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3 Architettura Mediterranea E QUESTIONE ENERGETICA

3.3 L’IDENTITA’ MEDITERRANEA TRA NATU RA E AMBIENTE COSTRUITO

3.3.1 INTROSPEZIONE E CHIUSURA

Parlare di rapporto tra interno ed esterno, di chiusura e di apertura con l’ambiente circostan-

te signifi ca parlare di defi nizione e progetto del- lo spazio, rispetto il quale il muro si pone come elemento fi sico che concretizza un’idea. Agli inizi del 900, gli architetti maestri alle diver- se correnti del movimento moderno affermava- no che l’architettura nel suo essere era l’“arte dello spazio”:

“L’aspirazione delle nostre creazioni è l’arte dello spazio, l’essenza dell’architettura” H.P. Berlage

“L’Architettura è unicamente l’espressione tan- gibile dello spazio di cui lo spirito umano sia ca- pace” E. Mendelsohn

“La fondazione della costruzione è lo spazio. Di conseguenza la coscienza visuale dell’archite- to dovrebbe essere fondata sul’idea di spazio. Le relazioni che si stabiliscono tra le forme e lo spazio determinano il ritmo e il valore estetico della costruzione”. T. Van Doesburg

”L’architettura è la volontà di un’epoca tradot- ta in spazio: vivente, mutevole, nuova”. L. Mies Van Der Rohe

“L’architettura è la pensosa creazione di spazi. Il continuo rinnovamento dell’architettura di- pende dal cambiamento dei concetti di spazio”. L.I. Khan

Queste defi nizioni rivelano assunti di pensie- ro correlati ad una visione dello spazio come opera creata dall’uomo. In cui l’inquadramento di aree avviene attraverso regole preordinate, che, come affermano Mondrian e Theo Van

Doesburg, ritrova il suo equilibrio inquadrando lo spazio in un reticolo di linee perpendicolari tra loro, all’interno delle quali ogni forma si può comporre con piccoli rettangoli. Nella traduzio- ne di un metodo fi losofi co in cui si attua l’astra- zione della natura all’interno della quale si ri- cercano le regole che defi niscono i rapporti di equilibrio tra gli elementi che la compongono. Su di essa si applica un’azione di smaterializ- zazione per la quale viene ridotta all’essenza della sua struttura e geometrizzata.

Le regole ricavate da questo procedimento di- ventano matrici proporzionale per defi nire l’or- dine e la dimensione degli spazi dell’abitare, nell’idea che così facendo ci si possa avvicinare a quell’equilibrio che gli elementi hanno in na- tura, nella ricerca di una relazione con essa, in una continuità fi sica.

L’idea sopra delineata si concretizza anche gra- zie l’introduzione dei nuovi materiali dell’archi- tettura, le grandi fi nestre vetrate, e i sottili pila- stri in c.a. e/o acciaio che hanno permesso di enfatizzare non solo il carattere di ordine dello spazio ma anche la relazione di continuità per- cettiva con esso, in alcuni casi non distinguen- do più un fuori o un dentro, ma solo pubblico e privato, alla ricerca di effetti emozionali ed atmosfere ricreate. Principi attraverso cui si vo- leva ritrovare la primigenia matrice dell’ordine, uniformabile ed applicabile in differenti conte- sti, come scelta in contrapposizione a fi losofi e e

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2005. Marsala. Ernesto Mistretta.

linguaggi neoclassici compresenti nello stesso periodo.

Nell’architettura vernacolare del mediterraneo quella fatta dai non architetti, che a lungo è stata ritenuta un’architettura casuale, si rivela una tradizione di ciclica innovazione. Perfezio- namenti graduali che conducono alla realizza- zione di modelli ancora oggi validi.

Modelli generati dal solido legame con la natu- ra sia sotto il profi lo storico sia sotto un profi lo compositivo e tecnologico. Un’architettura che si rivela ancora oggi per la sua effi cacia e abita- bilità. Lontani dall’idea dei modelli primitivi pri- migeni e dalle teorizzazioni degli stili moderni. Anche qui la tecnologia si è affi nata mantenen- do come punto di riferimento l’uso dei materiali del luogo.

La il loro legame con il luogo si concretizza nell’adattandosi sempre più al clima del sito, infatti non si hanno regole generalizzabili, se non la defi nizione di modelli tipologici di spazi che vengono ordinati secondo le esigenze spe- cifi che degli utenti da cui verranno fruiti e dal clima e orientamento del luogo in cui andranno inseriti.

Quindi il rapporto con il contesto naturale assu- me i caratteri di una scientifi cità.

