistenza o dell’esperienza, il momento della percezione appare tanto più importante in quanto, in esso, il soggetto è meno profondamente condizio- nato dall’ambiente; e, come esperienza in se stessa compiuta, ha una sua struttura, che è
51-52 Cappella Tlalpan. Luis Barragan. 52
stata recentemente studiata dagli psicologi del- la Gestalt e, con particolare riguardo alla condi- zione del senziente, da Merleau-Ponty. In arte, questa ricerca è stata portata innanzi da quasi tutte le correnti moderne: l’Impressionismo, il Neo Impressionismo, l’Espressionismo, il Cubi- smo e, con un rigore metodologico scientifi co, dal gruppo olandese De Stìjl, da Moholy-Nagy e da alcuni gruppi di recentissima formazio- ne. Nella sua apparente istantaneità e imme- diatezza la percezione di un fatto coloristico è un atto estremamente complesso, che non dà una prima immagine, ma una esperienza in se stessa valida, anche se suscettibile di ulteriori approfondimenti. Quando, dunque, si parla di rappresentazione dello spazio mediante colore, non si allude a un modo di rappresentazione dello spazio tra i molti possibili e, nei migliore dei casi, altrettanto legittimo; si vuoi dire invece che, nella percezione del fatto coloristico, si da una esperienza di spazio organica e completa, anzi, in rapporto alle conoscenze e alle esigen- ze moderne, la sola possibile e concretamente fondata “.
A partire da quelle rifl essioni lo studio della componente cromatica ci porta ad analizzare il colore come segno; il colore come signifi cato; il colore come signifi cante; il colore come signifi - cazione.
Si considera il colore come struttura, o meglio dalla forma, dall’idea, o, se si vuole, dall’im-
magine o concetto di colore per comprendere come questo diventi segno.
Come segno interpreta i suoi “valori spaziali”, nel ruolo di relazione e della loro comunicazio- ne visiva. Il colore diventa signifi cativo perché è pura luce. I colorori principali a noi noti se- condo la teoria del colore sono sei secondo il disco cromatico in modo diametrale: tre colori primari e tre colori secondari o derivati. Paul Klee ha dissolto con un’immagine poetica il ma- gico mito del numero sette (a cui si legava l’idea di sette colori basilari, quelli dell’arcobaleno) e il mistero degli estremi viola al di là dei quali dovrebbero esserci i colori che l’uomo non può percepire:
“Al confi ne tra il cielo e la terra, tra l’allineamen- to cromatico dei colori nell’arcobaleno e il disco cromatico, fu fatta forza al disco nel viola, e si spezzò, e si distese nell’arcobaleno”. L’imma- gine di Klee, proprio perché si tratta di un’im- magine poetica, ha un valore comunicativo che nessuna dimostrazione verbale riuscirebbe ad avere. I movimenti dei colori caratterizzano il continuo trapasso da uno all’altro, la loro con- tinua trasformazione, sono i movimenti da un colore all’altro e le trasformazioni di un colore nell’altro che formano le serie o scale cromati- che, e caratterizzano la topografi a del colore. Dobbiamo a Klee la denominazione di topogra- fi a del colore. E non a caso, che Paul Klee è stato forse l’artista più topologico dell’epoca
contemporanea.
È necessario, tenere ben presente che lo scopo attivo di ogni composizione cromatica è quello di realizzare sempre e comunque la totalità cro- matica, ovvero l’equilibrio centrale o diametrale del grigio, per avere la percezione della pienezza cromatica della composizione, per raggiungere la completezza, o meglio il completo equilibrio visivo e psicologico. Quindi lo studio di equilibri cromatici tra coppie sono interessanti in ter- mine di ricerca della totalità cromatica perché rendono il colore signifi cante: né il valore strut- turale (segno), né il valore luministico (signifi - cato), quanto invece il valore della materialità (signifi cante). È dalla materialità del colore che si hanno accoppiamenti cromatici che posso- no avere valori signifi canti anche se si tratta di false coppie. Ed una falsa coppia è signifi cante per l’accostamento dei due colori ma anche e soprattutto per l’operazione di equilibramento che noi compiamo per raggiungere in ogni caso la totalità cromatica. Si tratta di uno studio so- stanzialmente topografi co, che ha come mira di conoscere come si trasforma un colore. Le trasformazioni cromatiche avvengono per via di movimento dei colori.
