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3 Architettura Mediterranea E QUESTIONE ENERGETICA

3.2 LA QUESTIONE ENERGETICA NELL’ARCHI TETTURA DEL XX SECOLO

3.2.5 IL RAZIONALISMO ITALIANO

In queste architetture è dato rintracciare, in va- rie forme, quei caratteri espressi dalla mediter- raneità e che, già codifi cati in ambito teorico, andranno a costituire un preciso repertorio ti- pologico, costruttivo e formale. Da questa sorta di catalogo non scritto provengono gli elementi di identifi cazione più noti dell’architettura medi-

terranea, almeno secondo la nozione comune, vale a dire: il legame intimo con la natura e il paesaggio, l’aderenza al sito, l’infl usso determi- nante dei dati climatici nella progettazione, la perfetta coincidenza delle forme di vita con la struttura spaziale, la semplifi cazione geometri- ca nella costruzione.

Il razionalismo Italiano risente pienamente del fenomeno di mediterraneità, come sopra de- scritto e non si può parlare di un reale di batti- to energetico ma si riconosce nell’architettura spontanea mediterranea, la nuova risorsa Carlo Bellini afferma: “Il tema della mediter- raneità è cresciuto, al tempo dell’architettura razionale, come nostra stella oritentatrice”. Si comprese che avvicinarsi al Mediterraneo avrebbe restituito all’architettura quei valori sommersi da sovrapposizioni gotiche e da fan- tasie accademiche. Esiste uno scambio nu- tritissimo di lettere tra Bellini, Pollini, Figgini, e Terragni su questo argomento e lo stesso Belli fece una serie di articoli sui giornali nei quale di- batteva contro l’architettura degli architetti qua- li Piacentini, Calza Bini e Maraini ancora molto legati ad una romanità littoria, ma anche contro Giovannoni il quale come accademico non era ancora riuscito a recepire quell’innovazione che si legava ad una tradizione, seppur vicina, lon- tana dai banchi dell’insegnamento.

Si cominciò lo studio delle case di Capri, per co- noscere il modo in cui erano fatte e comprende

il perché di quelle scelte morfologiche–tipologi- che e tecnologiche, e scoprirono “la loro tradi- zionale autenticità”, e capirono che la loro per- fetta razionalità coincideva con l’optimum dei valori estetici. Si comprese che solo attraverso la geometria si poteva attuare il perfetto geu- mtlich dell’abitare. In un viaggio nel Salento a Santa Maria di Leuca, del 1929, nel quale Belli ebbe occasione di visitare e conoscere quei luo- ghi collinari composti da architetture bianche spontanee, inglobate in un ordine orizzontale, scoprì la ricchezza di soluzioni lampanti che lo illuminarono. Provò a telegrafare a Terrigni e chiedergli di recarsi al sud per vedere insieme queste architettura, ma al tempo non era facile poterlo fare si poteva essere defi niti nordici, an- tifascisti, ecc.

Il dibattito sulla parola “mediterraneità” fu mol- to accesso, e portò all’attenzione di molti temi quali la tradizione, la linea italiana dell’arte e dell’architettura, l’architettura di stato, perché il linguaggio mediterraneo era un linguaggio in cui non si potevano riconoscere parti politiche, diventando un mondo in cui si univa attraverso l’innovazione architettonica, tradizione e mo- dernità.

Questo dibattito nasce tra il 1930 e 1934 e tro- va in Edoardo Persico una voce dissenziente e in Pagano quella fi gura che si contrappone alla scelta di riscoprire la tradizione come strumen- to di rinascita di una contemporaneità, al fi ne

31-32 Edifi cio per appar- tamenti, Atene 1936. Tratto da, Dimitris Pikio- nis 1987-1968, Electa, Milano, 1999. 33 Casa del fascio di Lu- igi Terragni 1932

di riproporre un modernismo Italiano come ri- cerca di uno stile razionalista unico che risolva problemi sul piano della forma come risposta unitaria a tutte le arti.

Gli stessi italiani arrivarono in ritardo rispetto a intellettuali europei come gli Olandesi, a com- prendere le opportunità che erano legate alla conoscenza dell’architettura spontanea del me- diterraneo.