Il rapporto che si è intessuto tra gli spazi dell’abi- tare e l’ambiente costruito sono simbiotici. Nella lettura del più consolidato panorama ar- chitettonico che rivela gli archetipi della tradi-

zione architettonica mediterranea si evidenzia un rapporto tra spazio interno ed esterno, di forte coerenza e simbiosi.

Infatti anche quando l’architettura sceglie for- me e limiti murari come elementi che concre- tamente sembrano preferire un distacco con essa, in realtà scelgono ancora di più una sim- biosi. Diventando risposta concreta a quelle esigenze climatiche che essa stessa richiede. Il muro nella tradizione mediterranea europea, greca e quella islamica è un limite dall’elevato spessore. Questo può essere inteso, come muro che delimita gli spazi abitati, come il recinto di uno spazio esterno delimitato o la protezione di un intero complesso edilizio.

Il concetto di muro si concretizza in una compo- nete costruttiva che si presenta uniforme e ca- ratterizzata da piccole aperture. Si può parlare di muri massicci, compatti e impenetrabili. Piccole fi nestre aperte o sistemi di gelosie che diventano fi ltri visivi con l’intorno, il cui ruolo è quello di captare l’ingresso dei venti durante i momenti più caldi della giornata e dell’anno e fare entrare quella quantità di luce essenziale all’illuminazione degli ambienti.

Per l’architettura popolare greca e italiana, il muro è il limite che delinea le conformazioni cubiche quadrangolari delle abitazioni popola- ri che caratterizzano i paesaggi collinari delle aree di coste ed entroterra di queste regioni. Compattezza e uniformità sono le principali ca-

ratteristiche intrinseche del componente che si smaterializzano attraverso l’uso del colore bianco e l’incidenza della luce che ne esalta il carattere effi mero.

Abitazioni ordinate a grappolo che collocate lun- go la costa o all’interno di un paesaggio agri- colo possono relazionarsi percettivamente e visivamente con il contesto naturale, passando dallo spazio completamente chiuso del nucleo abitato al paesaggio circostante. Nel caso dei densi agglomerati urbani che si collocano nelle colline, gli spazi interni più chiusi, vengono me- diati da patii verdi, piccoli pozzi di luce e fonte di raffrescamento estivo, su cui si affaccia la casa in forma privata. Spazi delineati dal sistema murario delle abitazioni che vengono ordinate e costruite in forma compatta e coerente con le caratteristiche morfologiche dei luoghi.

Caratteristiche dettate per lo più da esigenze ambientali e di protezione dagli agenti esterni. Le civiltà arabe hanno fatto riferimento all’ar- chetipo del recinto, che nell’Islam diventa sia scelta di vita che matrice fi gurativa dell’archi- tettura, della città e del territorio essendo città costruite in regioni il cui paesaggio è caratteriz- zato da ampie zone desertiche di sabbia o pie- tra, in cui l’acqua si ritrova solo in laghi salati e sulla costa mediterranea.

In questo contesto il recinto viene visto come muro inviolabile che delimita uno spazio all’in- terno del quale si svolge la vita privata o nella

sua accezione spirituale e religiosa.

Le tipologie costruttive più diffuse infatti utiliz- zano modelli abitativi ed insediativi che riduco- no quasi completamente le loro relazioni con l’esterno utilizzando tipologie a patio completa- mente introverso, in una negazione di relazione con il clima e i paesaggi desertici ostili, dai quali cercano protezione.

Gli spazi interni diventano luoghi di socialità della casa su cui confl uiscono tutti gli ambienti principali e molto spesso assumendo anche ca- ratteri sfarzosi e imponenti.

Il principio si lega non solo al funzionamento di una singola abitazione ma anche a quello di un intero sistema urbano, ne è un esempio chiaro il villaggio di New Baris di Fathy Hassan come esempio recente, che trae le loro origine da modelli più antichi, come il centro storico dell’attuale Siwa16, fuori dal quale fi no a poco fa era impossibile costruire, perché il muro era un limite intoccabile.