Quando noi vogliamo dare un senso ad un co- lore, “signifi care” un colore, cioè destinarlo ad assumere un certo senso, a diventare signifi - cante, procediamo sul piano metodologico per scomposizione, al fi ne di comprendere le diver-
se combinazioni e i diversi accordi cromatici. Perché è del tutto evidente che il giallo usato da Piet Mondrian vuol signifi care qualcosa di molto diverso dal giallo usato da Vincent van Gogh. È ancora Johannes Itten che ci insegna una lettu- ra combinatoria dei colori. Sono da considerarsi procedimenti combinatori, in pittura, la tecnica del pointillisme ideata dai pittori neo-impressio- nisti; nella grafi ca, la tecnica della stampa a cli- ché e a offset (il pointillisme è la scomposizione della luce per pigmenti; l’offset è la scomposi- zione delle macchie o zone di colore in punti o in reticoli colorati); nei tessuti, l’intreccio a trame colorate. Un esempio classico nel campo dei tessuti è dato dalle stoffe scozzesi, ottenu- te per trame di righe e strisce colorate. Antica- mente i colori delle stoffe scozzesi variavano da villaggio a villaggio, in quanto le famiglie e le diverse contrade avevano determinati colori come emblemi. Si hanno combinazioni lineari, o « binarie », di colori.
Una seconda lettura combinatoria è quella che avviene tramite accordi cromatici (accordi cro- matici tramite il contrasto di quantità espresso da J. Itten e lo studio della scala cromatica di Goethe) che ci permette di fare accostamenti di due o più colori tramite quantità di aree delle campiture colorate accostate tra loro.
È comunque ovvio che, al di fuori dei succitati sistemi di composizione cromatica vaste sono le variazioni delle composizioni cromatiche che
si possono ottenere, e che dipenderanno in ogni caso dalla nostra sensibilità a comprende- re la luce, lo spazio, le variazioni dei colori che vogliamo unire in un insieme. Lo studio delle composizioni cromatiche ha un pregio fonda- mentale, che ci permette di modulare il colore e di stabilire delle precise relazioni spaziali. La conoscenza della componente cromatica è importante elemento di progetto architettonico è trattato al pari delle altre componenti di pro- getto può contribuire sostanzialmente ad inve- rare quel sistema di segni per mezzo dei quali si attua una comunicazione: una comunicazione visiva e tattile, ambientale e materiale, che è trasmissione di signifi cati.
Si può osservare come nei decenni recenti si sia diffusamente affermata un’edilizia che parla una sorta di esperanto, cioè un linguaggio che, nei materiali, negli elementi costruttivi, nelle strutture, nei caratteri distributivi interni e nelle confi gurazioni urbanistiche e formali esterne, è un linguaggio rigidamente manualistico, che non fa distinzione alcuna tra una casa costruita in un luogo ed un’altra costruita altrove. In questa diffusa edilizia corrente le uniche con- fi gurazioni formali ed estetiche dipendono solo dal ricorso ad idioletti (l’idioletto è un abito lin- guistico della singola persona), per cui uno met- te un balcone cilindrico al posto di uno cubico, una cornice triangolare o un fi nto arco in cima al tetto, un colore senape alla casa piuttosto
che uno pistacchio.