Alla presentazione dell’esposizione del MIAR nel 1931 si defi nì con il termine mediterranea il carattere dell’architettura latina. Chi aderiva al MIAR vuole ritrovare le proprie radici nella tradizione di un’architettura spontanea, nelle costanti diacroniche del clima, della natura, di una equazione sole-mare, mediterraneo muri bianchi, ponendosi come seguito dell’apertura europea del Gruppo 7, composto da G. Figgini, G.Frette, S.Larco, A. Libera, G. Pollini, C.E. Rava, G. Terragni, attuata attraverso i loro scritti. Per alcuni questo termine signifi cava una ra- refazione puristica, per altri come Rava questi signifi cava considerare l’architettura minore spontanea, da cui trarre lo stimolo originario del movimento italiano per l’architettura razionale. Ritrovando nelle sue radici la fonte di autenti- cità delle forme tipologiche in un momento nel quale si doveva reinventare un’architettura che interessasse il ceto borghese, lavorando sulla funzionalità, facile fruibilità, e morbidità dei modelli abitativi proposti. Proponendosi come

realtà unifi cante di linguaggio con cui conciliare architettura nazionale e straniera.

Si parlerà anche di unità mediterranea e com- ponenti tipologiche come il Patio, un impluvium, una piscina e un solarium sono strategie tipolo- giche utilizzate da Figini e Pollini per la realizza- zione della villa-studio a Napoli e da altri come Albni Portaluppi ecc.

Quindi al concetto di solarità mutuato dalle pro- grammatiche iterazioni di Le Corbusier (Maison Clartè – ville lumier – ville radieuse – village radieaux) si rafforzano temi compiacenti il Re- gime, come l’igenismo, il salutismo e il natura- lismo. A fi ne di rafforzare questa visione Bardi parla di latinità come mediterraneità intesa come nozione avanzata di mito collettivo, in ter- mini classicisti in cui si ritrovano le istanze cen- traliniste di roma Mare nostrum, sostituiando al lessico dell’arco o altri simboli di un classicismo al tramonto, il lessico del razionalismo itaòiano. E’ possibile affermare che ciò che gli architet- ti dell’Europa del nord hanno “scoperto” non sono altro che “architettura di pareti bianche, rettangolari o quadrate, orizzontali o verticali: architettura di vuoti e pieni, di colore e di forme, di geometria e proporzioni […].

Per il gruppo di quadrante il Mediterraneo rap- presentava la Grecia, il neoplatonismo delle stetiche puriste.

Il razionalismo in una prima fase era impostato sull’asse torino-Milano, succerivamente si apri-

rà a Roma per un’idea più totalizzante dell diffu- sione di questo linguaggio come strumento per ‘acquisizione di commissioni pubbliche lavori. Momento storico in cui Terragni aspira alla reli- zazzione della casa del Fascio come prototipo di un’ausicataKoinè. Il mediterraneo diventò una parola che delineò un linguaggio architettonico, questa parallelamente non fu piena portatrice di quei prinipi di architettura

Al cospetto di una introduzione di linguaggio mediterraneo come componente riconoscibile del razionalismo italiano, appaiono gli elementi che caratterizzano l’architettura nella fi gura di Luigi Cosenza.

Quest’ultimo utilizza la tipologia del patio è un punto in comune a tutte le culture del Mediter- raneo, costituisce infatti un’invariante al proget- to della casa tradizionale.

“Abbagliamenti muri bianchi, con fi nestre pic- cole e basse, a proteggere dalla luce eccessiva, racchiudono la stanza, coperta da una cupola non alta oppure da una volta a botte. Un’ampia scala esterna con un pianerottolo e un pergola- to di viti conduce a questa attraverso il cortile. E tutt’intorno, in un pittoresco raggruppamento che offre molte pause d’ombra, si dispongono ambienti grandi e piccoli, realizzando sempre una costruzione unitaria e conclusa, che risulta netta, nel suo luminoso candore e nella sempli- ce sagoma, sullo sfondo azzurro del cielo e su quello scuro della montagna”12.

“In uno spazio libero , chiudendola verso l’ester- no è facilmente riconducibile l sopravvivenza di una tradizione antichissima, quella che si ri- specchia in una tradizione antichissima, quella che si rispecchia nella tradizione delle case di Pompei e che già tanti secoli prima, sin dall’età cretese-micena, era praticata in tutti i paesi me- diterranei.