Il recinto rappresenta anche il grado di astraz- zione bidimensionale che si relaziona al piano spirituale di un popolo che si ritrova nell’archeti- po del temenos greco, nel quadriportico cristia- no, nella cisterna bizantina e nell’apadana per- siano, dando origine a splendidi spazi inclusi. Il muro non solo un luogo di passaggio ma un vero e proprio confi ne, materiale e spirituale. Anche nella fascia di territorio ordinata sud del Mediterraneo la luce e il sole solo l’elemento

43-44 Interno Casa sencio. Alberto Campo Baeza. 2001.

ordinatore dell’Architettura; prima di entrare in un ambiente deve essere derivata, smorza- ta, resa innocua. Le infi nite gradazioni di luce, dal buio alla luminosità abbagliante, guidano il visitatore e diventano elementi ordinatori della gerarchia degli spazi. La luce tollerata all’inter- no delle vie, con un sistema di pozzi dall’alto e leggi quasi matematiche, ricordano la distri- buzione dell’acqua, è direttamente proporzio- nale alla sezione e all’importanza di queste. Si passa così dalle piazzette, dove il riverbero e il calore impediscono durante il giorno qualsiasi vita associativa, alla strada del bazar ritmata dalla luce che piove dall’alto, alla oscurità più completa dei “cul de sac”, che conducono alle case, dove solo il padrone è capace di muoversi con disinvoltura.

Il muro a volte possiede un potere che confi na con la violenza: divide lo spazio, trasforma un luogo, defi nisce un nuovo territorio.17 (Tadao Ando)

L’involucro oltre ad assumere delle caratteri- stiche che servono all’individuo per protegger- si dall’esterno climaticamente, con il termine muro diventa un elemento che viene impiegato per tagliare lo spazio dividendo come una re- cinzione un interno e un esterno non solo fi sica- mente ma anche psicologicamente.

Accogliere quanto è desiderabile e rigettare ciò che si teme: questi gli atteggiamenti di fondo che informano il più elementare modo di esse-

re degli uomini, l’abitare.

La preoccupazione fondamentale che l’abita- zione esplicita è mantenere separato ciò che appartiene all’esterno e proteggere quanto for- ma il mondo esterno, accogliere e assimilare dal mondo esterno solo quanto può contribuire all’equilibrio di quello interno. Tadao Ando Ed è per questo che si crea una sensazione di tensione nella relazione che si genera tra le due dimensioni (di esterno ed interno) che si con- cretizza in un confronto. Infatti arriva un mo- mento in cui i due ordini si incontrano e hanno un contatto, attraverso aperture e fi ltri, questi assumono un’importanza decisiva, perché de- terminano le scelte architettoniche che genera- no gli equilibri tra le due parti.

Relazioni in cui i fattori amorfi e immateriali quali il vento, la luce del sole, il cielo, il paesag- gio vengono separati e catturati dai muri che in tale maniera operano a favore del mondo inter- no che defi niscono. Questi fattori vengono così assimilati quali aspetti specifi ci dello spazio ar- chitettonico.

Soffermandoci su alcune rifl essioni di natura culturale, si può affermare che queste relazioni progettuali tra interno ed esterno nascono dalla costante esigenza che l’uomo ha di rapportarsi con la natura, intesa come madre incontamina- ta, con la quale egli è sempre stato obbligato a creare un rapporto storicamente diffi cile. Natura in cui l’uomo deve essere responsa-

45-46-47 Residenze so- ciali ad Umbrete. 2006 Silins Verd rquitectos. Autore immagine Jesus granada.

bile per garantire in futuro un equilibrio tra la spontaneità della natura e il suo inevitabile pro- gresso. E nel rapportarsi a contesti urbani ed extraurbani con valori naturalistici, l’obiettivo progettuale è quello di riuscire a generare co- erenti relazioni di “chiusura e/o apertura” che determinano un equilibrio diretto tra l’utenza e questi contesti. Nella ricerca di utilizzare frontie- re sempre più “trasparenti” in grado di ritrovare l’identità all’interno della seguente defi nizione di limite:

“Esso non è una semplice linea…non è un con- fi ne ma semmai un luogo in cui si svolgono dei riti: riti di passaggio appunto, che si rivelano a noi nello spazio concreto delle cose” (W. Ben- jamin)

Un’astrazione di questa suggestione di passag- gio che si ritrova anche attraverso il concetto di soglia intesa:

“(… )come tramite tra due realtà nel tempo e nello spazio” (W. Benjamin)

Riuscendo a trasmettere questa suggestione vi- sivamente e percettivamente non si parlerà più di distinzione tra spazi costruiti e spazi naturali perché verranno vissuti con continuità. Ciò si- gnifi ca dunque riuscire a creare un’unione tra due entità spaziali concettualmente opposte. E’ su queste relazioni che si basa la defi nizione e la costruzione dell’atmosfera di uno spazio abitato.

Ogni civiltà esplicita architettonicamente que-

sto rapporto, così anche quella mediterranea. Per ampli

are il panorama regionale è interessante l’espe- rienza architettonica di Barragan per il quale si può affermare:

“Non mi trovo in un giardino ma in mille giardini che si combinano nello spazio. Mille recinti se- greti cresciuti per mille anime, mille ore in cui assistere all’interno di essi a una processione di delizie e di condanne eterne. In questo me- raviglioso labirinto bisogna essere audaci” Fer- dinand Bac.