Il 90% del costruito nelle aree suburbane, peri- feriche, territoriali è dominato da un kitsch che denota come i fattori economici e gli standard tecnici dell’edilizia corrente prescindano com- pletamente dai valori estetici, formali, cultura- li, con conseguenze disastrose non solo per la stessa economia e per la stessa tecnica, ma anche per l’equilibrio emotivo delle persone che vivono questi ambienti. Affermava giusta- mente Siegfried Giedion a questo proposito: “Gli autentici valori estetici sono inscindibili dall’oggetto. Essi irradiano dall’oggetto, come dai fi ori e dai cibi (…), e determinano le nostre reazioni sensitive o emotive. In ogni istante le impressioni estetiche ci condizionano. Talvolta consapevolmente, più spesso però inconsape- volmente, esse producono in noi reazioni favo- revoli o sfavorevoli… I valori estetici non sono quindi semplici aggiunte ornamentali. La forma degli oggetti, delle case, dei ponti e, soprat- tutto, la confi gurazione dell’ambiente umano dipendono da essi. Se le esigenze estetiche o, come preferiamo dire, i bisogni sentimentali non sono soddisfatti, le conseguenze sono a lungo andare disastrose”
Non c’è dubbio che, fra le arti, l’architettura ha uno “speciale carattere obiettivo” (diceva Gram- sci) perché non mira alla creazione dell’opera come unicum, ma piuttosto come servizio socia- le qualifi cato anche in senso estetico, dato che
53 Vista della cittadella di Ostuni.
“l’edifi cio è l’estrinsecazione sociale dell’arte, la sua diffusione, la capacità data al pubblico di partecipare alla bellezza”.
Noi possiamo ascoltare o non ascoltare una musica, come possiamo partecipare o meno al messaggio di una pittura; ma non possiamo esimerci dal rapporto con l’architettura perché trascorriamo nella casa e nella città tutto il no- stro tempo, abitiamo dentro l’architettura.
Il maestro Le Corbusier, purista e contraddetto- rio, considerava nella sua scuola il colore come pericoloso, in quanto proveniente dall’Oriente e con la sua capacità di stupire, portatore della sindrome dell’acromia.
Per questi motivi doveva essere controllato e classifi cato in sistemi e gruppi. Già nel 1920 nel suo manifesto del Purism scritto con Amédée Ozenfant esprime il principio importante che l’architettura è pittura e la pittura è una questio- ne di architettura. Anche se non mantenne que- sto dogmatismo riguardo l’acromia, dal momen- to che la sua costruzione manifesto il Pavillion de l’Esprit Nouveau era dipinto di fatto con ocre gialle chiare e scure, con terra di Siena bruciata e scura, azzurro chiaro, oltre al bianco, al nero e al grigio chiaro e scuro. Come ci ha evidenzia- to Mark Wigley, solo una casa del maestro fu realizzata completamente in bianco. L’idea cor- rente riguardo a Le Corbusier è quella del miti- co biancore che segnala in contemporanea una serie di valori morali e ideologici a favore della
pulizia, come sostenuto dalla legge di Ripolin, non a caso la calce era concettualmente colle- gata con l’abitazione dagli albori dell’umanità. sosteneva che il bianco ed il colore coesistono e sono tra loro collegati. Lo stesso Partenone per Le Corbusier non era bianco ma si poneva al di sopra del colore. Ritornando dall’Oriente, di fronte all’Acropoli, si domandava di che co- lore era il Partenone, non era quel bianco im- ponente che ci saremmo aspettati leggendo i suoi ultimi scritti, ma nella sua descrizione del grande tempio accanto alla forma, al volume, alla massa e allo spazio dell’architettura il co- lore comincia a cedere terreno, non ha più la centralità del discorso. Il colore non possiede la stessa forza signifi cante, nemmeno la stessa intensità.
L’architettura del Partenone si colora con la luce dell’atmosfera, i marmi rifl ettono i colori del paesaggio e sono rossi come la terracotta. Nella mia vita, scrive Le Corbusier, non ho mai più sentito il fascino di una simile monocromia. Solo più tardi nel corso di una tempesta, il Par- tenone si imbianca: “ho visto attraverso larghe gocce di pioggia, la collina diventare bianca di un colpo e il tempio scintillare come un diade- ma contro l’Imetto nero di inchiostro e il Pente- lico devastato dal ciclone!”.