Le Corbusier durante il viaggio in Italia, realizza degli schizzi:

“Cielo aperto immenso vestibolo colossale al- tezza di cattedrale piena d’ombre e, in fondo, lo splendore del giardino, […] la variazione di am- piezza delle porte gioca un ruolo enorme ve ne sono di grandissime e di molto piccole.” Il senso della casa è affi dato tutto a questo spazio aper- to, cielo aperto, sovradimensionato, intorno a cui si svolge la distribuzione della casa. Come le funzioni dell’abitare sono regolate dalla presen- za di questi spazi aperti, in cui si svolge sia la vita pubblica della casa (atrio) che quella priva- ta (peristilio), così l’impostazione planimetrica è rigorosamente vincolata all’assalita che lega fauces-atrio-peristilio-hortus.

La casa araba tradizionale riprende i caratteri principali della Domus, la presenza dei patii in- terni e la variazione volumetrica degli ambienti, e ciò avviene anche in virtù della convergenza della confi gurazione della casa con le istanze religiose e sociali, oltre che con le necessità di natura climatica. Il carattere di forte introversio-

35 Stamberga per scia- tori, V Triennale di ilano 1933. L. Vietti.

36 Padiglione della stampa. L. Baldassarri, 1933.

ne risponde perfettamente alle esigenze ed al credo della famiglia araba, e costituisce anche una idonea risposta ai problemi del raffredda- mento.

“L’ambiente naturale per un Arabo è il deserto. Esso ha determinato le sue abitudini, la sua vi- sione della vita e la sua cultura. Egli è debitore al deserto della sua semplicità, della sua geo- metria, del suo amore per la scienza, la mate- matica, l’astronomia, del suo modo di vivere e dei suoi rapporti familiari”13.

Hassan Fathy ha perseguito per tutta la vita l’obiettivo di fornire attraverso la sua opera un’interpretazione contemporanea dei valori della cultura araba, come espressione della identità del popolo arabo. A tal fi ne vuole ridur- re quelle complessità dei processi storico cultu- rali, riferendosi alle tradizioni del popolo arabo, per il quale intende, tutte le civiltà del mondo arabo.

Questo lo fa al fi ne di semplifi care lo spazio fi - sico e sociale nel quale lui andrà a defi nire le caratteristiche di abitazione e che fanno riferi- mento al progetto urbano.

Defi nisce il deserto come luogo di elezione, privo di specifi cità geografi che, luogo nel qua- le perfezionerà durante il lavoro il suo ideale di casa:

- la dimensione molto orizzontale,

- il prevalere dei pieni sui vuoti nelle masse mu- rarie,

- la cupola che segnala l’ambiente principale della casa:

- il rapporto corte interna/cupola/paesaggio. Il patio non occupa il centro della composizione ma si colloca in adiacenza dei muri di confi ne, non è mai osservata una simmetria o assialità con l’ingresso, ma in esso è essenziale la pre- senza degli elementi che determinano il control- lo climatico di quegli ambienti costruiti, come la vegetazione, l’acqua, in cui la necessità diventa simbolo e acquista valori estetici.

Una tappa importante nel suo processo do per- fezionamento del modello di casa araba è la casa di Hamed Said14: “Una struttura semplice composta da uno spazio per studio tutto inter- no, voltato, con annesso iwan per dormire, e da una loggia, anch’essa voltata, completamente aperta su un lato, per creare un equivalente architettonico della tenda in cui loro – Fathy e Said – vissero una esperienza di totale relazio- ne con il paesaggio”15. Lo stesso Said defi nisce l’architetura di Fathy terra e costruzione nello stesso tempo.

Il rapporto con il suolo si lega al materiale di cui la casa è fatta, la terra cruda, mattoni di fango, intonaco costituito da un impasto di terra e pa- glia. Il suolo diventa materiale.

In lui la mediterraneità risiede nell’attitudine che egli dimostra nell’interpretare la natura di luoghi desertici nel suo caso.

3.2.6 CONCLUSIONI

All’interno del dibattito mediterraneo come si è potuto descrivere si inseriscono interessanti fi gure che da inizio secolo ricercano nell’archi- tettura spontanea le radici di una metodologia progettuale, modelli tipologici, morfologici e tecnologici, al fi ne di sviluppare un linguaggio architettonico in grado di essere sempre rispo- sta concreta al comfort per l’utente a cui lo spa- zio dell’abitare deve rispondere, in riferimento ai caratteri climatici del sito in esame.