Nella sua architettura si esprime una energica rifl essione tra le proprietà materiali e immate- riali dello spazio, sui rapporti tra architettura e natura. I suoi muri sono limiti che separano la realtà “vera” dal trascorrere della quotidianità irreale, confi ni che garantiscono la pace tra l’uomo e l’ambiente.

Nel ripercorrere la sua esperienza progettuale è interessante come dalla produzione dei pri- mi anni trenta si senta una contaminazione degli elementi della cultura mediterranea che si esplicava nei modi di trattare il sottile into- naco delle pareti e dalla superfi cie colorata. Caldi rivestimenti interni, tessiture terrose e ruvide all’esterno e apparati decorativi ispirati alle opere di Bac. Un esempio è la casa Rayòn del 1934. Scelte che si concretizza nell’uso acritico di questi linguaggi europeo – mediter- ranei, legati alla proprio interesse e passione

e al riscontro che avevano sulla domanda dei ceti borghesi, diventando espressione visibile dell’elevato status sociale della famiglia che abitava in quella particolare abitazione.

E al contrario di ciò che ci mostrano gli inte- ressi e i dibattiti dell’esperienza italiana negli anni 30 in cui viene pienamente riscoperta l’ar- chitettura dei non architetti, nei suoi caratteri formali, funzionali e climatici, attraverso una nuova rielaborazione. Barragan ripropone que- gli aspetti strutturali e i linguaggi formali che contraddistinguono queste culture storicamen- te consolidate.

Successivamente l’attenzione dell’architetto si sposta tutta nell’interesse di lavorare nel muro come se fosse un grande foglio in cui imprime- re un’ideologia pittorica espressione dell’inte- grazione tra architettura e scultura nel rapporto con la natura.18

E’ interessante come questi caratteri formali tratti dall’esperienza del più antico mondo me- diterraneo, portano l’architetto a rielaborare i metodi di quanto veniva da lui prodotto fi n’ora attraverso la contaminazione della ricerca Le- corbuseiana in cui i muri si presentano come piani leggeri e lisci, come tele che avvolgono gli organismi e che evidenziano la presenza di fi ne- stre a nastro e il ridursi delle facciate a spessori minimi, privi di funzione portante. Per poi arriva- re a considerare il piano come generatore dello spazio. Si avverte una riconducibilità ai nuovi

modelli dell’International Style. (riferimenti Le Corbusier e Richard Neutra).

Si defi nisce nei primi anni 50 il tema su cui egli concentrerà la sue attenzioni, il Limite.19 Super- fi ci realizzate anche attraverso l’uso dell’acqua e dove la luce rimane sempre l’ingrediente pri- mario. Esempi signifi cativi sono la cappella di Tlalpan la casa di Francisco Gilardi (1975-77) e l’abitazione per la famiglia Valdez (1981-83) Una ricerca che ha come fi lo conduttore diretto e indiretto la mediterraneità in cui le correnti contemporanee riscoprono l’effi cacia e la vali- dità dei suoi eterni linguaggi e scelte.

Uno degli aspetti contestati alla cultura medi- terranea meridionale è un regionalismo che non è riuscito a staccarsi dai linguaggi consoli- dati, perché considerati eterni. In questi aspet- ti Barragan non dimentica lo spirito magico e gli effetti del tempo come elementi di bellezza, e per questo muoverà anche molte critiche all’uso del calcestruzzo che ha sostituito la mol- teplicità dei materiali da costruzione che fi n’ora venivano utilizzati, tenendo in guardia contro il pericolo che le costruzioni contemporanee correvano nel rischio di risultare prive “di un’es- senza assai importante: l’essenza che raccoglie la bellezza dello spazio e del tempo. Infatti nes- sun materiale artifi ciale è in grado di accogliere l’azione del tempo come principale fattore della bellezza, perché si deteriora.

pietra reagiscono ciascuno a modo proprio al sole, al vento, alla pioggia, alla vita della città che gli circonda, danno prova della loro vitalità, quella che invece i materiali moderni non pos- seggono, perché ritenuti strutture inafferrabili prive di realtà e di peso.

Afferma questo anche contro la sua stessa pro- duzione, nella quale utilizza i nuovi materiali e nelle superfi ci lavora con le caratteristiche dell’intonaco e i colori.

E’ interessante come un architetto messicano inizi la propria esperienza architettonica ispi- randosi alla cultura mediterranea, cultura che geografi camente si trova sullo stesso parallelo nella parte opposta della terra, per la forte sug- gestione che ha di questa cultura storica.