Ancora una volta il Partenone rifl ette i colori del suo ambiente e dell’atmosfera e non sembra avere un colore suo proprio. Il Partenone è in
qualche modo al di là del colore. Questa luce metafi sica che Le Corbusier sceglie come co- lore immateriale del luogo, si trasforma negli anni successivi in un dogmatismo del bianco, contribuendo alla separazione tra bianco e co- lore, per una campagna volta ad affermare il dominio della calce. Queste opinioni sul bianco sono in piena sintonia con la contemporanea concezione del colore, che si separa dalla for- ma. Forma architettonica e colore non sono più messi in relazione.
Il colore è uno dei tre elementi che caratterizza l’architettura mediterranea in seno a quanto af- fermato in precedenza per porre le basi su cosa si intende l’uso del colore le sue valente e l’ap- proccio di Le Corbusier al tema del colore nel mediterraneo si più affermare che i colori come le tessiture sono i due elementi secondari che vanno a costituire il paesaggio, sono elementi importanti perché i primi a relazionarsi con la vista, la percezione istantanea del paesaggio. E grazie alla vista si è in grado di individuare un elevato livello di sfumature di colori e tes- siture con precisione analitica. La percezione dei due fattori è perfettamente correlata e per entrambi si può parlare di artifi ciale e naturale. Ogni elemento naturale di un territorio, sia esso terra, sabbia, pietra o vegetazione, possiede la sua peculiarità cromatica. I colori della natura possono avere stabilità come nel caso della ter- ra e della roccia, oppure essere mutevoli come
quello della vegetazione, legati ai cicli stagiona- li e come il colore delle acque e del cielo che variano in relazione alle diverse condizioni at- mosferiche.
Il colore naturale si riferisce al colore intrinseco che possiedono gli elementi che compongono il paesaggio, ricco di sfumature date da una genesi naturale e animale sia che faccia parte di un paesaggio spontaneo sia che caratteriz- zi componenti naturali ordinati secondo degli schemi che compongono la tessitura di uno scenario artifi ciale. Tra questi i materiali locali adoperati nella costruzione o nelle opere rurali. Un colore contribuisce a individuare intere aree geografi che,come nel caso delle regioni medi- terranea nel quale si considera il bianco calce come colore caratterizzante con cui sono tinteg- giati gli intonaci di tante architetture.
l viaggio nel colore del Mediterraneo è comples- so, è una ricerca di una totale esperienza della natura, dell’estetica e della scienza. Simbiosi e tessuto fatto di sensi e logica, una riproposizio- ne della relazione tra scienza e bellezza, come relazione fondante e intrinseca alla dimensione biologica.
Comuni compagni di questo viaggio nel Medi- terraneo sono: la natura e la città, il tempo e i colori, i frattali e la complessità.
l colore, però, in particolare nella città mediter- ranea è un elemento che nasce dall’ambiente e dalla luce violenta e non un elemento decorati-
55 August Macke, Kai- rouan. 1914
56 Paul Klee, davanti alle porte di Kairouan. 57 D. Robert, vista del Cairo.
vo applicato successivamente.
Il colore è un fenomeno complesso, inteso come qualità, irriducibilità - individualità, come peso, come estensione, così come si presenta in una continuità cromatica in esempi antichi e moderni.
Come tale, il colore deve essere considerato elemento centrale e costitutivo della forma ar- chitettonica.
Il colore esprime il tentativo di creare uno spa- zio nello spazio, l’equilibrio fra luce ed ombra, l’equilibrio delle masse, un articolato collega- mento dello sguardo, passando da uno spazio cromaticamente insignifi cante e monotono ad uno spazio cromaticamente preciso che ripro- pone l’atmosfera armonica del Mediterraneo, che ha come archetipo il paesaggio naturale. Ed è proprio la relazione che scaturisce tra co- lore e luce che defi nisce l’atmosfera di un luogo e lo rende riconoscibile.
E’ diffi cile defi nire e raccogliere quelli che sono i colori che caratterizzano la cultura mediterra- nea (architettura, paesaggio pianura, paesag-