In questo passaggio la conoscenza dell’archi- tettura “spontanea” tipica del sito d’interesse, diventa la chiave di lettura per ricondursi univo- camente a una tradizione che defi nisce le radici di una provenienza e imput imprescindibili per delineare nuovi linguaggi architettonici che non possono esimersi dal assimilare le loro origini. Quell’architettura che è stata realizzata e per- fezionata da popoli che conoscendo le caratte- ristiche del clima delle proprie regioni sono riu- sciti a mettere a punto tipologie edilizie e stra- tegie morfologiche in grado di diventare effi caci risposte a tali esigenze, mostrandosi ancora oggi validi esempi di riferimento. Nei quali sono stati da sempre impiegati i materiali propri della tradizione di quelle terre, al fi ne di ottimizzare tecnologie facilmente riproponibili.

Pertanto si può affermare che la questione energetica l’uomo con l’architettura la da sem- pre affrontata, e con questi termini si possono

intendere due fenomeni, in riferimento a quale signifi cato gli viene conferito. Da un lato è cioè che si considera nella ricerca, il dato “variabile”, legato alle caratteristiche climatiche del sito in esame, caratteristiche del sole del vento ecc., fattori che si vogliono utilizzare con le massime potenzialità in termini di guadagni energetici, dati dalle caratteristiche climatiche dei siti, dall’altro è il termine che caratterizza il dibattito che dagli anni 70 anni in cui si delineano i primi obiettivi di ridurre il consumo di energie fossi- li utilizzate per ottimizzare artifi ciosamente il comfort interno negli spazi dell’abitare.

Nel primo caso la storia descritta ci fa compren- dere che l’uomo a inconsapevolmente sempre seguito l’obiettivo di realizzare un edifi cio ener- geticamente effi ciente, e proprio in questo per- corso si sono affi nate strategie e metodologie che ancora oggi è possibile verifi care vivendo quegli spazi, equilibri microclimatici raggiunti in origine sono ancora garantiti dalle prestazioni di questi spazi. Dall’altro con i termini, questio- ne energetica, si identifi ca quel dibatto che si lega alle conseguenze del fenomeno d’indu- strializzazione d’inizio secolo che ha introdotto l’uso di sistemi impiantistici nell’abitazione al fi ne di ridurre i defi cit dati dalla realizzazione di modelli abitativi in cui la componete involucro non garantisce più le stesse prestazioni di por- tanza e inerzia che avena in origine. Portando al consumo di risorse energetiche esauribili e

37-40 Casa studio per artista, V Triennale di Milano. L. Figgini, G. Pollini.

la formazione di gas nocivi in quantità ora non più tollerabili.

E’ evidente come i due signifi cati siano portato- ri di contenuti tanto differenti quanto comple- mentari, perché il primo contiene pienamente le risposte per sopperire all’attuale questione energetica legata al secondo signifi cato attri- buito al termine. Questo attraverso un processo d’innovazione della tradizione. Quindi la que- stione energetica si pone come signifi cante che in se contiene le risposte più contemporanee, di atteggiamento sociale e strumento per la de- fi nizione dei nuovi modelli per un’architettura effi ciente.

E quindi si può affermare che la mediterranei- tà è proprio la capacità di leggere la natura dei luoghi, al fi ne di individuare punti di riferimento progettuali che in funzione di questi raggiunga- no obbiettivi di confort abitativo e qualità archi- tettonica.

A questo proposito si può affermare che la que- stione energetica nasce nel momento in cui l adimensione delle architetture qui non raccon- tate entrare in connessione con lo sviluppo del- le nuove tecnologie che permettono di ottimiz- zare la qualità microclimatica all’interno degli ambienti abitati sfruttando risorse di energia non rinnovabile, circa negli anni 70 e mentre i fratelli Olgyay percorrono una ricerca per defi ni- re strategie progettuali idonee ai differenti am- biti climatici defi niti secondo caratterizzazioni di

ampie zone climatiche., la regione italiana così come le tradizioni dei popoli del mediterraneo e le ricerche perseveranti degli architetti tra i primi del 900 e gli anni 40 è riuscita a defi nire strumenti non solo innovativi tipo logicamente e tecnologicamente, ma coerenti con l’esigen- za di un’architettura specchio del luogo in cui questi anno vissuto e nei quali la tradizione ha lasciato caratteri riconoscibili di una’architet- tura che può solo subire un’innovazione in ter- mini della tradizione specchio dell’identità dei luoghi.

3.3 L’IDENTITA’ MEDITERRANEA. TRA NATU-